Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: talkingdead    14/06/2016    0 recensioni
“ [...] Portavano lo stesso mantello, spiegavano le stesse ali e attingevano ossigeno dalla stessa ostinazione che li aveva spinti ad incontrarsi. I loro mantelli erano strappati, rovinati, e portavano con sé le cicatrici di battaglie vissute, eppure custodivano ancora lo stemma che dava loro ragion d’essere; le loro ali erano ferite e stanche, ma niente avrebbe impedito loro di continuare a volare. Puntare alto, andare lontano, avere un obiettivo: trovare qualcosa per cui proseguire. [...] ”
‹ ! › SPOILERS (capitoli 81-82) + missing moments.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: talkingdead (hes!).
Titolo: “ Volare lontano, insieme. ”
Fandom: “ L'attacco dei giganti / Shingeki no Kyojin / Attack on Titan (SNK / AOT) ”
Genere: angst.
Personaggi: Eren, Levi (ed altri, che vengono accennati).
Rating: giallo.
Avvertimenti: spoilers! (capitoli 81-82) + missing moments.
Introduzione: “ [...] Portavano lo stesso mantello, spiegavano le stesse ali e attingevano ossigeno dalla stessa ostinazione che li aveva spinti ad incontrarsi. I loro mantelli erano strappati, rovinati, e portavano con sé le cicatrici di battaglie vissute, eppure custodivano ancora lo stemma che dava loro ragion d’essere; le loro ali erano ferite e stanche, ma niente avrebbe impedito loro di continuare a volare. Puntare alto, andare lontano, avere un obiettivo: trovare qualcosa per cui proseguire. [...] ” 
Note dell’autore: ⇊ in fondo alla raccolta (terzo capitolo) ⇊

 

VOLARE LONTANO, INSIEME
COME SI PUÒ ANCORA VOLARE
capitolo 01 - Eren (82)

“ Ti ho promesso che avremmo visto l’oceano insieme. Ti ho mai mentito, Eren? 
Tutto bruciava; tutto bruciava con lui. Entrambi bruciavano, dentro o fuori.
E ciò che ardeva, prendeva energia dal guizzo dello sguardo vivo dell'altro.
Rabbia, speranza, incomprensione, follia.
Perché la vittoria doveva proprio nascondersi dietro il sacrificio di un amico?

[...]

Quella sera, Jean stava dando sfogo del suo egotismo, compiacendosi delle proprie apparenti qualità davanti a Mikasa: una visione che in un altro contesto avrebbe contrariato Eren a tal punto da sfidarlo, e che invece in quel momento gli contorceva lo stomaco in fitte di disapprovazione. Non che avesse a che fare con l’idea di loro due – insomma, non era nemmeno immaginabile – ma era quanto diceva Jean che lo scuoteva. Come poteva sprecare fiato in quel modo, e come riusciva a pensare ad altro che non alle vite scivolate davanti agli occhi anche quelle ultime ore? Forse perché non sentiva il peso della responsabilità, forse perché tutto non dipendeva da lui; forse perché non aveva il mantello macchiato di sangue. Sangue che, se veniva pulito sulla stoffa, non lo era nel cuore, nella mente, nello stomaco. 
Comunque fosse, Eren era intenzionato a lasciarlo stare: ormai aveva imparato a conoscere Jean, e poteva stimare in un certo senso che quell’atteggiamento rasente il narcisismo fosse solo apparenza. Jean stava solo cercando di distrarre se stesso e gli altri, e il fine non era quello di mettere in luce la sua persona o le sue qualità: si era semplicemente reso mezzo di quello che avrebbe dovuto fare lui, Eren, ma che in quel momento era oltre il limite delle sue possibilità. Eren sapeva di essere la più grande riserva di speranza agli occhi di chi ancora osava combattere e lasciarsi cullare da desideri color smeraldo, ma finché lui non si sentiva pronto, non poteva pretendere e fingere che l’ottimismo fosse in lui come un pozzo senza fondo. Non si trattava di rischiare o arrendersi, ma di coltivare l’illusione e l’ipocrisia. Lui non avrebbe gioito o parlato allegramente nonostante quello che era successo, non quel giorno. Non finché aveva quel sangue sul suo mantello.

