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Autore: Mary P_Stark    28/05/2016    2 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Una sola via da percorrere, mille decisioni da prendere
(settembre 2015)
 
Dobbiamo abituarci all’idea che ai più importanti bivi della nostra vita non c’è segnaletica.
(Ernest Hemingway)
 
 
 
“Sai perché sei in punizione, Gordon?”

“No, papà. Perché?”

Un sorriso, e Nick Spencer scompigliò i capelli neri del figlio undicenne, il cui occhio pesto faceva a pugni con il suo viso d’angelo.

“Capisco che tu abbia voluto difendere la tua amica Susan, ma colpire a tradimento un altro ragazzo, non fa di te un eroe. Ti pone sullo stesso livello di Bastian.”

Gordon mise il broncio, già pronto a difendersi, ma Elizabeth McKenna, sua madre, aggiunse: “Non avresti dovuto aggredirlo alle spalle. E’ scorretto.”

“Ma è più grosso di me!” sbottò Gordon, accendendosi d’ira e vergogna. “Voi dite sempre che non dobbiamo limitarci a porgere l’altra guancia, ma dobbiamo anche difenderla. Susan aveva bisogno di essere difesa!”

“Rispettando le regole, Gordon. E’ questo che significa essere veri uomini. Rispettare l’avversario, giocando la partita in modo corretto.”

“Lui non è mai corretto” bofonchiò Gordon.

“E allora, non sarà mai un uomo nel vero senso della parola. Potrà sembrare un uomo, quando giungerà alla maturità, ma la sua mente non sarà mai quella di un uomo” gli spiegò Nick, dandogli un buffetto sul naso.

“Quindi, dovevo affrontarlo a muso duro?”

Ridendo, i genitori scossero la testa ed Elizabeth, nel dargli un bacio sull’occhio tumefatto, replicò: “Sei intelligente quanto basta per batterlo in astuzia, caro, senza per questo rovinarti il tuo bel faccino. La mente, Gordon. La mente batte il corpo. Sempre.”

“Ma è difficile…” si lagnò il bambino.

“Nessuno ha mai detto che crescere fosse semplice. Altrimenti, come apprezzeresti il risultato finale, se fosse facile ottenerlo?” ironizzò il padre, levandosi dal letto assieme alla moglie. “Ora riposa, Gordon. E ricorda; noi ti spalleggeremo sempre, se saprai esserne meritevole. Anche se non lo sarai, ma ci dispiacerà vederti sbagliare.”

“In pratica, niente più botte a scuola.”

Nick gli strizzò l’occhio, ribattendo: “Solo se fatte in modo corretto.”

Gordon allora ghignò e, mentre Elizabeth sgridava dolcemente il marito per aver praticamente dato il benestare al figlio per fare a pugni, il bambino si distese.

Afferrato il suo fumetto degli X-Men dal comodino, iniziò a leggere le avventure di Magneto e Wolverine e, poco prima di addormentarsi, ripensò alle parole del padre.

Diventare grandi non era facile. Se lo fosse stato, come avrebbe potuto godere dei risultati ottenuti?
 
***

Erika si accomodò con leggerezza sul ramo basso su cui si era appollaiato Gordon e il giovane, sobbalzando di sorpresa, esalò: “Ehi! Ciao!”

“Dovevi avere la testa da un’altra parte, se non mi hai sentito arrivare” gli sorrise lei, depositandogli un bacio leggero sulle labbra.

Erano ormai cinque anni che stavano assieme e, pur se Erika era più grande di lui di un anno e due mesi, la cosa non toccava minimamente Gordon.

Erika era la ragazza perfetta per lui, e nessuna avrebbe potuto mettersi al suo livello.

Oltre ad amare lo stesso genere musicale, se la intendevano alla grande anche sul piano fisico.

Certo, lei detestava cordialmente la sua mania della moto – apprezzava molto di più correre come lupo – ma non gli aveva mai vietato di andarci.

Così come lui aveva soprasseduto ogni volta, quando Erika era voluta andare ad ascoltare i concerti di Ed Sheeran.

Per piacere! Ma, se proprio doveva scegliere un cantante melenso per contro bilanciare il suo amore per il Metal, doveva proprio cadere su di lui?

