CAPITOLO 7°: Battaglia
Le mura del tromba
torrione si levavano imponenti, forti e possenti nella loro antica bellezza,
fatta di pietra e legata dal coraggio e dalla speranza degli uomini che
l’avevano costruito. Uomini che adesso si agitavano ansiosi all’interno delle
sue mura, cercando calma nel senso di protezione che esso emanava, ma non
riuscendo a trovarla, perché ovunque i segni della imminente
guerra erano tangibili. Gli uomini erano irrequieti, vestiti delle loro
armature che niente altro avevano visto se non il
fondo scuro del baule nel quale per anni erano state rinchiuse. Armature che
mai guerra avevano visto, nella loro lucente
perfezione, non un segno a scalfirne la liscia fattezza, e uomini, abituati a
coltivare i campi e a pensare alla guerra come un qualcosa di astratto che mai
avrebbe potuto colpirli.
Aragorn scosse la testa, incapace di colmare il senso di
morte che pian piano gli riempiva il cuore per poi passare ai polmoni,
impedendogli di respirare. Aveva passato tutta la sua vita a combattere, a
uccidere, al fianco di uomini che come lui avevano scelto di sacrificare la
propria vita a difendere gli altri, e molti ancora ne aveva
combattuti, uomini che avevano scelto di uccidere per soldi o più semplicemente
per egoismo, per avidità. In ogni caso, quegli uomini erano soldati, gente che
viveva con la guerra nel sangue. Ma guardandosi
attorno, non vedeva soldati, non vedeva occhi sicuri e decisi, carichi di uno
scintillio di folle eccitazione per la battaglia imminente, colmi di voglia di
mettersi in gioco, a disprezzo della propria vita. Vedeva solo uomini strappati
ai loro campi, con armature che li soffocavano e spade smussate inutilizzabili,
occhi pieni di ansia, disperazione, paura. Paura per se
stessi, paura per i loro cari, paura per il futuro. I loro occhi questo riflettevano, insieme alla voglia di scappare lontano, se
non fosse stato per l’onore e un briciolo di speranza che li legava a quel
posto. Forse era proprio questo a fargli più male: quella speranza che vedeva
nei loro occhi, che urlava sovrastando il rumore frenetico del borgo, che
continuava a vivere imperterrita, una speranza folle e senza senso che doveva
continuare a vivere, perché se fosse morta avrebbe trascinato tutto nell’oblio.
Aragorn lo sentiva, sentiva quell’ urlo,
e il suo cuore urlava di rimando: FOLLE! Esatto, non era altro che follia.
Perché la speranza non c’era, non ci poteva essere speranza per uomini non
addestrati, non ci poteva essere speranza per loro contro gli orchi. E questa
certezza cresceva sempre di più fino a lacerarlo. Aveva cercato di combatterla,
di negarla, ma aveva capito ben presto che illudersi non sarebbe servito a
niente. Eppure quegli uomini credevano in lui, era a lui che la loro speranza
si rivolgeva, e lui non poteva fare niente altro se
non starla a sentire, aspettando il momento in cui sarebbe inevitabilmente
morta.
Si appoggiò al bordo delle mura, passandosi una
mano sul viso, coprendo gli occhi. No, non era questo il momento di cedere, non
era questo il momento di rassegnarsi. Lui avrebbe combattuto, avrebbe guidato i
suoi uomini in battaglia, e avrebbe fatto qualunque cosa per vincere, o sarebbe
morto nel tentativo.
Il suo sguardo si perse sull’orizzonte, verso la
terra di Mordor… chissà come stavano Sam e Frodo,
chissà se erano ancora vivi, chissà dove si trovavano… tutto era nelle loro
mani…
< quei due ce l’hanno fatta a quanto pare!> la voce tonante di Gimli
si insinuò nei suoi pensieri. < guarda un po’ laggiù> gli disse il nano indicando il prato in
lontananza.
Aragorn seguì il suo dito e sentì il suo cuore mancare un
battito, e illuminarsi di gioia e di un pizzico di speranza in più. Una figura
incappucciata cavalcava a fianco di un elfo dai lunghi capelli biondi, e dietro
di essi, circa un migliaio di uomini camminavano severi e ordinati, le armi salde
nelle mani, gli sguardi fieri e selvaggi, i corpi possenti e muscolosi:
soldati.
Legolas e Ithilwen ce l’avevano fatta.
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Ormai era pomeriggio inoltrato, il sole sarebbe
tramontato nel giro di qualche ora, e la fortezza era come congelata.
