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Autore: garakame    14/04/2009    3 recensioni
L'ambientazione della storia è dopo il ritorno di Fersen e subito dopo il Cavaliere nero. Oscar è convinta di quello che fa per un motivo ben preciso, leggete e lo scoprirete. Come sempre voglio ricordarvi che i pomodori o le uova marce me le tirerete solo quando avrete letto tutto quanto.. recensite grazie
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Grazie infinite a Medusa, arte e Kaoru per le recensioni. Grazie davvero anche a tutti quelli cha hanno letto. Spero che la continuazione vi piaccia. Oscar ha deciso di catturare il cavaliere nero. Ci riuscira?



 ROSE BIANCHE 2





Marie ascoltava con gli occhi sgranati le parole della sua bambina, non riusciva a credere alle sue orecchie, per fortuna che in quel momento era seduta su una comoda poltrona, perché se no sarebbe stramazzata a terra.
Guardava Oscar in piedi davanti alla vetrata della sua camera, le mani tenute dietro la schiena, in una perfetta posa militare.
In realtà, sapeva che Oscar non  era rilassata, lo dimostrava la posizione a gambe divaricate, schiena dritta  e rigida.
Ascoltava con attenzione le parole precise di Oscar, ciò che voleva, cosa doveva fare, l’assoluto riserbo, perché era una missione importante e neanche André doveva sapere qualche cosa e intanto nella sua mente, mentre ascoltava le parole precise di Oscar, pensava al da farsi per mutare la giovane donna che aveva davanti in uno splendore.
Oscar si girò a guardare la vecchietta, si sedette nella poltrona davanti a lei e disse a voce bassa, come per non far udire a nessuno quelle parole:
“Marie, ho bisogno del tuo aiuto, mi devi trasformare in una perfetta e compita dama in meno di tre giorni.
Il prossimo ballo si terrà Palazzo Lamballe, ci devo andare assolutamente, ma non mi può o deve riconoscere nessuno.”
Marie assentiva, capiva dalla serietà e dalla sua voce che era una cosa molto importante.
“Si ma perché Andrè non può venire con voi? Non sarebbe meglio, non è pericoloso?”
Oscar si alzò dalla sedia, pensò un momento alla spiegazione da dare alla governante, non poteva certo dire che il suo caro nipote era un ladro e lei doveva tentare di catturarlo.
“È meglio che Andrè non venga con me, perché nessuno deve sapere chi sono.”
Abbassò lo sguardo a terra e disse arrossendo:
“E poi non voglio che Andrè mi riveda vestita con abiti femminili mi imbarazzerebbe troppo.”
Marie sorrise contenta, in fondo in fondo il generale non era riuscito a trasformare la sua bambina in un perfetto soldato, c’era ancora una speranza.
L’anziana donna, sospirò e disse:
“Bene, c’è molto lavoro da fare, non sarà facile, trasformare il perfetto maschiaccio che è in voi in una graziosa damina e il tempo è poco. Perché non basta una sola notte per farvi diventare una perfetta dama, anche se avete già provato cosa significhi indossare un bustino.”
Oscar fece una smorfia, il solo ricordo la fece iniziare a sudare freddo.
“Ma avete una volontà di ferro e riuscite sempre ad ottenere quello che volete.”
Le accarezzò il viso, i capelli, lunghi e folti.
“Sarà difficile e dovrete fare tutto quello che vi chiederò, ce la farete.”
Marie si era diretta verso la porta.
“Cominciamo subito non c’è tempo da perdere.”
Corse da una stanza all’altra per portare tutto l’occorrente, abiti, bustini, scarpe, mantelli.
Oscar guardava attenta e intimorita le cose che faceva la donna, sembrava una trottola intenta a girare su se stessa all’infinito, pensava che da un momento all’altro le sarebbe venuto un infarto. 
Dopo poco più di un ora la governante aveva chiuso a chiave  la porta di Oscar e aveva detto alla sua protetta di spogliarsi completamente, la giovane obbedì ma le fu molto difficile fare tutto quello che le diceva la governante.
“No, non è possibile. Io sto male, non respiro, toglimi subito questa cosa.”
Respirava affannosamente:
“Mi dici come faccio a correre dietro a un ladro con questo coso addosso?”
Oscar si toccava la vita cercando di respirare e di parlare nello stesso tempo.
