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Autore: suinogiallo    19/04/2009    1 recensioni
Una raccolta di miei racconti brevi, tristi, allegri, senza senso, scritti in poche ore o in molti giorni ma tutti con una cosa in comune, nati di Notte quando la mente inizia a vagare per conto suo e vengono le idee più strane.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi.
La luce led del monitor vicino al mio letto lampeggia ritmicamente mentre altre luci, dietro, creano qualche ombra.
E' ancora notte, al diavolo, che ore saranno?
Spero non le due. Di solito se mi sveglio a quell'ora poi non c'è verso di riprendere sonno che alle cinque.
Con una mano cerco gli occhiali, poi, dopo averli inforcati schiaccio un tasto del mouse per far svegliare anche lui. Diamine, se sono sveglio io deve esserlo anche lui.
Rapidamente riprende vita, si illumina, e insieme a lui anche il monitor si riaccende.
Le tre e trenta.
Non sono le due almeno.
Rimango abbagliato per qualche secondo dalla vivida luce bianca dello schermo. Socchiudo gli occhi infastidito e attendo che le pupille, fino a quel momento dilatate per cercare di catturare più luce possibile si stringano per permettermi di guardare lo schermo senza fastidi.
Come se non bastasse le lenti degli occhiali sono anche un po' sporche. E' il problema di quando ci si addormenta con gli occhiali sul naso e nel dormiveglia, poi, ci si li toglie lasciando delle belle ditate sulle lenti.
Non mi va di pulirli però e, lasciando il tempo alla natura di fare il suo corso attendo che la luce non mi dia più fastidio e, finalmente, posso dare uno sguardo alla posta.
Mi piace a volte mettermi a lavorare di notte, quando il sonno tarda a venire o ormai se ne è andato.
E' tranquilla. Tranne il placido ronzare delle ventole del computer non si sente nulla. Non c'è traffico sotto casa, non ci sono vicini che urlano o bambini che provano a suonare i bonghi, non c'è nessuno che ti disturba.
E' il momento migliore per creare.
E finito di leggere la posta, se il sonno non dovesse tornare, penso che, quasi quasi, due o tre pagine provo a buttarle giù.
Poco prima di addormentarmi mi era balenata una mezza idea per un racconto breve. Butto giù le prime pagine e poi vediamo se gira.
Però, potrei anche provare a vedere se riesco a riprendere sonno. Me lo dico mentre con la freccia del mouse sono già su "Nuovo" sul menù di Google Document. Come se non mi conoscessi.
Se mi sono svegliato è perché il sonno ormai se ne è andato e qualunque tentativo di farlo tornare è destinato a fallire.
Almeno fino alle sei di mattina quando proditoriamente torna a farsi sentire.
Sto per cliccare su "nuovo" quando avverto qualcosa.
Non è la mia immaginazione. Sto ondeggiando.
Una scossa di terremoto.
Istintivamente guardo l'orologio sulla barra di win seven, poi andrò a controllare sul sito dell'INGV per vedere se me la sono solo immaginata. Le tre e trentadue. Mentalmente registro l'ora.
Non c'è panico o paura. Poche ore prima ne avevo sentito un'altra, qualche secondo di ondeggiamento e alla via cosi. Anche se dove abito non c'è mai stato un terremoto di qualche rilevanza, almeno che io sappia, a qualche scossetta ogni tanto sono abituato. Si, quello del 1703 si era fatto sentire, ma successivamente non c'era stato nessun sisma che aveva fatto danni. Per questo presto attenzione a quei primi secondi e tranne l'appunto mentale di andare a vedere poi dove si era verificato - probabilmente dalle parti dell'Aquila, anche la scossa di poche ore prima partiva da li - archivio subito la pratica.
Tutto questo dura pochi attimi.
L'ondeggiamento invece no.
Non dura pochi secondi come la scossa di prima.
Continua.
Ed aumenta.
Cazzo, aumenta!
L'ondeggiamento aumenta.
Se all'inizio era quasi un dolce cullare adesso è come se qualcuno mi stesse scuotendo il letto con violenza. Il monitor inizia ad ondeggiare.
Non sembra volersi fermare.
Primo pensiero. Mi alzo e scappo. In mutande e calzini. Scappo!
Secondo pensiero. Dove cazzo scappo?
Abito al terzo piano, ora che sono arrivato alla porta, che ho trovato le chiavi, che ho aperto la serratura blindata e che provo a scendere le scale o è tutto finito o è tutto crollato! In ogni caso tentare la fuga è inutile.
Rimango fermo a letto.
Se solo anche il letto rimanesse fermo. Sarebbe già un bel passo in avanti.
Quanto tempo è passato?
Sembra che tutto rallenti. Pochi secondi ma sono lunghi come minuti.
MA QUANDO SI FERMA!
Solo pochi minuti prima stavo dormendo e adesso sto pensando che questa volta non la racconto.
E' forte. Maledettamente forte. Maledettamente vicina. Maledetta e basta.
Mi aspetto di sentire da un momento all'altro il rumore di pareti che si lacerano, di mattoni che crollano. Ed inizio a sentire lo scricchiolio del legno.
Brutto segno! Dannatissimo brutto segno.
Non l'ho mai sentito! E' un rumore che non avevo mai sentito.
I mobili che ho in camera sono duri. Antichi. Legno vero, pesante, che solo per spostare il comò, quella volta che mi ci era caduta una cosa dietro, l'abbiamo dovuto fare in tre persone.
Quanto diavolo deve essere forte per far scricchiolare un mobile del genere?
Dio santissimo, ma quanto dura?
Quanto può oscillare un palazzo prima che perda stabilità?
Quanto può reggere un pilastro di cemento?
Quante possibilità ho di salvarmi se crolla tutto?
Quanta gente starà morendo in questo momento? No, questa non è una domanda che mi sono fatta.
Egoista probabilmente. Ma in quel momento non mi frega di nient'altro che del sottoscritto.
Sta durando davvero troppo.
Il palazzo non può reggere a lungo.
Immagino che si stia inclinando paurosamente.
Siamo probabilmente vicini al punto di non ritorno. Al prossimo ondeggiamento non riuscirà più a tornare dritto e inizierà a disfarsi come un castello di carte.
Si è fermato!
Fottuto bastardo! Si è fermato!
Suonano le sirene degli allarmi, un po' di trambusto fuori, ma si è fermato.
E' passato e sembra che tutto sia ancora al suo posto.
Riprendo a respirare normalmente. Il cuore è ancora un po' accelerato ma anche lui tra un po' smetterà di correre.
Ma soprattutto è tutto finito e sono ancora a casa mia, o meglio, c'è ancora casa mia!
Sono le tre e trentatré.
Mi alzo e vado a bere. Il sonno è passato del tutto e quindi tanto vale che mi faccia anche un caffè.
Aspetterò di vedere dove è stato e l'intensità, poi proverò a rimettermi a dormire. L'appuntamento con una nuvoletta ed un'arpa e stato rimandato a data da destinarsi.
Certo che è stato bello forte comunque!
Accendo il televisore in cucina mentre attendo che il caffè sia pronto. E' troppo presto per avere notizie. Per le prime breaking news occorre aspettare ancora un po'.
Mi prendo il caffè e mi rimetto a letto.
Vediamo i sismogrammi in tempo reale. Bella botta davvero.
I primi dati, zona Aquila, magnitudo 5.8 richter. Qualche danno lo ha fatto. Però l'Aquila è zona sismica, se non mi sbaglio addirittura zona 1, li le case saranno tutte antisismiche.
Le prime notizie sono incoraggianti. Si segnala solo qualche crollo. Forse una o due vittime.
La paura provata prima lentamente scema.
Le notizie sono ancora frammentarie però, mi dico, non è stato cosi tanto forte. Si, lo si è sentito bene perché siamo vicini, ma non può aver fatto tanto danno.
Le case antisismiche queste scosse le reggono. E vuoi che li non abbiamo costruito con criterio?
E' quasi l'alba quanto le notizie si fanno più precise. Crolli. Parecchi. Danni anche all'ospedale, ed una via. XX settembre. Questo nome risuona parecchie volte. E risuonerà ancora per molto mentre arrivano le prime immagini...