[...]
 
Si era lasciato quindi alle spalle tutti e aveva deciso, in qualche modo, di lavare il mantello come meglio poteva, strofinandolo nell’acqua del ruscello accanto all’accampamento. Non si può dire che fosse concentrato se l’intento non era quello di combinare disastri, ed è quello che Armin gli aveva detto, poggiando una mano sulla sua spalla e prendendo posto accanto a lui.
« Lascia fare a me. Non sono un grande esperto, ma almeno so come fare per non strapparlo – ulteriormente. »
L’espressione sul suo volto in quel momento valeva come oro puro: gli angoli della bocca si erano piegati lasciando intendere che sì, quella sera anche Eren Jaeger poteva sorridere – con un po’ di sforzo e di immaginazione.

[...]

Gliel’aveva perfino ricucito - un po’ alla bell’e meglio, diciamolo, ma aveva funzionato: lo strappo non c’era più, e il vuoto era stato colmato con qualche punto. Eren non gli aveva chiesto come ci fosse riuscito: in quel momento, specialmente, gli era sembrata quasi un’opera d’arte, una magia che solo Armin poteva essere in grado di eseguire. Non aveva la precisione chirurgica di chi è nato per cucire, ma quella decisa di chi si sa adattare: un altro modo per dire che, ancora una volta, l’amico aveva trovato una soluzione ai suoi guai. Una cosa fatta su misura.

“ Ogni cosa ha le sue cicatrici. ”
 
Glielo aveva detto quando glielo aveva porto nuovamente, come se fosse stato il passaggio di un testimone, o semplicemente di una testimonianza. Forse, invece, se lo era immaginato Eren, vedendo il viso pallido dell’amico e il suo sguardo perso a mirare altrove. Stringeva il pugno nella tasca destra, come per trattenere qualcosa. Qualcosa che Eren era certo di sapere cosa fosse. Era stata Christa, in un moto di tenerezza dei suoi, che li aveva presi e li aveva colorati con chissà cosa, sfoggiandoli come regali, cose preziose che ognuno di loro avrebbe dovuto tenere con sé al momento della partenza, quando si sarebbero allontanati. Dei semplici sassolini erano diventati la pietra ferma della loro promessa: tutti loro l’avrebbero riabbracciata, tutti loro sarebbero tornati da lei.Tutti loro sarebbero sopravvissuti. Anche Eren l’aveva nella tasca, il proprio sassolino, e gli era venuto automatico portare la mano sulla sporgenza che rivelava la sua presenza. 
« Vedremo l’oceano insieme, Eren. Con o senza questa. »
E aveva lanciato la sua pietra, che, dopo tre salti, era affondata sotto l’acqua trasparente e viva, nel momento in cui ad Eren era venuto il sospetto che Armin avesse ceduto per sempre la propria innocenza. E mentre quella pietra perdeva colore, offriva all’acqua e al contesto uno spettacolo bellissimo.
[...]

Era sopravvissuto a molti suoi compagni, ma poteva essere in grado di sopravvivere ad Armin?
Mentre il biondo giaceva inerte davanti a lui, ad Eren tornò in mente quella scena al ruscello, e quella pietra che lentamente si scuriva. Come quella, l’amico gli aveva concesso di vedere uno spettacolo indimenticabile: uno scorcio oltre la disfatta, la luce intensa di una speranza che nasce.  Con o senza questa: con o senza di luiL'avrebbe fatto per entrambi, con gli occhi di entrambi e per la libertà di entrambi. Aveva in pugno Bertholdt; sapeva cosa fare.
Sapeva come poteva continuare a volare.



 
   
 
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