Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |       
Autore: Mistral    18/04/2009    2 recensioni
Spesso è il Conte ad approfittare delle tragedie umane per creare i suoi akuma, ma a volte è proprio da queste tragedie che nascono gli apostoli che ne decreteranno la fine...
[Speculazioni sul passato di Yu Kanda][Non tiene conto delle rivelazioni della Night 186 e seguenti]
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yu Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedicata al mio fratellino

Dedicata al mio fratellino

Avrei voluto pubblicarla per il tuo compleanno,

ma purtroppo l’ispirazione non ha collaborato…

Ti voglio bene!

 

 

SIK

Lost & Found

 

 

Part I

 

Sangue e spade e urla e morte… visioni troppo orrende per chiunque, anche sotto il sole tiepido di aprile, mentre il vento stacca dai rami i petali di ciliegio e li fa cadere sul terreno insanguinato, purezza rosa che si macchia di cruento carminio.

E un bambino di forse sei, sette anni, con il kimono sporco e strappato, immobile in mezzo al massacro, gli occhi vitrei spalancati sull’orrore, guarda senza più parole, non trovando un perché a quello che è successo. Tutto attorno a lui ora tace, non c’è più nemmeno lo stormire delle fronde a riempire il silenzio di morte che si è creato: adesso che loro se ne sono andati, nel villaggio non c’è più anima viva, ci sono solo lui e quell’uomo con quella strana croce.

 

Il bambino è in piedi, sulla veranda ingombra di cadaveri. Ce ne sono tanti attorno a lui: cadaveri di mostri deformi e spaventosi che gli sono comparsi davanti all’improvviso, quasi squarciando dall’interno i corpi degli uomini che lo stavano assalendo.

Il bambino è in piedi, sulla veranda ingombra di cadaveri. Impugna una spada troppo grande per lui, grondante sangue denso e nero, che cola lentamente a terra, scivolando sulla lama ricurva, corrosa dal tempo. Eppure, tra le sue mani quella katana rovinata è divenuta un’arma letale, quasi dotata di vita propria e il piccolo spadaccino si è come sentito guidare da lei mentre combatteva contro quei mostri.

Il bambino è in piedi, sulla veranda ingombra di cadaveri. Alle sue spalle la parete della casa è sfondata e la stanza completamente a soqquadro. Il prezioso sostegno d’ebano della spada è spezzato in due e rovesciato sul tatami, accanto il fiore di loto che il maestro teneva sempre in una ciotola, miracolosamente intatto, i suoi petali bianco latte schizzati di sangue.

 

Il vento scompiglia appena i capelli del piccolo e gli agita la cintura del kimono; null’altro in lui si muove: neppure un battito di ciglia, nemmeno quando l’altro gli si avvicina. L’uomo ha circa trent’anni e l’aria un po’ trasandata, ma non cattiva; anche lui ha gli abiti sporchi di sangue e un po’ di fiatone – si è battuto con tutte le sue forze contro quei mostri che hanno assalito il dojo, nonostante lì non conoscesse nessuno.

Avanza lentamente verso il bambino, sorridendogli per non spaventarlo, ma questi non dà neppure segno di vederlo. Nei suoi occhi non c’è più traccia di emozione, sembrano liquidi, come se trattenessero in sé tutte le lacrime che il piccolo non riesce (o non vuole?) versare. Si ferma a qualche passo di distanza, senza salire sui gradini della veranda, e rimane immobile cercando inutilmente di catturare lo sguardo del ragazzino.  Poi allunga lentamente la destra per instaurare un qualche contatto con lui.

 

“Sei stato davvero bravo, ometto. Ma adesso rilassati, è tutto finito… io sono Froi Tiedoll, tu come ti chiami”?

 

Nessuna reazione, come se le sue parole fossero state portate via dal vento; l’uomo, preoccupato, scuote appena la testa, ma poi si fa attento quando vede la katana tremare leggermente nella piccola mano e le iridi chiare allargarsi, come se il bimbo d’istinto avesse percepito un pericolo imminente.

