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Autore: Mirella__    08/06/2016    0 recensioni
Serie di one-shot inizialmente auto-conclusive. La raccolta partecipa alla Challenge: “Chi, con chi, che cosa facevano” indetto da Kukiness.
La challenge prevedeva di fare una lista casuale dei personaggi, l’ordine in cui sarebbero stati scritti avrebbe avuto una corrispondenza con i prompt. Per ulteriori spiegazioni rimando alla premessa.
È una storia che vuole andare a prendere la routine dei semidei, inventando aneddoti buffi e non. Le coppie saranno quelle canoniche, anche se magari ci può essere qualche ship in più.
1 prompt utilizzato: "4 e 9 cambiano sesso ops tutta colpa di 10"
2 prompt utilizzato: "1 e 7 sono ubriachi, e 5 ne approfitta"
3 prompt utilizzato: "Time Warp! 5 è diventato un bambino!"
Genere: Commedia, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I sette della Profezia, Nico di Angelo, Reyna, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Serie di one-shot inizialmente auto-conclusive. La raccolta partecipa alla Challenge: “CHI, CON CHI, CHE COSA FACEVANO” indetto da Kukiness.

La challenge prevedeva di fare una lista casuale dei personaggi, l’ordine in cui sarebbero stati scritti avrebbe avuto una corrispondenza con i prompt. Per fare un esempio pratico:

4 e 9 cambiano sesso ops tutta colpa di 10

Ed è proprio questo il prompt con il quale ho iniziato. Chi è 4, chi è 9 e chi è 10? E soprattutto, perché è successo tutto ciò?

Mi sono presa alcune libertà per quanto riguarda l’organizzazione del campo mezzosangue e di caccia alla bandiera, come, per esempio,l’utilizzo di nuove regole che andrete a vedere in questa stessa shot.

Spero che questo primo capitolo vi colpisca e che vogliate lasciarmi un parere, anche critico, il che non è mai un male ;)

Vi auguro una buona lettura.

 

Scorci di vita al campo mezzosangue

( perché i mostri stanno sempre in agguato, ma i momenti belli non sono da meno)

 

Fiducia e gelosia vanno a braccetto con patate, cipolle e video

 

Piper non ci credeva: sì, lei e tutto l'equipaggio dell’Argo 𐤚 erano stati lontani da casa per mesi, prima a causa di Roma, poi a causa di Atene (entrambi eventi catastrofici accomunabili sotto il nome di Gea) ma non pensava che caccia alla bandiera fosse diventata così cruenta!

Era abituata alle case competitive come quella di Ares, ci aveva preso una certa mano anche con i ragazzi di Nike, ma poi era partita e quando era tornata si era ritrovata davanti dei soldati allenati quasi quanto una falange romana.

I suoi alleati erano armati pesantemente: gli arcieri avevano la faretra piena di frecce; i ragazzi di Ermes erano in possesso di piccoli dispositivi elettronici ( sicuramente rubati da quelli di Efesto) capaci di controllare il corpo dell’avversario tramite un chip che poteva essere sparato dritto nel cervelletto; i figli di Atena avevano in mente quattordici piani di azione differenti, ma tutti avevano dato retta a quello di Annabeth.  

Piper era un po’ preoccupata per il trio, che si era proclamato così potente da riuscire a battere tutte le case messe assieme. Nico, Jason e Percy ci trovavano gusto in quel nuovo tipo di organizzazione:  avevano formato una squadra con la scusa del “siamo soli e in minoranza numerica, non sarete mica spaventati dal tuono, dall’acqua e dalle voragini?”.

 

Piper combatteva con i ragazzi di Atena, Annabeth l’aveva presa sotto la sua custodia durante quei giochi perché i ragazzi di Afrodite non volevano sporcarsi le mani. Piper capiva i suoi fratelli, ma lei non si sentiva come loro, non era una semplice figlia di Afrodite. Certo,  aveva capito che il potere di sua madre era temibile, ma in quella specifica battaglia non sarebbe servito l’istinto, non si trovava in un corpo a corpo, era con la strategia che si vinceva; anche se doveva ammettere che nel suo caso il nemico non poteva avere tutto quel grandissimo piano d’azione.

 

“Annabeth, cosa ne pensi?”

Piper prestò attenzione alla conversazione tra il pretore e la figlia di Atena, quest’ultima scosse la testa e analizzò velocemente la situazione.  “Credo che la bandiera sia vicino al Pugno di Zeus, lì la visuale è ottima. Sono abbastanza sicura che ci sia Nico a fare la guardia, Jason andrà a coprire la direzione nord, mentre Percy, ovviamente, sarà vicino al fiume”

“Quindi,” continuò Reyna nel suo ragionamento, “dovremmo aggirare Percy in qualche modo”

Annabeth si accigliò, ma sapeva che era la soluzione più funzionale. Il suo ragazzo era decisamente più disattento di Jason. “Piper, ci pensi tu?” Chiese alla fine Annabeth, lasciando un perplesso Will Solace che era lì solo per curare i probabili feriti.