L’elfa era seduta sull’ultima cinta muraria, la
schiena appoggiata a una torretta di guardia, lo sguardo che si perdeva in
lontananza. I capelli, di solito lasciati liberi, erano ora racchiusi in un stretta coda, che scivolava sinuosa fino alla vita. Il
petto era ricoperto da un’armatura di ferro, che le copriva il collo e le
spalle arrivando fino alla vita. Un armatura elfica,
che seguiva i movimenti del corpo, diversa da quelle umane, così rigide e
scomode. Pareva quasi di non averla addosso. Gli avambracci erano protetti da
placche di metallo, la faretra sulla schiena era piena di frecce, l’arco
sembrava fremere, due spade erano legate ad un
cinturone legato alla vita, il ciondolo risplendeva al collo.
Ithilwen era in tenuta da guerra. Qualche ora dopo il loro
arrivo alla fortezza, un messaggero era arrivato disperato, annunciando
l’avanzata dell’esercito nemico.. centinaia di
migliaia di orchi si stavano avvicinando al fosso, impedendo ogni fuga,
impedendo agli assaliti di essere raggiunti da aiuti. Erano in trappola. Quelle
erano le ultime ore di tregua prima della distruzione.
Il respiro della donna era lento e regolare,
nessuna paura nel suo sguardo, nessuna agitazione, nessun divertimento.. non c’era niente nei suoi occhi, se non una lieve traccia
di malinconia, mentre osservava il sole tramontare. Le labbra rosate si
muovevano silenziose, quasi a parlare ai prati silenziosi, al sole, al futuro,
al passato..
Una goccia di pioggia le cadde sulla fronte,
scivolando lungo il profilo della mascella, per perdersi infine nel freddo
vento della sera. Il sole era tramontato, e le nuvole che per tutto il giorno
avevano annunciato pioggia, si stavano finalmente svuotando. Sorridendo,
continuò a muovere le labbra alzando la voce, permettendo alla canzone di
risuonare per le fredde mura, arrivando alle orecchie degli uomini, correndo
lungo i prati, accompagnato le gocce di pioggia, trascinate lontano dal vento.. una canzone che parlava di guerra, di uomini valorosi
pronti a battersi per qualcosa di giusto, che parlava di tristezza, di
solitudine, di terrore, ma anche di speranza, quella folle speranza che non
muore mai, che permette di andare avanti, quella speranza che si rinvigorisce
al sorgere di una nuova alba..una canzone antica come la terra, dalle parole
sconosciute, ma capace di entrarti nel cuore.
Tutti gli abitanti della fortezza rimasero
immobili, ad ascoltare ciò che la voce melodiosa voleva trasmettere, a
riempirsi il cuore di quella speranza e di quella dolcezza.
Legolas alzò gli occhi verso le mura, fissando
quella donna forte e coraggiosa, ascoltando la sua canzone, riempiendosi di lei..
Finì di controllare che tutti gli uomini fossero al
loro posto, e si incamminò verso la cinta muraria.
Arrivò alle spalle della elfa mentre questa terminava la canzone,ma invece di
parlare, si appoggiò alle mura accanto a lei, fissando lo sguardo in
lontananza.
La pioggia aveva ormai iniziato a scendere
abbondante, ma i suoi occhi vedevano benissimo lo stesso.
< Arriveranno nel giro di qualche ora> disse al vento, con sguardo concentrato.
< I rinforzi ormai non riusciranno ad arrivare, avevi ragione tu. Theoden ha voluto rischiare, e ha perso. Ormai solo le
nostre spade potranno aiutarci.. ma la maggior parte
di questa gente non sa combattere… la speranza di sopravvivere è sempre più
lieve.> sospirò lei.
< Lo dici come se per te vivere o morire non fosse una cosa di grande
importanza.>
Lo sguardo di lei si
oscurò. < soltanto pochi giorni fa ti avrei
detto che era così..ma adesso… adesso non capsico
nemmeno io..> scosse la testa
< sono semplicemente realista. La speranza
per noi è quasi assente. Eppure, so che impegnerò tutte le mie forze in questa
battaglia… non intendo rinunciare a… > sorrise e lo fissò negli occhi < ho
intenzione di lottare per vivere >
< bene, a quanto pare alla fine fai progressi > le rispose Legolas con un sorriso.
Ma invece di sorridere, lei tornò a guardare l’orizzonte
assorta. La pioggia le incollava i capelli al viso e faceva
aderire i vestiti al corpo.
< sai.. mi stavo chiedendo.. perché combatti
questa guerra? > chiese Ithilwen tornando a guardarlo.
Lesse la confusione negli occhi dell’elfo. < combatto perché è giusto, perché non possiamo stare ad aspettare
che il mondo venga distrutto senza fare niente,
aspettando il momento in cui le foreste verranno distrutte e i fiumi
prosciugati, e tutti noi verremo fatti schiavi. Dobbiamo lottare, per avere un
futuro migliore, non dobbiamo rassegnarci, non finchè
c’è qualche speranza di cambiare le cose.> rispose lui.
Lei rimase per un attimo a fissarlo negli occhi,
come a cercare la certezza di qualcosa sul viso di lui,
e a un certo punto, parve trovarla, perché una smorfia le distorse il viso e
lei scosse la testa.
