Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: ShiNear    22/06/2016    1 recensioni
Una vita travagliata.
Pretendenti dappertutto.
Un bimbo che diventa gigante.
Il ritorno di Streghe e Draghi.
La vita in un continente dove "Magia" sembra una bestemmia,
dove i complotti sono all'ordine del giorno,
sta per avere un protagonista in più.
Se volete, la vedrete qui, in un susseguirsi di eventi che spero vi possano piacere.
È il mio primo fantasy e vi prego di commentare in tanti, mi serve tuuttooo l'aiuto possibile!
La storia è completamente inventata da me e se ci sarà qualche rassomiglianza con altre opere, si tratta di coincidenze.
(Presente anche su Wattpad. Tutti i diritti riservati.)
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

OMICIDIO E SOSPETTO


Il castello di Dolgia, iniziato dal primo Vassallo di Kyton, verso l'anno della fondazione di Pheò, venne ideato per proteggere la regione di Drabirut dai Draghi, in quanto quella più vessata essendo al confine di mare con Bier. Drabirut infatti voleva dire in Volgsha "Ultimo Drago", ovvero l'ultima città dove fu avvistato un Drago.
Il castello di Dolgia fu il primo, iniziato in quegli anni e rifinito nel 1300 circa, castello di Corndwem e all'epoca era il più tecnologicamente avanzato di tutte le sette contee.
Non era il più alto, ma era disposto con cinque torrioni imponenti, posti a proteggere il mastio. Alti complessivamente dieci metri, tettoia a cono esclusa, composti in granito puro rosso, in grado di resistere ad alte temperature, ognuno di questi fortini era legato ad una funzionalità. Le torri più ai lati contenevano le attrezzature per la battaglia o respingere gli assalti dei draghi - archi, freccie, armature-, quelle più rientranti fungevano da magazzino generale per gli uomini e le vettovaglie, e quella centrale era il punto da cui le Streghe lanciavano i loro incantesimi per respingere i Draghi e dove il Vassallo del Re prendeva le decisioni con i suoi generali, inviandoli a Pheò attraverso la Scatola Linbiten. Quella centrale veniva appunto detta Torre Rossa, perché la più assediata dal fuoco dei Draghi e perciò arroventata dalle lingue cremisi delle fiamme; a reazione con il fuoco, come si sapeva, solo in quel caso il granito rosso assumeva quel colore.
Per arrivare da un capo all'altro dei torrioni, inizialmente vennero usati pontili di legno, che in seguito vennero sostituiti da un'idea rivoluzionaria. Ferius Segestier, Ediliere di Corte, con l'aiuto delle Streghe, creò un corridoio in Granito Rosso che percorreva i fianchi delle Torri laterali, attraversando il vuoto dell'abisso, per poi congiungersi alla scala a chiocciola della Torre Rossa. Era così sottile e incavato, da essere presto nominato Artiglio del Drago.

Per l'appunto, era lì che Eliah Clove stava correndo, la pesante spada a due mani al suo fianco che sbatteva incessante contro la sua coscia. Con il senno di poi, sarebbe stato meglio per lui prendere una Falce o un Pugnale, ma era un'emergenza e il tempo non era con lui. In quel momento, a percorrere l'umido corridoio dell'Artiglio del Drago, gli veniva in mente solo una cosa: Drelimer, la creatura più dolce e inoffensiva che conoscesse dopo la sua Regina, era stata attaccata. Lo sapeva. Non se lo sentiva come una sensazione, lo sapeva. Gli era bastato proiettare il suo Rondò verso l'abitazione della Fata per sentire una disgustosa ondata di malvagità, della più orribile. Là era arrivato qualcuno la cui crudeltà era persino superiore a quella di Alexej, e Alexej era un mostro genocida.
Arrivato alla Torre Rossa, afferrò la prima torcia che vide, accendendola nel braciere più vicino, per poi salire la scalata, verso la cima. Forse avrebbe dovuto informare Cicero. Forse avrebbe dovuto portarsi una scorta. Forse era un rischio troppo alto andare da soli. Un rischio che lui doveva correre per Drelimer: lo aveva cresciuto, lo aveva addestrato all'arte dell'Erbario, lo aveva aiutato con Mitio quando era ancora un infante... era quanto di più si avvicinasse a una madre per lui.
