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Autore: Mary_la scrivistorie    01/07/2016    1 recensioni
[In revisione - Lavori in corso!]
In un futuro minacciato dagli zombie, Mackenzie Darcy è la flebile eco di un’umanità destinata al massacro. Rampolla di una prestigiosa famiglia appartenente all’Élite, è in fuga dall’imminente apocalisse e dai demoni che infestano i suoi sogni. Destinata a approdare nelle Ebridi, dovrà fronteggiare diverse sfide, tra cui un arduo addestramento al fine di vincere la Guerra, la stessa che l’ha privata di ogni cosa.
E, alla fine, riuscirà a svelare l’identità della misteriosa «ladra di sogni» che sembra perseguitarla durante il giorno e la notte.
Dall’Atto III: «La Guerra. Arriva in un millisecondo e lascia il segno del suo passaggio come se fosse l’ombra del Diavolo che reclama cenere e sangue, dovunque vada.»
{Il capitolo “Atto III • Fiamme del Paradiso” si è classificato al quinto posto al contest “Apocalisse: Vivere o Morire [Multifandom & Originali]” indetto da ManuFury sul forum di EFP.}
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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 La ladra di sogni
 
*

 
[Atto I]
 
Fiamme dellInferno
 
 
Inspirai l’aria stagnante di afa, facendola addentrare nei miei polmoni. Mia madre mi aveva consigliato di respirare in quel momento, perché le ore in elicottero sarebbero state dure. Con «dure» sapevo che intendeva «a corto di ossigeno». Il controllo dell’ossigeno nell’atmosfera terrestre era affidato da anni alla famiglia dei Rockefeller, da sempre nemica dei Darcy. Questo lo avevo imparato a memoria, ormai. Non fidarti mai di quella loggia, mi dicevano.
Neanche la spia che avevamo assoldato poteva permetterci un viaggio clandestino protetto e lussuoso. E l’ossigeno era uno dei lussi che non tutti potevano permettersi. 
Rammentavo nitidamente il terribile periodo in cui la decisione riguardo la Riduzione dell’Ossigeno, proposta dai Rockefeller, era stata accolta dal Comitato dell’Élite. I miei genitori si erano opposti fermamente per anni, appoggiati da soli due altri clan: Hawthorne e Singleton. Le uniche famiglie di cui mio padre si fosse mai fidato e a cui stava per mandarmi in custodia.
L’unico trionfo della mia famiglia in quel decreto legislativo era stato quello di ampliare il numero delle zone rifornite di ossigeno da trenta a cinquanta. Tra queste, le venti statunitensi erano state misteriosamente demolite durante l’urto dei missili spediti dell’Élite contro Washington DC, con il risultato dello sterminio di metà dei membri della famiglia Singleton, la metà che si era stabilita a New York per controllare da vicino le mosse degli avversari sovrumani. Mio padre, Philip Darcy, era stato formalmente invitato là per capitanare la Squadra di Osservazione, proprio in quell’occasione, tuttavia aveva rifiutato a causa di un incarico più urgente che richiedeva la sua presenza a Londra. I Rockefeller non perdonano: sono serpenti, assassini, che pianificano ogni dettaglio della tua morte.
I Rockefeller erano disposti ad allearsi con un imprevedibile ed incorruttibile stormo di zombie al fine di ottenere il primato assoluto sull’Élite, piuttosto che progettare soluzioni mirate allo scopo della salvaguardia del pianeta.
La Riduzione ‒ che consisteva nella disgiunzione della molecola di ossigeno riducente tramite appositi apparecchi di cui non conoscevo i dettagli ‒ , nociva per le vite dei Viandanti che non erano riusciti a stabilirsi in una Zona e che non aveva invece danneggiato in alcun modo gli zombie, aveva invece sortito gli effetti sperati dai Rockefeller. Primo, tutti gli spostamenti dell’Élite erano gestiti da loro. Secondo, la scarsità di ossigeno aveva consentito una riduzione delle persone sul pianeta, in modo da conservare quindi più scorte e provviste per se stessi. Terzo, i viaggi intercontinentali erano diventati un vero e proprio suicidio.
