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Autore: OnnanokoKawaii    14/07/2016    3 recensioni
Un mondo in cui il suicidio diventa una malattia contagiosa che colpisce gli adolescenti. Un futuro prossimo in cui viene trovata una Cura: Il Programma.
Ma davvero il Programma è la risposta? Come può essere una cura valida se gli individui poi perdono il loro passato?
Riusciranno Oikawa e Iwaizumi a raggiungere la maggiore età senza ammalarsi nonostante la morte e la tristezza che li circondano? Ma soprattutto... riusciranno a sfuggire al Programma e a conservare i ricordi della loro infanzia e del loro amore?
Genere: Angst, Avventura, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Issei Matsukawa, Takehiro Hanamaki, Tooru Oikawa
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il giorno seguente, usando una delle numerose giustificazioni che Hana era così bravo a falsificare, lasciarono la scuola alla seconda ora e si avviarono verso la scuola dei Rientranti.
Quando scesero dall’autobus Matsukawa era teso, si mordicchiava inquieto le unghie e non riusciva a stare fermo fuori dal cancello verde.
Era vietato aspettarli fuori dalla scuola quindi fecero attenzione ad appostarsi dietro alla pensilina dello scuolabus che i Rientranti prendevano per tornare a casa.

Iwaizumi era nervoso, sapeva che quello che stavano per fare avrebbe potuto essere l’inizio della rovina.
Se fossero stati beccati, se fossero stati visti, se Hanamaki non li avesse riconosciuti come era quasi certo che sarebbe successo.
Qualsiasi piega avesse preso la situazione ci sarebbero stati dei danni collaterali. Quale fosse il male minore ne lui ne Oikawa sapevano dirlo.
Il suono della campanella li spaventò a morte e li fece rannicchiare ancora di più dietro alla protezione dei pannelli color verde bosco della fermata.
Osservarono i cancelli aprirsi lentamente e gli Istruttori uscire per primi disponendosi in due file che dal portone conducevano fino a metà del cortile.
Solo quando furono tutti sistemati iniziarono a uscire i Rientranti. 
Erano numerosi i visi familiari che comparvero nel cortile, visi puliti, freschi, ragazze struccate, tutte coi capelli neri, tutte vestite con semplici camicette bianche e gonne verdi.
Il particolare più stupefacente era che tutte portavano la gonna appena sopra al ginocchio. Nessuna  minigonna, nessun orlo sbarazzino che oscillava mostrando candide cosce.
Tutte tenevano gli occhi bassi e i libri stretti al petto. Molte sciamarono attorno a loro senza vederli o fingendo di non vederli.
Poi finalmente uscì.
Hanamaki.

Stentarono a riconoscerlo senza la zazzera rosso  fragola. Teneva uno zaino nero sulle spalle, i capelli corvini e ben pettinati gli sfioravano le sopracciglia. Non guardava a terra, era uno dei pochi che camminando guardava dritto davanti a sè.
Oikawa solo guardandolo provò un dolore immenso. Iwaizumi gli strinse gentilmente il braccio e quel gesto gli impedì di andare in pezzi per l’ennesima volta.
Aveva la sensazione di essere come i vetri delle auto che anche se venati e spaccati in mille pezzettini erano tenuti insieme dalle pellicole. Lui era tenuto insieme dalla pelle e da Hajime.

-Che stai…? Cazzo!-

Si riscosse giusto in tempo per incontrare lo sguardo terrorizzato di Iwaizumi mentre Matsukawa con disinvoltura si avviava verso Hanamaki.

-Dovremmo andarcene.-

Il tono teso del suo unico alleato in quel mare di divise bianche e verdi lo agitò.
In un silenzio che era solo nella sua testa visto il sommesso vociare degli studenti osservò la confusione sul volto del nuovo Hanamaki, lo guardò scuotere la testa mentre Issei lo incalzava e infine vide il terrore e la confusione fiorire sul suo viso quando l’altro lo afferrò per le braccia.
A rallentatore lo vide liberarsi dalla presa e correre fino ad un secondo scuolabus.
Il vuoto nello sguardo di Matsukawa quando li raggiunse dietro alla pensilina raggelò i due amici fin nell’animo.
Ecco che le conseguenze iniziavano a mostrarsi.
 