“Sei sicura che Piper possa tenerlo a bada? Sì, insomma, sai com’è… Percy è figlio di Poseidone e Piper, con tutto il rispetto che posso provare per lei, è pur sempre figlia di Afrodite”

Reyna annuì in accordo con il ragazzo. “Lo so, ha fatto grandi cose, ma la lingua ammaliatrice non è molto efficace contro chi ne conosce gli effetti”.

Annabeth sorrise incoraggiante e guardò Piper che, imbronciata, tentava di non far capire quanto ci fosse rimasta male per le parole dei due. “Io invece credo che Piper ce la possa fare”

Will si stiracchiò e fece spallucce: era decisamente scettico all’idea e la sua espressione, solitamente sorniona, lo lasciava intravedere apertamente. “D’accordo, mettiamo caso che Piper riesca a tenere sotto controllo Percy. Tu, Annabeth, hai detto che tutti e tre stanno difendendo la loro base, come faranno a rubare la nostra bandiera e portarla dalla loro parte, senza un attacco?”

Gli occhi grigi di Annabeth si spostarono tempestosi sulla loro bandiera, dove quella volta era il gufo - simbolo di Atena - che sventolava fiero sulla stoffa. “Credo non ci sarà un attacco diretto. Tenteranno di rubarla utilizzando i loro poteri”

Reyna sbuffò: “Con il viaggio d’ombra di Nico potrebbero rubarci la bandiera da sotto il naso. Sul serio, Annabeth, ammetti di aver toppato con la scelta di questa squadra,” inutile dire che Reyna soffermò per qualche istante, forse involontariamente ( o almeno così volle credere la diretta interessata) lo sguardo su Piper.

Ma Annabeth scosse la testa con decisione, mentre la ragazza Cherokee si decise a parlare: “Dovreste avere più fiducia, sono pur sempre una dei sette, senza di me non avreste potuto tenere a bada Gea,” la punta di risentimento nella sua voce fece indietreggiare sia Reyna che Will.

“Sì,” dissero all’unisono, “abbiamo fiducia in te”

Piper sbuffò, non era sua intenzione usare la lingua ammaliatrice, ma la rabbia aveva preso il sopravvento, stava per scusarsi, ma quando Annabeth le fece l’occhiolino - con un’espressione piacevolmente divertita - si morse il labbro: in fondo Reyna e Will se l’erano cercata.

In tutto ciò nessuno si era accorto che del liquido insolitamente plumbeo si era addensato attorno alle loro scarpe, mentre una lieve brezza aveva iniziato a giocare dispettosamente con i capelli delle ragazze.

“Il punto è che Percy e Jason saranno in parte impegnati a utilizzare i loro poteri per derubarci sul nostro fronte, Nico non può utilizzare viaggi d’ombra, non si è ancora ripreso dal nostro incontro con Gea...”

“Da come parli sembra ci abbiamo preso dei pasticcini,” la interruppe Will, ma Annabeth lo ignorò e continuò il suo eloquio.

“La loro difesa sarà indebolita, noi abbiamo tutte le possibilità di…” mentre parlava, una forte folata di vento si propagò tra la valle, dovettero coprirsi gli occhi,  perché il vento trasportava con sé piccoli granelli di sabbia che andavano a infiltrarsi negli spazi più piccoli.

Un rumore metallico catturò l’attenzione del gruppetto di semidei, “maledizione! Prendete la bandiera!” Urlò Annabeth,  precipitandosi dove un attimo prima c’era l’asta, o, almeno, tentò di farlo, ma si ritrovò faccia a terra, con le suole rese scivolose da… che roba era quella? Melma?

Impotente, guardò la bandiera volare via, mentre anche gli altri semidei erano a terra, sembrava avessero voluto farle compagnia.

Piper cercò di ordinare allo spirito del vento di tornare indietro, ma ogni volta che apriva la bocca la sabbia si infiltrava sotto la lingua,  tra i denti. Annabeth era  a dir poco furibonda, persino Reyna, che aveva acconsentito a protrarre il suo soggiorno al campo mezzosangue per conoscerne le usanze, non se la sentiva di girare il coltello nella piaga con un “te l’avevo detto”.

Pochi minuti dopo, tra le fitte erbacce spuntarono: Percy, con un sorriso da deficiente sul viso, Jason era serissimo, al contrario del figlio di Poseidone, ci teneva a non sembrare spocchioso, mentre Nico sembrava sul punto di chiedere scusa.

