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Autore: arsea    13/06/2016    2 recensioni
Post Apocalypse e possibili spoiler!
Charles ed Erik non sono così lontani come è stato in passato, ma l'ennesimo tradimento è troppo vicino per poter essere cancellato. Charles non può permettersi più di perdonare, anche se è certo che il ci sarà presto un'altra occasione per farlo. Non può permettersi di credere alle parole di Erik. Non può più permettersi di credere in Erik e basta.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Non si videro di nuovo fino all’ora di cena, Erik entrò nella sala da pranzo seguito da uno stuolo di esausti adolescenti che trascinavano i piedi dopo gli allenamenti estenuanti cui li aveva sottoposti, attese che sedessero sotto il suo sguardo gelido, quindi andò al suo posto rubato come quella mattina << Non c’è bisogno di terrorizzarli >> lo biasimò Charles ridacchiando mentre sondava le loro menti divertito.
Non era stato niente di inaspettato, solo esercizio fisico che aveva prosciugato le loro forze e a cui non erano riusciti a sottrarsi nemmeno per un momento.
Non erano nemmeno particolarmente spaventati, con quell’incoscienza che hanno solo i giovanissimi, quando il pericolo è attraente e il malvagio affascinante << Sono delle mezze calzette >> sentenziò Erik senza mezzi termini, senza preoccuparsi di non farsi sentire e incassando con noncuranza le occhiate di fuoco << Persino questa specie di pulce supersonica. Non riesce a sollevare nemmeno cinquanta chili alla sbarra >> aggiunse rivolto a Pietro, che però non lo ascoltava affatto visto che indossava le cuffie, troppo occupato a servirsi il pollo << Sii magnanimo. Non siamo nell’esercito >> ridacchiò il telepate salutando con un cenno Jean e Scott << Loro due non se la cavano male. Lei è brava con l’arco e lui ha il fisico del fratello. Il resto ha bisogno di un mese di disciplina prima di arrivare alla sufficienza >> << Non ci lascia usare i nostri poteri! >> esclamò uno dei ragazzi infine e Erik rise di lui mentre tagliava la carne << Ho passato metà della mia vita a cavarmela senza i miei poteri. Quando sarai in pericolo loro ti conosceranno, sapranno come neut... >> << Erik! >> esclamò Charles, zittendolo nello stesso momento in cui Raven entrava nella stanza << Sembra che vincerò la scommessa prima del tempo >> disse sarcastica, sedendo proprio di fronte ad Hank, che invece guardava il vecchio nemico con astio palese << È importante imparare a fare a meno delle vostre straordinarie capacità. Fortificare il vostro corpo renderà anche quelle più stabili e facili da usare. Adesso siete stanchi e vi dolgono i muscoli, ma con il tempo troverete l’utilità in tutto questo >> disse il professore con la sua voce pacata, ma il suo pugno tremava ancora.
Jean guardò proprio quello, preoccupata, ma i pensieri dell’uomo le erano impenetrabili come sempre.
Tranne quella volta in Egitto naturalmente, ma non aveva più sfiorato la sua mente.
Pietro si accorse dell’atmosfera tutto d’un tratto, immaginò che la causa fosse il padre anche se non aveva seguito l’accaduto, ma quando lo guardò quello stava fissando il professore al suo fianco << Mi passi la salsa? >> domandò, solo un momento prima che Kurt comparisse dal nulla proprio al suo fianco, facendolo scattare su come una molla << Cristo! >> esclamò Scott riavendosi dal colpo, ma il teleporta non fece caso a nessuno, scusandosi vagamente prima di cominciare a mangiare con voracità.
Pietro lo colpì con una gomitata per lo spavento subito, l’altro lo ricambiò con alcune parole in tedesco, ma Erik gli lanciò un’occhiata che lasciava bene ad intendere che insultare in un’altra lingua non lo avrebbe esentato a quella tavola.
La tensione piano piano si allentò, i ragazzi tornarono a mangiare, ma Charles non terminò il suo piatto, tormentato da un mal di testa pulsante che gli impediva di restare in pace, si sforzò semplicemente di fare il suo dovere, di non spaventare chi lo circondava, soprattutto la perspicace ragazza al suo fianco.
Sapeva che lei seguiva ogni suo movimento e per questo era estremamente controllato, ma in quel momento si sentiva molto fragile e temeva che lei captasse qualcosa del suo malessere.
Si congedò presto da quella compagnia, si mosse per allontanarsi dal tavolo, ma prima ancora che Erik si alzasse per seguirlo una scossa di terremoto scosse tutta la casa, un fremito del suolo che fece tintinnare i piatti e oscillare i lampadari, seguita subito dopo da un grido di Jean.
Charles la circondò subito delle proprie protezioni, Erik reagì al suo allarme serrando ogni porta e finestra, mentre Scott la afferrò al volo prima che cadesse dalla sua sedia << Che succede? >> chiese sconvolto, ma il professore non poteva rispondergli, la sua coscienza tesa nell’intorno per cercare di riconoscere il pericolo << Hank, porta i ragazzi nel bunker. Erik, vai con lui >> non si voltò nemmeno per accertarsi che obbedissero, si limitò ad esigere che così fosse, avvicinandosi alla ragazza svenuta che Scott aveva disteso sul divano vicino al camino << Sta male? >> domandò genuinamente preoccupato, ma Charles non aveva una risposta soddisfacente da dargli.