La nostra spia, Terence Jenner, era riuscito a procurarsi dieci bombole di ossigeno. Né più, né meno. Cinque per lui, cinque per me, la giovane ed impavida ‒ se sapessero... ‒ rampolla del clan. Lo stretto indispensabile, per così dire.
Non ero pronta a fuggire ma all’epoca solevo fingere il contrario. Era quello il mio compito: incarnare il ruolo di aristocratica rivoluzionaria senza macchia e senza paura, sebbene fossi tutt’altro. La mia vita era più che più una grossa ed illusoria menzogna imbevuta in una colonia di rosa canina e rivestita di pregiato broccato smeraldino. Aristocratica.
Nel mio zaino, a dispetto del completo elegante che avevo indosso, nascondevo una balestra, delle frecce, il libro Cime tempestose di Emily Brontë e circa dieci tramezzini, che aveva preparato io stessa per me e per Terence.
Rientrai nell’Atrium con fare pacato, nonostante la bufera emotiva che mi si scatenava dentro ‒ di certo si trattava della cima più tempestosa di qualsiasi altra ‒ , dove incrociai le figure slanciate di Annette e Christopher Rockefeller. Un battito cieco e sordido mi risuonò nel cuore, fino al momento in cui non lo repressi in un moto di ira funesta. Non essere stupida. Chris mi osservava con quel suo sguardo malinconico, un po’ ottenebrato, concentrato su irregolari sprazzi del mio viso che su qualcosa di particolare. Cercai di ignorare insistentemente i ricordi che mi balenavano in mente riguardo quelle maledette notti trascorse insieme, che erano state l’errore più grande e più bello della mia esistenza. Annette sorrideva con il compiacimento di un bracconiere che aveva agilmente carpito la propria preda.
«Mackenzie, che piacere vederti! Stasera sarai alla Cena dell’Élite, suppongo. Ho sentito dire che ci sarà anche il tuo futuro promesso sposo, Joseph Drayton. Un conservatore convinto, quello. Si vocifera che sul suo letto ci sia un flusso perpetuo di donne, da meretrici scostumate a nobili vergini; e si vocifera anche che le sue capacità sotto le lenzuola siano perfino migliori del suo fiuto per gli affari, dettaglio che mi sembra molto interessante. Spero soltanto che non ti infastidisca la sua nomina di Casanova, dopotutto....si commettono strani errori in gioventù, non è così?».
La voce di Annette era una cantilena ininterrotta, che avevo da sempre detestato con tutta me stessa. Infima, saccente, spudorata, sfrontata: Annette Rockefeller incarnava la perfetta erede dei lasciti della propria famiglia. Era anche dotata di grande bellezza, sebbene fosse quel tipo di malia rovinata, guastata dal sapore dell’età e dell’esperienza.
Annette era tuttavia una giovane donna nel fiore dei suoi anni, seducente e passionale come una rosa purpurea, con i morbidi boccoli di cannella, gli occhi grigi screziati di azzurro e l’incarnato di porcellana. Dotata di un prosperoso décolleté e di curve mozzafiato, era la celebre amante di uno dei vecchi e squallidi capi del Consiglio, Peter Landan: appresa la notizia, io avevo manifestato il suo disappunto, mentre mia madre mi aveva ben spiegato che era quello il «mestiere più antico del mondo», adeguato alle donne appartenenti all’Élite che desideravano consolidare il proprio potere. Proprio come lei.
Sebbene questa sua scandalosa tresca con un vecchio politico, era la promessa sposa di Johnathan Lennox, astro nascente di una dinastia tutta nuova di liberali di antiche origini scozzesi. Mi ero ritrovata perfino io a condividere le idee di quella famiglia, che, nonostante fosse appena sorta, era diventata riserva d’onore ‒ spazzatura d’emergenza, in pratica ‒ dei Rockefeller. Peccato.