Arrivato in cima, percorse il salone, saltò lo Scacchiere* e si trovò davanti all'enorme scatola contenente la famosa Erba Linbiten. "Erba" per modo di dire, dato che era sabbia verde il suo contenuto, ottenuto bruciando e incenerendo un'erba ottenuta dal Prato di Pheò un solo giorno all'anno , che se non tagliata all'istante appassiva e perdeva il suo potenziale magico. Era rarissima e andava usata con parsimonia. In passato cresceva ovunque e bruciava con tanta intensità da essere usata per accendere camini nelle case povere; in seguito, però, alle numerose scomparse di persone avvenute a causa degli incendi e ai loro ritrovamenti in luoghi molto improbabili e lontani da casa, gli Erbari dei Nöah scoprirono cheva contatto con il fuoco quest'erba, ridotta in cenere, era in grado di teletrasportare da un luogo all'altro, anche se non sempre avveniva con successo. Andava quindi usata per le emergenze. E quella, grande Kyton, era un'emergenza.
Il pigolare tenue di Glyfa lo fece voltare; si era completamente dimenticato della piccola Valciper, tremante e preoccupata, mentre svolazzava dietro il padrone.
Eliah la accarezzò leggermente, sussurrandole:- Devi rimanere qui, piccola. Non potresti essermi d'aiuto e...- Stava per aggiungere che poteva farsi male, ma la piccola ne approfittò per infilarsi nella sua manica e nascondersi sotto la maglia. Lui sospirò, esasperato: quando faceva così non c'era verso di farle cambiare idea. Si arrese all'idea e accettò di portarsela dietro.
Prese una manciata della preziosa cenere e la scagliò in aria. Quasi contemporaneamente, frustò con la torcia la scia verde lasciata dal Linbiten. Il gesto gli fece venire in mente brutti ricordi, ma li ricacciò indietro. Ora davanti a lui vi era il passaggio per la sua destinazione, un immenso sguarcio rossastro, come se un fantasma avesse lacerato l'aria; squarcio che se non condizionato dalla destinazione, si sarebbe presto richiuso. Lasciata la torcia, afferrò con forza le membrane dell'apertura, bollenti al punto di causargli un'ustione, e urlò:- Capanna della Fata Drelimer.- per poi tuffarsi nel nulla.

Fu come se fosse finito in un torrente in piena, pieno di sassi: continuò a viaggiare e a sbattere contro il nulla oscuro fino a farsi venire il mal di stomaco e dei probabili lividi, finché non si trovò davanti a una luce bianca, che sfondò a piedi uniti.
Subito il fiato sembrò mancargli solo per un attimo: quel salotto tanto famigliare, dove aveva mangiato e appreso ogni noiosa nenia dell'Erboria, ora era avvolto come da un sottile e pericoloso strato di fiamme, che era arrivato anche al piano superiore.
Eliah lo sapeva e lo intuiva da come Glyfa si agitava nella sua maglietta: le fiamme erano state create da un animo maligno. Poteva sentire il male scivolare sulle tavole di legno e rubargli la magia che quel piccolo angolo di mondo gli regalava. Sentì la rabbia pervadergli il corpo e decise di farla finita.
Essendo maligna e inanimata, una forza simile poteva essere fermata da un Rondò e possente, per di più, visto che aveva letto sui libri di un famoso scienziato che il fuoco si spegne con il vuoto d'aria. Si concentrò piano piano sul vento che sferzava sulle finestre e pensò allo scorrere del sangue nelle sue vene. Immaginò di fargli aumentare velocità. Una volta. Due volte. Tre volte.
Rilasciò il fiato urlando:- Terzo Rondò!-
Un boato accompagno un lampo bianco, che risplendette filtrando dai pori della sua pelle per tutto il capannone, eliminando tutto d'un colpo l'aria che alimentava l'incendio, spegnendolo.
Eliah mantenne finché non individuò un battito debole e sfinito dietro l'armadio. Drelimer! Doveva essersi nascosta per non farsi trovare da chi aveva appiccato l'incendio. O, più probabilmente, chi aveva causato quel macello, credeva fosse morta.
Spense il Rondò, gettando la spada fiondandosi a spostare l'armadio annerito dalle fiamme. Il contatto gli ustionò la pelle, ma non gli importò più di tanto. Una volta spostato l'armadio, aprì la porticina con mani tremolanti; quel Rondò gli aveva consumato troppe energie. Usarlo voleva dire svelare il proprio se stesso agli altri o alla Natura e non tutti gli uomini erano propensi a tale sforzo.
Lo spettacolo lo lasciò allibito: Drelimer era accasciata sul pavimento, riversa sulla pancia.