Avrebbe potuto sondare la mente di Jean, ma temeva di farlo.
Una parte di lui non voleva sfiorarla nemmeno con un dito << Credo che sia un geo-cineta. Forse non ci è nemico, forse ci sta solo cercando per chiedere aiuto. Ho toccato la sua mente per un momento ed è stato sconvolgente. Jean è semplicemente meno abituata. Starà bene >> << Andiamo nel bunker anche noi? >> << Sì. Dì a Kurt di starvi vicino. Se succede qualcosa, qualsiasi cosa, sparite con lui e non tornate finché non vi contatto io. Lui sa dove andare >> << Non può trasportare tutti >> << Solo voi tre >> Scott lo fissò perplesso attraverso gli occhiali, ma dopo un momento la fiducia cieca ebbe la meglio e annuì.
Prese la ragazza e si allontanò verso i passaggi protetti, mentre invece il professore si diresse all’esterno, alla ricerca del mutante che lo aveva sfiorato poco prima.
Poteva raggiungere un centinaio di chilometri sforzandosi, o almeno così era sempre stato, ma dopo... dopo il Cairo sentiva i suoi limiti sempre più impalpabili, i suoi argini sfilacciati e inconsistenti, e quando lambì la capitale a più di cinquecento miglia si ritrasse come una chiocciola cui hanno toccato le antenne, sentendosi perdere in quella sensazione.
Sperimentava qualcosa di simile con Cerebro, ma era un legame artificiale, indiretto, meraviglioso eppure anche controllato: adesso non aveva alcun cuscinetto tra se stesso e il mondo.
En Sabah Nur aveva centuplicato il suo potere, quando si erano uniti la sua capacità di amplificare si era ancorata al suo corpo e si era mischiata con lui, rendendolo ogni giorno più... più spaventoso.
Si concentrò di nuovo, doveva trovare l’autore del terremoto, chiuse gli occhi e questa volta si sforzò di non temere la lontananza sempre più crescente con il suo corpo.
Di occhio in occhio e di pensiero in pensiero si allontanò sempre più, cercò risposta nelle menti altrui, le sue spie erano ovunque del resto, e si sorprese di scoprire un uomo, nel deserto del Virginia che batteva il proprio bastone contro il suolo << Charles! Charles! >> ritornò dentro se stesso con una certa riluttanza, si sentiva molto più libero fuori da esso, e non appena riaprì gli occhi la spossatezza lo colpì con tale violenza che si accasciò su un fianco, privo persino della forza per restare dritto << Che gli succede? >> la voce allarmata era di Erik, ma era Hank quello più vicino a lui.
Lo sollevò con facilità e lo fece stendere nel salone principale << I ragazzi... non lasciate soli... i ragazzi >> << C’è Raven con loro. Stai bene, Charles? Che succede? >> domandò lo scienziato << Sto bene. Solo... un momento >> << Per quanto deve durare questa farsa? >> sibilò Erik con le mani sui fianchi.
Poteva immaginarlo senza nemmeno aprire gli occhi << È chiaro che quel dannato mostro gli ha fatto qualcosa! Cosa volete aspettare per aiutarlo? Che gli scoppi il cervello, forse? Che sia il suo stesso potere ad ucciderlo? >> << Non urlare >> lo ammonì il telepate con voce stanca, abbassando la luce della lampada sulla sua testa con un cenno << In che modo potremmo farlo? Non sappiamo niente di En Sabah Nur. È morto portandosi via i suoi segreti. Quel che è rimasto dentro Charles non ci è nemmeno lontanamente comprensibile >> << Cosa è rimasto? >> Hank si strinse nelle spalle, come se nemmeno lui fosse sicuro << In qualche modo riusciva ad interagire con il nostro DNA. Ha preparato il corpo di Charles ad accoglierlo, quindi è quello su cui ha agito di più. Erano legati: potrebbe avergli trasmesso qualcosa, oppure semplicemente amplificato il suo potere, come ha fatto con te. Non esistono esami che possano aiutarci a far luce sul problema >> << Vuol dire che non sappiamo cos’abbia né possiamo scoprirlo? >> il telepate nel frattempo tornò a sollevare le palpebre, lottò con la stanchezza e dopo qualche respiro profondo guardò i due << Dobbiamo andare in Virginia. Forse ho scoperto chi ha causato il terremoto >> << Ti sembra il momento per pensare a questo? >> lo aggredì Erik irato, ma era troppo stanco anche per fronteggiare la sua rabbia << Partiamo domattina, dopo colazione. Non credo sapesse cosa stava facendo, quindi possiamo prendercela comoda >> << Preparerò l’aereo >> << Potrebbe essere trovato da qualcun altro prima di noi? >> domandò invece Erik e Charles sospirò << Possiamo andare anche adesso, ma lasceremmo i ragazzi da soli e non voglio che accada. Almeno di giorno si sentiranno più al sicuro >> il tedesco assentì una volta sola, non troppo d’accordo ma per niente intenzionato a contraddirlo, quindi richiamò la sedia a rotelle e senza chiedergli il permesso lo sollevò e ve lo fece sedere.