Guardava la propria immagine riflessa e un po’ se ne vergognava, come era successo anche l’altra volta, lo stesso rito, la stessa ansia, mentre si trasformava in quello che non era mai stata per amore.
Era diventata una splendida dama per Fersen.
Il busto valorizzava la vita già molto sottile e metteva in risalto il seno alzandolo.
“E poi è scandaloso, mi sembra di avere due mele al posto del seno.
No, non ho il coraggio di andare in giro conciata in questo modo.”
Marie si avvicinò a lei, la fece sedere e le iniziò a pettinare i capelli.
“Calmatevi e statemi a sentire un attimo.”
Oscar la guardava nello specchio arrabbiata.
“Il busto serve a valorizzare il corpo di una donna; le dame normalmente non corrono dietro ai ladri, quindi non lo trovano per niente una cosa scomoda.
Se volete un consiglio, vi conviene tenerlo un po’ di tempo ogni sera e toglierlo solo quando andrete a dormire così vi ci abituerete piano piano.
E lo stesso per le scarpe;
vi farò vedere come dovrete camminare e la postura da tenere.” 
Mentre parlava, Marie continuava a pettinare i capelli di Oscar dividendoli in ciocche.
La donna sospirò e solo dopo un po’ si chiese cosa stava facendo Marie ai suoi capelli.
Marie sorrise, perché lei si divertiva a torturare la poverina, provandole diverse pettinature.
Dopo circa due ore che erano chiuse in camera, Oscar sbottò con un:
“Basta, non ce la faccio più, mi arrendo.
Mi sembra d’essere una papera che cammina sulle uova; ho un’armatura di ferro attaccata alle costole e un centinaio di forcine in testa. Se questo significa essere una donna, è meglio essere uomo mille volte.”
Marie, la guardò con uno sguardo severo:
“Non vi siete arresa quando vostro padre vi picchiava perché non riuscivate a tenere in mano una spada e avevate solo tre anni.”
Oscar guardava la governante; l’anziana aveva un’aria seria e stanca,  eppure era convinta in quello che stava  facendo.
Le prese una mano per accompagnarla accanto allo specchio e la fece risedere sullo sgabello.
“Essere un uomo o una donna non significa portare al fianco una spada o tenere in mano un ventaglio.
Tutto deve dipendere da voi. È vero che avete ricevuto un’educazione maschile, ma saper comportarvi da uomo non significa bestemmiare o sputare a terra.”
Oscar le sorrise, lei la guardò attraverso lo specchio:
“O vi comportate come uno scaricatore di porto?”
Oscar rise a voce alta, scotendo il capo in senso di diniego, dei riccioli ribelli le caddero sulle spalle nude.
“Ecco, quando dovete ridere in pubblico, fatelo sempre in maniera discreta, nascondendo il viso con il ventaglio. Una dama non ride in modo così sguaiato.”
Oscar la guardò sollevando le sopracciglia, ma l’anziana si affrettò a dire:
” Ho detto in pubblico, qui siamo solo noi.”
Oscar le sorrise.
Marie continuò il suo discorso, potendo finalmente dire quello che sentiva e aveva sempre nascosto in tutti quegli anni:
“Vi accorgerete, a tempo debito, che essere donna non è poi così male.
Vostro padre vi ha voluto allevare come un uomo, io sono stata fin dall’inizio contraria, ma non potevo farci niente.
Ho sperato che cambiasse idea, ma conoscendo il generale nemmeno sotto tortura avrebbe cambiato la sua opinione. Mi fa piacere vedere però che non potrà mai cancellare quello che madre natura vi ha donato.”
Disfando la ricca pettinatura che aveva creato sui capelli di Oscar continuò:
“Ma sono anche contenta, sapete? Se foste stata allevata come le vostre sorelle, vi avrei persa già da molto tempo.
Sareste andata in sposa ad un nobile e non vi avrei più rivista, mentre invece così siete ancora qui con me e vi posso torturare ancora un po’.”
Oscar abbassò lo sguardo verso le sue mani.
In fondo aveva ragione, la sua condizione era eccezionale da ogni punto di vista.
Non era né uomo né donna, ma si sentiva più fortunata perché aveva la stessa intelligenza e capacità di tutte le altre donne, solo che poteva dimostrarle al resto del mondo proprio come era permesso a un uomo;
poiché era stata abituata fin da piccola ad affrontare i propri timori, non era così sciocca e paurosa come una svenevole nobile damigella.