Eppure, a Erika era sempre piaciuto; chi era lui per lamentarsi?

Entrambi avevano scelto facoltà umanistiche, pur se Gordon voleva intraprendere studi incentrati sulla letteratura antica, mentre Erika su quella moderna.

I Master erano alle porte; a ottobre avrebbero iniziato la loro specializzazione, che li avrebbe tenuti impegnati per altri tre anni buoni.

Non era lo studio a preoccuparlo: gli era sempre piaciuto studiare.

Il suo dilemma era un altro, per questo non l’aveva sentita arrivare. E per questo, ora, non sapeva che dirle.

Sbattendo le palpebre dalle lunghe ciglia scure, Erika mormorò: “Va tutto bene, Gordon? Sei un po’ strano, ultimamente.”

“Ma no! Che vai a pensare?!” esclamò lui, avvolgendole le spalle con un braccio.

Non del tutto convinta, Erika poggiò il capo contro la sua spalla e, lanciatogli uno sguardo dal basso all’alto, replicò: “Me lo diresti, vero, se ci fosse un problema tra noi due?”

Stringendola un poco più a sé, Gordon mormorò: “Non potrei amare che te, Erika, perciò calma la tua mente iperattiva. Stai facendo un baccano dell’inferno, sai?”

Sorridendo appena, lei annuì, ma disse: “Sento che qualcosa non quadra ma, se non me ne vuoi parlare, va bene. E’ giusto che ognuno di noi abbia qualche segreto per sé. Però, se avessi bisogno del mio aiuto, me ne parlerai, vero?”

“Saresti la prima a cui mi rivolgerei, se avessi un problema” ghignò il giovane, stampandole un bacio sulla fronte. “Come mai mi hai raggiunto qui al Vigrond, a proposito? Avevi bisogno di me?”

“Per la verità, mi manda tua sorella. Voleva sapere perché non rispondevi al cellulare, visto che sapeva benissimo che eri qui.”

Spalancando gli occhi, Gordon afferrò il suo smartphone dalla tasca del giubbotto di jeans che indossava e fissò basito lo schermo.

“Tredici chiamate?” gracchiò, sgomento.

E dire che la suoneria abbinata al numero di Brianna faceva un baccano dell’inferno!

Come aveva potuto non sentire Run Boy Run?

Erika, a quel punto, lo fissò divertita e Gordon, sospirando, scese con un balzo dal ramo e asserì: “Andrò a sentire cosa vuole.”

“Sarà meglio” motteggiò lei, dandogli una pacca sul sedere.

Lui rise, le mandò un bacio con lo schiocco e le domandò: “Ci vediamo stasera, dopocena?”

“Una sgroppata tra i boschi?” propose lei, ammiccante.

“Non chiedo di meglio” annuì lui. “Qui alle otto e mezza. Va bene?”

“Andata. E ora vai, prima che tua sorella ti stacchi la testa a morsi” rise Erika, correndo via, agile e veloce come il lupo splendido quale era.

Tornando serio, Gordon mise via il cellulare e si incamminò mesto verso la casa di Brianna e Duncan.

Se Erika non aveva subodorato i reali motivi del suo disagio, sua sorella poteva averli compresi eccome, invece.

Non c’era verso di tenerle nascosto niente, per quel che riguardava la sua personala sfera emotiva.

Da quando era diventato un licantropo, non era più riuscito a tenerla lontana dalla sua testa.

Che gran scocciatura avere una wicca come sorella!
 
***

Impegnata nello strigliare Michael, dedito a farle degli scherzi con la sua coda bianco latte, Brianna lanciò un’occhiata sopra il dorso del cavallo, non appena percepì l’aura del fratello.

Quindi, Erika lo aveva trovato.

Data una pacca sul fianco al cavallo, che nitrì fragoroso, la giovane disse: “Coraggio, fenomeno da baraccone… vai a fare un giro nel recinto, prima che io ti rimetta nel box. Domani faremo una cavalcata io e te, d’accordo?”

Michael scrollò il muso come a volersi dichiarare in sintonia con la sua proposta dopodiché, con passo caracollante, uscì dalla stalla.

Brianna non poté non ridere. Quel cavallo era un attore comico nato.