Hank gli fece capire chiaramente cosa pensava di quel comportamento, ma Charles si limitò ad assecondarlo, troppo intontito per fare qualsiasi altra cosa, e ugualmente si fece trasportare in camera e stendere sul letto << Non hai più bisogno di Cerebro a quanto vedo >> chiuse le tende e abbassò anche le serrande d’acciaio di tutte le finestre della casa, notando ancora una volta quanto fosse aumentata la sicurezza << Non dire sciocchezze >> << Allora il Virginia si è avvicinato con quella scossa di prima? Non sapevo che il tuo potere potesse percorrere migliaia di miglia >> fece sarcastico, strappandogli un sorriso, ma era troppo provato per ribattere.
Erik si avvicinò con un sospiro, sedendosi al suo fianco e trattenendosi dal prendere una delle mani abbandonate a pochi centimetri << Se non mi dici niente come faccio ad aiutarti? >> << Non ho bisogno d’aiuto >> << Il tuo è orgoglio o testardaggine? Presunzione forse? Oppure ti sta bene che tutti dipendano da te ma non riesci tu a dipendere da noi? >> Charles sbuffò amaramente divertito, voltandosi a guardarlo languido, con lo sguardo annacquato << In una buona famiglia ciascuno ha il suo ruolo. Il mio è quello di fare da sostegno agli altri, non posso permettermi di dubitare della mia solidità >> << E chi fa da sostegno a te? >> lo sfidò Erik spietato come sempre.
L’altro prese un respiro profondo, doloroso, poi rilasciò tutta l’aria e distolse lo sguardo << Domani ci sveglieremo presto quindi ti consiglio di riposare. Hank ha preparato la tua stanza >> << Non ho alcuna intenzione di andarmene >> dichiarò quello incrociando le braccia al petto e sedendosi sulla stessa sedia della sera prima, solo spostata di fianco alla finestra.
Guidò le solite biglie intorno al letto, ma due rimasero a galleggiare sopra la sua spalla destra << Cosa credi di fare? >> Erik si strinse nelle spalle << Forse è stato il mutante in Virginia, come dici tu, oppure qualcos’altro che ancora non conosciamo. Ad ogni modo è sempre meglio essere un po’ paranoici, soprattutto quando la nostra principale sentinella è stesa pietosamente su un letto >> sospirò greve, fissando il tappeto sul pavimento di legno << En Sabah Nur ha fatto conoscere al mondo intero l’entità del tuo potere. Presto verranno alla tua porta, Charles >> << Lo so >> << Cosa farai a quel punto? >> << Non permetterò loro di avvicinarsi >> << Ci sono i campi elettromagnetici, amico mio. Stryker lo sa. Presto lo sapranno altri. È solo questione di tempo >> << Cosa dovrei fare secondo te? Dovrei nascondermi da qualche altra parte? Trasferire di nuovo tutti quanti, proprio ora che cominciano ad avere di nuovo una casa? Non posso farlo >> Erik assentì anche se non era d’accordo, per un momento provò la smania semplicemente di farlo sparire dalla vista di chiunque.
Una parte di lui desiderava uccidere tutti gli umani solo per farlo dormire di nuovo al sicuro.
Sbuffò, Charles l’avrebbe disprezzato per quei pensieri, quindi ringraziò il cielo che non li percepisse << Ieri ho mentito >> lo sentì mormorare << Forse non voglio che tu stia qui >> Erik ridacchiò, tendendo il proprio potere intorno alla casa ed erigendo un potente campo di forza.
Non voleva spaventare gli inquilini, quindi usò solo la polvere più sottile e leggera, anche se avrebbe potuto sollevare l’intero castello << Questa è la prima cosa sincera che dici da quando sono arrivato >> gli disse << Non è per i motivi che immagini >> << Sai cosa immagino? >> Charles si mosse su un fianco, così da poterlo guardare, anche se fu faticoso anche quel semplice movimento << Non posso appoggiarmi a te, non capisci? >> << Certo che lo capisco. Ciò non toglie che non ci sia qualcuno che possa prendere il mio posto al tuo fianco. Non lo permetti. L’ho visto >> << C’è un motivo se è così >> Erik lo scrutò per un lungo momento, rilassato eppure anche ferito, anche se non aveva alcun diritto di esserlo.
Si rese conto che quello sguardo azzurro non aveva meno effetto su di lui di quanto lo avesse sugli altri: persino in lui faceva nascere il desiderio di renderlo orgoglioso, un sentimento per il quale avrebbe potuto uccidere.
Era carismatico, non era mai stato un mistero questo, ma la malia che lo circondava adesso era completamente nuova << Eppure me lo fai desiderare >> sussurrò il telepate con un filo di fiato, ammirando quel corpo perfetto e sicuro di sé.