< un altro idiota che si illude di poter
cambiare il mondo..> sospirò.
< idiota è colui che fugge sotto i sassi
aspettando la conclusione delle cose> rispose lui duramente.
< quello si chiama buon senso > rispose lei arrogante.
< non pensi davvero quello che stai dicendo,
altrimenti perché saresti qui?> la provocò lui.
< perché ho stretto un patto con voi.> gli sorrise lei, scendendo dal muro e
avvicinandosi fino ad averlo a pochi centimetri di distanza.
< stai mentendo! > sorrise
lui a sua volta, fissandola negli occhi, osservando le gocce di pioggia
disegnare arcaici disegni sul suo viso che rifletteva pallido nella notte.
< hai ragione..> una smorfia triste le comparve sul viso < è solo che… di solito gli idioti muoiono prima di avere il tempo di
cambiare qualcosa..> disse
abbassando gli occhi e voltandosi di nuovo a fissare l’oscurità, allontanandosi
da lui.
< ..vuoi dirmi che hai paura per me?> rise lui malizioso, avvicinandosi di nuovo a lei.
< tse non mi sembra di aver fatto il tuo
nome del discorso> esclamò
lei sbuffando e lanciandogli
uno sguardo divertito.
< certo..> sorrise lui scuotendo al testa. Rimase a fissarla, osservando il corpo
sottile, il viso delicato che fissava deciso l’orizzonte, i capelli
scompigliati dal vento.. e improvvisamente un'altra
immagine gli balenò in mente: era sempre lei, sempre appoggiata a quel muro, ma
questa volta i suoi occhi erano velati, i capelli scendevano disordinati sulla
schiena, le labbra esangui bagnate di sangue, una profonda ferita alla schiena,
da cui il sangue continuava a sgorgare..
L’immagine così vivida nella sua testa lo spaventò.
Non avrebbe potuto sopportare di vederla così..
< Tu non devi combattere.> esclamò lui improvvisamente.
Lei si voltò a fissarlo, e i suoi occhi si
spalancarono quando lesse il turbamento deformare il suo bel viso. < ma cosa stai dicendo? >
< Non devi combattere, è pericoloso! > esclamò lui afferrandola per un braccio e
fissandola negli occhi.
< adesso sei tu che ti preoccupi per me > sorrise lei liberandosi dalla sua stretta.
< Ithilwen questo non è un gioco, puoi
rischiare di morire! Ascoltami..> proseguì lui, ma lei gli mise una mano sulla
bocca, impedendogli di parlare.
< No, sei tu che devi ascoltare me. So benissimo che non è un gioco,
so quali sono i rischi, ma come hai detto tu, non ci si può nascondere
aspettando che tutto sia finito. So combattere, sono stata addestrata a farlo
fin dalla nascita, non devi temere per me… e se in questi giorni hai capito
qualcosa di me, sai di non poter pretendere che io stia in disparte a guardare
mentre la battaglia imperversa.. > aveva parlato con convinzione, fissandolo negli
occhi, parole dure e sguardo serio, tentando di calmarlo.
Rimasero a fissarsi ancora a lungo, sotto la
pioggia, finchè improvvisamente, il rullo di un
tamburo risuonò
nell’oscurità del prato, e lei sorrise.
< coraggio stupido, vediamo di non farci uccidere. >
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Gli orchi arrivarono. A migliaia, bestie assetate
di sangue, marciarono ordinatamente fino a trovarsi a qualche centinaio di
metri dalle mura esterne. I tamburi risuonavano nella
notte cupa, i lampi sporadici riflettevano sulle cotte di maglia, rendendo la
scena quasi surreale.
Dietro la protezione delle mura, gli uomini erano
schierati ai loro posti, immobili, osservando con terrore crescente la marea di
nemici che si stagliava ai loro piedi.
Un mare in burrasca, che presto si sarebbe
abbattuto con forza disumana sul forte, e la domanda che risuonava nella mente
di tutti era: riuscirà a resistere?
Riusciranno le solide mura di pietra a contenere la
valanga d’acqua, o crolleranno?..trascinando tutto
nella distruzione?
Adesso era tutto in mano al destino: per quanto gli
uomini potessero combattere e respingere l’assalto dei nemici, tutto sarebbe
stato vano, se le mura fossero crollate.
Ma la pietra è solida, la pietra è forte, e per
quanto il timore fosse crescente, occorreva pensare solo alla battaglia, e
sperare che la pietra vincesse l’acqua.
< un bel numero certo.. direi che ci sarà da divertirsi per tutti, non trovi
elfo?> esclamò il
nano, osservando la schiera di nemici con occhi ardenti di eccitazione e
impazienza.
< per una volta hai
più che ragione.. ne avremo per un bel po’..> rispose pensieroso Legolas, scrutando lontano.
< mmm
non va bene così! Non si può affrontare una battaglia con questo stato d’animo!