Quando anche Tiedoll intuisce la minaccia, si getta verso di lui, ma non ha nemmeno il tempo di lanciargli un avvertimento che una lama gli trapassa il petto, e subito ne viene estratta dall’akuma che la manovra. Il piccolo spalanca le labbra in un grido senza voce e le gambe gli cedono, mentre lascia la presa sulla spada. 

Rapidamente l’esorcista conficca nel terreno lo scalpello che porta alla vita e lo colpisce con forza.

 

“Maker of Eden, attivazione! Art!”

 

Un rigoglioso albero, avvolto da una luce biancastra, germoglia in pochi istanti alle sue spalle e da esso si forma un gigantesco burattino, che il generale manda ad occuparsi dell’akuma sopravvissuto. Lui invece vuole prendersi cura del bambino, cercare di fare qualcosa per lui, anche se deve ammettere che teme per la sua vita. Il piccolo è inginocchiato a terra e respira pesantemente, un rivolo di sangue che gli cola dalla bocca.

Tiedoll gli si accosta e accenna a prenderlo per le spalle per farlo sdraiare ma, prima che possa fare il minimo gesto, viene investito da un’esplosione di sangue proveniente dal petto del piccolo. Preoccupato, gli scosta il kimono e, all’altezza del cuore, vede scurirsi un simbolo tracciato sulla pelle chiara, una sorta di tatuaggio. Quello strano segno sembra brillare di luce propria, quasi fosse vivo… fa distendere a terra il bambino, che ora ha perso completamente conoscenza, e gli apre la casacca, osservando allibito la ferita aperta dalla lama del mostro rimarginarsi lentamente.

Tiedoll non sa cosa pensare: un momento prima, quando aveva visto il piccolo venir quasi manovrato dalla sua spada e abbattere gli akuma che lo assalivano, non aveva avuto dubbi che si trattasse di un’Innocence che aveva trovato il suo compatibile.

Ora però non sa come spiegare questo fenomeno, cui si aggiunge un dettaglio incomprensibile e per certi versi inquietante: quando l’esorcista alza gli occhi, vede infatti il fiore di loto dai petali insanguinati rilucere dello stesso sinistro bagliore del tatuaggio sul petto del ragazzino, il quale ancora giace  incosciente con il capo sulle sue ginocchia.

Riporta lo sguardo sul piccolo, sulla sua pelle chiarissima, ora perfettamente intatta sotto lo sporco e il sangue rappreso, e sul suo viso dai tratti così delicati, quasi femminili. Il tatuaggio sul suo petto ha smesso di brillare, così come il loto, e il suo corpo è scosso da lievi movimenti e contrazioni involontarie dei muscoli: sta riprendendo conoscenza e probabilmente il dolore comincia a farsi forte, adesso che la tensione si è sciolta.

 

“Ehi, riesci a sentirmi?”

 

Gli accarezza delicatamente la fronte, scostandogli dal viso la lunga frangia scura, che il sangue e il sudore hanno appiccicato alla pelle; subito però il bambino spalanca gli occhi, ora non più liquidi, ma freddi come il ghiaccio, e con un movimento rapidissimo si tira su e si allontana da lui, puntandogli contro la spada. Ha il respiro affannato e non riesce ad alzarsi in piedi, ma nello sguardo con cui fissa Tiedoll non c’è una briciola del tremore (dovuto forse alla fatica) con cui pure impugna la katana: sembra una giovane pantera ferita, pronta a tutto per difendersi dai cacciatori.

L’esorcista lo guarda allibito: non si aspettava una reazione del genere, ma soprattutto è rimasto colpito dalla velocità dei suoi movimenti. Alza entrambe le mani, per dimostrargli che non ha intenzioni ostili e nel frattempo allunga lo sguardo dietro le sue spalle, per accertarsi che non ci siano altri akuma in agguato.

 

“Calmati, ragazzo mio: non c’è alcun bisogno di puntarmi contro la spada. Non voglio farti del male…”

 

Il bimbo sembra non sentirlo nemmeno. Non abbassa la katana, né stacca gli occhi da lui, pur continuando a far saettare lo sguardo attorno, per tenere sotto controllo la situazione: è visibilmente spaventato, di questo l’esorcista se ne rende conto, e la cosa lo addolora. Tiedoll prende un respiro profondo, cercando le parole adatte per spiegarsi, ma il piccolo lo previene.