Invidiandolo << Cosa ha distrutto quel mostro mentre lottavate? Noi eravamo fuori, abbiamo visto con gli occhi la distruzione che ha provocato, ma nessuno ha visto quel che ha fatto dentro di te >> << Jean lo ha fermato >> << Non è quello che ti ho chiesto >> << Non conosci proprio il significato di domanda inopportuna, vero? >> Erik di nuovo rise, quella risata famelica e splendida che illuminava tutto l’intorno per un istante.
Si ritrovò a ricambiarlo automaticamente, seguendolo poi con lo sguardo mentre si alzava dal suo posto e lo raggiungeva, sedendosi per terra però, sul tappeto, con un ginocchio sollevato e una gamba piegata, vicinissimo << Ti ha fatto a pezzi, Charles. Perché lo nascondi? >> il telepate trasalì, come se lo avesse colpito << Devo essere molto più forte di così >> rispose, e strinse a pugno la mano che tremava << Puoi permettermi di prestarti la mia forza? >> << Non posso fidarmi di te >> dichiarò con altrettanta forza << Lo so. Ma te lo chiedo lo stesso >> per un momento, il tempo di un respiro, i grandi occhi azzurri tornarono limpidi e splendidi, poi però l’ombra li schiacciò di nuovo e il dolore li offuscò << E cosa farò quando mi tradirai di nuovo? Quando la sofferenza e la rabbia ti divoreranno ancora, e tu terrai la mia anima nel palmo della mano un’altra volta, come riuscirò a risollevarmi quando mi abbandonerai? >> << Non lo farò >> << Non è vero. Tu li odi. Odi tutti gli umani, lo so. Non mi permetterai mai di realizzare la pace, vecchio amico >> << Mi credi se dico che posso rinunciare al mio odio? Non credo in ciò che credi tu, non lo farò mai, ma sono pronto a percorrere la tua strada, anche se so che porta al fallimento. Posso fallire insieme a te. Voglio farlo. Almeno potrò proteggerti dai colpi più duri >> << P-proteggermi? >> la sua voce uscì spezzata anche se fu solo un sussurro, un sorriso timido che cercò di nascondere il tormento.
Chiuse gli occhi, ma non riuscì ad impedire ad una lacrima di bagnare il cuscino << Charles... ti ho portato via così tanto... Ti prego, permettimi di ripagare un poco il mio debito >> << Ti ho già detto che non ti porto rancore. Sei libero da qualsiasi debito. Quel che è successo doveva succedere e... >> prima che potesse finire di parlare, o almeno concentrarsi nel farlo, sentì le labbra morbide di Erik toccare le sue, sfiorarle appena, un bacio fugace e timido, eppure colmo di un calore incontrollabile.
Lo lasciò esterrefatto, lo guardò come se non l’avesse mai visto prima << Ti è sufficiente questa come garanzia? >> domandò, affatto imbarazzato o intimidito, Erik non era mai nessuna di queste cose, continuava semplicemente a perforarlo con il suo gelido e duro azzurro, come fosse lui a potergli leggere nell’anima.
Ed era proprio così, lo aveva sempre saputo << C-cosa? >> il tedesco si avvicinò di nuovo, si aprì in un sorriso malizioso nel farlo, ma Charles sollevò una mano contro il suo petto per fermarlo, scioccato.
Ma anche spaventato, il suo cuore batteva tanto velocemente da volergli uscire dal petto << Voglio baciarti >> gli dichiarò senza mezze misure, con quel fare diretto che lo disarmava, con la forza con cui uccideva e devastava << Sei impazzito? >> << Sono stato pazzo per tutta la mia vita. Non lo sarò anche adesso >> fece forza contro la sua mano, sollevandosi per raggiungerlo << Puoi fermarmi se non vuoi. Sei un telepate >> lo prese in giro, arrogante, prepotente, eppure non riuscì a muovere un muscolo per fermarlo, con la stessa paralizzante attrazione che deve provare la mosca intrappolata nella ragnatela che vede il ragno avvicinarsi.
Si stupì a ricambiarlo.
A desiderarlo.
Sollevò le mani e le affondò nei capelli morbidi, stringendolo a sé, ne aveva un disperato bisogno, bisogno di lui, della sua forza, del pezzetto d’anima che gli aveva donato così tanto tempo prima << Non lasciarmi >> singhiozzò contro le sue labbra, si tese a baciarlo ancora, ad assaporare quella bocca piena e generosa << Ti ucciderò se lo farai. Ti ucciderò, Erik. Giuro che lo farò >> era sincero, meravigliosamente sincero, con quell’egoismo possessivo che non poteva mostrare a nessun altro.