Il mio promesso sposo, invece, apparteneva ad un clan che era stato conservatore per secoli, e che ripudiava l’indagine tecnologica a favore di un’immediata guerriglia al fine di salvare la Terra e ritornare a governare sui propri vecchi seggi. Un progetto rude e obsoleto, che aveva però convinto la mia famiglia. Sempre migliori dei piani escogitati dai Rockefeller, che erano solo perditempo accecati di potere e di odio.
Non ero particolarmente contenta di sposare proprio Joseph Drayton, che era un casanova perdipiù disinteressato ad una lotta contro i Rockefeller. Odiavo il fatto che il mio promesso si rotolasse sul letto con altre donne, prima del contratto matrimoniale con me, che ero una dignitosa nobile di buona famiglia. Odiavo perfino il suo aspetto fisico, caratterizzato da un ciuffo di capelli brizzolati che non bastava neppure per un minuscolo nodo ed un sorriso untuoso ed indispettito che era tutto fuorché charmante. Non era Chris.
Ma neanche tu sei così tanto illibata, principessa. Il messaggio dell’occhiata di Annette era questo, che mi preoccupò più del dovuto. Quindi lei sa?
Il petto di Christopher era soggetto agli spostamenti regolari e quieti del diaframma. Osservai i suoi muscoli contrarsi sotto gli indumenti, avida e rapita, fino a dimenticare ciò su cui stavo riflettendo. Avrei dato qualsiasi cosa pur di godermi un’altra notte di passione con Chris. Tuttavia, semplicemente non potevo. Era già oltraggio essere andata a letto più volte con un traditore della propria famiglia, senza che qualcuno dei Darcy lo scoprisse:  mi vergognavo molto, negli abissi del mio buonsenso, di quel passato così scandaloso. Mi ero già ripetuta tante volte che tra me e quel Rockefeller era finita: libidine adolescenziale ‒ seppur sfrenatae nientaltro.  Volsi inconsapevolmente lo sguardo verso quei bizzarri occhi grigi, plumbei come una tempesta e offuscati come il velo di Thanatos, che possedevano ancora la loro ancestrale e unica capacità di disorientarmi e ammaliarmi, gettando invisibili lacci che mi mantenevano stretta a lui. Lascia andare te stessa, Mackenzie.
Annette attendeva ancora un responso, con la testa piegata di lato ed un’occhiata penetrante che pareva saperla lunga. «Cosa ne pensi, Mackenzie?».  
Mi schiarii la voce, con un cenno drammatico, e sfoderai un sorrisetto pacato: «Credo che Joseph sia uno dei pochi che possa vantare origini così incredibilmente antiche e nobili. Insomma, non ritengo che sia un caso che la famiglia Drayton appartenga al ceto senatoriale da cinque secoli. È ormai celebre l’acume dei giovani rampolli Drayton: essi sono capaci di cogliere sottigliezze che vanno ben oltre il nostro comprendonio, Annette. Sarei molto lieta di unirmi in matrimonio con un individuo che ha così tanti valori e nozioni da insegnarmi: per una volta, la mia cultura non sarebbe affidata a precettori di alto livello, ma ad una persona vicina a me che, se vorrà, potrà trasmettermi molto sul suo sapere. È veramente un buon partito, e lo stimo caldamente per la sua etica.»
Annette reagì con una risata calda e accogliente. «Quant’è vero! Sembriamo destinate ad intraprendere cammini completamente differenti, contrapposti: non è così, amica mia? Tu, un frigido conservatore; io, un nuovo liberale...buffa la vita. Sembra ricondursi sempre allo stesso esito: Rockefeller o Darcy? Non biasimarmi, Mackenzie, ma la tua famiglia ultimamente pare distratta da qualche altro affare e, se non si concentrerà, potrà essere facilmente sconfitta. E allora il grosso delle famiglie dell’Élite sarà fatto. Nessun altro oserà schierarsi contro i Rockefeller, dato che contraddirci equivarrà ad essere brutalmente massacrati.»
