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Autore: suni    20/04/2009    10 recensioni
Quando si sta per scegliere un coinquilino, bisognerebbe starci attenti. Sasuke Uchiha, per puro dispetto verso il fratello Itachi, trascura questa regola elementare della convinvenza. E quando l'esimio nessuno Naruto Uzumaki gli piomba in casa, la vita gli si capovolge. E quella di Naruto con la sua.
“E chissenefrega!” ringhiò Sasuke, gelido. “Non me ne importa proprio un fico secco di chi sarà quel tizio, perché tanto non gli rivolgerò la parola nemmeno per errore,” affermò, con sprezzo. “Anzi, sai che ti dico, il primo che telefona lo scelgo, parola d’onore!” aggiunse, fosco e stizzito.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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II : Il Principe e il povero

 

 

 

La telefonata l’aveva messo di cattivissimo umore. Era abituato, purtroppo, a non essere trattato molto bene, ma c’era un limite a tutto e il fantomatico Sasuke Uchiha l’aveva ampiamente superato. La sua boria e la sua arroganza erano stati talmente scandalosi che c’era mancato poco che Naruto non scagliasse a terra il cellulare e lo pestasse fino a farne briciole. Poi, circa due secondi dopo, aveva lanciato un barrito per sfogare la collera e stabilito istantaneamente di trovare comunque la dimora incriminata, per spaccare la faccia di quel cretino come meritava. Per quello, e per l’annuncio che parlava di una “bella villa signorile, ampia e ariosa, con vasto parco” in cui c’era “una stanza libera in affitto per giovane studente “. Per giunta, si trattava di “dimora in proprietà, prezzo trattabile, precedenza alla sintonia tra i coabitanti (maggiori informazioni sul posto).

L’ideale per uno squattrinato estroverso e attaccabottoni come lui, che non aveva mai avuto problemi a fare amicizia con chiunque gliene avesse fornito la possibilità. Non aveva molta scelta, comunque, perché i liquidi a sua disposizione erano veramente esigui. Potevano bastargli giusto per una topaia, in alternativa, e il vecchio Jiraiya di sicuro non sarebbe stato d’accordo.

Per questo, mentre seguiva lo sconosciuto che l’aveva introdotto al cancello, Naruto esitava tra il prendere immediatamente tale Sasuke a pugni non appena l’avesse avuto di fronte, cosa che aveva davvero molta voglia di fare, e il cercare invece di vedere se poteva cavarne qualcosa di buono, cosa che sarebbe stato saggio fare.

“Io sono Itachi,” lo informò intanto l’estraneo, atono. “Il fratello maggiore. Quello che si trasferisce.”

“Tanto piacere,” borbottò Naruto, incerto. Quel tizio aveva qualcosa che metteva in soggezione. Forse l’espressione seria, o quello sguardo di chi non ha vita facile. “Uzumaki Naruto.”

E Itachi, incomprensibilmente, accennò un sorriso.

“Già. Il primo aspirante,” commentò, e gli parve sornione.

Che casa di matti.

Il giardino era grande proprio come preannunciato, non molto curato ma verdeggiante e ricco. E la casa era una favola: imponente, ma non ostentata, aveva l’eleganza discreta e sobria delle grandi magioni di campagna.

“Wow,” mormorò Naruto, saltellando sui gradini che conducevano alla porta d’ingresso.

E quella si spalancò in quell’esatto momento, sotto lo sguardo curioso e avverso del ragazzino. Nello spazio ritagliato dagli stipiti comparve la sagoma longilinea e riottosa di un adolescente pallido, alto – più di lui, se non altro - e slanciato. Naruto lo scrutò con antipatia: Sasuke Uchiha, se quello era, se ne stava fermo in posa arrogante, fasciato in un paio di ampi e cadenti pantaloni neri e una camicia azzurra fintamente trasandata che dovevano essere usciti su misura dalle mani sapienti di un sarto. Il figlio di papà incrociò le braccia al petto senz’ombra di un sorriso, con le labbra sdegnosamente assottigliate sotto un nasetto snob che puntava in aria e due sterminati occhi neri che lo osservavano freddi, con spregio.

Naruto decise immediatamente che, se per caso fosse andato a vivere lì, gli avrebbe spezzato almeno un braccio entro tre giorni. Due giorni, se Sua Maestà si fosse mai abbassato a rivolgergli la parola.

“Naruto, mh?” esordì appunto il Granduca, quasi con disgusto.

UN giorno, constatò Naruto sicuro.