Ma Erik non se ne stupì, lo conosceva, lo aveva visto quando Raven lo aveva lasciato, lo aveva assaporato sulla propria pelle quando gli aveva strappato ogni cosa << Così va molto meglio >> approvò baciandolo ancora, baciando le guance rigate di lacrime, giocando con quella lingua febbricitante << Non tradirmi >> gli comandò con quella voce tremante << Ti prego, Erik... non posso più... non... >> << Tu sei la nostra speranza >> gli disse, prendendogli il volto tra le mani mentre erano tanto vicini da vivere l’uno del respiro dell’altro << Lascia che sia io ad odiare e temere. Lascia che sia io a coltivare il dubbio e non credere a nessuno. Tu continua a fidarti. Continua a desiderare il meglio e a non curarti di quanti potrebbero ferirci. Io sarò qui, Charles. Se ti tradiranno tutti io non lo farò. Sbagli, ma amo anche i tuoi errori, quindi continua a farne. Tu fidati di me, lascia che io assorba tutto ciò che non vuoi vedere e ti fa soffrire. Posso sopportarlo. Credo di aver vissuto solo per sopportarlo. Tu pensa solo ad andare avanti >> << Vuoi distruggermi, non è così? Perché mi stai dicendo queste parole? >> << Migliaia di persone hanno bisogno di te, Charles, ma tu solo hai bisogno di me. Per questo te lo dico: guida tutti loro, mostrati più forte di chiunque altro, ma alla fine, quando sarai stanco e non ce la farai più, appoggiati semplicemente a me. Non devi dimostrarmi nulla. Per questo sono qui >> << Vuoi distruggermi, non è così? >> rise al suo tono disperato, lo baciò di nuovo e poi lo lasciò, aggirando il letto per stendersi di nuovo al suo fianco << Se volessi farlo cosa me lo impedirebbe adesso? >> << Puoi farlo >> concesse Charles, sospirò con aria stanca e confusa, le palpebre sempre più pesanti.
Quando Erik gli posò una mano sulla guancia non fuggì il suo tocco, ma forse nemmeno se ne accorse, respirando piano contro il cuscino, palesemente esausto << Dormi adesso. Parleremo domani >> ci fu solo un mormorio in risposta, poi il sonno lo avvolse del tutto e il silenzio tornò nella stanza.
 
*
La primissima cosa di cui Charles si accertò fu il benessere dei ragazzi.
Dormivano tutti tranquillamente, del resto era anche per questo che aveva fatto arredare il bunker, tranne il piccolo Timmy che non dormiva mai, seduto a leggere come suo solito.
Lo salutò quando si accorse che lo aveva toccato con il suo potere, e quel sorriso pieno e fiducioso poteva essere abbastanza come fonte d’energia per tutta la giornata << Buongiorno >> Erik era seduto al suo posto vicino alla finestra, e ad un suo cenno le sfere di metallo intorno al letto lo raggiunsero e tornarono docilmente nella tasca della giacca << ’G-giorno >> fece Charles massaggiandosi la fronte mentre si metteva seduto.
I ricordi della sera prima lo assalirono subito dopo, obbligandolo a distogliere lo sguardo e concentrarsi molto sulle trame sottili della propria coperta << Sai di essere un maledetto bastardo, vero? >> << Mi hanno detto cose peggiori >> fu la risposta beffarda, compresa una risata trattenuta.
Lo ignorò.
Si sollevò le gambe per metterle fuori del letto, poi si issò sulla sedia a rotelle per andare in bagno, sforzando ogni cellula di non ripensare alla sera prima.
Una parte di lui cercava di convincerlo che fosse stato un sogno.
Un incubo?
Lo ignorò anche quando andò all’armadio, prese una camicia stirata e un completo blu scuro di lana pettinata, dandogli poi le spalle per vestirsi, sfidandolo ad avvicinarsi per osare offrirsi di aiutarlo.
Lo avrebbe come minimo colpito con un pugno se lo avesse fatto.
Erik comunque non si mosse, continuò semplicemente a seguire ogni suo movimento, si obbligò a farlo perché non aveva alcun diritto di risparmiarselo: se Charles poteva convivere con quella condizione lui poteva farlo con il pensiero di avercelo costretto.
Lo vide andare allo specchio per assestarsi il colletto di camicia e panciotto, desiderò che non indossasse la giacca visto il modo in cui la sua vita sottile veniva risaltata a quel modo, ma rimase in silenzio, lo guardò e basta, anche mentre si legava la cravatta rossa << Sei fastidioso >> << E tu invece uno spettacolo >> il telepate lo fulminò con lo sguardo, optando per la rabbia per non cedere all’imbarazzo.
Gli occhi blu lo ricambiarono con calma, penetranti e profondi come pozzi, fissandosi nei suoi e non osando poi muoversi di un millimetro << Vuoi davvero andare in Virginia? >> gli chiese << È l’unica traccia che abbiamo >> se voleva conversare normalmente lo avrebbe assecondato, non sarebbe stato certo lui quello a comportarsi diversamente  << Un mutante che batte un bastone a tre stati di distanza >> << Lo trovi più eccezionale del tuo potere? >> Erik scrollò le spalle come a sottolineare che non gli importava, quindi si alzò in piedi, una mano nella tasca del comodo pantalone di flanella, e lo superò per andare alla porta, anche se si fermò per attenderlo << Come vuoi agire? >> chiese poi, mentre raggiungevano la sala da pranzo e la scuola piano piano si animava.