Non sapevo cosa rispondere. La verità era che la mia testa era già abbondantemente affollata di quesiti che non avevano ancora trovato il loro esito: ci mancava aggiungerne altri! Ero cosciente dell’imminente scontro fra i miei genitori ed i Rockefeller: quello era scritto nelle stelle, così come la caduta dell’Élite e l’estinzione della razza umana. Ciò che mi turbava era essenzialmente il motivo per cui allontanarmi dalla sede a Tempe: ero forse il tassello vulnerabile di un ambizioso progetto che i miei genitori mi avevano volontariamente oscurato? Ero forse un pericolo per l’efficacia del progetto, dati i miei precedenti con Christopher? E ancora: erano consapevoli, loro, del passato della loro devota figlia e dei rischi che avrei corso là fuori, in balia dei Viandanti? Dire di essere figlia dei Darcy non mi sarebbe bastato a cancellare tutte quelle esistenze caratterizzate da carestie, conflitti e miseria. Era un dato di fatto: ero appartenuta all’Élite ‒ e lo sarei stata sempre ‒ e gli altri avevano invece patito la fame, nei meandri più critici della Terra.
«Vi auguro, allora, una vittoria rilassante, senza tanti spargimenti di sangue. Ritengo che ci pensi già qualcosaltro, a quelli.», mormorai, fissando Christopher, ponendogli un’infinità di quesiti silenziosi. Mi amavi? Ci appartenevamo? Stai con loro? Una miriade di minuscoli frammenti mi inondò la mente di eventi già accaduti e di desideri futuri. Un giaciglio segreto, sotto una quercia incantata. Una notte piena di stelle e di meteore. Il calore di pelli a contatto; le vertigini elettriche di sguardi segreti; i brividi di carezze dimenticate. Il sigillo d’amore che mi avevano regalato quelle labbra proibite...che ora si stavano dischiudendo per parlare. E non damore.
«La specie umana non finirà mai di accanirsi l’una contro l’altra, signorina Darcy. La nostra estinzione è un evento che l’Élite non potrà mai evitare. Importerà solo il nome di chi ci ha provato e, chissà, se Dio vorrà, i meritevoli troveranno uno scampo. Agli altri, auguro una fine dignitosa, tra le braccia di Morfeo piuttosto che tra i vessilli del panico.»
Le parole, pronunciate da lui, sembravano meno dolorose di ciò che erano in realtà.  Tuttavia, la mia mente registrò e decifrò il messaggio in una manciata di secondi.  Christopher Rockefeller, fratellastro minore di Annette, si era definitivamente schierato. E non dalla mia parte.
Faceva male? Sì, diamine, che faceva male. Non avevo mai smesso di sperarci, in una sua sorta di conversione, che puntualmente non era mai avvenuta. Traditore.
Osservai impotente la sua sagoma sbiadita, probabilmente a causa delle lacrime che nel frattempo mi erano salite agli occhi offuscandomi la vista, e non riconobbi nulla di quel corpo. Era ormai estraneo, costituito di lineamenti simili a quelli del mio Chris, ma null’altro. Non era Chris. Chris non aveva gli occhi iniettati di sangue, né la rigida posa di un fante a cavallo, né tracce della crudele smorfia dei Rockefeller. Chris era morto, per me.
Annette esibì un sorrisetto soddisfatto: «Fratellino, non essere così pessimista. La rampolla dei Darcy è al sicuro, diglielo: non perirà. Perlomeno non subito. E decisamente non fra le braccia di Morfeo».
Avevo fatto i conti più volte con la spietata malvagità dei Rockefeller, ma non avevo mai desiderato fuggire tanto quanto in quel momento. I polmoni, che prima mi erano serviti per i bei respiri profondi, avevano esaurito tutto il loro ossigeno, bersagliati dalla crescente ansia che mi attanagliava lo stomaco. Fuggi. Era l’unico pensiero che il mio cervello riuscisse ad elaborare, in quel momento. Non avevo la mente strategica di mia madre, né quella brillante di mio padre. Avevano ragione i miei genitori, qualsiasi cosa pensassero: non ero fatta né per la guerra né per la politica. Devi andartene. Fuggire, più lontano possibile, e raggiungere la mia Marguerite. In un giardino di tamerici e di ginestre. Parasole ricamati e vezzosi che proteggono le nostre corone di capelli...Non sarebbe mai accaduto, non più. I Rockefeller minacciavano il mio futuro, ed io...