“Sas’ke,” rispose con tono altrettanto amichevole.

Itachi si schiarì la voce.

“Vogliamo accomodarci? Naruto intende visitare la casa,” annunciò spiccio.

E il diretto interessato si tolse la bella soddisfazione di vedere il Nemico accigliarsi ulteriormente, vinto. Sasuke Uchiha comunque non emise verbo, si limitò a ruotare di un mezzo giro su se stesso e addentrarsi nella villa, col fratello dietro e poi lui. Naruto osservò con avversione il modo in cui le spalle dell’altro, ritte e aperte, sembravano ritagliare l’aria, scavare lo spazio a suo piacimento. Conosceva persone cosi, ne aveva già viste parecchie: quelle che non avevano bisogno di chiedere, perché tutto era loro dovuto.

La categoria umana che lo mandava più in bestia di tutte.

Sbuffò sommessamente, dedicando la propria attenzione alla casa. La villa degli Uchiha, all’interno, sembrava mantenere le promesse esterne. Era una casa chiara, con un arredamento lineare, pulito. Sembrava che ogni pezzo – il camino, il grande tappeto rossiccio, i mattoni a vista sull’arco che sovrastava l’imboccatura delle scale verso il piano di sopra – fosse stato concepito esattamente allo scopo di essere lì dov’era per creare un perfetto equilibrio d’insieme. Naruto si domandò quanto potesse costare, una casa del genere, e quanti soldi avrebbero potuto di chiedere a lui per viverci dentro. Di sicuro, almeno dieci volte quelli di cui poteva disporre. Oltretutto, l’annuncio diceva che si metteva l’accento sulla sintonia, e quella tra lui e Sua Maestà non ci sarebbe mai stata.

Sasuke, proprio in quel momento, imboccò le scale per il piano superiore.

“Sbrigatela, aniki, sai come la penso,” biascicò annoiato, con un che di profondamente indispettito.

Itachi seguì il suo allontanamento con sguardo impassibile, senza proferire verbo.

“Eh?” guai Naruto disorientato. “Ma…” balbettò, sommamente perplesso. Voleva forse dire che la sua candidatura era già bocciata in partenza? Non che la cosa fosse strana, visto l’andamento delle cose. Ma quello spocchioso non aveva nessun diritto di trattarlo in maniera simile e per giunta lui doveva ancora pestarlo. Era assolutamente fuori discussione che lo lasciasse andar via così.

“Dove staresti andando?” abbaiò, truce.

Sasuke Uchiha gli lanciò l’ennesima occhiata vagamente schifata, con aria profondamente insoddisfatta. Sembrò esitare superbamente per un istante, poi il suo sguardo incrociò quello lontanamente beffardo del fratello maggiore e Sasuke sollevò il mento, regale e superiore.

“Non sono fatti tuoi, dobe. Prima regola: io non ti riguardo, e tu non riguardi me. Vedi di tenerlo bene a mente, se decidi di restare qui,” intimò freddamente.

Naruto spalancò gli occhi, allibito, perdendo per qualche secondo la facoltà di parola. Restò lì impalato, mentre l’altro spariva definitivamente al piano superiore, finché il dito indice di Itachi non picchiettò leggero la sua spalla.

“Naruto?”

Lui si riscosse di soprassalto, restando comunque un poco imbambolato. Guardo il ragazzo più grande e per un paio di secondi la sua mente si affollo di domande che spingevano per essere poste. Che razza di fratelli erano, quei due? Perché lui si stava trasferendo e che senso aveva, per Sasuke, prendersi in casa un coinquilino se non aveva la minima intenzione di calcolare la sua esistenza? E poi, non era forse un po’ pazzo? Poteva essere pericoloso? E se l’avesse aggredito nel sonno?

“Ti mostro il resto della casa,” lo invitò Itachi, facendogli strada. “Come vedi, questo è il salotto,” illustrò. “Sas’ke sa accendere il camino, ma stiamo aspettando che ci mandino la legna. Ed ecco la cucina.” E Naruto spalancò gli occhi, perché la cucina era un grande vano che sembrava uscito da una di quelle riviste di moda che lui non guardava mai, un po’ perché noiose, un po’ perché tanto non poteva avere nessuna di quelle cose ed era inutile starci a perder tempo: c’era altro, nella vita.

C’era anche un piano americano, e il forno pareva grande come una piscina.

“Sai cucinare?” chiese Itachi senza particolare interesse.

Naruto si grattò la testa, incerto.

“Non molto bene. Mangio quasi sempre le stesse cose,” rispose, franco. “Mi piace il ramen.”