Un paio dei bambini più piccoli erano già svegli, già ansiosi di correre fuori a giocare << Andremo da lui e parleremo, non è qualcosa di difficile da comprendere. Non scateniamo inutili allarmismi: forse non sa semplicemente usare le sue capacità >> << E così ha causato una scossa sismica esattamente sotto casa tua. È stato un caso. Sfortuna >> il suo sarcasmo si guadagnò un’altra occhiataccia, e un sorriso trattenuto, ma quest’ultimo cercò di nascondersi dietro l’espressione controllata << Questo mutante ti preoccupa? >> presero posto al tavolo già misteriosamente imbandito anche a quell’ora, ma Erik non si mostrò particolarmente toccato dal suo tono di sfida: << Qualsiasi sia la minaccia non ti sfiorerà >> fu una risposta così spontanea e allo stesso tempo così aliena che Charles rimase senza parole.
Lo fissò scioccato, palesemente ignorato, e dovette anzi sforzarsi di riacquistare la calma quando Hank entrò nella stanza << L’aereo è già pronto >> li avvertì mentre si infilava la giacca e tratteneva uno sbadiglio, assestandosi gli occhiali solo all’ultimo momento << Buongiorno >> aggiunse poi, scusandosi per non averlo fatto prima << Ti ringrazio, Hank. Hai avvertito Raven della nostra partenza? >> << Sì, sì... rimarrà lei con i ragazzi. E se avremo bisogno, Kurt sa dove andremo >> poi, solo per lui: << Sei sicuro sia una buona idea portare Erik con noi? >> << Lo è più che lasciarlo qui >> non era pronto per condividere quel che era successo fra loro nemmeno con se stesso, figurarsi con altri << È una coincidenza che il giorno dopo che lui è qui il castello debba restare scoperto? >> Charles si immobilizzò a quella possibilità, un brivido gelido gli ghermì il cuore e impallidì << Non può essere qui per questo >> non dopo le parole che gli aveva detto.
Nemmeno lui poteva scendere tanto in basso.
Ebbe paura. Paura come non ne aveva avuta mai.
Paura del proprio odio, di quello che sarebbe stato capace di fargli << Averlo con noi mi rende più tranquillo ad ogni modo. Non lo lascerei mai da solo coi ragazzi >> non aveva l’elmetto.
Forse fu il dubbio insinuatogli da Hank, forse la paura, ma sondò le sue intenzioni anche se avrebbe preferito non farlo, non si soffermò solo sui suoi pensieri, andò più a fondo, fino a sfiorare le sue convinzioni e le sue volontà più recondite.
Si sentì il più vile dei ladri, ma quando Erik lo guardò, e sapeva per certo a giudicare dal suo sguardo, in lui non c’era né accusa né biasimo, semplice curiosità << Tutto bene? >> domandò corrugando quelle sopracciglia folte, e il telepate non riuscì a sostenere il suo sguardo << S-sì, sei pronto ad andare? >> Erik bevve un ultimo sorso di caffè, poi assentì e lo seguì docilmente verso i sotterranei.
Ci fu un teso silenzio nel percorso, perdurò anche dopo, anche mentre sedevano l’uno di fronte all’altro in attesa del decollo, ma quando il jet si sollevò in volo con un leggero scossone Charles era già al limite della sopportazione: << Mi dispiace >> disse in un mormorio imbarazzato, come di chi viene sorpreso nel bel mezzo di una gaffe << Di cosa? >> << Ti diverte sentirmelo dire?> lo accusò contrariato, ma Erik sembrava davvero non capire << È il tuo potere, Charles. Non c’è niente di sbagliato nell’usarlo. Lo sarebbe  chiederti di non farlo, o almeno quantomeno assurdo. Sarebbe tutto più facile se tu smettessi di fidarti della gente e cominciassi semplicemente a controllare le sue intenzioni >> << Mi dispiace lo stesso >>  Erik ridacchiò e con un cenno indicò alla scacchiera disposta poco lontana di posizionarsi sul tavolo in mezzo a loro << Cos’è che ti dispiace esattamente? Non sei tu ad avermi tradito, amico mio... la tua sfiducia è più che giustificata >> << E questo ti va bene? >> Charles mosse un pezzo quasi distrattamente, senza smettere di parlare << Come potrebbe? Ma immagino di raccogliere quel che ho seminato >> << Non accadrà più >> << Non ho detto che voglio che non accada più >> lo ammonì e intercettò la mano che stava per muovere un pedone per fermarla con la propria, portandolo a guardarlo << Dentro di me non c’è niente che tu già non conosca >> disse << Sei l’unica persona che è stata capace di trovare qualcosa di buono in me... non temo che tu veda il resto, temo solo che tu ne sia sopraffatto. Soffri per il dolore altrui troppo spesso, Charles >> << Avrei dovuto proteggerti. Potevo nasconderti. Potevo fare in modo che nessuno vi trovasse >> sussurrò, rivelando solo adesso qualcosa che lo aveva tormentato per mesi.