Fui salvata dal pronto intervento di Terence, che mi informò con tono formale e strascicato: «Signorina Darcy, il suo tè è pronto». Le parole, lente e metalliche, risuonarono come il suono delle campane della Cattedrale di Southwark, che sentivo al mattino quando abitavo a Londra. Sembrava quasi una metafora che indicava che qualcosa si stava evolvendo.
Quella era la parola d’ordine.
Quello era il momento di fuggire da lì.
 
 
 
 
Terence era morto. Io, piegata sopra di lui, l’avevo capito dal pallore mortale del suo volto, e dal putrido tanfo che cominciava ad emanare il suo corpo. L’elicottero era schiantato al suolo, come avremmo dovuto prevedere, poiché l’ossigeno della bombola destinata alla carburazione non era sufficiente. Non avevo neanche riflettuto sull’utilizzo dell’ossigeno come comburente, altrimenti avrei provveduto a donare un’altra delle mie bombole. Oh. Terence non mi aveva detto nulla a proposito proprio per questo motivo: era stato pagato per farmi rimanere viva, anche a costo di morire. E questo presupponeva cercare di risparmiare più ossigeno possibile per me. Pensai stupidamente che, mentre il mio vecchio amante era a Cambridge in attesa di vedermi morire al fine di vincere la sua guerra per questioni puramente personali, il mio servitore aveva dedicato ogni istante della sua vita allo scopo di proteggermi.
Sebbene gli sforzi di Terence, le bombole rimaste erano a malapena cinque, oltre quella che stavo già consumando, e sarebbero bastate esattamente per altre cinque ore. Mi toccava sbrigarmi a capire dove fossi e un modo collaudato per raggiungere una Zona. Oppure viaggiare come Viandante e morire nel giro di un paio di ore. Mi alzai da terra con un goffo scatto, spolverandomi gli indumenti, e raggiunsi barcollando le rovine dell’elicottero, dove giaceva il cadavere sanguinolento di Terence.
«Riposa in pace, Terry.» bisbigliai con la voce rotta dalla mestizia. Scavalcai il corpo, tentando di non gettare lo sguardo verso la pozza purpurea di sangue che si era venuta a creare attorno al mio vecchio amico quasi come se fosse un corredo di ali sanguinanti, e mi osservai intorno. Metà degli oggetti che avevamo portato nell’elicottero erano andati distrutti, incluse le zattere, i piccoli jet, le capsule spaziali ed il PC. Le frecce erano andate disperse quando la zip dello zaino si era aperta durante lo schianto.
Rimanevano solo due sacchi a pelo, una tenda da campeggio, quattro tramezzini, una bottiglietta d’acqua, una torcia non funzionante ed una balestra senza frecce. Perfetto.
Pensa, pensa, pensa. Potevo sempre attendere l’arrivo della Morte che, presto o tardi, si accingeva sempre a raggiungere le persone. Negli ultimi anni, ero rimasta stregata dalla vita dei Viandanti ‒ prima della Riduzione, certo ‒ che vivevano come nomadi in tutte le parti del mondo, rimanendo separati dalla popolazione delle Zone, dando prova di spirito di sacrificio o, chissà, di lungimiranza. Forse tutte le Zone erano destinate ad essere prima o poi distrutte, come previsto dal Progetto originale.