Annabeth fissò furente il suo ragazzo, che stringeva tra le mani, tutto fiero, la bandiera con il simbolo di Atena.  

Reyna guardò prima l’uno,  poi l’altra e sorrise: la vittoria le bruciava e l’avrebbe fatta pagare cara a quel trio, specie visto il modo facile in cui era stata ottenuta, ma la vendetta è un piatto che va servito freddo e Reyna, da romana, lo sapeva bene.

“Cosa ho fatto?” Chiese Percy con la vocina più innocente che riuscì a fare, incredibile come bastasse la semplice espressione iraconda della sua ragazza per rimetterlo in riga, o quanto velocemente riuscisse a mettere su quell’espressione da cucciolo bastonato.

“Siete stati sleali,” sibilò Annabeth, “non avete nemmeno aspettato la mezz’ora di tempo canonica per l’organizzazione! La vittoria non è valida!”

Nico sembrò volersi sotterrare, sentiva lo sguardo di Reyna addosso; sapeva esattamente cosa il pretore stesse pensando: l’aveva avuta come compagna di viaggio per un sacco di tempo, qualcosa l’aveva pur imparata.

Percy guardò la sua ragazza con un sorrisetto da ebete: “Andiamo,  Annabeth, dovevamo muoverci in fretta, avevi i ragazzi di Apollo dalla tua e stavano per circondarci!  E poi hai idea di quanto sia difficile controllare i nostri poteri da una simile distanza?”

Anche Jason si sentiva in imbarazzo, quella vittoria era stata più da greco che da romano,  e si vergognava dover ammettere che l’idea era stata tutta di Percy. Era un idiota, ma alle volte aveva colpi di genio che effettivamente funzionavano.  

Annabeth alzò un dito per zittirlo: non ci vedeva più dalla rabbia.  “Questo è un colpo basso, Perseus Jackson”

Reyna sospirò: “Annabeth, forse dovresti ammettere che le forze non erano ben bilanciate”.

Piper abbassò lo sguardo, iniziando a giocare con la piuma che teneva legata ai capelli: si sentiva in colpa. Anche Will sembrava volesse dare la colpa a lei perché non poteva prendere fuoco come Leo. Strinse i pugni e serrò le labbra.

Annabeth non si accorse di nulla e continuò a dare contro il suo ragazzo: “Domani sera. Stesse squadre. Attendere la mezz’ora canonica.”

Reyna inarcò un sopracciglio. Era strano da parte di Annabeth insistere così tanto sulla stessa formazione, ma non poteva obiettare, lì non era pretore, si ricordò ancora, solo ospite.

Will si mise le mani dietro la testa e fece l’occhiolino a Nico. “Io magari cambio squadra, giusto per aiutare chi è in inferiorità numerica”. Poi si diresse verso la sala comune. La caccia alla bandiera era stata così breve che la cena sarebbe stata servita prima del solito.

 

Quando tutti i semidei si riunirono ad Annabeth sembrò che tutti gli sguardi fossero puntati su di lei. Quasi sentiva i giudizi di coloro che dicevano che in quanto figlia di Atena avrebbe dovuto crearsi una strategia migliore. Tsh, le squadre erano più bilanciate di quello che potevano sembrare.  Solo che l’attacco l’aveva colta di sorpresa, il giorno dopo avrebbe fatto vedere a tutti di cosa era capace Annabeth Chase, la semidea che era riuscita a recuperare l’Atena Partenone.  

Quello che più di tutto la preoccupava era il fatto che Piper non avesse emesso un fiato; se ne stava zitta zitta al suo posto, seduta assieme ai suoi fratelli della casa di Afrodite. Annabeth non seppe perché, ma quando la vide offrire agli dei parte del suo pasto ebbe uno strano fremito alla base della schiena: quella era una pessima, orribile sensazione.  

 

Will Solace quella mattina si sentiva proprio strano. Essendo un medico non ci fece molto caso, credeva poco in cose come lo stress, non era una donna quindi non stava per venirgli il mestruo, probabilmente avrebbe dovuto farsi una dormita decisamente più lunga per recuperare il lavoro gentilmente offerto da Gea e i suoi seguaci, ma le regole al campo erano uguali per tutti e la colazione o si faceva prima delle nove e mezza, oppure non si faceva. Indossò frettolosamente la maglietta del campo mezzosangue e cambiò senza pensarci due volte gli indumenti intimi, indossò dei pantaloncini e andò a lavarsi la faccia,  troppo assonnato per badare alla sua immagine riflessa allo specchio, persino quando lavò i denti e risciacquò non notò niente di strano.