Erik non riuscì a dir nulla, il dolore era troppo vicino e troppo forte per poter essere in qualche modo domato o chetato.
La lasciò andare però e fece la sua mossa abbassando lo sguardo sulla scacchiera << Le ho seppellite su una collina vicino a casa nostra. Prima di venire qui ho spiegato loro ogni cosa >> mormorò, ancora senza guardarlo << Anche di te, naturalmente. Mia moglie lo sapeva già a dire il vero... >> << Sapeva già cosa? >> Erik sollevò un sopracciglio in maniera eloquente, lanciandogli una breve occhiata mentre sbuffava divertito << Sai cosa mi ha risposto? >> il telepate si schiarì la gola, cercando di essere altrettanto disinvolto << N-no >> << Ha detto che la nostra anima ha bisogno di diverse case in cui vivere >> sussurrò, appoggiandosi poi alla morbida poltrona e sollevando le dita in un’enumerazione: << Ha bisogno di una capanna quando è giovane, non è pronta per il mondo e le piccole mura sono una sicurezza. Ha bisogno di un focolare quando è adulta, un posto cui far ritorno e da cui partire, dove nascondersi e dove crescere. Infine ha bisogno del cielo stellato quando è matura, perché un tetto non è più sufficiente all’anima di un vecchio >> << E tu di che casa hai bisogno? >> << Mi ha detto che la mia è un’anima speciale >> mormorò << Avevo bisogno di un focolare perché ero stanco e sperduto, e lei era felice di concedermelo. Ma ha visto in me anche un’immensità che non poteva né comprendere né controllare. “Hai bisogno di un castello, Erik, la mia casetta non può bastarti per sempre” >> fece una pausa, sorrise, quindi mosse una torre << “Xavier è il tuo castello” >> non lo guardò nel dirlo, sembrava molto concentrato nei propri pensieri, oppure disinteressato alle reazioni altrui.
Charles era esterrefatto << Ovviamente questo non ha niente a che vedere con te >> dichiarò con la disinvoltura che lo caratterizzava, tornando a lanciargli un’occhiata e sorridendo divertito per l’espressione congelata dell’altro.
Sembrò quasi volerlo tranquillizzare << Quello che provo io e quello che provi tu non devono necessariamente coincidere. Come vedi, nemmeno questa volta mi muove qualcosa di diverso dal desiderio personale... >> sospirò, appoggiandosi allo schienale con aria stanca.
Il professore lo guardò ancora per un momento, le sue iridi scolorirono fino ad un grigio quasi pallido reagendo al tumulto dentro di lui, ma si schiarì la gola e si diede un contegno, cambiando posizione sulla poltrona con un piccolo sforzo.
Mosse un alfiere e rimase pensoso per un po’, finché Erik non fece ancora la sua mossa << Hai bisogno di tempo >> disse infine, e lo pensava davvero << Devi ancora elaborare il lutto. Posso esserti amico Erik, e non negherò che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, ma... >> << Non ho bisogno che tu mi spieghi altro >> lo interruppe, attirando così il suo sguardo pallido.
Lo ricambiò placido e tranquillo << Come al solito, guardi nella mia mente e credi di vedere il mio cuore. Io non presumo niente di te, quindi non farlo tu con me >> si strinse nelle spalle << Tu sei abituato a dare un senso a tutti i tuoi sentimenti, io li accetto e basta. Non è forse per questo che siamo stati a lungo nemici? >> << Mi dai ragione allora? >> Erik scrollò il capo e rimase in silenzio.
Continuarono a giocare ancora un po’, finché Charles non vinse la partita e il suo cuore smise di martellargli in mezzo al petto.
Erik si alzò e versò del whiskey per entrambi prima di tornare al suo posto, anche se era a malapena mattina << Quando ti ho consegnato a lui non sapevo quello che voleva fare >> disse poi, tornando a disporre i pezzi per una nuova partita.
Charles non parlò, seguì semplicemente i suoi gesti, bevve un sorso, non diede nemmeno cenno di aver ascoltato << Pensavo che volesse sfruttarti per dare un messaggio al mondo, ma... non avevo capito >> << Non parliamone, per favore >> Erik trasalì a quelle parole, più per il loro tono categorico che per il significato, quella cortesia che celava migliaia di sottintesi.
