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Autore: clepp    24/07/2016    5 recensioni
Si alzò da terra: guardò prima il profondo taglio sul braccio e in seguito i tre uomini che si stavano dirigendo verso l’uscita.
Bucky aveva gli occhi puntati su di lei. Non era in grado di capire se l’espressione sul suo viso fosse di dispiacere per averle fatto male o per non avergliene fatto di più.
[BUCKY/NUOVO PERSONAGGIO] [POST Captain America: Civil War]
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(7)


 
«Un, dos, tres, cu...cu… ehm...»    Tanka alzò gli occhi al cielo in un’espressione di completa concentrazione mentre sua sorella Kamila spostava lo sguardo da lei al libro ogni cinque secondi. Stava cercando di aiutarla a ripassare le regole basi dello spagnolo, dato che di lì a poco avrebbe avuto una verifica. Il problema era che Kamila non aveva mai studiato né tantomeno letto qualcosa in spagnolo, perciò non era in grado di correggerla su eventuali errori di pronuncia o di grammatica.
«Cuatro...» cercò di sillabare in un pessimo tentativo di pronunciare il numero quattro in maniera corretta.
«Giusto, si... cuatro, cinco... se... ehm» di nuovo Tanka alzò lo sguardo per riflettere come se la soluzione fosse scritta sul soffitto della biblioteca.
«Questo non ci provo neanche a leggerlo.» replicò Kamila, decisa, e le passò il libro per farle vedere come doveva essere pronunciato correttamente.
«Seìs.» le due ragazze sussultarono di colpo sulla loro sedia nell’udire quell’improvvisa voce maschile comparire da chissà dove. Erano rimaste da sole rinchiuse in biblioteca per l’intero pomeriggio, perciò quell’intrusione le fece spaventare più del dovuto.
Kamila si girò di scatto e, esattamente a pochi passi dall’uscio della porta, scorse il luccichio del sole sul metallo lucido. James era fermo a qualche tavolo da loro, con le mani nelle tasche dei pantaloni e i capelli sistemati dietro le orecchie.
«Bucky, ci hai fatto spaventare.» mormorò Kamila, trasformando lo spavento in sorpresa. «Che ci fai qui?» gli chiese, e con l’abbozzo di un sorriso lo invitò a raggiungerle.
«Non sapevo cosa fare, e ho pensato di venire qui a leggere qualcosa.» rispose lui, rimanendo sempre rinchiuso nella sua compostezza e serietà. Con calma si diresse verso di loro, zigzagando fra i tavoli della biblioteca e fermandosi a pochi passi dalla sedia di Kamila.
«Noi stiamo studiando... o meglio, Tanka sta studiando. Io sto cercando di darle una mano, come posso insomma.» all’improvviso, il viso di Kamila si accese di entusiasmo. «Bucky, tu conosci trenta lingue, l’ho letto nel tuo fascicolo! Non guardarmi così, l’ho fatto per cercare di aiutarti. Comunque, conoscerai di certo lo spagnolo.»
James annuì, incerto di dove sarebbe andata a parare. «Si, lo conosco.» mormorò sospettoso.
Kamila si alzò di scatto e si sporse verso di lui. Gli posò le mani sulle spalle e lo trascinò con forza verso la sedia dove pochi secondi prima c’era seduta lei. Lo obbligò a sedersi e lo ringraziò mentalmente per non essersi opposto perché sapevano entrambi che se lui non l’avesse voluto, lei non l’avrebbe mosso nemmeno di un centimetro.
«Io sono una vera frana in spagnolo, ma mia sorella ha una verifica tra qualche giorno. Sono conoscenze base, perciò sono sicura che ci metterai solo qualche minuto per aiutarla.»
James aggrottò la fronte: non era molto propenso ad aiutare, o meglio, a stare a contatto con una bambina di nove anni, ma allo stesso tempo sentiva dentro di sé il desiderio di accontentare la ragazza dagli occhi color ghiaccio che gli stava di fronte. Annuì titubante.
«Cosa devo fare?» chiese  cercando di rilassare i muscoli facciali.
Tanka gli porse gentilmente il libro alla pagina giusta e gli indicò la tabella che doveva studiare. «Devi leggere queste parole, solo una volta, così posso sentire la pronuncia e impararla correttamente.» la bambina gli sorrise cercando di alleviare la tensione che traspariva dal viso dell’uomo.
James prese il libro e lesse nella sua mente i vocaboli, dando un’intonazione giusta a ciò che stava ripetendo.
«Facciamo così,» esordì facendo scivolare il libro sotto gli occhi di Tanka. «Leggili tu, e se sbagli ti fermerò e correggerò la pronuncia.» gli pareva un modo più efficace per memorizzare quei vocaboli, poiché la bambina avrebbe compreso maggiormente i suoi errori e sarebbe riuscita a correggerli più velocemente.