“E i dolci?” continuò Itachi, vago.

“Beh, una cosa media,” borbottò lui. “Non sono un fanatico di dolci.”

“Meglio così,” fece l’altro, criptico.

Per Naruto fu l’ennesimo mistero incomprensibile, ma Itachi non si dilungò oltre; continuò invece a spiegargli come funzionava la casa e com’erano organizzate le stanze. La camera da letto in affitto era una bomba, sebbene presentasse almeno un gravissimo difetto: a quanto pareva era la porta accanto a quella della camera di Sasuke. Ma trascurando quell’orrenda pecca era la stanza più bella che avesse mai visto: una mansarda soppalcata, con un grande abbaino e un pîccolo balconcino scavato nel tetto, un letto grosso come una piazza d’armi e una scrivania da direttore di banca.

“E’ la casa più strafantastica che abbia mai visto, ‘tebayo!” commentò sinceramente Naruto, con un sorriso entusiasta. “Ma non posso vivere qui,” aggiunse, stringendosi nelle spalle.

“Perché?”

“Non avrò mai abbastanza soldi per pagare,” spiegò Naruto schiettamente, dignitoso. S’infilò fluido le mani in tasca e la fodera interna della sua giacca scelse quell’esatto momento per cedere, con un rumore di strappo udibilissimo. “Ecco, appunto,” ridacchiò, tirando fuori la mano dalla tasca bucata.

“Questo potrebbe essere un problema secondario,” osservò distrattamente Itachi, precedendolo fuori dalla stanza. “Prima di tutto vorrei…otouto?” chiamò, bussando piano alla porta adiacente. “Vorresti venire a bere un tè in cucina con noi?”

Il silenzio successivo fu abbastanza lungo da lasciar sperare a Naruto che magari quello là fosse morto.

“Sto studiando,” annunciò invece Sasuke d’improvviso, scostante.

Itachi si passò la mano sulle guance. A Naruto sembrò cosi stanco che poco ci mancò si offrisse di sorreggerlo giù per le scale. Trotterellò dietro di lui in silenzio, invece, e gli si sedette diligentemente di fronte al tavolo della cucina.

“Allora, Naruto. Tu sei ancora minorenne, giusto?” iniziò Itachi quietamente, e il ragazzino annuì. “Come mai vuoi vivere da solo? Cosa ne pensano i tuoi genitori?”

Naruto si strinse nelle spalle, scrollando la testa.

“Non ne pensano nulla, sono morti quando avevo poche settimane. Il mio tutore si è appena sposato e ho pensato che sarebbe stato carino levarmi dai piedi e lasciargli fare il maritino in pace, dopo che ha badato a me per diciassette anni. Ma ho davvero, davvero pochi soldi e…”

“Cosa pensi di fare dopo il diploma?”

La domanda di Itachi interruppe il suo ennesimo sproloquio sull’affitto sicuramente troppo alto, e lui sorrise di slancio.

“Il pompiere,” rispose schietto.

Itachi distese la fronte, sorpreso.

“Il pompiere?” ripeté, tornando immediatamente impassibile.

Naruto lo osservò con sospetto.

“Mi piace aiutare le persone. E’ un problema?”

Itachi nicchiò lievemente col capo, assorto.

“Né sì né no,” rispose noncurante. “I nostri genitori sono morti in un incidente. Hanno preso fuoco con la loro auto.” Naruto sussultò, non sapeva se per l’orrore all’idea di quel tipo di morte o per l’apparente disinteresse del suo interlocutore per il dramma. “Può darsi cha andrai a genio a Sas’ke per questa tua idea, oppure che ti odierà ancor di più. Comunque, finché non sarete in confidenza non parlargliene.”

“Oh… Mi…mi spiace,” farfugliò lui, senza sapere bene cosa dire. Itachi liquidò la questione con un vago gesto della mano e si scostò i capelli dal viso, signorile.

“Dove vai a scuola?” continuò, pratico.

“Al Konoha…” annunciò, tralasciando di specificare che i suoi voti erano pessimi e il comitato disciplinare suo nemico giurato. “E Sas’ke?” chiese, cortese.

“All’Oto school,” rispose Itachi.

Tipico: il liceo privato più in della città, frequentato dai rampolli delle classi alte e pullulante di bambocci snob con le mutande piene di soldi. La retta, da sola, costava quanto Naruto spendeva in alimenti in tutto l’anno. E Naruto mangiava parecchio.