“Bene, ora il vestito.”
Marie ne fece provare una dozzina ad Oscar, ma ogni volta non era soddisfatta.
La giovane, paziente, si faceva mettere e togliere ogni volta un abito, tanto lei di colori e moda non ci capiva nulla, era completamente in balia di Marie che si stava per mettere le mani nella cuffia perché da perfezionista qual’era voleva che la sua Oscar fosse perfetta.
I vestiti erano molto belli, ma Marie non era mai soddisfatta. O erano troppo sfarzosi o semplici, troppo scuri o abbondanti di ricami.
Oscar si guardò attenta allo specchio, indossando un vestito bianco con ricami in oro e gemme preziose sul corpetto disse a voce alta:
“Ecco questo andrebbe bene per attirare il Cavaliere Nero, mi vede, mi impacchetta e mi porta direttamente nel suo covo. O mi spoglia e mi lascia in braghe di tela.”
Risero entrambe alla battuta.
Gli e lo fece togliere e ne provò uno rosso rifinito ai bordi con pizzo di S. Gallo bianco, Davanti la scollatura era squadrata, leggermente ripresa in centro, le metteva in risalto il bel decolté, ma dietro la scollatura era profonda, a vi le lasciava completamente libera la schiena 
Con il rosso stava proprio bene, le faceva risaltare la carnagione e gli occhi azzurri.
Oscar fece per toglierlo, pensando che finalmente la tortura fosse finita, quando Marie la fermò:
“Non vorrete mica indossare solo un vestito. Mi avete detto che dovrete partecipare a tutti i balli che si terranno nelle case dei nobili dobbiamo sceglierne degli altri.”
Oscar sospirò sconsolata, la giornata non era ancora finita.
“Bene e con questi altri tre abbiamo terminato la scelta dei vestiti.”
Disse Marie, aiutando a togliere l’abito color grigio perla, scollato a V sul davanti, con rose bianche puntate sul petto, sulle maniche e dietro sul fiocco.
Oscar era veramente sfinita, ma doveva  ammettere che piano piano si stava abituando al corsetto, anche se non aveva ancora provato a  camminare e a correre con le scarpe con il tacco e immaginò di fare una pessima figura o peggio di ruzzolare giù per le scale, come le era già capitato l’altra volta, aveva rischiato di cadere in malo modo mentre scendeva gli scalini della carrozza, ma grazie alla prontezza di riflessi tutto si era aggiustato.
Marie guardò i vestiti e gli accessori scelti, era davvero soddisfatta del suo lavoro, cucire per tutti quegli anni quei vestiti e vederli utilizzati da madamigella Oscar, anche se in incognito la rendeva felice, stanca ma soddisfatta.
Sentirono bussare alla porta.
“Oscar, sono io. Stai poco bene? Ti ho cercato a Versailles e mi hanno detto che sei rientrata presto a casa.”
Le due donne si guardarono spiazzate, non si aspettavano che Andrè ritornasse così presto.
Proprio presto non era, visto che fuori era già buio da un pezzo, ma il tempo per loro era passato velocemente, poiché erano tante le cose che dovevano fare.
“No, Andrè va tutto bene.”
Mentre cercava una scusa per temporeggiare, Marie prendeva tutti gli abiti scartati e li nascondeva sotto il letto; Oscar si metteva in fretta una camicia bianca, dei pantaloni e delle scarpe basse, si sciolse definitivamente la pettinatura finendo di togliere le altre forcine, si spettinò meglio che potè i capelli.
Andrè ignaro di tutto il trambusto che aveva creato, nel momento in cui provò a toccare la maniglia per cercare di aprire la porta, sentì scattare la serratura e si vide davanti una Oscar stravolta, spettinata e bellissima.
Lei gli sorrise, un sorriso forzato e stanco.
“Va tutto bene, avevo delle cose da sbrigare. Scusa se non ti ho avvertito. Per farmi perdonare dopo cena ci concederemo un buon bicchiere di vino davanti al fuoco.”
Uscì dalla stanza in fretta richiudendosi la porta alle spalle.
“Ora vado a fare una passeggiata nel parco.”
Lui rimase un momento a fissarla, imbambolato.
Lei dopo aver percorso una decina di passi, si voltò a guardarlo e gli disse:
“E tu? Non hai del lavoro da sbrigare? Ci vediamo dopo.”