 
Quella sera Tooru sgattaiolò fino a casa di Iwaizumi, dopo quel che era successo nel pomeriggio e lo stato in cui Issei era quando li aveva salutati, aveva fatto molta più fatica del solito a mantenere la sua facciata imperturbabile  a cena.
Aveva visto le occhiate preoccupate che sua madre gli aveva rivolto nei rari momenti in cui non raccontava di una giornata idilliaca  che non aveva mai vissuto raccontando anche di come avesse saputo che Hanamaki fosse finalmente tornato a scuola. Aveva sorriso quando il padre gli aveva suggerito di andare a trovarlo al Centro Benessere.

Appena possibile si era rintanato in camera sua con la scusa dei compiti ma la sua testa aveva continuato a girare a vuoto. Continuava a vedere la sconfitta negli occhi di Issei e il terrore in quelli del loro amico rovinato.
Aveva aspettato che i suoi genitori andassero a dormire per sgattaiolare fuori e ora stava aspettando fuori dal cono di luce del lampione che Hajime uscisse.
Si rilassò nel vedere la sua sagoma avvicinarsi.
Non dissero una parola.
Non dicevano mai niente in quelle occasioni sempre più frequenti. Non serviva.
Si abbracciarono e tenendosi per mano come avrebbero voluto fare anche alla luce del sole percorsero i tre isolati che li separavano dai giardini pubblici.

Avevano scoperto per caso che una delle cancellate era difettosa e pur essendo chiusa a chiave con uno strattone si apriva facilmente e quel regno incontaminato di prati, alberi e aiuole fiorite era diventato il loro rifugio notturno.
Entrarono il più silenziosamente possibile, la luce della strada che arrivava solo in parte all’interno filtrata dalle fronde delle alte betulle che costeggiavano la recinzione di ferro battuto.
Il silenzio, il profumo dell’erba e le stelle che iniziavano a intravedersi man mano che si addentravano nel buio del parco crearono la magia che permetteva di loro di calare la maschera.

Per quella che sembrò un’eternità rimasero semplicemente fermi in mezzo al sentiero in silenzio con le dita intrecciate.
Il tempo pareva essersi fermato.
Il respiro della notte li avvolgeva chiudendoli in una bolla solo loro.

-Pensi che si sia ammalato?

Non  serviva chiedere  a chi si stesse riferendo. Perche anche nella testa di Oikawa frullava  la stessa domanda.

- Non lo so. Immagino che sia stato un duro colpo per lui... E’ forte... ma lo sarà abbastanza?

Gli rispose un silenzio carico di dubbio e apprensione.
Dopo quella che parve un’eternità Iwaizumi rispose.

-Deve esserlo.

E poi smisero di pensare.
Percorsero i pochi passi che li separavano dall’erba soffice dell’aiuola centrale e si stesero sull’erba mentre le loro mani e le loro labbra stavano già iniziando a cercarsi.
Spensero il cervello rispondendo solo al bisogno che avevano l’uno dell’altro, stringendo tra le mani la pelle soda e i muscoli guizzanti, saggiando la morbidezza delle pelle  e il sapore che avevano sulle labbra.
Quando ansimanti tornarono presenti a se stessi erano più calmi, più determinati che mai a non permettere a nessuno di rubar loro quello che erano.
Quello che significavano l’uno per l’altro.
Contemplarono le stelle lontane nel cielo per una buona mezz’ora, controllando l’orologio per non rischiare  di rientrare troppo tardi a casa.
Le conseguenze sarebbero state catastrofiche.
Si scambiarono tanti piccoli baci mentre si rivestivano allontanando a suon di carezze e di piccole tenerezze l’inquietudine e la paura.
Stava per albeggiare quando i due si separarono davanti a casa di Hajime.

Quando poche ore dopo i due videro Matsukawa in cortile non seppero dire se stesse meglio o no. Aveva gli occhi pesti di chi ha pianto o non ha dormito per giocare tutta la notte a videogiochi per non parlare delle occhiaie bluastre e delle labbra screpolate che insieme ai capelli spettinati e ai vestiti del giorno prima rendevano il quadretto poco confortante.

-Heilà.

Persino la sua voce era rauca.

-Ti trovo maluccio Issei. Sai che rischi di essere notato in questo stato vero?

Il tono di Iwaizumi era teso e accusatorio, come se non si aspettasse una tale dimenticanza da parte dell’amico. Tooru, che forse era meno intransigente e più empatico con gentilezza gli sistemò i capelli passandovi le mani e spettinandoli ad arte, strattonò la camicia della divisa spiegazzata e quando vide che non c’era modo di stirarla si tolse il maglioncino di cotone e glielo fece indossare sopra alla camicia nonostante il freddo di quella mattina.
-Ecco fatto Mattsun, ora sei presentabile.