Qualcosa di strano la notò, però, una volta fuori dalla sua capanna. Tutti lo guardavano: chi perplesso, chi sconvolto, chi semplicemente incuriosito, ma fu Nico Di Angelo che gli confermò effettivamente che c’era qualcosa che non andava.

“Per gli dei!” Esclamò il ragazzino. “Will?”

Will aprì la bocca per sbadigliare e sorrise sornione. “Ehi, deathboy!” Disse alzando la mano in segno di saluto, poi la ritrasse e se la passò tra i capelli, fino ad arrivare alla nuca, quando vide che non finivano e che non riusciva a toccarne le punte perché troppo lunghe, prese una ciocca di capelli. Ma cosa? Gli si erano allungati tanto mentre dormiva? Sicuramente qualcuno della casa di Ermes aveva dovuto tirargli qualche scherzo.

Gli parse strano, d’altro canto, che Nico non si fosse ancora lamentato per quel nomignolo. “Guarda che cosa buffa,” continuò a parlare solo, visto la non risposta di mister allegria, “mi si sono allungati i capelli in una notte”

Nico sbiancò, capendo di non avere le allucinazioni. “N… non è l’unica cosa ad essere cresciuta,” gli indicò il petto, dove sorgeva una quarta abbondante di seno, alquanto esposto visto l’assenza dell’indumento necessario per quella misura.

Will sembrò accorgersi solo ora dei due grossi problemi, anzi tre, se doveva andare a contare la mancanza d’altro… “Oh,” disse semplicemente Will, per poi riprendere fiato e continuare, “come direbbe Leo: Houston, abbiamo un problema”

 

Reyna quella notte dormì malissimo e non solo perché effettivamente non voleva dormire: visto che era un ospite e come tale doveva soggiornare nella casa di Ermes - vale a dire una casa piena di ladruncoli - ma anche perché aveva delle nausee pazzesche. Si rigirava e rigirava tra le lenzuola, quando ad un certo punto qualcosa cambiò, qualcosa che non sarebbe dovuto assolutamente cambiare.  Si mise a sedere di scatto e fu sorpresa di vedere che l’alba era effettivamente arrivata, eppure non le sembrava d’aver dormito. Credeva fossero passate a malapena tre ore da quando era andata a letto. Sospirò e tornò al problema principale: il seno. Ok, non era mai stata particolarmente abbondante ma arrivava alla terza, adesso non c’era più nulla!

“Giove... “ sussurrò tra sé e sé,  non sapendo come prendere la situazione. Finché c'erano nemici da affrontare andava bene, ma cosa dire quando era il tuo stesso corpo a tradirti? Corse verso lo specchio e si passò una mano tra i capelli corti, dopodiché urlò.  

 

Quella fu senza dubbio una delle riunioni più strane che si fosse tenuta nella Casa Grande. Reyna e Will stavano con le braccia ben conserte, quasi come se si stessero imitando in un gioco nel quale non c’era niente di divertente.

Percy guardò Will con uno strano luccichio negli occhi e Annabeth capì che la battuta stava per arrivare, o una qualche frase stupida. C’era da dire che da quando Leo aveva inviato loro un messaggio con le sue coordinate geografiche ( del tutto sballate) Annabeth aveva sorriso, non faceva più male pensare al suo umorismo mancante, perché stava per tornare.

“Quindi dimmi, Will,” iniziò Percy, “ora devo chiamarti Willa?  E Rey…” non fece in tempo a finire la frase che la romana gli piantò un coltello tra le dita, mancandole di un soffio. Acquaboy si ritirò in uno strano silenzio, reggendosi la mano come se fosse stato davvero colpito. “Cattiva” lo sentì Reyna brontolare, ma la ragazza, o meglio, il ragazzo non aveva voglia di sentire altre sciocchezze.

“Com’è successo?” Chiese Nico di scatto, che guardava Will Solace con gli occhi spettrali sgranati e - Percy l’avrebbe giurato - con una certa disperazione. Il figlio del dio del mare si morse il labbro: no, su Nico non avrebbe fatto battute, e non per essere politicamente corretto,  ma perché si sarebbe ritrovato con ogni osso rotto da Annabeth e Jason… quei due prendevano le cose così seriamente!

Will, del tutto tranquillo e quasi disinteressato, si mise a giocare a ping pong, attirando lo sguardo di altri semidei, ma nessun occhio si soffermava a lungo sulla sua figura, perché c’era Nico al suo fianco e i suoi, di occhi, sembravano voler dire “guarda e sarà l’ultima cosa che vedrai”.

Annabeth prese posto sulla sua sedia e guardò il gruppetto: di tutte le cose che erano capitate loro, grazie agli dei, quella era la più stupida e facilmente risolvibile, non era poi tanto preoccupata.