Gli mancava solo la parola.

A volte, le era parso di afferrare qualche suo pensiero errabondo, ma era difficile mettere a parole ciò che pensava un cavallo.

Sapeva, comunque, che le era molto affezionato, e tanto le bastava.

Così come sapeva che Gabriel era innamorato di lei, (per quanto può esserlo un cavallo) e Rafael la rispettava come avrebbe potuto rispettare una madre, o una divinità.

Infilate la mani nelle tasche posteriori dei jeans sdruciti, il venticello di fine estate a incunearsi tra le pareti della stalla, Brianna sorrise e mormorò: “Il figliol prodigo… non hai dunque perso la via per Damasco.”

“Hai mescolato due storie assieme” brontolò Gordon, pur ghignando.

Brianna scrollò le spalle, replicando: “Deformazione professionale… avere un dio in testa ti fa straparlare, a volte.”

Non dare la colpa a me, se confondi le parabole, e digli quello che vuoi dire.

La wicca rise tra sé per quel commento aspro da parte di Fenrir, perciò andò dritto al punto.

“Perché non stai dicendo la verità a Erika?”

Gordon si irrigidì istantaneamente, l’aura già sfrigolante attorno al suo corpo tonico e forte.

Quanto era cambiato, da quando il gene della licantropia era stato risvegliato in lui!

Brianna quasi aveva stentato a riconoscerlo, quando era tornata dall’università, a Pasqua, dopo la sua trasformazione in lupo.

Le sue spalle si erano rafforzate, così come la sua struttura fisica e, sebbene non sarebbe mai diventato imponente come Duncan, o Lance, ora era assai più robusto.

“Gliene hai parlato?” domandò Gordon, dopo alcuni attimi di silenzio.

Brianna scosse il capo, replicando: “Non sono affari miei, ma vorrei sapere perché tanti dubbi. Merita di sapere.”

“Non ho ancora preso una decisione in merito” sottolineò il giovane, poggiandosi nervosamente contro la porta di uno dei box.

Rafael mise fuori il muso, poggiandolo sulla spalla del ragazzo, e lui lo carezzò con un mezzo sorriso stampato in viso.

Indulgente, Brianna mormorò: “Non è quello che ho percepito io.”

“Potresti stare fuori dalla mia testa, per una volta?” brontolò a quel punto Gordon, fissandola arcigno.

I suoi occhi danzarono dal chiaro grigio colomba al più oscuro blu di Prussia, i suoi occhi di lupo.

Imperturbabile, la sorella replicò: “Non dipende da me. Sono pensieri che mi invii tu. Diversamente, non ficcherei mai il naso nei tuoi affari.”

“Come?” esalò sorpreso Gordon, facendo tanto d’occhi. Ora, completamente grigi.

Era bastata quell’ammissione imprevista a farlo tornare in sé.

Sospirando leggermente, Brianna rovesciò un secchio per sedervisi sopra e, poggiati i gomiti sulle ginocchia, ammise: “Lo fai da quando sei diventato lupo ma, solitamente, non avviene spesso. Negli ultimi due mesi, invece, è un fenomeno quasi giornaliero. Perciò ti chiedo… perché non dirglielo?”

Sempre più scioccato, Gordon borbottò: “Che intendi con… con questa cosa? Che sai sempre cosa penso?”

“No, capitano” gli sorrise lei, comprensiva. “Ma so quando stai per prendere una decisione. E’ come se volessi mettermi al corrente di ciò che stai per fare… forse, perché speri nella mia approvazione, o perché io ti fermi se riscontrassi in te dei dubbi.”

Basito, Gordon si lasciò scivolare a terra e, dopo essersi messo le mani tra i capelli, esalò: “Non ne avevo idea… e tu non mi hai mai detto nulla?”

“Ero sempre d’accordo con le tue scelte, e non mi dispiaceva che tu mi mettessi al corrente di quello che volevi combinare” replicò lei, scrollando debolmente le spalle. “Ma stavolta sei agitato, nervoso e, cosa peggiore di tutte, non vuoi dire la verità alla donna che ami. Perché?”

“E me lo chiedi anche?!” sbottò a quel punto Gordon, facendo sfrigolare la sua aura.