 

“Chi sei? Cosa vuoi da me?” Il tono è deciso, sebbene la voce sia debole, come se avesse urlato tanto da non avere più forza di parlare.

 

Il generale ignora senza fatica la palese ostilità e diffidenza che sente irradiarsi dal ragazzino: è abituato a trattare con i bambini e sa quanto sia difficile conquistarsi la loro fiducia. E con lui non sarà diverso, anzi, sarà forse un compito ancora più arduo, visto cosa gli è capitato. Sorride di nuovo e si sistema i grandi occhiali rotondi.

 

“Mi chiamo Froi Tiedoll e sono un generale della Dark Religious. Sono in missione per cercare delle persone speciali che siano in grado di usare un’arma molto potente, chiamata Innocence… e, da quel che ho visto, tu sei uno di loro. Posso sapere il tuo nome?”

 

L’uomo si rende conto, con una punta di soddisfazione, che il bimbo ha seguito con un certo interesse il suo discorso. Lo vede alzarsi in piedi, un po’ insicuro sulle gambe, e abbassare appena la spada. Stringe gli occhi e lancia uno sguardo di sfuggita al burattino bianco alle spalle dell’esorcista, ma la sua espressione non si rilassa minimamente. Tiedoll deve riconoscergli che ha un carattere davvero forte: un qualunque altro suo coetaneo (e non solo) al suo posto sarebbe già crollato.

 

“Questa… Innocence di cui parli… a cosa serve?”

L’esorcista abbozza un sorriso. “È un po’ complicato da spiegare. Comunque, per farla breve, possiamo dire che serve per distruggere delle creature chiamate akuma…” davanti all’occhiata poco convinta del bambino, aggiunge riluttante “I mostri che ti hanno attaccato, quelli erano tutti akuma”

 

A quelle parole, il ragazzino stringe la presa sull’elsa della katana e la consapevolezza di quel che è accaduto, forse troppo atroce per essere già interamente presente ai suoi occhi, si fa strada prepotente in lui, contraendogli i lineamenti in una smorfia dolorosa, repressa a fatica.

Vedendolo in quello stato, Tiedoll vorrebbe far cadere quel discorso (non ritiene che il piccolo sia pronto a parlare del massacro da cui è appena scampato), ma per rispetto alla determinazione e alla forza che gli legge nello sguardo, continua a spiegare.

 

“L’Innocence è un’arma potente, ma molto esigente: sono pochi quelli che la possono utilizzare e comunque anche un compatibile deve faticare per imparare a dominare la propria Innocence. Ecco, guarda, la mia è questa…” Muovendo appena lo scalpello, fa avvicinare l’enorme burattino bianco al bambino, il quale per tutta risposta gli punta contro la spada.

“Io non voglio combattere con questi cosi!”

 

Quella risposta stizzita prende il generale in contropiede; una mezza risata maschera la sua sorpresa per la reazione del piccolo e la constatazione ammirata di trovarsi di fronte ad un ragazzino eccezionale: non aveva mai incontrato nessuno che alla sua età non fosse rimasto affascinato dai suoi burattini.

 

“Ma tu non dovrai utilizzarli” lo rassicura con un sorriso “Loro sono la mia Innocence…” aggiunge poi, disattivando il Maker of Eden e risistemandosi lo scalpello alla cintura “…la tua, a quanto ho potuto vedere, risiede nella tua spada e sarà con quella che combatterai”

 

Quando Tiedoll tace, si aspetta che il bimbo sia felice di sapere che potrà continuare ad utilizzare la sua katana. Invece lui lo sorprende di nuovo, oscurandosi in volto e scuotendo la testa. Alza la spada davanti a sé e la fissa con quei suoi occhi di ghiaccio, induriti da un dolore troppo grande per i suoi pochi anni.