Piper alzò timidamente la mano: “Credo sia stata colpa mia” annunciò in un soffio, “ero irritata per i loro commenti durante caccia alla bandiera e mia madre…” sospirò, “beh sono un po’ la sua preferita” ammise a malincuore.

Will ridacchiò e scosse la testa: “Se devo essere sincero a me non dispiace,” ma a a quanto pareva a Nico dispiaceva, perché lo fulminò con un’occhiataccia. “Parli così solo perché Jason ti ha pagato la ciambella!”

Piper guardò malissimo il suo ragazzo, un’occhiata che voleva dire “ne parliamo dopo”, poi tornò a sorridere per lo scambio di battute tra Nico e Will. Reyna stava in un angolo a rimuginare sull’accaduto: sapeva quanto Venere potesse essere capricciosa e, da quando la frattura della personalità si era ricomposta, gli dei non erano più imprevedibili.

“Deve esserci un modo per tornare normale, non voglio passare il resto della mia vita in questo modo” l’isterismo nella sua voce era a stento trattenuto, sicuramente chiunque non fosse stato figlio di Bellona avrebbe ceduto, a parte Will Solace: se fosse caduto il mondo - come cantava Raffaella Carrà - si sarebbe limitato a spostarsi un po’ più in là.

Piper sospirò, le dispiaceva per Reyna, non erano mai state in stretti rapporti ma non voleva certo che vivesse per sempre a quel modo. “Ho sognato mia mamma, stanotte,” ammise passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri. “Vuole che vinciamo una partita di caccia alla bandiera e che sia io a guidarvi”

Will guardò Piper per un attimo, poi sospirò e prese un blocco degli appunti. “Allora Annabeth, ogni quanti giorni sanguinerò da qui a… il resto della mia vita? La miglior marca di assorbenti? Quando inizio a giocare a pallavolo?”

La bionda lo guardò gelida: “Fa un’altra battuta del genere e mi assicurerò che tu sanguini ogni giorno”

Rimasero tutti in silenzio, effettivamente Will aveva esagerato.

 

Per lui e Reyna quello fu il pomeriggio più lungo della storia.

Iniziò malissimo, una volta usciti dalla sala riunioni, il signor D l’intercettò nel cortile dell’armeria, diede a entrambi una pacca sulla spalla. “Spero vi troverete bene nella vostra nuova… situazione”

Percy sorrise apertamente. “Si abitueranno prima o poi,” non aveva nessuna intenzione di perdere.

Il signor D sciabolò come un cattivo da avanspettacolo le sopracciglia. “Uh, certo, certo, lo faranno, signor Jason,” il suo nome, storpiato a quel modo, fece innervosire non poco Percy: nonostante si fosse abituato al fasullo disinteresse del signor D, lo infastidiva essere chiamato come il figlio di Giove. “Ma passiamo a cose più importanti,” continuò il dio, “dov’è il mio eroe preferito? Grace!” Urlò, una volta individuato il biondo che cercava di nascondersi dietro un carretto pieno d’armi e  altre cianfrusaglie.  “Spero proprio che il signor testa d’alghe qui presente non vi faccia perdere contro la figlia di Afrodite, questa sera”

Percy si gonfiò il petto. “È tutto merito mio se abbiamo vinto ieri!”

Dionisio inarcò un sopracciglio: “Ah... intendi dire che tu saresti migliore di Jason?”

Dalla faccia di Percy, Jason credette che avrebbe potuto evocare un muro d’acqua.  “Sa com’è, io ho sconfitto Crono e sostenuto il cielo, sono diventato pretore e altre cosucce di poco conto...”

Non era da lui vantarsi, ma quando di mezzo c’era quello scansafatiche di Dionisio le rispostacce risalivano fino alla punta della lingua e scappavano tutte assieme, come se la prima che partisse gridasse: “All’attacco!”

Jason rise: “Disse il figlio del dio del mare scampato a un annegamento. Inoltre mi ricordo che è stato un certo Jason Grace a pararti il deretano contro Polibote sul fondo dell’oceano”

A Dionisio brillarono gli occhi, poi questi si spostarono su Nico. “E poi sono sempre Jason e Person a prendersi i meriti, mai una volta che qualcuno citi Nico Di Angelo, figlio di Ade. Hai guidato l’Argo e il suo equipaggio lungo la tratta Italia-Grecia, trasportato l’Atena Partenone fino a qui, portando le tue forze allo stremo e per cosa poi? Vedere quel fesso di Sonjack passeggiare mano nella mano con Annabeth Chase. Dovresti farla pagare a questi due e far vedere chi è davvero quello che merita più elogi,” detto questo il dio scomparve, lasciando al suo posto una piccola pianta di uva; i tre ragazzi si fissarono, confusi ma non arrabbiati.