Annuì sperando che la sua antipatia istintiva non trapelasse, ma Itachi sembrò scavare nella sua testa con una sola occhiata e assunse una posa di lontana sufficienza.

“Mio padre avrebbe voluto che studiassimo lì,” annunciò, a mo’ di spiegazione.

Naruto assentì ripetutamente, impacciato.

“E cosa fai nel tempo libero?” proseguì l’altro, fermo.

“Oh, io…vedo gli amici e gioco a basket,” rispose lui, poco abituato a rispondere a tante domande su di sé. Per giunta, gli occhi neri di Itachi mettevano a disagio. Non erano ostili, ma chiedevano deferenza. Si illuminarono comunque di soddisfazione a quell’informazione. ”Mi piace andare al cinema e bere qualche birra, ogni tanto. Sas’ke…non deve bere alcolici, immagino,” ipotizzò incerto.

Itachi aggrottò leggermente la fronte.

“Sas’ke fa quello che vuole,” rispose, e Naruto fu sul punto di osservare che se n’era accorto, ma si trattenne mordendosi la lingua. “Però è bene che non ecceda,” precisò l’altro, moderandosi. Lo osservò fisso per qualche secondo, parendo leggermente dubbioso, quindi prese un lungo respiro, rassegnato, intrecciò le mani sul tavolo e lo guardò ancora dritto in faccia, neutro. “Tecnicamente, Sas’ke è sociopatico. Qualche anno fa la cosa era decisamente più grave e durante un certo periodo ha sofferto anche di agorafobia. Non…”

“Di che?” guaì Naruto, sgranando gli occhi.

“Agorafobia, una forma patologica di paura degli spazi aperti. E non ama le grandi concentrazioni di persone. Per qualche tempo non ha potuto nemmeno andare a scuola. Attualmente va molto meglio, ha anche un buon amico, un ragazzo dell’istituto che si chiama Suigetsu.”

“E’…malato? Che bisogna fare, va tenuto sotto control…?” biascicò Naruto esterrefatto. Ci rimase quasi male, un po’ perché una parte maligna di lui pensava sprezzante che i ricchi erano capaci di crearsi i problemi più cretini, un po’ perché un’altra gli rimproverava quella cattiveria gratuita. Se quel ragazzo non stava bene, non c’entrava il fatto che avesse troppi soldi.

Itachi aggrottò la fronte, cupo.

“Mio fratello non è un minorato,” scandì fermo, quasi minacciosamente. “E’ perfettamente autosufficiente, è intelligente e capace di avere una vita normale, ed è il miglior studente della sua scuola. Non esce molto, ma è un adolescente normalissimo, solo un po’ complicato.  Probabilmente, se non ti avessi parlato delle sue peculiarità, avresti semplicemente continuato a pensare che sia soltanto molto antipatico.” E qui Naruto distolse lo sguardo, punto sul vivo. “E a questo proposito, vorrei che quel che ci siamo detti restasse tra me e te, Naruto. Sas’ke detesta che io parli alle persone di lui.”

“I suoi compagni non lo sanno?” si sorprese Naruto, sporgendo il capo in avanti.

Itachi scrollò lentamente la testa.

“Solo alcuni insegnanti. Te l’ho detto, non è una cosa evidente. Sas’ke è troppo orgoglioso per mostrarsi debole e ha un ottimo dominio della propria emotività.” Fece una pausa, osservandolo con quegli occhi come sonde. “Allora, Naruto, ti interessa ancora questa casa?”

Ci pensò su soltanto per un secondo: una villa enorme e favolosa, una stanza da sogno, un affitto ridicolo, un giovane milionario psicopatico che comunque non l’avrebbe considerato nemmeno di striscio come convivente. A conti fatti, lui e Itachi Uchiha si sarebbero fatti un favore a vicenda.

“Posso telefonare al mio tutore. Sarà qui per firmare il contratto in meno di un’ora,” annunciò entusiasta, con ottimismo.

Itachi annuì, parendo rilassarsi. Si dileguò al piano di sopra con un cenno mentre lui chiamava Jiraiya, raccontandogli la novità e incitandolo a raggiungerlo al suo nuovo indirizzo, e quando Naruto interruppe la chiamata lo vide ricomparire seguito dal fratello minore. Sasuke aveva un’aria da martire e sembrava al tempo stesso irritato. Lo guardava in silenzio e Naruto pensò, forse influenzato da quello che aveva saputo da Itachi, che lo stesso corpo del suo nuovo coinquilino trasmettesse un senso di allerta e rifiuto. I suoi occhi neri, poi, giuravano eterno spregio.