Le Fate avevano sempre avuto un fascino magnetico, nella loro purezza lucente. Non molto alte, circa come delle adolescenti, erano di corporatura lucente e trasparente, che rendeva chiaro a tutti il loro essere buone e gentili; ragion per cui, non indossavano altro che tuniche bianche. Le loro ali erani di piumaggio policromatico, di sfumature diverse o prominenti per ogni fata. Il bel piumaggio azzurro scuro di Drelimer... era annerito e spento, mentre la sua veste era strappata, logora e sanguinante.
Mentre la rigirava con delicatezza, e Glyfa, uscita fuori dalla maglietta, pigolava tristemente, notò che pure il bel viso, altero e felice, severo e condiscendente, era una maschera di cenere e bruciature. La fronte spaziosa era rigata e sanguinante, le labbra sottili spaccate e gonfie, ma respirava ancora, seppur debolmente. Le ferite purtroppo, erano irrecuperabili: chiunque l'avesse attaccata le aveva causato cinque emorraggie interne... di cui tre vicino al costato e una all'altezza dello stomaco.
Dopo averla appoggiata su una sedia ancora intera e fresca, miracolosamente non toccata dal fuoco, spezzò la porta marcia di quercia con un calcio, corse fuori zoppicando a prendere alla fonte dell'acqua in una foglia di Carpeto**, per poi rientrare ed accostarsi alla esile figura per fargliela bere delicatamente.
Piano piano, la Fata riaprì i suoi splendidi occhi dorati, fissandoli nel volto di Eliah. Un debole sorriso screpolò ulteriormente le sue labbra.
Il ragazzo cominciò a tempestarla di domande:- Che è successo? Chi è stato? Come ha fatto? Era una strega? Era davvero una strega? Come...- Si stupì di vedere il dito sottile della fata poggiarsi sulle sue labbra per intimargli di tacere. Glielo diceva sempre, lui parlava troppo.
Il ragazzo prontamente accostò l'orecchio alla sua bocca e sentì le sue parole: aveva ancora la cadenza di un grillo e il cinguettio di una capinera.
- A Corndwem... Una spia... Traditore... Cercate il monco... Dovete parlamentare con Diassa... Tempo un mese...-
- Un mese?! Un mese per cosa? Un invasione? Di Drabirut?- chiese lui, non capendo le parole scollegate tra loro.
- No... Pheò!- strascicò lei.
Lui sbiancò, e cercò di chiederle:- Come, Drelimer? Come?!-
Lei si limitò a indicare un armadietto dietro di lui, sussurrando:- Silrevit... Prendilo...-
Non poteva mettersi a discutere, ma non aveva scelta: si alzò velocemente e spalancò il tarloso armadietto. Quasi tutte le fiale erano state versate, tranne una, il cui liquido grigiastro galleggiava ancora dentro quasi fino all'orlo. Silrevit... "Lo sguardo di Luna". Un medicinale famoso essenzialmente per le punture delle Mosche di Rame, pochissimi sapevano di un suo effetto secondario, effetto di cui solo Drelimer, Eliah e Catilina conoscevano la ragione per cui il Conte di Drabirut ora stringeva la fiala.
Si riaccovacciò accanto a Drelimer, che gli sussurrò:- Manca poco... al plenilunio...-
- Lo so, Drelimer... ma chi è stato, per il Demiurgo? Chi?- chiese lui al colmo della disperazione. Le lacrime minacciavano di scendere, ma doveva farzi forsa e restare lucido.
Lei si fece forza e sussurrò una cosa sola:- Mi... Mi-dusäh...-
Poi, il suo capo crollò all'indietro, mentre i suoi occhi si chiudevano per sempre.
Gli occhi di Glyfa si riempirono di caldi enorme gocce rosate, simili a lacrime, ma i Valciper non ne facevano cadere; semplicemente dopo un po' si asciugavano.
Il conte Clove, però, non poteva non trattenere il torrente di tristezza che attraversava la sua anima, il suo corpo e gli colpiva la vista. E nel silenzio spezzato dal suo grido triste e sconsolato, solo le creature del bosco poterono intuire il malsano desiderio di vendetta dietro quella tristezza.