Nico scrollò le spalle e osservò Will. “Mi fai vedere quella cosa con la freccia?”

Will sorrise come se l’intervento di Dionisio fosse stato di poco conto e i due si dileguarono verso il campo adibito al tiro con l’arco.

Per Reyna non fu facile come per Will, al quale sembrava non importare di tutti i risolini e le battute, anzi, sembrava averci preso parecchio gusto. Le si sgranarono gli occhi quando vide all’entrata del campo mezzosangue, vicino al campetto da pallavolo, Frank, Hazel, ma soprattutto Hylla! Da Regina delle Amazzoni non aveva qualcosa di meglio da fare che prendersi una pausa proprio quel giorno? Oppure usare il suo giorno libero proprio al campo mezzosangue? Si nascose dietro Jason e Percy, si sentiva incredibilmente umiliata.

Hylla si guardava schifata attorno, come se vedere tutti quei maschi senza collare la mandasse ai pazzi, poi posò lo sguardo dietro Jason e restò di sasso.

Hazel e Frank erano allegri, ridevano e scherzavano con Annabeth e non fecero caso a Reyna.
“Loro non ti hanno riconosciuta! Lo sapevo che erano i più tonti,” disse Percy, guadagnandosi una gomitata nelle costole da parte della sua ragazza. Hazel porse la mano a Reyna per presentarsi, ma la fermò a mezz’aria quando si accorse che c’era qualcosa che non andava.

Frank vedendo quella reazione si fermò per un attimo e studiò più attentamente il viso di Reyna. “Oh. Miei. Dei!”

Dovettero tenere ferma Hylla quando questa scoprì che tutto era successo per colpa di Piper.

“Quindi, fatemi capire,” disse sconvolta e sul piede di guerra, “mia sorella è diventata un maschio per colpa della dea dell’amore e potrà tornare una donna solo se Piper vi guiderà alla vittoria”

Tutti annuirono.

“Contro Percy, Jason e Nico”

Tutti annuirono di nuovo.

“Io ti ammazzo!” E l’amazzone si lanciò di nuono contro Piper.

 

Dopo aver salvato la figlia di Afrodite da un tentato omicidio, i ragazzi si spostarono nella foresta lì vicino. Sul campo mezzosangue sembrava volesse piovere, il che era impossibile visto che all’interno del suo perimetro le condizioni ambientali erano costantemente tenute sotto controllo. Jason era seduto sulla cima del Pugno di Zeus e guardava fiero il territorio circostante.
Percy era calmo, ancora non era vicino al fiume, ma grazie a Nico - che aveva scavato piccoli canali di irrigazione che arrivavano fino a quel punto - era pronto a combattere. “Questa volta la strategia sarà diversa,” annunciò Jason. “Dovremo andare all’attacco, per questo motivo chiamerò più spiriti del vento, li controllerò da quassù. Nico, tu dovrai manipolare i sentieri che portano qui, sei in grado di modificare piccole vie per far perdere i nostri compagni?”

Nico annuì, guardandosi attorno. “Dovrei riuscirci, nessun problema. Dobbiamo attendere davvero la mezz’ora canonica?”

Percy sospirò. “Se vogliamo che Annabeth non ci uccida direi di sì...”

Nico sospirò alquanto preoccupato. “Lo sai che abbiamo vinto per l’effetto sorpresa. Se avessimo aspettato saremmo stati intercettati,  circondati e saremmo diventati spiedini di semidei”.

Percy rabbrividì. “Questo è vero, ma non so cosa mi sia preso. Quando parlo col signor D esce il peggio di me. Mi fa quasi lo stesso effetto di Ares”

Jason lo guardò male. “Beh, se magari non avessi detto che noi tre assieme potevamo battere l’intero campo mezzosangue magari non ci saremmo trovati in questa posizione!”

Percy corrucciò le sopracciglia: “Oh, adesso è colpa mia? Jason Grace non sbaglia mai, lui è sempre perfetto. È il migliore!”

Nico iniziava seriamente ad innervosirsi: “State zitti entrambi!” Sbottò stufo di quei battibecchi. “Almeno Piper e Annabeth sono ancora donne! Will mi ha rotto le scatole tutto il pomeriggio con cose idiote! Gli ho dovuto portare le borse dopo aver fatto tre ore di shopping, tre ore per girare tre negozi! Si cambiava di continuo, chiedendomi come stava con ogni singolo vestito multicolore che trovava! Percy, sì, è colpa tua se siamo in questo casino. Jason, anche tu eri felicissimo di dimostrare quanto fossi forte. Quindi adesso, tacete entrambi e fatemi ragionare!”

Cadde il silenzio, un silenzio di tomba che Nico trovò delizioso.