Rivide la sua espressione la sera prima, quella disperazione e terrore che adesso erano ben imbavagliati, e si chiese di che autocontrollo fosse capace per poter continuare a vivere << Possiamo parlare del tuo potere allora? >> << Non c’è niente di cui parlare >> evitava il suo sguardo, forse era conscio di quanto fosse vacuo e fosco adesso, forse c’era rabbia in lui e Erik semplicemente non la sapeva più riconoscere << Hai ancora bisogno di Cerebro, Charles? >> gli strappò uno sbuffo divertito, ma sembrava più che altro ironico << Sei preoccupato che io sia diventato più forte? È per questo che sei qui? >> lo canzonò << Puoi dire quello che vuoi. Io so perché sono qui e te l’ho detto. Credermi o meno è una tua scelta >> << Certo, certo... >> << Credi che farmi cambiare argomento mi farà dimenticare la mia domanda? >> << Hank ti ha riposto ieri. Non sappiamo quali siano gli effetti de... dello scambio. Né se ve ne sono se è per questo >> con noncuranza sollevò la mano per fare la prima mossa, ma l’altro lo fermò afferrandola per la seconda volta per attirare la sua attenzione << Puoi smettere di ostentare la tua dannata sicurezza per cinque minuti mentre parliamo? Oppure vuoi fingere che quello di ieri non fossi tu? Devo essere io a fingerlo? >> si fissarono per un lungo istante, uno troppo orgoglioso per distogliere lo sguardo, l’altro troppo veemente << Lasciami >> disse alla fine Charles, ed Erik obbedì semplicemente perché ogni cellula del suo corpo gli disse che doveva farlo.
Non avrebbe voluto, ma qualcosa nello sguardo del telepate gli aveva fatto scorrere un brivido lungo la schiena << Cosa vuoi che ti dica? >> lo sentì sibilare, un sussurro come quello del giorno prima, eppure suonò incredibilmente diverso, minaccioso, cupo.
Da due giorni lo tormentava perché gli mostrasse il vero se stesso, ma solo adesso Erik si chiese se fosse pronto ad affrontarlo, se fosse deciso a scontrarsi con lui, con quell’uomo contro la cui intelligenza non poteva competere e il cui potere poteva schiacciarlo.
Si rese conto di temerlo, temeva quello Xavier che era cresciuto graffiando mentre era lontano, lo Xavier che nessuno vedeva e che forse solo Hank ricordava, lo Xavier che non sperava, non sperava affatto, e che En Sabah Nur aveva tentato e quasi catturato.
Non stava mentendo adesso, quello Xavier non era meno vero del fragile uomo singhiozzante che lo aveva supplicato di non lasciarlo solo, erano due facce della stessa medaglia << L’hai fatto perché sapevi bene che ti avrei perdonato >> disse, senza alcuna inflessione nella voce, solo dura spietatezza, quasi beffarda, la sua bocca morbida era piegata in un sorriso accennato << Sapevi che non ti avrei odiato. Non l’ho fatto quando hai distrutto ogni cosa, perché questa volta doveva essere diverso? Ma non tutti abbiamo il lusso di odiare e distruggere quando la nostra intera esistenza viene stravolta, Erik. Non tutti possiamo semplicemente scaricare il nostro dolore sugli altri. Abbiamo delle responsabilità, abbiamo un ruolo, un dannatissimo posto nel mondo. È questo che le persone fanno. Viviamo tutti delle ingiustizie. Veniamo traditi e riceviamo colpi così dolorosi che la morte diventa una prospettiva allettante, ma non siamo bestie, giusto? La nostra amata evoluzione deve pur averci insegnato qualcosa >> le sue labbra erano livide nello sforzo di non urlare, una tempia pulsava visibilmente.
E quegli occhi cangianti adesso erano dello stesso colore grigio delle nuvole fuori dall’oblò << Io non sono il tuo fottutissimo castello. Sono la tua valvola di sfogo, l’unica persona sulla faccia della terra che non ti reputa il mostro che sei. Ed è così perché credo in te, continuo a credere in te. Questo non significa però che io sia disposto a sacrificare ancora qualcos’altro per te. Non scambiare il mio perdono per debolezza o necessità. Ti perdono perché tu ne hai bisogno, non io >> adesso le sue mani tremavano intorno al bracciolo della poltrona, tanto strette che le nocche erano bianche e i tendini visibili sotto quella pelle così chiara da essere quasi traslucida << Ogni volta che le nostre strade si incrociano perdo un pezzo di me stesso. Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Accade e basta, chiamiamola compensazione cosmica. Ma quel che vuoi adesso non posso concedertelo. Nemmeno tu puoi averlo >> << Ti è così difficile aprirmi il tuo cuore? >> << Così che tu possa stracciarlo? Calpestarlo? Travolgerlo come danno collaterale la prossima volta che il tuo odio si scatenerà? Dici che sei venuto qui per proteggermi, ma chi oltre a te è capace di farmi del male? Tu sei l’unica cosa che mi ha sempre, sempre, minacciato >> << Siamo in fase di atterraggio >> la voce di Hank proruppe dagli altoparlanti un po’ fredda e metallica, disinteressata a quanto stava accadendo loro, eppure fu capace di spezzare la conversazione come fosse un pugno incurante su di un fragile vetro.
Charles interruppe il contatto visivo per primo, si scrollò di dosso quel gelo come fosse un velo palpabile, riacquistando con un semplice gesto la sua aria da affabile insegnante.
Solo gli occhi lo smascheravano, gentili all’apparenza eppure del colore della tempesta.
NA: Ciao a tutti! Spero che la FF vi piaccia quanto a me XD Se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate sarò entusiasta di leggere i vostri pensieri, e mi scuso già da adesso se ci metterò un'eternità ad uppare T_T
   
 
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