La fai quasi sembrare una tragedia!..rischi di
avvilirmi!> si imbronciò il
nano.
< Avvilire te? Temo
che sia impossibile! Lascia perdere Legolas, oggi non
fa che lamentarsi e preoccuparsi > gli sorrise Ithilwen, che si trovava al suo
fianco < In fondo, siamo semplicemente qualche centinaio di
migliaia in meno, cosa vuoi che sia! > sbuffò con un sorriso sbieco, fissando a sua volta le truppe nemiche.
< ottimismo miei cari
elfi, ci vuole più ottimismo! Ma in fondo posso
capirlo, se temete di non farcela… ahhh vorrà dire
che ogni tanto mi assicurerò che siate ancora vivi > disse con scherno, una finta aria di esasperazione
che non poteva contenere la perversa felicità per la lotta imminente.
< eh si, è di sicuro meglio che ci tenga d’occhio tu.. potrebbe
essere difficile per noi riuscire a vederti nano! > esclamò Legolas, sorridendo al rossore che si
diffuse sulle guance del nano.
< insolente, sempre
il solito insolente..> prese a borbottare il nano, mettendo fine alla
chiacchierata.
Gli uomini e gli orchi rimasero a fissarsi ancora
per qualche tempo, finchè, un urlo di guerra proruppe
dalle prime linee delle schiere nemiche, che si lanciarono verso le mura.
Pronti e seguendo gli ordini, un centinaio di archi
incoccarono le frecce e si tesero. Le braccia erano
ferme, ma i cuori palpitavano. Non era necessario cercare un bersaglio, perché
l’oscurità rendeva difficile sceglierne uno, e capire se il colpo sarebbe
andato a segno sarebbe stato comunque impossibile.
La pioggia rendeva difficile la traversata agli
orchi, rendeva scivolose le armi, turbava ancora di
più i cuori.
Le frecce scoccarono tutte
insieme e come un fiume si rovesciarono sui nemici, decimandoli.
Un urlo di felicità si propagò tra le file, vedendo
la schiera di corpi cadere, subito zittito però, dalle grida di rabbia dei
nemici, che poco addestrati e privi di controllo, si lanciarono contro le mura…
a centinaia..a migliaia..
< Lanciate a
volontà!>
Le braccia ormai si muovevano rapidamente,
incordando e scoccando, incordando e scoccando..
Gli archi furono sufficienti per qualche tempo, ma
ogni volta che un orco cadeva veniva sostituito da
altri cinque.
Ben presto le scale e le corde incominciarono ad
attaccarsi al muro, e accanto agli arcieri le spade vennero
sguainate.
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Combattevano ormai da ore, e il temporale
continuava a imperversare.
La cotta di maglia di Ithilwen
gocciolava di sangue non suo, i capelli erano
appiccicati al collo e alle guance, su cui in una spiccava un taglio netto che
le dipingeva di sangue il profilo del viso. In entrambe le mani reggeva una
spada, l’arco fermo della faretra ormai vuota, le braccia si muovevano sicure,
abbattendo un orco dopo l’altro. Era ancora presto per sentirsi stanca. Si
concentrò per regolare il respiro, e uccise l’orco che le si
era parato davanti. Approfittò dell’improvviso momento di tranquillità
per guardarsi velocemente attorno. La prima cinta di mura era cosparsa di
cadaveri, uomini e orchi si mescolavano in un ammasso indistinto di sangue.
Ancora un centinaio di soldati era rimasto a combattere, ma gli orchi erano
veramente troppi, sembravano non finire mai, ma nonostante ciò gli assediati
erano riusciti per ora a impedire l’accesso alla seconda cinta di mura.
Sentì un rumore alle sue spalle e con un movimento
sinuoso del polso conficcò la spada nell’addome dell’orco dietro di lei. Fine
della pausa.
Uccise un altro paio di orchi, avvicinandosi a una
delle tante scale da cui gli orchi continuavano a salire, e con l’aiuto di un
paio di uomini, riuscì a buttarla giù. Osservò il vuoto creatosi nel prato
nella zona in cui la scala era caduta, ma sapeva che presto essa sarebbe stata
sostituita da un'altra, e sarebbe occorso ricominciare da capo.
Intravide Legolas combattere qualche metro più
avanti. Osservò il corpo dell’uomo piegarsi, muovere il braccio e conficcare il
pugnale nel collo di un orco, dopodiché ruotare su se stesso facendo perno
sulla gamba destra e colpire con l’altro braccio impugnante l’arco un altro orco. Non si poteva negare che fosse
dannatamente bravo. Ore di battaglia, e nemmeno un graffio.
Con una punta di gelosia, Ithilwen
coprì velocemente i pochi metri che la separavano da lui, arrivando al suo
fianco.
< Com’è la situazione? > gli chiese, affondando la spada in un orco.