Rafael nitrì indispettito, nel suo box, e Gabriel scalciò un paio di volte, irritato da una simile bordata di energia statica.

Gli animali erano assai più sensibili degli uomini comuni, di fronte alle auree dei licantropi.

Brianna, allora, estese il proprio potere per inglobare quello del fratello e, subito, l’aria si fece più leggera.

“Scusami…” borbottò Gordon, reclinando colpevole il capo.

“Sei nervoso. Ti capisco. Inoltre, io ci sono già passata. E’ giusto che ti aiuti a controllare la tua aura, se ne hai bisogno” si limitò a dire Brianna, sorridendogli. “Ti chiedo perché, e a buon diritto, visto che non sei mai stata una persona pavida. Hai sempre preso le tue scelte con coraggio, senza mai guardarti indietro, una volta averle prese.”

“Ma ero da solo!” sottolineò Gordon, snocciolando per la prima volta a voce alta il problema che lo assillava.

Brianna assentì, sospirando lieve a quell’ammissione, e gli domandò: “Credi che non accetterebbe le tue scelte?”

“Erika ha tutto il diritto di scegliere per conto suo, come e dove vivere… io non voglio prevaricarla in nessun modo, ma…”
Non sapendo come proseguire, Gordon si azzittì, ma non Brianna.

“… ma l’offerta di Patricia Dawson MacKenzie ti interessa più di quanto tu voglia ammettere anche con te stesso, e non te la senti di dirglielo, perché questo cambierà radicalmente il vostro futuro. E’ corretto?”

“Colpito e affondato” mugugnò Gordon, tendando di fare dello spirito, pur senza grossi risultati.

“Non credi che dovresti lasciar decidere a lei cosa ne pensa, e non impuntarti nel prendere decisioni per tutti, e senza consultarti con nessuno?” gli fece notare Brianna, intrecciando le mani su un ginocchio.

Fissandola sconcertato, Gordon fece per ribattere, ma si bloccò all’ultimo momento.

Già. Non aveva chiesto la sua opinione.

Era partito dal presupposto che, qualsiasi tipo di decisione avesse preso per il futuro, avrebbe incluso implicitamente l’assenso di Erika.

Lei, invece, aveva innanzitutto il diritto di conoscere ogni aspetto della situazione e, eventualmente, rifiutare di seguirlo.

O proporgli una terza eventualità.

Non doveva più sobbarcarsi quel dilemma in solitudine, ma affrontarlo con l’altra metà del suo cuore, con la sua anima gemella.

Brianna gli sorrise comprensiva, mormorando: “Ricordi quando litigai con Duncan, di ritorno da Glasgow, quando mi ferirono?”

Gordon annuì – quell’anno era stato terrificante, tra il ferimento di Brie, il suo rapimento e la morte di Leon – e asserì mogio: “Preferirei non rammentarlo, ma sì. Ricordo che eri a pezzi, perché ti eri impuntata nel voler risolvere le cose da sola, senza aiuto.”

“Siamo stati cresciuti forti, in grado di prendere decisioni autonome e coscienziose o, per lo meno, si spera…” nel dirlo, rise, e Gordon ghignò, annuendo. “… ma questo non vuol dire non confrontarsi con chi si ama. Ricorda… papà e mamma si sono sempre parlati. Per qualsiasi cosa.”

“Già” assentì suo malgrado il fratello, passandosi una mano tra i capelli.

“Quindi?”

“Le parlerò stasera. Ci vediamo al Vigrond per una corsetta tra i boschi” le spiegò Gordon, accennando un sorrisino.

“Dirò agli altri di non avvicinarsi. La foresta sarà vostra” gli promise, levandosi in piedi per raggiungerlo.

Allungatagli una mano, lo aiutò a fare lo stesso e, nel lanciare uno sguardo a Michael, che ancora stava gironzolando nel recinto, ghignò e disse: “Vai a giocherellare con quel bestione. Hai bisogno di rilassarti, e lui è un asso, in questo.”

Gordon fece per scantonare ma, alla fine, ammise che la sorella aveva ragione. Non solo aveva bisogno di rilassarsi un poco, ma Michael era davvero bravo, nel tirar su di morale la gente.