Con un pallido sorriso l’altro approfittò della campanella per dileguarsi nella folla.
Come ogni giorno, prima delle lezioni furono distribuiti agli studenti i questionari per l’autovalutazione.
La stranezza di quell’operazione di routine era che in quei momenti regnava il più totale silenzio in tutta la scuola.
Tutti sapevano quanto fossero importanti quelle due domande e le loro risposte.

TI SEI SENTITO TRISTE O DEPRESSO NELLE ULTIME VENTIQUATTRO ORE?

Come ogni giorno una risata fu sul punto di sfuggirgli dalle labbra. Depresso? Il solo sentire lo sguardo dell’Istruttore scivolargli sulla nuca lo mise in allarme mentre il riso gli moriva in gola.
Era la norma sentirsi depressi o frustrati alla loro età, ma nessuno lo avrebbe mai ammesso perché una simile frase avrebbe scatenato l’inferno.

NO

Con orrore passò alla domanda successiva.

HAI AMICI O PARENTI CHE SI SONO SUICIDATI?

Senza contare Kindaichi, lo conosceva poco per  definirlo davvero un amico nel senso stretto del termine, era stato abbastanza fortunato da non vedersi portare via nessuno dalla malattia in quel modo orrendo. Poi pensò ad Hanamaki, al suo sguardo vuoto, alla totale assenza di riconoscimento nel suo sguardo e decise che sì, un suo carissimo amico era morto, ma non suicida, era stato ucciso dalla cura.
Tutto quello che era stato prima di entrare nel Programma era stato spazzato via.

La voglia di scrivere che era stato il programma a uccidergli l’amico era forte ma con un supremo sforzo di volontà rispose ciò che volevano che rispondesse.

NO

Firmò il foglio, scrisse la data e sotto lo sguardo vigile dell’Istruttore andò a consegnare la propria fasulla autovalutazione.
Le ore proseguirono lente mentre il professore di letteratura spiegava con voce piatta e monotona un autore di cui non fregava nulla a nessuno. A uno sguardo attento, infatti, ogni studente era immerso in una profonda e personalissima meditazione sugli affari propri.
Oikawa riflettendo si chiese  a cosa servisse ormai la scuola. A pensarci, i professori non avevano più la possibilità di verificare le conoscenze degli studenti perché i test potevano provocare una quantità di stress tale da innescare la malattia; non si facevano più compiti in classe da un anno ormai, non si faceva più sport agonistico, non si facevano competizioni di nessun tipo ed erano stati banditi i festival scolastici.
L’attività didattica si era ridotta alla presenza in classe e alla speranza di non contrarre la malattia.

Quando all’ora di pranzo potè raggiungere Iwaizumi  nella mensa, Oikawa si rese conto che tutto il suo corpo iniziò a rilassarsi. Era una reazione potente e con un certo disagio notò quanto dipendesse dall’altro.
Nei momenti in cui era solo con se stesso, la tensione quasi gli sfilacciava i nervi; il dover sempre pensare a che faccia fare, a quale reazione fosse più adatta per questo o quell’avvenimento, restare concentrato per non fissare lo sguardo in qualche punto vuoto o a non lasciare mai cadere la conversazione con qualcuno rischiando di sembrare confuso o peggio ancora depresso.
Tutto questo lo sfiniva, lo consumava e solo nei rari momenti in cui poteva star solo con Hajime  si permetteva di essere se stesso.
Ma non lì, non nel bel mezzo della mensa, non sotto agli occhi di undici Istruttori attenti a scrutare ogni studente.

-Non hai una bella cera, stai bene?

Come  sempre era un libro aperto per lui. Aveva notato la piccola crepa nella sua espressione? Oppure aveva notato lo sguardo teso che per un attimo  non era riuscito a nascondere?

-Tutto bene Iwa-chan. Sono solo stanco.

La preoccupazione dell’altro non si dissolse. Doveva dire qualcosa per tranquillizzarlo o  quella sua espressione corrucciata avrebbe attirato l’attenzione.

-Quando ti vedo mi viene sempre da pensare che è un peccato non essere finito in classe con te e mi viene la malinconia.

L’altro lo fissò ancora per un momento, poi con un’occhiata penetrante finse di credergli e lasciò cadere l’argomento.