- Vostro Onore, chiediamo solo di passare per il vostro territorio senza indugiare. Comprendiamo che voi potete avere dei problemi, ma la Festa delle Maschere è prossima. Dobbiamo spostarci immantinente.-
- E io immantinente vi rispondo, signora, che la Festa delle Maschere vi aspetterà invano se necessario; finché i responsabili del misfatto questo giorno avvenuto non verranno acciuffati, nessuno lascerà la frontiera del paese. Dolgia sarà la vostra casa, fino ad allora. E riferitelo alla vera Testa di Drago: non sopporto le ambasciatrici impertinenti.-
Era lo stesso giorno della morte di Drelimer, e a nessuno di quei pochi che sapevano a palazzo della tragedia era passata per la testa l'idea di spifferare la notizia ai villaggiani. Se la notizia della morte della Fata dei Venti si fosse sparsa nel paese, non solo Dolgia, ma l'intera Drabirut sarebbe caduta nel chaos. Eliah non avrebbe lasciato trapelare la cosa in modo caotico: dopo essersi brevemente consultato con Cicero e le serve, decise che in pomeriggio sarebbe andato a Pheò per parlarne in fretta agli altri consiglieri, lasciando il rettorato all'oratore. Ma la mattinata sarebbe proceduta come al solito, concedendo udienze agli abitanti e residenti nella regione, indifferentemente che fossero "Dominieri" o Spaesati.
Ed erano proprio degli Spaesati, i principali problemi di giornata. Gli Spaesati erano gente che o dedicava tutta la vita a rendere allegra la vita nei villaggi, o, essendo inadatta al lavori normale perché afflitta da numerose infermità, ripiegava su quest'ultima possibilità. Non avevano dimora fissa all'infuori dei loro carri da viaggio. Spesso in passato le carovane si univano e davano vita ad una carovana di riferimento, che a Drabirut veniva chiamata Drago, mentre le altre contee prendevano una denominazione diversa, a seconda del luogo. I loro spettacoli puntavano ad essere i più elaborati possibili, oltre che i più stupefacenti.
Eliah, dal suo scranno di legno al centro del salone, aveva appena espresso il suo rifiuto all'uscita del paese ad una di queste donne, che si spacciava essere la "Testa", ossia la direttrice, del Drago. Il salone era gremito di gente, ricca o povera che fosse, in attesa di udienza.
La grande Sala del Seggio era stata magnifica quattrocento anni prima, ma un violento incendio aveva rovinato gran parte dell'intonaco e le lisce colonne di marmo verde e rosso erano ancora annerite; lo stesso non si poteva dire delle grandi e alte arcate che si intersecavano per tutto il soffitto e le finestre larghe e rettangolari ai lati del Salone, incorniciate da splendidi tendaggi ambrati.
La donna bassa e apparentemente vestita regalmente era troppo rozza nel suo mellifluo discorso e anche il vecchio Cato avrebbe capito che si trattava di tutt'altra persona che la Testa di Drago. Ed Eliah quel giorno non era dell'umore giusto.
Fu allora che una figura magnetica, dato che tutti le rivolsero gli occhi addosso, spostò gentilmente la bugiarda e fece regalmente due passi avanti. Era una donna molto attraente, generosa di curve e di gentilezza sul suo visetto, bianco e immacolato eccetto per un neo sul mento. I suoi occhi color blu scuro erano pressoché nascosti dalla sua voluminosa chioma, che si intersecava a zig zag verso l'alto per poi ricadere in lunghi riccioli biondi ai lati dell'intreccio tenuto da preziosi fermagli. Il vestito a sbalzi era riccamente decorato da vecchie lettere argentate della Lingua degli Otto, mentre le sue scarpe rassomigliavano buffamente a babbucce.
La donna ridacchiò piano e si inchinò:- Abbiamo cominciato con il piede sbagliato, temo. Mi presento. Sono Corvina Rutjlo, Testa di Drago da cinque anni.-
- La vostra fama vi precede, Dama Corvina. Siete d'altronde la prima donna a comandare il Drago dopo dieci generazioni.-
Lei rise piano, come un delicato colpo di tosse, poi chiese:- Allora, dovremmo vivere a Drabirut fino al cessato pericolo? Non credete sia sconveniente?-
- Se volete riferirmi che il luogo non vi aggrada o non vi fidate dei cittadini, avrete un motivo per essere sospettati. Non posso essere parziale ogni qualvolta un nobile o una persona di rilievo si presenta al castello. Capite, vero?-
La donna mantenne il suo sorriso:- Andiamo. Lo sanno tutti che voi vi trattate come un vostro pari suddito e nessuno viene a farvi visita apposta perché deve mangiare come loro. Quello che vi chiediamo è solo un posto per dormire. Potremmo offrire in cambio a voi e al paese un'anteprima dello spettacolo che faremo. Siate clemente, Mio Signore. Solo una cuccetta cadauna.-
Il suo tono e il suo corpo avrebbero potuto far cadere in tentazione anche il più retto degli uomini, non solo per come agiva, ma anche per come si atteggiava o muoveva o si inchinava davanti ad Eliah. Ma Eliah, che il popolo chiamava o "L'inutile" o "Il bigotto", era inflessibile in fatto di donne. Le uniche con cui parlava apertamente erano Elizabeth, Serena e Catilina. Non aveva proposte e non ne creava. Quindi rimase impassibile di fronte all'atteggiamento di Corvina.