< mmm direi che ne
restano ormai soltanto qualche migliaia, tutto bene > rispose lui colpendo a sua volta.
< Idiota, proprio adesso ritrovi il sarcasmo tu > rispose lei con un
sorriso tirato, che si spense nell’uccidere un altro orco.
< va male. Hanno troppo vantaggio rispetto a noi, ma finchè Aragorn e Gimli non cedono, c’è qualche speranza> rispose guardando per un attimo verso il cancello.
< Non resisteranno a lungo temo. > disse lei con sguardo duro, osservando l’ariete infuocato che una
dozzina di orchi stavano trasportando verso il
cancello.
Il terrore passò negli occhi dell’elfo. Prese per
un braccio il soldato più vicino < presto, corri a dire
al cancello che gli orchi stanno arrivando con un ariete infuocato.
Muoviti!> gli urlò.
Guardò l’uomo farsi strada
a fatica, dopodiché si volse verso l’elfa < dobbiamo trovare delle frecce, e degli arcieri..e un posto
abbastanza sicuro da cui tirare..>
Lei rimase pensierosa per un attimo < la torretta nord! > ansimò schivando un orco e trafiggendolo poi con la spada.
Uno sguardo di intesa, e i
due elfi iniziarono a muoversi in direzione della torretta, uccidendo gli orchi
sul loro cammino, recuperando le frecce che trovavano nei corpi, e radunando
attorno a loro i soldati che possedevano un arco.
Arrivarono nell’arco di poco tempo alla torretta,
con le faretre mezze piene e otto uomini con loro.
La torretta altro non era se non una piccola zona sopraelevata
rispetto alle mura, di forma quadrata, protetta da merli, da cui si accedeva
tramite una corta scaletta.
Tre uomini rimasero a proteggere la scala
dall’attacco degli orchi, mentre i due elfi e gli altri cinque uomini si
distribuirono dietro i merli che davano verso il cancello.
< Mirate agli orchi
che trasportano l’ariete. Il portone non deve cedere!> diede ordine Legolas posizionandosi
accanto a Ithilwen, incordando l’arco. < tirate!>
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Aragorn si appoggiò un attimo al muro, esausto. Da ore
ormai faceva avanti e indietro, dall’interno delle mura all’esterno, e
viceversa. Il re lo aveva posto a proteggere e comandare le azioni del
cancello, la parte più vulnerabile delle mura, la parte che non doveva
assolutamente cedere.. la parte su cui la marea
avrebbe colpito più forte.
Gli arcieri posti sulla parte di muro sovrastante
il cancello continuavano senza sosta a bersagliare gli
orchi, aiutati da uomini che lanciavano pietre e tutto ciò che avevano a
disposizione. Ogni volta che gli arcieri si ritrovavano senza frecce, Aragorn, Gimli e una ventina di
soldati uscivano da una piccola porta situata accanto al cancello e uccidevano
gli orchi che cercavano di arrivare al cancello, dando tempo agli arcieri di
riposare e di ricevere nuove frecce, dopodiché tornavano all’interno, e tutto
ricominciava. Naturalmente, occorreva coordinare le azioni dei soldati disposti
sulle mura, perciò ogni mezz’ora delle sentinella
arrivavano a riferire l’andamento della battaglia, compreso il numero
approssimativo dei morti, e Aragorn doveva pensare in
fretta e trovare il modo di organizzare al meglio la difesa. Era stanco, e
aveva riportato parecchie ferite, e come lui la maggior parte dei soldati non
ce la faceva più.
< devo ammettere che
è più dura di quanto avessi immaginato! > esclamò Gimli, arrivando accanto a lui.
< già..gli uomini sono stanchi, io sono stanco.. e gli orchi
continuano ad arrivare, sempre di più, con sempre maggior forza..non so quanto
resisteremo ancora> Aragorn si passò una mano sul viso.
< il cancello
resiste, e noi non ci arrenderemo.. la speranza non è
ancora persa> esclamò Gimli.
In quel momento, un soldato si fermò ansimante
davanti a loro, una mano sul fianco destro sanguinante. < gli orchi..attaccano..ariete..fuoco!> riuscì ad ansimare, faticosamente.
L’uomo e il nano si precipitarono sulla scala che
portava alle mura sovrastante il cancello, affiancando
così gli arcieri, che in quel momento erano immobili, a fissare un punto nella
notte.
Aragorn osservò la sterminata marmaglia di orchi che
spingeva sulle mura del forte, ma un punto luminoso, in prossimità del
cancello, attirò la sua attenzione. Una ventina di orchi trasportavano
un gigantesco ariete infiammato, che grazie alla pece di cui era ricoperto
impediva alla pioggia di spegnere il fuoco.
< Questa non ci voleva!> esclamò Aragorn. < presto, mirate agli
orchi!> urlò agli
arcieri, indicando l’ariete.