-Con tutti i morti  e i prelevati di questo periodo finiranno per accorpare le classi, magari saremo fortunati e finiremo insieme come l’anno scorso. Hai visto Matsukawa?

Con lo sguardo percorsero l’intero locale ampio e affollato. L’amico svettava sempre in mezzo alla folla e si allarmarono quando non videro alla prima occhiata la sua zazzera scura. Iniziarono a dissimulare l’ansia voltandosi con discrezione a cercarlo.
Il cuore in tumulto al pensiero che forse non riuscivano a trovarlo perché  era stato prelevato o peggio ancora  che si fosse suicidato.

-Eccolo.

Con calma studiata Iwaizumi lo prese per mano e lo guidò fino all’angolo più isolato della sala mensa dove Issei  stava seduto da solo con lo sguardo perso fuori dalla finestra sigillata.

-Ma che cattivo Mattsun! Non ti trovavamo!

Il tono più giocoso possibile non bastò a cancellare l’accusa nella voce di Oikawa che per alleggerire lo scambio aggiunse una linguaccia a beneficio degli Istruttori che stavano osservando con particolare interesse l’amico. Questo strappò al moro un mezzo sorrisino di scherno.

-Perché dovete andare a fare un controllino alla vista mi sa. Diventerete due talpe di questo passo.

Non era proprio una battuta arguta ma era sempre meglio del mutismo che avevano temuto.

-Sei sempre così simpatico Mattsun...

Con uno scappellotto  ben assestato Iwaizumi si sedette senza tante cerimonie seguito a ruota da Oikawa che con la coda dell’occhio vide gli Istruttori cambiare bersaglio.

-Stavamo pensando di andare al campo dopo. Alla seconda ora del pomeriggio avrei psicologia ma non ne ho per niente voglia di ripassare ancora la storia di come è nato il cazzo di Programma.  Iwaizumi ha ancora il blocchetto con le giustificazioni che Hana... aveva compilato...

Bastò il riferimento all’amico per far adombrare Matsukawa che nonostante tutto fece del suo meglio per mantenere un’espressione rilassata.
Hana mancava a tutti ma a lui in particolare. E come non capire? Tooru sapeva, se lo sentiva fin nelle ossa che non sarebbe riuscito a sopravvivere senza Hajime. Non ce l’avrebbe mai fatta.
Per un momento pensò allo sforzo che stava facendo l’amico per non cedere alla disperazione.
Si concentrò sull’eredità che Hana aveva inconsapevolmente lasciato dietro di sé: un blocco di giustificazioni per l’uscita anticipata con firme e permessi falsificati ad arte.
Ne avevano già usate molte e nessuno aveva mai messo in dubbio la validità di uscite giustificate per una visita psicologica o per andare al Centro Benessere.

-Certo, alla seconda ora giusto?

I due annuirono prima di compilare con discrezione i tagliandi con le giustificazioni  e dividerseli.
Tutto filò liscio.
Quando tutti e tre furono finalmente fuori dall’edificio scolastico sospirarono di sollievo.
Era un ambiente opprimente o stressante oltre ogni dire. 
Per non destare sospetti nei passanti usarono le solite scorciatoie e stradine secondarie, talvolta passavano direttamente in mezzo ai boschetti della periferia.
Quando finalmente giunsero al campetto di pallavolo all’aperto sul viso sudato dei ragazzi fiorì un sorriso.

Il campetto era abbandonato da anni e le erbacce lo avevano quasi del tutto ricoperto ma dal giorno in cui lo avevano scoperto si erano dati da fare per rimetterlo in sesto quel tanto che bastava a giocare in sicurezza.
Trascorsero così alcune ore, saltando, schiacciando, servendo e salvando in improbabili partitelle uno contro uno.
Quando il sole iniziò la sua lenta discesa dietro alle colline Issei, rosso in viso e bagnato di sudore salutò gli altri due e, con il morale decisamente più alto, si incamminò verso casa.
Hajime e Tooru giocarono ancora e ancora fino a quando il fiatone e le gambe molli non  li ridussero all’impotenza. Si sdraiarono sotto a un grande albero poco lontano ansimanti e rilassati.

-E’ stata una buona idea. Venire.

Iwaizumi pensava sempre al bene di tutti anche se spesso sembrava il più freddo e distaccato. Era solo il suo modo di essere a renderlo all’apparenza egoista  e insensibile.
Lui non dimenticava nessuno. Ecco perché sul suo avambraccio spiccavano i nomi di Kindaichi, Kunimi, Kyotani e Hana tatuati in caratteri semplici, puliti, come una lista della spesa.
La spesa della morte o dell'oblio.