Conoscevo il Progetto originale poiché mia madre Nadine ne parlava spesso, a casa. Il Progetto originale prevedeva il pensiero del «Morire? Non oggi» e quindi ritardare il più possibile le aggressioni zombie nelle Zone. Era stato accantonato con il trascorrere dei mesi e con l’incremento delle morti e del malcontento generale. Numerose erano state le rivolte contro l’applicazione del Progetto originale, molto più numerose che quelle contro la Riduzione dell’Ossigeno. Nessuno sapeva spiegarsene la ragione, eccetto mia madre: i Rockefeller si avvalevano di spie dell’Élite per controllare perfino i civili delle Zone. Avevano preso la guerra molto più seriamente di quanto facessero le altre famiglie, questo era indubbio.
Importerà solo il nome di chi ci ha provato e chissà, se Dio vorrà, i meritevoli troveranno uno scampo. Mi lasciai sfuggire un urlo agonizzante, senza riuscire più a controllare i flussi di lacrime, che allora mi sgorgarono e mi rigarono le guance. Mostro. Christopher Rockefeller, colui che mi aveva giurato amore eterno sotto le luci del firmamento, era un mostro e mi avrebbe odiato a vita, proprio come faceva la sorellastra da anni. Christopher Rockefeller era stata soltanto una lieve, opaca ombra nella mia vita, e nient’altro più di questo. Un fantasma del passato, destinato a rimanere tale, come una candela immobile in un granaio che brucia.
Christopher Rockefeller sarebbe stato lo spettro della mia esistenza, che aveva ripudiato le sue stesse silenti promesse d’amore a favore del potere politico che la sua famiglia aveva anelato sin dalla loro ascesa come membri dell’Élite. Christopher Rockefeller avrebbe presto preso Greta Bradley, migliore amica della sorellastra, come moglie, stringendo giuramenti non molto differenti da quelli che aveva stretto con me, però ufficiali ed infrangibili. Quanto a Mackenzie Darcy, cosa c’era di «infranto» in lei? Una risatina mi comparve a fior di labbra, riflettendo su quello: avrei potuto scriverci tre papiri interi di geroglifici, a riguardo. Il cuore che aveva furiosamente palpitato per un traditore della sua causa, la logica che aveva rinnegato quell’amore ma che si era abituata all’idea di una fuga contro il tempo e contro le loro fazioni per lui, i valori che avevo abbracciato quando il mondo in cui ero vissuta si era improvvisamente ribaltato, le promesse del mio Christopher quando eravamo ancora uniti sotto il suggello delle costellazioni, il servizio da tè di mia madre, le tazze di vetro che mi aveva regalato Marguerite anni prima quando frequentavano il college ad Oxford...Da quanto tempo non vedevo Marguerite! Con ogni probabilità, era stata spedita nella zona 1 insieme a tutti gli altri benestanti non appartenenti alla classe dell’Élite. Poi mi ricordai che la zona 1 era stata recentemente bombardata dagli zombie. La mia unica amica era probabilmente stata distrutta insieme a circa tre centinaia di persone. Fantastico.
Volevo urlare di nuovo, ma mi mancò la voce. Ero disgustata da me stessa.
 Ero stata tradita da un uomo: mia madre mi avrebbe volentieri deriso con nonchalance e distacco. Questo, ovviamente, se non avesse saputo l’identità del misterioso ragazzo. In caso contrario, mi avrebbe di certo cacciata di casa, sicura che fossi stata manipolata a rivelare i piani della famiglia o che li avessi senz’altro traditi. Invece, Chris non mi aveva mai pressata: una delle cose che ripeteva spesso era: «Siamo ciò che mostriamo quando non abbiamo paura dell’oblio dei segreti». Un vero poeta. Un vero traditore.
Un respiro più affannato mi interruppe bruscamente dalle mie metodiche riflessioni. La bombola numero cinque si stava esaurendo. Tornai dentro l’elicottero e cercai smaniosamente una delle bombole ancora intatte. Mi recai sul sedile anteriore e vi trovai, invece, un biglietto. Destinato a “M.D.”.