Si congedò in questo modo.
Andrè rimase a fissare il corridoio vuoto davanti a se.
Poi si decise a muoversi per andare in cantina a scegliere una bottiglia di buon vino.
Mentre scendeva le scale non si ricordò che la porta della cantina era divisa in due parti, aprì la parte inferiore e andò a sbattere contro l’anta superiore.
Si toccò la fronte imprecando.
Come aveva fatto il seno di Oscar a crescere in maniera così vistosa in meno di una notte.
Eppure indossava sempre la camicia e il suo petto gli sembrava “normale”, cioè non si vedeva più di tanto.
Anche quando indossava la divisa, si vedeva un po’ ma non così.
Impiegò parecchio a scegliere la bottiglia di vino rosso, perché oltre al male alla fronte aveva sempre davanti agli occhi l’immagine fissa del suo seno, tondo e turgido.


    Aveva sognato ancora quella notte. Ancora rose bianche, ma questa volta si era svegliata di soprassalto, madida di sudore.
Il sogno era iniziato come sempre nello stesso giardino, il profumo delle rose intenso le piaceva molto, intorno a lei c’erano rose fiorite e piccoli teneri boccioli bianchi.
A un certo punto si era alzato il vento le rose bianche profumate appena fiorite in bocciolo chinavano il capo e sfiorivano in pochi minuti, raggrinzendo, divorate dal vento secco.
Oscar guardava sconsolata i fiori appassire sotto i suoi occhi.
Si ricordava di aver preso un bocciolo tra le mani e questo appena toccato si era dissolto in fine sabbia.
Non sapeva cosa fare, era impotente di fronte a questo.
Si toccò il petto, il senso di soffocamento provato nel sogno stava passando, non era più avvolta dalla morsa del corsetto.
Marie dopo che Andrè se n’era andato aveva messo tutto a posto nella stanza  e l’aveva aiutata a togliere l’aggeggio infernale.
Non riusciva a capire i sogni che faceva, ma i sogni non hanno logica, vengono dalla parte più nascosta di noi ci vogliono dire qualche cosa.
La sera prima Andrè era rimasto tutta la notte in casa con lei a chiacchierare.
Avevano parlato anche del Cavaliere Nero e lui non aveva fatto una piega, non un sussulto, niente di niente tranquillo come sempre.
Anzi era rimasta spiazzata dalle sue parole.
“Lo so, Oscar, tu sei un militare e per te un ladro è solo un ladro da catturare e arrestare. Ma non  pensi che aiuta veramente la povera gente?
Per le strade di Parigi si muore di fame. Per questa gente è un eroe, non per voi nobili certo, ma per la povera gente si.”
Lei lo guardava, senza sapere cosa rispondergli, in fondo sapeva che aveva ragione; ma in quel momento c’era la differenza di classe a dividerli e tante altre cose.
Era lei che si sentiva nervosa, sulle spine, perché era convinta che lui avesse qualche cosa da nasconderle, s’era creata una frattura tra loro, se lo sentiva e non era per il discorso che le aveva fatto in quel momento.
Non le parlava più come quando erano ragazzi, non si confidava più; forse perché erano diventati adulti, un uomo e una donna.
Il tempo passava; come nel sogno, le rose nascevano per sfiorire subito dopo e vivere un giorno soltanto.
A volte le sembrava di essere una rosa appassita, il tempo le sfuggiva di mano, aveva quasi 30 anni e una vita passata nell’esercito e niente altro.
Sapeva che in fondo desiderava di più, ma non era sicura nemmeno lei di quello che voleva.
Avrebbe continuato a fare il soldato per sempre, la sua vita era stata decisa da suo padre prima ancora che nascesse.
Era inutile cercare di addormentarsi, sapeva che quando faceva quei sogni continuava a pensare perciò decise che era arrivato il momento di alzarsi, si preparò per scendere in cucina e fare colazione.
Vi trovò André intento ad assaggiare  una fetta di torta alle mele, preparata da Marie.
“Tua nonna non ti ha ancora preso a mestolate in testa, per aver preso la fetta senza il suo permesso?”
Lui le sorrise la guardò fissandola e lei sentendosi  leggermente in imbarazzo si fissò il punto verso cui gli occhi di lui erano puntati.
Si guardò il petto, poi gli chiese se c’era qualche cosa che non andava in lei o se la divisa era macchiata.