-Ne avevamo bisogno tutti. Matsukawa in primis ma anche noi.  Almeno non hai più in faccia quell’espressione idiota che ti viene quando sei a un passo da una crisi di nervi.

Ridendo Tooru gli diede una gomitata.

-Non tutti abbiamo i nervi saldi come i tuoi Iwa-chan.

Per la prima volta da molti giorni si avviarono verso casa con il cuore un po’ più leggero. Stancarsi, correre, mettersi alla prova aveva dato sfogo alla frustrazione alla paura, all’incertezza e al dolore della perdita.
Camminavano fianco a fianco con le nocche che spesso si sfioravano in lievi carezze. Non avevano mai osato rendere di dominio pubblico ciò che provavano l’uno per l’altro, sarebbe stato pericoloso, imprudente e avrebbe attirato fin troppo l’attenzione.
Avevano percorso quasi metà della strada che separava il campetto da casa di Iwaizumi quando il cellulare di Oikawa si mise a suonare.
Vedendo sul display il nome di Mattsun  il moro rispose senza esitare.

-Mattsun! Siamo a tre isolati da casa tua, come mai questa chiamata?

Prima che l’amico rispondesse giunse all’orecchio di Tooru un sinistro rumore di colpi.

-Sono andato a casa di Hana. E’... è scoppiato un casino... sono arrivati i suoi genitori e mi hanno segnalato...

Per poco il telefono non gli cadde di mano mentre metteva il vivavoce e strillava in risposta:

-Oddio! Dove sei?  Sei sicuro che ti abbiano segnalato? Perché sei andato da Hanamaki? Non ti è bastato ieri?

Parole vuote. Sapeva che se fosse stato nei suoi panni non sarebbe bastato mai.

-Sono a casa... io... stanno arrivando. Ma non mi prenderanno...

Un brivido percorse i due amici.

-Mattsun... cosa hai fatto?

Non avevano bisogno di una risposta vera... Lo sapevano... Tutti  sapevano come procurarsi quel veleno spacciato attorno alle scuole da tipi senza scrupoli che avevano deciso di arricchirsi sfruttando l’epidemia di suicidi.

-Ho preso il Qick Death. Non mi avranno mai.

Le sue parole caddero come sassi mentre loro iniziarono a correre verso casa sua con tutta la forza che avevano nelle gambe già affaticate.

-Stiamo arrivando! Non muoverti!

Dal ricevitore poterono sentire la sirena che si avvicinava  e altri colpi alla porta accompagnati da grida. Il tutto però fu coperto da violenti e rapidi colpi di tosse.

-Vi ho chiamati per ringraziarvi... di essere stati miei amici, di avermi protetto, di avermi regalato degli anni bellissimi e spensierati...

Altri colpi di tosse e botte contro quella che doveva essere la porta della sua camera.

-Sono felice di avervi... sentiti... ancora una volta... e... loro non mi avranno mai...

Un’altra serie di colpi di tosse talmente violenti da spezzare il cuore, un tonfo e la linea cadde.

Corsero a perdifiato mentre le lacrime rigavano loro le guance. Si fermarono poco lontano dal cortile della villetta di Issei ingombro di auto e da un’ambulanza. Ma tutto era fermo, immobile come il corpo massiccio che proprio in quel momento fu trasportato sopra ad una barella coperto da un telo bianco.
Il pianto della signora Matsukawa ruppe la magia di quella macabra passerella. La videro correre fuori di casa dietro alla lettiga, sollevare appena il lenzuolo per poi crollare a terra senza con il volto tra le mani.

Come in un sogno guardarono attraverso il velo delle lacrime che inondavano i loro visi le auto partire dal cortile seguite dall’ambulanza a sirene spente.
Quando i veicoli sparirono dietro l’angolo Iwaizumi al suo fianco fu percosso da un violento brivido prima di iniziare a correre come un pazzo.

ANGOLO DI ONNANOKOKAWAII

ed eccoci alla fine del secondo faticoso capitolo di questa fic che sta diventndo sempre più cupa e depressa. 
Mi sono ispirata alla trama generale di un libro intitolato THE PROGRAM,  un volume con grandi potenzialità se fosse stato scritto in modo meno impersonale.

Spero continuerete a seguire l avventure che sto preparando per Oikawa & friends anche se ormai di "friends" ne resta solo uno...
   
 
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