Quel cavallo avrebbe dovuto fare lo psicoterapeuta.
 
***

Il cielo stava tingendosi per la notte, lasciando che i viola e i rossi si confondessero con il blu scuro e il nero.

Alcune stelle erano già visibili, e la luna piena brillava a est, poco sopra la linea delle chiome delle piante.

Il vento era immoto e, nell’aria, galleggiavano umidi i profumi del bosco e l’aroma dolce di Erika.

Era uno splendido lupo, di una tonalità variabile tra il rosso cupo e il marrone, con una buffa macchia bianca sulla zampa anteriore sinistra.

I suoi occhi, di un caldo color nocciola, lo sondarono curiosi e, quando entrambi si fermarono in prossimità del Vigrond, Gordon si sedette.

Poggiato a terra con le cosce, la scrutò per qualche attimo, indeciso su come approcciare l’argomento, quando Erika borbottò: “Devo metaforicamente tirare fuori i fazzolettini?”

Gordon tossì una risata, scuotendo il muso grigio scuro, e replicò: “Non credo. Per lo meno, non spero.”

“Ergo, posso eliminare dall’equazione l’idea che tu ti sia stancato di me.”

Lui le abbaiò contro irritato un paio di volte, prima di calmarsi.

“Mi era sembrato di averti già detto che ti amo! Dobbiamo tornarci ogni volta?”

“Perdonami la mia ansia, ma è da quasi un mese che hai l’aura in subbuglio e, specialmente dopo aver fatto l’amore, sembri un porcospino. E non intendo i peli che hai addosso.”

Gordon sbuffò, dandosi dell’idiota per aver pensato che la sua ansia fosse sotto controllo.

Le doveva più di qualche spiegazione. Le doveva delle scuse.

Erika, allora, gli diede un colpetto col muso, in corrispondenza del collo e, conciliante, mormorò: “Puoi dirmi tutto, lo sai.”

“Lo so, e te ne sono grato, ma è una cosa grossa, che influirà sul nostro futuro, e non è facile ammettere di aver messo ciò che sto per dirti sul piatto della bilancia.”

“Spara… sarò io a decidere se hai fatto una scemenza, o meno” lo incoraggiò Erika, usando un tono lieve, pur fremendo dentro.

Cosa mai le aveva nascosto, di così tremendo?

“Ricordi Patricia Dawson MacKenzie?”

“Sì. E’ la sorella di Alec. Perché?” esalò sorpresa Erika, chiedendosi cosa centrasse lei con i dubbi di Gordon.

Da quel che sapeva, abitava ad Armagh, in Irlanda del Nord, assieme al marito, Andrew, e ai due figli, Phillip e Cassandra. Ergo, che aveva a che fare con lui?

“Un paio di mesi fa mi ha chiamato per offrirmi un posto di lavoro, per quando avrò finito l’università e il Master in Lingue Antiche che voglio conseguire.”

Lo buttò fuori di getto, senza pensarci, preferendo non girarci tanto intorno.

Aveva tentennato fin troppo, e non c’erano molti modi per spiegare una cosa simile.

Erika sbatté le palpebre, confusa, prima di domandare: “E… quindi? Dove starebbe il problema?”

Fu il turno di Gordon di apparire confuso e, scuotendo il muso con fare sconvolto, esalò: “Ma mi sembra chiaro! Se accettassi, me ne andrei da qui! Non vivrei più a Matlock!”

La lupa allora mutò forma e, tornata a essere donna, rise dolcemente e mormorò: “Ti sei preoccupato così tanto, per questo?”

A sua volta, Gordon tornò uomo e, presa l’amata per le spalle, gracchiò: “Non pensi che sia una cosa che cambierebbe radicalmente le nostre vite? Credi che potrei prendere questa decisione senza neppure preoccuparmi un po’?!”

Erika strinse una delle mani poggiate sulle sue spalle e, nel portarsela al viso, ne baciò il palmo, mormorando: “Avresti anche potuto dirmi che ti trasferivi in Australia, e mi sarebbe andata bene lo stesso. La musica è ovunque, Gordon, e io posso insegnare ovunque ci sia una scuola. Ma il tuo sapere è così raro e prezioso che, se qualcuno ti vuole, tu devi andare. Non sono in molti – soprattutto licantropi – a sapere ciò che tu sai.”