Fu Cicero, il super partes, a chinarsi al suo orecchio per pronunciarsi:- Mio caro ragazzo, so che guardando il suo animo vedi qualcosa di marcio, e che sarebbe ingiusto, ma il popolo gradirebbe vedere un attimo di magnanimità. In un momento così buio, poi...-
- Cicero, dove tu vedi magnanimità io vedo sussurri malevoli nei miei confronti. In un momento così buio dovrei accettare tra le mie mura gente di spettacolo facendomi odiare ancora di più? Dolgia mi vedrebbe come un debole.- sussurrò furioso lui di rimando.
- Oppure- sussurrò lui pacificamente:- considerato ciò che il popolo saprà, vi riterrà un Conte umile e saggio, che non si lascia piegare dalle avversità.-
Eliah sospirò pesantemente. Come al solito, Bocca Larga aveva ragione. Doveva farsi forza. Drelimer pure sarebbe stata d'accordo.
Con forza ricacciò indietro una lacrima ed esclamò:- Sia. Vi concederemo le nostre stanze degli ospiti, ma non potrete curiosare nel castello né altresì uscirne. Intesi?-
Lei si esibì in una dolce riverenza, esclamando:- Non potremmo desiderare di meglio, mio Lord. Ragazze, scaricate i bagagli e portateli verso le stanze.-
"E anche questa è fatta." si disse il Conte in prova.
- Avanti il prossimo...- disse con un cenno della mano.
- Io sono il prossimo!- tuonò una voce dietro la folla di persone.
Le guardie, armate solo di cotte di cuoio e un paio di spade, arretrarono di fronte al vecchio magro e deciso che avanzava fendendo in due la folla. Aveva una fronte esagerata o un gran principio di calvizie per quei capelli, nessuno lo sapeva. Era a capo degli Agresti e Bestiari della Contea, molto potente pur non essendo nobile, e tuttavia si dichiarava contro il governo del Conte Clove a suo rischio e pericolo. Non che ne esistesse, ma il Decano contestava la sua capacità di comando, fin da quando aveva cacciato il Sacerdote del Demiurgo, definendolo "radicale", e la sua politica pacifista, fin troppo fedele alla regina e poco dura nei confronti delle Streghe.
- Cato!- esclamò Eliah contrariato; - Quei cittadini hanno gli stessi tuoi diritti di pronunciarsi.-
Lui allargò le braccia, fintamente sorpreso:- Qualcuno mi ha bloccato? Non mi pare. Devo pronunciarmi con voi in privato.- 
Pochi cittadini chiedevano quel diritto. Perché pochi avevano segreti da esporre. Nel caso di Cato, intuì il Conte, lui sapeva.
Sospirando, esclamò:- Ebbene, che tutti escano.-
Uscirono tutti eccetto lui, Cicero, il simpatico Cato, e Corvina. Eliah non se ne preoccupò: sapeva che gli Spaesati erano legati alle legge del silenzio, ovvero, potevano narrare solo quello che mettevano su scena. Fare diversamente poteva dire rovinare per sempre la propria carriera.
Cato iniziò turbolento:- Bloccare i passaggi al confine proprio il giorno di rientro dei Bestiari con le mandrie e i greggi mi sembra una gran...-
Silenzio! Se sei venuto qui solo per qualche stupido bue, grandissimo Demiurgo... oggi non è il momento per gli scherzi. Cicero preparerà un lasciapassare per i tuoi. E ora sparisci!- Eliah non aveva voglia di discutere di economia in quel momento.
Ma Cato continuò imperterrito:- Il lasciapassare per gli affari della tua contea me li posso procurare da solo. Voglio sapere soltanto quale quisquilia ha rischiato di mandare il paese in rovina!-
Eliah stava seriamente per perdere di nuovo la pazienza: dovette farsi forza per non scendere a pestarlo, facendo scrocchiare le ossa dei polsi.