 

Intanto nella squadra di Piper c’era un certo fermento tra i ragazzi di Apollo, i ragazzi di Ares e quelli di Nike: volevano mettere le mani addosso a quei tre. Da quando qualche giorno prima, durante la cena, parlando ad alta voce con il signor D, Percy si era lasciato sfuggire quella cavolata sul poter sconfiggere tutti assieme a Jason e Nico, i ragazzi delle case più competitive non vedevano l’ora di linciarli.

Piper credeva che tutto ciò sarebbe accaduto la sera prima, ma i ragazzi erano riusciti a mantenere fede alla parola di Percy, trasgredendo alle regole. Quella sera, nonostante fosse Piper a condurre l’attacco, non avrebbero vinto e le altre case li avrebbero ridotti in cenere; sbuffò e si passò una mano tra i capelli scuri, come se quel gesto potesse distenderle i nervi.

Annabeth intanto affilava la sua spada di ossa di drago, il modo in cui lo faceva non piaceva per niente a Piper e supponeva che sarebbe piaciuto ancora meno a Percy.

“Credo che dovremmo trovare un modo diverso di attaccare. Altrimenti…”

La figlia di Atena non le fece finire la frase, “altrimenti si ritroveranno con le frecce dei figli di Apollo ficcate in ogni foro possibile?” Sospirò, nel tentativo di calmarsi. “Lo so che Percy non intendeva quel che ha detto e so che dovremmo aiutarli in modo da farli uscire indenni, ma credo che meritino una lezione”.

Reyna fece spallucce, accanto a sua sorella Hylla che, nonostante avesse voluto appendere Jason, Percy e Nico a testa in giù su un albero, non aveva potuto partecipare a causa delle restrizioni che Afrodite aveva imposto alla squadra.

“Ho un’idea,” annunciò Piper. “Faremo credere all’intero campo mezzosangue d’aver pestato quei tre”.

Reyna la guardò “Credi davvero di poterlo fare?” Chiese perplessa, ma la ragazza annuì ottimista.
“Sono sicura che ci riusciremo, dovremo semplicemente marciare verso di loro”. Disse Piper, sicura delle sue parole, talmente sicura che per un attimo Will, Hylla, Reyna e Annabeth annuirono. Poi Annabeth, Reyna e Hylla tornarono lucide, al contrario di Will che era ancora stregato dalla lingua ammaliatrice. “Sei sicura di quello che dici, Piper? Un attacco diretto…” tentennò Reyna, ma Annabeth sorrise.

“Se Afrodite vuole che ci guidi lei non possiamo obiettare ai suoi ordini. Credo dobbiate avere fiducia in Piper, nel senso, affidarvi completamente a lei, senza nessuna critica”

Will si morse le labbra e disse: “Io non credo che Piper sia inutile. Semplicemente in quel frangente avrei preferito un altro tipo di strategia”

Reyna guardò la ragazza e si rabbuiò. “Io so che hai sconfitto Chione, so che hai convinto Gea a riaddormentarsi, anche se solo per pochi secondi. La realtà è che ero gelosa,” Piper sorrise comprensiva e continuò ad ascoltare il pretore, “forse non ho visto le cose come potevano essere perché tenevo di più a vederti fallire. Probabilmente sono stata infantile, scusami”

Piper le poggiò una mano sulla spalla e annuì. “Mi dispiace, non avrei voluto metterti in questa situazione, spero solo che oggi possa aggiustare le cose”

“Ragazze,” le interruppe Annabeth,  sguainando la spada e tenendo l’asta della bandiera con una mano. “La mezz’ora canonica è finita, andate”

 

Jason convocò i venti, ma questi non risposero, non ne era presente nemmeno uno, che sia fossero offesi per l’utilizzo che ultimamente ne aveva fatto? “Cosa sta succedendo?” Chiese trasalendo.

Percy guardò l’acqua ritirarsi pericolosamente dai canali di irrigazione scavati da Nico, ma fece in tempo a costringerla verso di sé e piegarla al suo potere. “Niente vento? Allora dovremo passare al piano B, Nico?”

Il ragazzo sorrise e fischiò un paio di volte, chiamando la Signora O’Leary e il grande cane infernale apparve immediatamente. Nico sorrise incerto e passò una mano sul muso.

“Devi prendere la bandiera, piccola,” disse Percy, “vai!” La Signora O’Leary abbaiò un paio di volte e andò alla ricerca di una qualsiasi ombra nelle vicinanze, ma improvvisamente tutte le ombre visibili vennero letteralmente trascinate via. “Cosa?” Iniziò a chiedersi Jason, ma improvvisamente un figlio di Efesto, Jake Mason,  sbucò da dietro un albero, tenendo tra le dita una pallina d’argento. “Niente viaggi d’ombra per voi, ma sono sicuro potrete vincere comunque, coraggio!”