 
Cara Mackenzie Sophie Darcy,
Ho voluto scrivere il tuo nome completo perché ne ho nostalgia, negli ultimi tempi. Il tempo che ci è concesso insieme è sempre più limitato e, se il piano avrà funzionato, adesso sarai ad Edimburgo, sana e salva. Cerca l’indirizzo degli Hawthorne: saranno più che onorati di ospitare una Rivoluzionaria come te.
Amore mio, ci sono molte cose che non ho potuto raccontarti. Per esempio, dei recenti fallimenti di tuo padre. Come ben sai, è stato vittima di molte congiure e non è riuscito a sventarle tutte. Siamo in crisi, tesoro. Dobbiamo combattere con tutte le nostre forze e proteggere chiunque abbia bisogno di essere protetto. Compresa tu.
Essendo una Hazlitt di ceto piuttosto agiato, mi sono sempre sentita in causa in questioni di politica. Mi sentivo pronta, capisci? Avventata, ribelle, potente: un po’ come la giovane rampolla dei Rockefeller, Annette. Devo ammettere che ci somigliamo un bel po’, io e quella. Entrambe accecate dalla brama per il potere.
Tu non sei così. Sei diversa da me e perfino diversa da Eleanor Rockefeller, la più disinteressata al potere. Tu vedi le cose per come sono, non come vuoi vederle. Sei quella adeguata alla politica.
Ho iniziato come giovane amante di Peter Landan, lo stesso tizio che adesso frequenta Annette. È per questa ragione che non mi sono sconvolta quando ho appreso la notizia: per le donne di politica, è il partito più abbordabile e prestigioso a cui si possa aspirare.
La differenza è che io non ero promessa a nessuno. Facevo il mio dovere, sperando che il mio cliente mi riempisse di nomine sublimi o numerose pubblicità. Ero bella, promettente, ricca.
Uno di quei giorni, incontrai tuo padre. Era affascinante e galante. Diverso dalla gente che ero abituata ad incontrare in quel periodo. Sapeva della mia situazione, tuttavia mi prese sotto la sua protezione ed iniziai ad uscire con lui.
Gli Hazlitt erano vecchi collaboratori internazionali dei Drayton, e perciò avevano una spontanea inclinazione conservatrice. Tuttavia, tuo padre riuscì a farmi cambiare idea e a convincermi a sostenerlo nel suo Progetto. Ciò che sto facendo ancora oggi.
Il Progetto consiste in proiettili e frecce non ancora sul mercato, che però sono risultate efficaci su vari esemplari di mostro. Sono temperate in litio e tecnezio, e sembra che funzionino. Sotto alla botola d’emergenza, troverai tutti i rifornimenti ‒ comprese le bombole.
Se non sei arrivata a destinazione, mettiti in marcia. Scappa. Sopravvivi.
So che farai la cosa giusta, in qualunque posto tu sia.
Fai in modo che lottino per noi.

 
Con affetto,
Tua madre, Nadine

 
Echi dei pensiero iniziarono ad addensarsi nella mia mente. Non cè tempo, mi dissi. La botola.
Iniziai a tastare il freddo e ruvido pavimento con le dita, alla ricerca del meccanismo che sapevo esserci. Non appena avvertii al tatto un piccolo rigonfiamento, premetti con i polpastrelli e la botola si aprì.
Mi concessi mezzo minuto di sano stupore, alla vista di quel ben di Dio, dopodiché raccolsi le armi in dotazione e tutte le bombole di ossigeno disponibili. Osservai la landa desolata su cui ero atterrata, e provai una fitta di fastidio. Il paesaggio, pittoresco quanto solitario, offriva alla mia indagine quella che sembrava una costa isolata costellata di scogliere e montagne. Il cielo, color cobalto, era denso di una brezza invernale, che mi penetrava le ossa, facendole tremare. Non si trattava certo dell’Arizona, questo era sicuro. L’ambientazione geografica mi rammentava più che più le fotografie che aveva scattato Marguerite durante il mio viaggio sulle Highlands scozzesi. Sì, probabilmente mi trovavo in Scozia. Ma non ne ero certa. Non mi restava altro che camminare e scoprirlo.
   
 
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