Lui addentò un altro pezzo di torta e le disse:
“No, la divisa è a posto e non penso che la nonna mi sgriderà se vedrà che anche tu la stai mangiando. È contenta quando vede che fai colazione.”
Oscar si sedette al tavolo e vide Andrè alzarsi prendere un piatto e tagliarle una bella fetta di torta.
L’uomo era rimasto senza parole, mentre tagliava la torta continuava a pensare al seno di lei, ora era ritornato normale.
Fece spallucce e si convinse di aver avuto un’allucinazione, si doveva essere per forza così, pensò.
La giornata sembrava essere iniziata nel modo migliore per continuare a Versailles con la solita routine di sempre.
Allenamenti e parate con i soldati, firme di dispacci e permessi ai soldati, udienze con la regina e nel pomeriggio come il giorno precedente di corsa a casa.
La cosa più difficile era stata allontanare André; questa volta lo aveva avvertito che sarebbe dovuta andare a casa presto.
André nel frattempo era stato braccato dalla nonna che era riuscita a trovare il modo di allontanarlo per delle commissioni per conto di Madame Jarjayes da Madame Rose Bertin, la famosa modista della regina.
Nel pomeriggio Oscar iniziò il suo allenamento sotto l’attenta guida della governante.
“State dritta e non camminate con passi così lunghi. Le dame hanno un’andatura più tranquilla e aggraziata.”
Oscar la guardò aggrottando la fronte,
“Non posso davvero credere che le donne facciano tutto questo per intrattenere piacevolmente gli uomini. Sono davvero stupide.”
Marie la guardò passarle accanto, arrivare fino alla finestra, girarsi e ripassarle davanti, indossava il vestito con le rose bianche.
“Lo dite solo perché non vi siete mai innamorata veramente.”
Marie abbassò lo sguardo, sapeva che l’unica volta che Oscar si era voluta vestire da donna era stato per amore, ma era convinta che per la sua bambina il conte non potesse essere l’uomo adatto a lei.
A quelle parole Oscar si fermò, le diede un’occhiataccia, ma decise di rimanere zitta e concentrata su quello che doveva fare.
La serata del ballo si stava avvicinando e lei doveva assolutamente cercare di sembrare una dama, visto che non lo era.
Voleva mettere le mani su quel ladro, voleva strappargli la maschera dal viso e vedere chi era, è interrogarlo, aveva mille domande da porgli perché rubava, se il mandante era  il duca D’Orleans, ma soprattutto voleva scoprire se André era veramente il Cavaliere Nero.
Seduta davanti allo specchio si guardava mentre Marie cercava di trovare una pettinatura adeguata.
La giovane donna scosse il capo in segno di diniego:
“No, non funzionerà mai, sono sempre io, mi riconosceranno; non porto maschere, non vado a un ballo in maschera.
Anche un ceco se ne accorgerebbe. 
Marie pensò un momento al da farsi, in effetti aveva ragione.
Anche se indossava abiti femminili ed era truccata come una nobildonna, avrebbero potuto riconoscerla, non poteva certo correre un rischio del genere.
Oscar vide che a Marie brillarono gli occhi, le era di sicuro venuta un’idea.
Gli altri due giorni passarono monotoni, Oscar era sempre più stanca, perché oltre alla vita di sempre doveva tornare a casa e rivoluzionare completamente le sue abitudini.
Oltretutto André continuava a fissarla in modo strano, come se si fosse accorto di qualche cosa e stranamente erano diversi giorni che lui stava sempre a casa la sera, sembrava che non la volesse lasciare.
Il giorno del ballo in casa Lamballe, Oscar era stanca e tesa.
Tornò nel primo pomeriggio, trovò ad aspettarla, come sempre Marie e un bel bagno caldo.
Mentre si rilassava nell’acqua calda e profumata pensava a quello che avrebbe dovuto fare al ballo.
Sarebbe andata sotto falso nome e nessuno avrebbe scoperto chi era.
Non vedo l’ora di catturare quel ladro, pensò mentre usciva dalla vasca e la governante le passava un asciugamano.


E ora, cosa farà Oscar al ballo? Riuscirà a catturare il Cavaliere nero o i suoi sforzi saranno del tutto vani? Nel prossimo episodio de le Rose bianche 3 troverete le risposte che cercate.
   
 
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