Jason guardò il fratello di Leo e maledisse mentalmente tutti i suoi consaguinei. Se c’era qualcosa da inventare, beh, loro ci riuscivano, dannazione. “Percy, piano C!” Urlò invocando un fulmine dal cielo. Improvvisamente tutti i canali di irrigazione vennero elettrificati e grazie al disegno creato da Nico, sulla terra, e al controllo di Percy sulla quantità d’acqua, furono al sicuro da qualsiasi attacco diretto, almeno per qualche istante, Jason doveva continuare a tenere sotto controllo la scarica del fulmine.

I ragazzi di Apollo arrivarono in ritardo, grazie ai vari stratagemmi di Nico, ma quando puntarono le frecce contro loro tre Percy dovette ammettere a se stesso che quello non era abbastanza. “Devo invocare il fiume e sommergerli tutti?” Chiese ad alta voce.

Jason si guardò nervosamente attorno, probabilmente Jake Mason doveva aver creato qualche altra strana invenzione per racchiudere anche i venti. “Sì, oppure Nico potrebbe aprire qualche bella voragine”

Nico scosse la testa. “Vi ricordo che siamo sopra un’entrata del labirinto, forse è meglio non rischiare tanto”

Will Solace fece capolino tra le schiere dei suoi fratelli: “Ricordate, non uccidete, al massimo mutiliate, o ferite gravemente. Mi piace Dobby,” si giustificò poi per la citazione. “A parte Nico,” si ricordò dopo, anche perché il suo ragazzo sembrava essere pronto a farlo risucchiare dalla terra, correndo il rischio di riaprirlo davvero il passaggio per il labirinto.

Piper si mise al fianco di Will e guardò Jason. “Tu ti senti male per aver preso un pugno in faccia da…” ci rifletté un attimo e alla fine optò per due fratelli di Clarisse, “Mark e Sherman, e stai soffrendo, la faccia ti fa talmente male da non riuscire nemmeno a stare in piedi,” immediatamente dai ragazzi della casa di Ares si creò un grido di gioia, mentre Jason si buttava a terra, come se il dolore fosse reale, tenendosi saldamente la mascella. “Percy, tu… sei stato atterrato da Clarisse e da Chris Rodriguez, ti hanno preso alle spalle e ti hanno buttato giù, mentre tu, Nico, sei stato ingannato dai figli di Nike, aprendo un varco molto superficiale per far vedere che sei tu il più forte nella squadra e che senza di te Percy e Jason non avrebbero avuto nessuna difesa elettrificata!” Altre urla partirono dalle casate nominate, mentre Percy si buttava a terra accanto a Jason e iniziava a lottare contro un avversario che di fatto non c’era. Nico fece aprire il terreno, sabotando il piano di irrigazione che tuttavia non serviva a molto, senza più Jason e Percy a controllare i loro elementi. Piper entrò nel campo nemico indisturbata, prese la bandiera e la fece vedere ai suoi compagni di squadra. Tutti la osannarono, se la issarono sulle spalle urlando il suo nome e la portarono esultanti alla mensa.

 

Annabeth bussò ripetutamente alla porta. “Su, coraggio, Percy, esci”

Reyna rise alle sue spalle, da quando era tornata a essere una donna, riusciva a ricordare gli avvenimenti sotto un punto di vista più divertito. “Non ne avrà il coraggio”

Annabeth alzò gli occhi al cielo e Will rise più forte, anche lui tornato di nuovo un uomo, avvertendo piacevolmente l’abbraccio di Nico alle sue spalle. “Dovremo prenderlo con la forza, come abbiamo fatto con Jason”.

Il figlio di Giove strinse di più Piper a sé. “Devo ammettere che la sconfitta brucia e poi volevo evitare di incontrare il signor D”

Annabeth decise di non aspettare un minuto di più, spalancò la porta e annunciò: “Giudizio sull’ordine della camera!”

Percy era seduto a gambe incrociate sul letto, la guardò di sbieco quando la vide entrare e abbassò lo sguardo. “La prossima volta sto con te in squadra,” borbottò.

La sua ragazza annuì. “Questo non ti salverà dal due che ti sto dando per il porcile che c’è qui dentro, due che, casualmente, hanno preso anche Jason e Nico. Vi voglio in cucina a sgobbare”

 

Più tardi, in cucina,  Percy piangeva disperato su delle cipolle, mentre Nico tentava di capire come sbucciare le patate  Jason invece sembrava a suo agio in quell’ambiente e stava dando ordini ai due.

“E mister chef dell’anno è…” sussurrò Percy mentre gli scendevano altre lacrime. Jason lo sentì, ma fece finta di nulla: il video che gli stava facendo era una vendetta decisamente migliore.
  
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