Osservò gli arcieri incordare le frecce, mirare..e improvvisamente, caddero trafitti. Uno,
due, tre, dalla notte, frecce li decimarono, costringendo gli altri a nascondersi
dietro alle mura.
< ma
cosa succede!> esclamò Gimli.
Dal riparo del muro, Aragorn
guardò verso il prato, e notò un qualcosa.. una
costruzione! Gli orchi avevano portato fin li una
specie di palafitta. Certo, non era alta quanto le mura, ma da quell’altezza
gli orchi potevano a loro volta usare gli archi, e colpire chi si trovava sulle
mura. Una cinquantina di orchi adesso, tirava frecce ai soldati che si
trovavano sulle mura, che non avevano alcuna protezione, dovendo affrontare sia
gli orchi che le frecce.
< Maledizione!> imprecò Aragorn. Dalla
posizione in cui si trovava, non poteva muoversi per il rischio di essere
colpito..e l’ariete si avvicinava.
Improvvisamente, vide gli orchi che sorreggevano
l’ariete cadere, trafitti da una nube di frecce. Ma che cosa..??
< Devo ammettere che
sanno il fatto loro!> esclamò
ridendo Gimli, in direzione della torretta nord.
Aragorn guardò e li vide. Legolas, Ithilwen
e un gruppo di soldati, al riparo del muro avevano iniziato a bersagliare di
frecce gli orchi che tentavano di avvicinarsi al cancello. Vedeva gli archi
tendersi e scoccare, senza sosta.
Ma presto, le frecce sarebbero finite, e gli orchi
che cadevano veniva subito sostituiti da altri.
Si doveva fare qualcosa.
< Gimli,
torna accanto al cancello, e fai in modo che delle assi vengano
usate per rinforzarlo.> vide il
nano strisciare verso le scale e sparire in gran fretta < e voi arcieri!
Dobbiamo neutralizzare gli arcieri nemici, per il momento il cancello è al
sicuro. Muoversi!> prese un
arco e una faretra, e iniziò a scoccare.
La cosa era difficile, visto che
doveva anche schivare le frecce, ma i soldati erano più addestrati ed erano
comunque in una posizione vantaggiosa, e presto gli orchi arcieri vennero
decimati. Ci sarebbe voluto tempo, prima che potessero essere sostituiti, ma….
Un colpo fece scuotere le mura.
Un altro colpo.
L’ariete stava colpendo il cancello.
Aragorn guardò in basso, e vide Gimli
urlare ordini, gli uomini tentare di rinforzare il cancello, ma presto sarebbe
caduto..e ormai le frecce erano esaurite.
Prese in fretta la sua decisione.
< Voi > disse indicando una decina di arcieri < restate qui, e
continuate a colpire. Voi altri, al cancello con me!> e si precipitò giù dalla scala, seguito dai
soldati.
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Avevano continuato a lanciare frecce senza sosta,
al riparo della torretta. All’inizio, il piano aveva funzionato, la marcia
dell’ariete si era arrestato, ma i rinforzi che
speravano di ottenere dal cancello non erano arrivati. Gli orchi avevano
trovato il modo di lanciare frecce a loro volta, e i soldati di Aragorn avevano cercato di contrastarli, con ottimi
risultati, lasciando a loro il compito di fermare l’ariete. Ma
nonostante gli sforzi, le frecce si erano esaurite presto.
< Maledizione!> esclamò Legolas, osservando le faretre ormai
vuote, e l’ariete che riprendeva la sua corsa.
< Non possiamo più
fare niente qui.> urlò Ithilwen. < Torniamo alle mura!> si alzò tirandolo per un braccio. Scesero le
scale, e tornarono allo scoperto, le spade sguainate,
gli sguardi duri.
Improvvisamente, un colpo fece tremare le mura.
< Stanno colpendo il
cancello!>urlò Legolas,
trafiggendo un orco e lanciandosi verso il portone.
< Hai ragione. Coraggio, tu vai di là, io di qua.> disse indicandole verso destra < la cosa più importante è eliminare le scale e le corde..e cercare
di trovare delle frecce>
Uno sguardo di intesa, e
poi si divisero.
Ithilwen tornò indietro, e si affiancò a uno dei soldati
che erano con lei sulla torretta. < dobbiamo riorganizzare la difesa. Di hai soldati di disporsi a coppie lungo tutto il perimetro
del muro, e di distare l’una dall’altra di una ventina di passi. Bisogna
buttare giù le scale..e trovare frecce! Vai!> disse spingendolo, e continuando a muoversi,
ripetendo gli ordini a un secondo soldato. Occorreva fare in fretta, dovevano essere pronti per quando gli arcieri degli orchi si
fossero riorganizzati.
Sentì un colpo abbattersi sul fianco destro, e un
urlo di dolore proruppe dalla sua bocca. La ferita si era riaperta. Un altro
colpo la colpì sulla schiena, ma l’armatura fece il suo dovere e la protesse.