“Sacrificheresti i tuoi legami… per me?” esalò il giovane, facendo tanto d’occhi.

Lei lo abbracciò con dolcezza, carezzandogli la schiena scossa da brividi.

“Non sto sacrificando nulla, Gordon. Sarei a un paio d’ore di volo dalla nostra famiglia e dai nostri amici, non su un altro pianeta. Inoltre, Skype aiuta un sacco.”

Scostandosi da lui per poterlo guardare negli occhi, poi, aggiunse: “Ma, più di tutto, sarei con te. E mi sembra un buon motivo per seguirti ovunque tu andrai.”

“E non ti spiacerebbe lasciarti tutto alle spalle?”

Erika ci pensò su un attimo, vagliando pro e contro, ma disse: “Sarebbe difficile, i primi tempi, ma non saremmo del tutto soli, lassù. Andremmo in un clan di persone fidate, e di cui conosciamo già alcuni membri.”

“Quindi… mi sono fatto venire gli incubi per niente, in questo mese?” domandò a quel punto Gordon, esibendosi in un mezzo sorriso.

Lei allora rise, scosse il capo e lo baciò.

“No, non per niente. Hai dimostrato di tenerci, a me, di non voler scegliere solo per il tuo bene, ma anche per il mio. La prossima volta, però, parlamene subito e togliti il dente. Star male non serve a nessuno” gli confidò lei, avvolgendogli le braccia attorno al collo.

“Ci vorrà del tempo. A ottobre comincio l’ultima sessione di esami e, per l’anno prossimo, dovrei cominciare il Master, che durerà un paio d’anni come minimo. Possiamo fare tutto con calma” asserì Gordon, stringendola a sé, più tranquillo.

Erika socchiuse gli occhi, strusciandosi contro di lui con fare malizioso e, lasciata scivolare lentamente una mano verso le sue natiche, sussurrò: “Sì… possiamo fare tutto con molta calma…”

Lui rise, a quel doppio senso neanche tanto velato e, sulle sue labbra, mormorò: “Non intendevo questo, ma posso durare anche tutta la notte, se vorrai fare con calma.”

Erika rise, annuendo e, nel mordergli delicatamente il labbro inferiore, disse roca: “Ti chiedo solo una cosa.”

“Cioè?”

“Posso avere una vasca idromassaggio?”

Gordon scoppiò a ridere di gusto, per quella richiesta davvero fuori tema e, nel prenderla in braccio, assentì, dichiarando: “Ti troverò un castello, se vorrai, e potrai andare a lavorare su una carrozza. Tutto ciò che ti verrà in mente.”

Lei ammiccò, replicando serafica: “La vasca idromassaggio basterà… per ora.

Il lupo che era in Gordon non attese altro tempo. Spinse l’uomo a baciarla con ardore, chinandosi poi a terra per stenderla sul letto d’erba e fiori notturni che si trovava nella radura.

Erika glielo lasciò fare, offrendo e prendendo parimenti.

Non aveva detto quelle parole per confortarlo, ma perché ci credeva veramente.

Gordon era la sua anima gemella, il pezzo mancante della sua anima e, in qualsiasi posto lui fosse andato, lei lo avrebbe seguito.

Era dolce il fatto che lui si fosse preso tanti e tali scrupoli, prima di dirle la verità. Denotava quanto tenesse a lei.

Ma era tempo che Gordon capisse che era più forte di quanto pensasse… e che iniziasse a crederci lei stessa.

Era tempo che tutti i dubbi, le ansie sul loro rapporto si frantumassero, sparissero per sempre dal suo cuore.

Ora, doveva solo pensare al loro futuro assieme.

E a una splendida vasca idromassaggio.

Avrebbero fatto faville, assieme, in quella vasca, ne era più che sicura.

 
 
 
 
 
 
Note: a chi mi chiedeva come se la stessero cavando Erika e Gordon, ecco svelato il mistero. Spero di aver fatto cosa gradita.
Nelle prossime OS toccheremo altri personaggi minori e, se la fantasia me lo concederà, anche la nascita di Nathan.
  
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