- La faccenda riguarda sia te che il popolo. Proprio non credo sia il caso di...-
Cato urlò:- Io sono la voce del popolo che non sai ascoltare. E pretendo sapere perché...-
- Drelimer è morta!- urlò a sua volta Eliah alzandosi dallo scranno verde.
Il silenzio divenne quasi palpabile, finché Cato non sussurrò furioso:- Colpa vostra!-
Eliah alzò un sopracciglio a metà tra il divertito e l'iracondo:- Prego?-
- Se voi aveste osato ai tempi quando il popolo e noi proponemmo di lasciarvi la nostra forza per sconfiggere e scacciare le Streghe al confine, niente di tutto questo sarebbe...-
- Taci!- tuonò Cicero per la prima volta; - È proibito da sua Altezza Serena salvo che per atto di difesa attaccare con il Rexum!-
Il Rexum era una forza complicata da mettere in atto. Ideata in passato quando i Conti combattevano contro i nemici vicini, il Signore in questione usava la forza dei suoi uomini per scendere in battaglia da solo. Molte eroiche battaglie erano state vinte senza esercito così, ma numerose vittime erano morte perché i Conti avevano sfruttato troppa energia, prendendone più del necessario. Ragion per cui i Cïvostni ne avevano vietato l'utilizzo tranne che per legittima difesa.
- Inoltre, non vi sono prove che siano state Streghe!- proseguì Cicero.
- Alexej non avrebbe esitato...-
Eliah esclamò tirando un pugno alla colonna, scendendo davanti a lui:- Alexej non avrebbe esitato a uccidere la figlia del Capo Agreste, Cato!-
- Non sono normali i suoi deliri...-
- Ma nemmeno sono i deliri di una strega!- sbottò il Conte, ritornando al suo schienale.
Cato fu imperterrito:- Io dico solo quel che il popolo pensa. Da quando ci siete voi su quello scranno, le Streghe hanno ricominciato ad attaccare.-
Eliah lo ignorò bellamente, l'ultimo conmento, e ordinò, sedendosi:- Riferisci stasera che tutti vadano alla casa di Drelimer, stasera. Cicero là spiegherà tutto. Non una parola prima di allora.-
Cato parve sorpreso:- Ve ne andate in un momento così difficile?-
- Stare qui non aiuterà. E ci sono cose che Sua Altezza Serena deve sapere. Così come il Consiglio.- 
Poi disse, quasi a sé stesso:- Migliaia di anni senza che una Fata venisse toccata... E doveva capitare a Drelimer. E a me.-
Un leggero colpo di tosse fece girare i presenti verso Corvina, che si atteggiò in un inchino e disse:- Se posso essere d'aiuto, mio Lord e signori... La mia carovana non può mai viaggiar da sola senza della protezioni. E come sapete, dobbiamo aspettarci ogni tipo di attacco.-
Cicero annuì, chiedendo:- Ebbene?-
- Le nostre tende del Carro sono fatte Capelli d'Ortica, signore. E questa mattina avevamo trovato una piccola sorpresa aggrovigliata tra di esse.-
Eliah alzò la fronte sorpreso:- Streghe? E perché non me l'avete detto subito?-
- Era mia intenzione farlo per cena nel tentativo di farle cantare adesso, mio Lord...-
Eliah si accigliò:- Vi ricordo che non è più Alexej, qui, a comandare! Gli interrogatori son condotti da me. E le torture sono proibite. Conducetele davanti a me, subito.- ordinò sbrigativo.
E mentre la sorridente Corvina chiamava le ancelle, Eliah aveva l'impressione che, piuttosto che risposte, altre domande si sarebbero accavallate alle altre. Ma se quel che pensava era vero... Aveva un piano.

Note dell'Autore

* Scacchiere: Termine con cui si indica una riproduzione fedele dei territori e avvallamenti di Gadriel con tutti i suoi confini e contadi.

**Carpeto: Pianta il cui frutto, sebbene amarissimo, è molto nutriente. Molto diffuso a Gadriel per ragione delle sue fogloe, che creano un ambiente più fresco in vista dell'estate.

Angolo autore: E dopo migliaia di anni rieccomi! Scusatemi immensamente per il ritardo. Ma sapete come si dice... Chi ha tempo non aspetti tempo. E io ho fatto un capitolo un po' più lungo in risposta al capitolo più corto della volta scorsa. Spero solo possa piacervi. A risentirci! E ditemi cosa pensate!

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: ShiNear