Si girò di scattò ad affrontare l’orco che l’aveva
colpita, schivò un nuovo colpo e conficcò la lama nell’addome. Un movimento con
la coda dell’occhio, mosse il braccio all’indietro e pugnalò un secondo orco.
Si tastò il fianco ferito, e trattenendo una
smorfia, continuò a muoversi e a dare ordini. In
breve, la difesa si riorganizzò. Ogni coppa di soldati si parava le spalle a
vicenda, e la distanza dagli altri permetteva ai rinforzi di raggiungerli in
caso di bisogno. Era perfetto.
Si voltò a cercare Legolas con lo sguardo, e lo
vide impegnato con due orchi. Anche dal suo lato la difesa era
riorganizzata. Lo osservò trafiggere il
primo, girarsi e tirare un calcio al
secondo,buttandolo giù dalle mura. Un respiro e poi…
Tutto sembrò congelarsi.
Vide la freccia nera conficcarsi nella sua spalla
destra, e l’orco colpirlo al fianco.
Osservò con terrore il sangue inondare le sue vesti..
Lo osservò voltarsi con uno sforzo e uccidere
l’orco..
Lo vide cadere su un ginocchio..
Vide gli orchi arrivare…
Un urlo disperato le uscì dalle labbra.
Con una spallata schivò un orco, ne uccise un
altro, scavalcò il cadavere e continuò la sua corsa.
No…No…No…No…NO….
Ecco cosa continuava a pensare Ithilwen
mentre correva, uccideva e schivava gli orchi. Le frecce avevano ripreso a
mietere vittime, ma lei non ci badava.
Continuava solo a correre…e a guardarlo.
Legolas si era rialzato, ad affrontare gli altri
orchi. Ma i suoi movimenti erano più lenti e pesanti, si leggeva
lo sforzo e il dolore.
Improvvisamente, vide un orco colpirlo al fianco, e
lo vide accasciarsi, scivolando giù dal muro, verso l’oscurità…
Il tempo sembrava rallentare, la sua corsa era
sempre più lenta, mentre lui scivolava sempre più velocemente, non trovando
appigli, le mani che scivolavano sul sangue..
Vide un orco chinarsi sull’elfo per dargli il colpo di grazia, ma ormai lei era arrivata.
Con un movimento fulmineo uccise l’orco, facendolo
cadere dal muro, si girò e ne trafisse un secondo, e poi un terzo.
Senza guardare se erano o no arrivati, rinfoderò la
spada e afferrò la mano di Legolas, impedendogli di cadere nel mare di orchi.
< Dannato idiota, vedi di non mollare la mano!> urlò lei, angosciata.
< Non ci penso nemmeno..> sussurrò lui, fissandola grato negli occhi.
Lei assicurò la presa all’avambraccio
di lui, dopodiché, ignorando il dolore al fianco, fermò il suo corpo
contro il muro, inginocchiandosi, e fece forza con le braccia.
Il dolore era sempre più forte, i capelli le
impedivano di vedere bene, la fronte era madida di sudore, e Ithilwen si rese conto di non essere abbastanza forte per tirarlo su da sola.
Sentì gli occhi bruciare, digrignò i denti dalla
rabbia, e fece ancora più forza. Non lo avrebbe lasciato cadere.
Sentì improvvisamente una figura accanto a se, e
temette che un orco la stesse attaccando, ma invece
vide uno dei soldati che aveva chiamato in aiuto chinarsi a prendere l’altro
braccio dell’elfo, e fare forza per tirarlo su. Pian piano, faticosamente,
l’elfo riguadagnò il muro. Le braccia dell’elfa e
dell’uomo si strinsero attorno al torace di Legolas, tirandolo finalmente al
sicuro, e al riparo del muro.
I due elfi rimasero a fissarsi,
lei con la braccia attorno al torace di lui.
< credevo avessimo deciso di non farci uccidere! Cos’è, volevi
testare la mia resistenza? O vedere se riuscivi a farmi morire di paura? > gli sbraitò contro lei.
< non credevo saresti arrivata..ma sono
contento di vederti.. grazie > sussurrò lui chiudendo gli occhi per un attimo.
< sei in debito con me adesso, ricordalo. > disse lei, spostando le braccia e posizionando le mani attorno alla freccia < stai fermo. > e detto
ciò tirò.
Il corpo dell’elfo ebbe uno spasmo dovuto al
dolore, quando la freccia uscì. La ferita venne
tamponata velocemente con uno straccio, per fermare il sangue.
< temo che per il fianco non si possa fare molto. > sussurrò lei.
< va bene così…>
Un rumore terribile, di assi che cedevano,
interruppe le sue parole.
< il cancello!> dissero terrorizzati, alzandosi e guardando in
direzione del portone..ormai distrutto dall’ariete.
Anche i due soldati che fino ad
allora si erano occupati di tenere gli orchi lontani da loro, smisero di
combattere terrorizzati.