 

“Questa spada non è mia” lo informa poi, con un tono che vorrebbe essere neutro ma che non riesce a celare un sottofondo indefinibile, tra il rammaricato e l’angosciato “È del maestro e lui ha sempre proibito a chiunque di usarla, quindi non posso tenerla”

“Ma lei ha scelto te” replica pacato l’esorcista “Vuole che sia tu ad impugnarla in battaglia. E sono certo che anche il tuo maestro lo vorrebbe, perché era un uomo saggio”

 

Forse è quel verbo al passato che sottintende una realtà troppo dura da accettare, o forse semplicemente i troppi riferimenti a quel maestro che il bambino potrebbe aver visto morire davanti ai suoi occhi – questo Tiedoll sa che non lo saprà mai, ma di certo anche la resistenza pur notevole del piccolo sta per spezzarsi. Lo vede stringere i denti e tremare, poi di scatto si gira e inizia a correre verso l’edificio principale.

Il generale lo segue, pur senza sforzarsi di raggiungerlo, costringendosi a stare un passo indietro anche quando il ragazzino, chiaramente sotto shock, tenta ossessivamente di rimettere in piedi, al suo posto sull’armadietto, il supporto d’ebano della katana, spezzatosi in due durante l’attacco degli akuma. Ma le mani gli tremano troppo e i frammenti mancanti, sparpagliati sul tatami, fanno il resto.

Alla fine riesce in qualche modo nel suo intento, ma quando prova a posare la spada sul palchetto, dopo avervi collocato accanto anche il loto, la fragile struttura cede di nuovo, trascinando a terra sia la katana che il fiore.

Il bambino assiste sgomento, non trovando più la forza fare nulla; rimane immobile per qualche istante, poi fulmineo colpisce con un calcio l’armadietto in legno, sfondandolo completamente. L’uomo a quello scatto d’ira sussulta e accenna ad abbracciare il piccolo per calmarlo, ma questi rovescia indietro la testa, lasciandosi andare ad un urlo straziante e all’apparenza interminabile, che gela Tiedoll sul posto per il carico di angoscia che porta con sé.

Quando la voce lo abbandona, il suo grido si trasforma in un lamento sommesso e infine il ragazzino sembra calmarsi. L’esorcista gli posa delicatamente una mano sulla spalla e cerca di confortarlo, sorridendogli rassicurante.

 

“Ora basta, giovanotto… lo so che è dura, ma devi…”

“Cosa ne vuoi sapere tu?!”

 

Tiedoll vorrebbe provare a rispondere, ma le parole gli muoiono sulle labbra di fronte a quella replica rabbiosa del bambino e all’occhiata agghiacciante che gli lancia subito prima di scappare via, portando con sé la katana, l’unica cosa in questo mondo di cui sembra gli importi ancora.

Il generale tira un profondo sospiro, però non accenna a seguirlo: è palese che il piccolo sta negando con tutte le sue forze quello che pure è sicuramente ben chiaro anche ai suoi occhi, e che in questo momento vuole stare da solo. L’esorcista adesso può soltanto aspettare che il bimbo si calmi e che gli permetta di farsi aiutare a superare quel trauma.

Tiedoll si alza in piedi spolverandosi la veste e scuote la testa.

Nel frattempo, la cosa migliore che può fare è cercare di cancellare il più possibile i segni della carneficina: anche quello potrebbe essere un modo per dare una mano al ragazzino.

Lo sguardo gli cade sul loto insanguinato, ancora perfetto come se fosse stato appena raccolto, nonostante ormai da qualche ora non sia più immerso nell’acqua. Quel fiore ha qualcosa di strano, l’esorcista ne è convinto. E poi quel bagliore che l’ha avvolto mentre quell’altrettanto strano tatuaggio sul petto del bambino gli salvava la vita… quando lo raccoglie da terra con delicatezza, uno dei petali, colorato interamente di rosso dal sangue del piccolo spadaccino, si stacca dal loto. Il generale lo osserva cadere disegnando una lenta spirale nell’aria e rinsecchire non appena toccato il tatami: sì, decisamente non si tratta di un fiore qualsiasi. Lo poggia con attenzione su quel che rimane dell’armadietto e inizia a riordinare il dojo devastato.

 

 

 

 

Sik è il nome del simbolo  tatuato sul petto di Kanda che, nella religione induista, è uno dei quattro mantra principali.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Mistral