Sono trascorsi parecchi giorni. Chi era li parla di strade ridotte come se si fosse a Beirut e ringrazia chi gli ha costruito casa. Alcune hanno retto e chi ci abitava è riuscito a scappare.
Altri non sono stati cosi fortunati.
Descrivere la paura di quel momento è difficile. Soprattutto per chi, come me, era a sessanta chilometri ed ha pensato che stava per finire tutto.
Quel senso di impotenza, di insicurezza, quel rendersi conto che il posto che si reputa più sicuro al mondo, la propria casa, non è nulla, tutto questo non è facile da descrivere.
L'immaginare che una cosa cosi dura, immobile, inamovibile come il suolo che ogni giorno calpestiamo si può muovere come se fosse fatto di pasta frolla è ancora più arduo. E si sta li a pensare ma come fa?
Sappiamo come fa. Come sappiamo che le stelle cadenti sono pezzi di roccia che si incendiano entrando nell'atmosfera. Ma è più poetico starle a guardare e esprimere un desiderio.
Sappiamo perché la terra si muove, ma quando lo fa tutto questo è inutile. A cosa serve se poi quell'angolo tutto nostro, che arrediamo con cura o che riempiamo di libri, viene sbatacchiato come se fosse di carta velina.
Non voglio dedicare questa storia a nessuno.
Voglio solo sperare che quello che è successo possa insegnarci qualche cosa. A noi, a chi in futuro costruirà le case dei nostri figli e dei nostri nipoti, agli uomini e alle donne che vivono e che vivranno in questa terra.
Alla terra non si può insegnare nulla, agli uomini molto.



Nota dell'Autore

Sono stato molto indeciso se scrivere questa storia o meno.
Non me la sentivo.
Irrazionalmente avevo paura che se avessi messo mano a questa storia ci sarebbe potuta essere una nuova scossa, anche più violenta. Irrazionalità pura!
Per questo ho atteso parecchi giorni e, quasi per esorcizzare quella paura ho scritto la prima riga alle tre e trentadue di notte andando avanti poi fino alle sei di mattina, quando ho scritto l'ultima riga.
Di solito in questo spazio cito le fonti da cui ho tratto ispirazione, se ci sono riferimenti o citazioni. Questa volta no.
Penso sarebbe inutile.

Hasta Luego
   
 
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