“Beh, Sas’ke, sembra che vivremo insieme,” tentò, per spezzare il ghiaccio.

“Fantastico,” commentò l’altro gelido, con aperto sarcasmo. “Immagino che dovrò sopportare i tuoi stracci a lungo, allora.”

Naruto si accigliò di soprassalto e strinse i pugni, stizzito.

Avrà anche avuto tutti i problemi che voleva, ma Sasuke Uchiha restava comunque uno stronzo.

 

 

Jiraiya fu lì e firmo il contratto privato con Itachi - ad un prezzo talmente irrisorio da risultare imbarazzante, che Naruto non commentò soltanto in virtù dello sguardo d'intesa lanciatogli da Itachi stesso, che poi spiegò al suo tutore come gli interessasse avere qualcuno in casa col fratellino e non guadagnare altri soldi - nel giro di quaranta minuti, commentando entusiasta la bella casa e tirando a Naruto una gomitata soddisfatta che per poco non lo implaccò al muro. Per tutto quel tempo, Sasuke non emise verbo. Naruto tentò persino di attirare la sua attenzione e in uno slancio di disponibilità provò a chiedergli quali fossero i suoi alimenti preferiti, ma l’altro si limitò a sbuffare con tracotanza e lui valutò seriamente l’idea di prenderlo a calci. Soltanto l’intervento minimizzante di Itachi impedì la rissa e Naruto si chiese come sarebbe andata a finire una volta che il fratello maggiore fosse partito.

“Quando posso venire?” chiese soprassedendo, non appena i documenti furono sistemati.

“Quando vuoi,” rispose Itachi disinteressato. “Queste sono le tue chiavi,” aggiunse, porgendogli un mazzo che lui si affrettò ad afferrare, eccitato dalla prospettiva.

“Anche domani?” azzardò speranzoso.

Itachi annuì, vago.

“Bene, bene,” commentò Jiraiya con una risata allegra. “Ben fatto, Naruto, davvero un bel colpo.”

Il ragazzino sorrise, fiero, seguendolo verso la porta.

“Allora a domani. Arriverò nel pomeriggio, dopo la scuola,” salutò, fissando dritto in faccia Sasuke.

Quello si ritrasse infastidito, con una smorfia.

“Probabilmente passerò la giornata in camera,” annunciò ostile. “Uscirò per cenare. Con Itachi,” precisò, arrogante.

“Naruto farà cena con noi, se vorrà,” scandì il maggiore, risoluto.

Si guardarono negli occhi in una sorta di silenziosa contesa,ma fu Sasuke ad abbassare gli occhi davanti al fratello.

“Bene,” sibilò, voltando loro le spalle.

Itachi li accompagnò alla porta, salutandoli brevemente. I due ospiti attravarsarono il parco senza parlare, pensosi.

“Sembra un po’ sciroccato, il tuo coinquilino,” commentò poi Jiraiya bonario, con una pacca sulla sua spalla.

Naruto scrollò vivacemente le spalle, smargiasso.

“Me lo mangio per colazione,” affermò sicuro.

Jiraiya sorrise indulgente, aprendogli la portiera della macchina.

“Comunque,” commentò placido, con un vago sogghigno, “quella casa è grande abbastanza perché tu possa passare giorni interi senza vederlo.”

Ridacchiarono, soddisfatti.

 

 

“Potresti parlarmi?”

Dalla porta chiusa non provenne ancora risposta, e Itachi sospirò continuando a bussare.

“E’ un ragazzo simpatico, solare. Gioca a basket. A te piace il basket,” tentò, incoraggiante.

“Non toccherò più un pallone da basket in vita mia, allora,” ringhiò Sasuke dall’interno, bellicoso.

“Non c’è bisogno che ti faccia danno per farmi dispetto, sai?” ribatté Itachi grave, ma la nuova osservazione cadde ancora nel silenzio. Sospirò un’ultima volta, rassegnato. “Io ceno, se vuoi raggiungimi,” annunciò, prima di voltarsi per scendere le scale.

Ma sapeva che suo fratello non avrebbe cenato, quella sera.
E per fortuna, non sapeva che lui aveva raccontato a Naruto come stavano le cose.
Beh, quasi.

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________

 

 

 

erinsama, Hele91, ryanforever, gengy, miiky, StUpId_LiTtLe_DoLl, nikynaa e Silver Moon, grazie mille dei commenti. Prometto che la prossima volta rispondo, ma sono vagamente di corsa.

A presto

 

suni

   
 
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