< il cancello è
caduto!> sussurrarono.
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Aragorn fissò per un attimo la testa dell’ariete irrompere
dalle assi del cancello e farsi strada verso l’interno
delle mura, una belva infuocata che aveva stanato le sue vittime.
< In formazione,
presto!> urlò sguainando
la spada, e affiancandosi ai soldati, poco dietro al cancello, che cadeva
sempre di più a pezzi.
Un altro paio di colpi, e il cancello cedette del
tutto, e gli orchi iniziarono a riversarsi dall’apertura.
Con un urlo, i soldati si scontrarono, iniziando a
mietere vittime, decisi a non permettere agli orchi di
entrare.
< coraggio, venite da
me!> urlò Gimli, calando l’ascia al fianco di Aragorn.
Un colpo di spada, un cadavere che cadeva, altri
orchi che arrivavano, un altro affondo, un calcio, un affondo..
gli orchi continuavano a riversarsi dall’apertura, e i soldati cadevano.
Doveva decidere in fretta, occorreva fare qualcosa.
< Dobbiamo
ritirarci!> urlò. < All’interno della
seconda cinta di mura presto!!!> urlò ai soldati, continuando ad uccidere orchi.
I soldati cominciarono ad arretrare, piano piano, verso il secondo cancello.
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Finalmente però, il sole stava sorgendo, e la
pioggia aveva finito di cadere.
Ithilwen osservò il prato illuminarsi di una tenue luce
azzurrata, l’orizzonte visibile, gli orchi che urlavano impazziti, e in
lontananza..
Oltre le linee nemiche, illuminati dal sole sorgente, una schiera di soldati armati si
stagliava per metri. Le cotte di maglia risplendevano, i corni suonavano
potenti.
< i rinforzi sono
arrivati!> urlarono felici
i soldati.
< Aragorn,
arrivano i rinforzi!> urlo
felice l’elfo, trovandosi al fianco dell’uomo.
Uno sguardo di felicità illuminò lo sguardo dell’uomo < gli orchi si troveranno presi in mezzo, non
avranno modo di scappare!> disse, correndo a riorganizzare le difese.
In breve tempo, i soldati presero
posizione sulle mura, un soldato con spada alternato a un arciere.
L’esito della battaglia era stato ribaltato.
Gli orchi vennero presi di
sorpresa dai rinforzi, che attraversarono il campo uccidendo e massacrando
coloro che si trovavano sulla strada.
Allo stesso tempo, dalle mura continuavano a
piovere frecce, e le scale continuavano a cadere, impedendo agli orchi di
salire, lasciandoli bloccati nella prima cinta di mura.
In breve tempo, gli orchi vennero
uccisi, o si diedero alla fuga.
< VITTORIA!!> l’urlo
si propagò per tutte le mura.
< felice di vederti
ancora vivo elfo > sorrise contento il nano.
< già, mi spiace solo
di averti perso di vista > rise Legolas, osservando i giochi di luce sul viso di Ithilwen, impegnata ad uccidere
gli ultimi orchi rimasti.
< come promesso ho portato i rinforzi!> sorrise Gandalf
salutandoli.
< già, ma ti sei
perso il meglio della battaglia!> ricambiò il nano.
< meglio così, alla
sua età temo che gli venga difficile combattere!> lo schernì Ithilwen poco
distante, rinfoderando la spada.
Un bel sorriso le illuminava il viso incrostato di
sangue. I suoi occhi, si posarono in quelli di
Legolas, che ricambiò il sorriso.
< avanti, Ithilwen, non tormentare così il nostro vecchietto> continuò Legolas ridendo.
< Ma se voi avrete
all’incirca la mia età insolenti!> li apostrofò lo stregone.
< ma noi li portiamo meglio!> urlò l’elfa, provocando una risata generale.
La battaglia si era conclusa,
e loro avevano vinto, ed erano tutti li, vivi e in salute.
Ma improvvisamente… un movimento attirò lo sguardo
dell’elfo.
<Ithilwen attenta!> urlò, scoccando una freccia.
L’elfa si girò in tempo
per vedere l’orco cadere vicino al suo fianco.
Un sospiro di sollievo si alzò dal gruppo, ma
improvvisamente.. Ithilwen
iniziò a tremare.
Con uno sguardo di terrore, osservò la smorfia
contenta dell’orco, e nella sua mano.. il ciondolo Ailyan.
Alzò gli occhi terrorizzata e sconvolta,
incontrando quelli blu dell’elfo.
La luce del sole accarezzava dolcemente il viso
pallido e il corpo atletico, attraversato dagli spasmi.
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Ecco fatto un altro capitolo, meglio tardi che
mai. ^^
Ringrazio: Illidan, chichetta99, PetaloDiCiliegio,
pwg, daene e tutti coloro che mi seguono e recensiscono! Un bacio e un
abbraccio!
Dil