«D’accordo.» Tanka annuì e con un’espressione decisa, che a James ricordò molto quella della sorella, cominciò a leggere i vocaboli in uno spagnolo titubante. James la fermò una decina di volte per correggere gli errori di pronuncia e farle capire i vari accenti e la loro giusta intonazione.
«Mantequilla, la “qui” deve essere letta come se ci fosse una k al suo posto.» la incoraggiò a scrivere accanto alla parola la giusta pronuncia di modo tale che avrebbe potuto ripassare da sola senza fare errori.
Kamila osservava la scena dalla sua sedia posta accanto a quella di James. Aveva osservato come la tensione che traspariva dal corpo di Bucky fosse via via scemata col passare dei minuti e come i suoi modi composti avessero fatto spazio ad una gentilezza inaspettata. Kamila sapeva che il Soldato d’Inverno nel suo profondo nascondesse ancora un carattere umano ed era contenta di vederlo trasparire di tanto in tanto.
Era passato qualche giorno dalla festa a sorpresa in onore di Steve e Kamila aveva cercato di non pensare a ciò che era successo a fine serata, quando lei e James si erano diretti verso i loro alloggi. Si era chiesta più volte per quale motivo lui si fosse scusato e anche come avesse fatto a far cadere il muro di cemento che aveva innalzato per lasciare fuori il resto del mondo.
Il momento in cui il viso di Bucky si era spaventosamente avvicinato al suo e la sua mano si era attraccata al suo fianco, erano stati i motivi per cui l’insonnia di Kamila era peggiorata enormemente in quei giorni. Aveva cercato disperatamente di non pensare a ciò che era successo, ma vedere il viso di James tutti i giorni ed essere a stretto contatto con lui avevano reso l’impresa più difficile del previsto. Entrambi avevano fatto in modo che tra loro non aleggiasse un’atmosfera carica di imbarazzo per l’accaduto, e avevano fatto finta di niente, ma entrambi ricordavano bene le sensazioni che avevano provato a stare così vicini.
Kamila sentiva di provare ancora più compassione nei confronti di un uomo che non era in grado di mantenere il controllo delle proprie azioni e che per questo soffriva per ciò che combinava quando la sua mente gli giocava brutti scherzi.
«Sei molto brava.» i pensieri di Kamila vennero interrotti dall’improvviso cambio di atmosfera. James stava sorridendo e sembrava decisamente più tranquillo rispetto a quando era entrato in quella biblioteca. Il suo viso pareva come avvolto da una luce diversa e vederlo sorridere in quella maniera così naturale le strinse il cuore.
«Ha preso tutto dalla sorella.» esordì lei, scherzando. James voltò lo sguardo verso Kamila e scosse la testa.
«Forse si, ma di certo non lo spagnolo.»
Tanka scoppiò a ridere e la sua risata coinvolse anche i due adulti. Kamila accompagnò la sorella non tanto per la battuta in sé ma per il fatto che James avesse davvero imparato a scherzare e a cogliere il lato divertente delle cose. Bucky si limitò ad ampliare il suo sorriso e ad abbassare lo sguardo, visibilmente in imbarazzo.
«Credo che tu abbia ragione. Non sono molto brava nelle lingue.» replicò, appoggiandosi contro lo schienale della sedia. «Conosco il russo, la mia lingua madre, e l’inglese. E qualcosa di francese, ma giusto perché sono stata costretta a parlarlo.» roteò gli occhi ricordando gli anni in cui era stata obbligata a vivere in Francia.
James osservò il viso della ragazza mutare completamente, trasformando la sua aria serena in un’espressione tetra. Si chiese cosa le stesse passando per la testa e si stupì nel rendersi conto che avrebbe voluto conoscere la storia di quella ragazza più di ogni altra cosa.
«A proposito di lingua russa,» esclamò Tanka all’improvviso, cominciando a rovistare nel suo zaino alla ricerca di chissà che cosa. «Il signor Milicevic l’altro giorno mi ha dato un indovinello russo, ma io non sono riuscita a capirlo. Magari potreste darmi una mano!»
Tirò fuori una cartelletta blu contenente dei fogli spiegazzati. Ne prese uno e rimise nello zaino la cartelletta. Sul foglio c’era una lista di parole in lingua russa che Bucky non riuscì a vedere bene: le mani cominciarono a sudargli senza un apparente motivo logico.
«Mi ha detto di trovare un collegamento fra tutte queste parole, ma credo sia impossibile!» stirò il foglio sulla superficie del tavolo prima di riprenderlo in mano e osservarlo con attenzione.
«Leggile, forza.» la incitò Kamila, tenendo le orecchie ben aperte per capire quale fosse il trucco. James si sentiva inspiegabilmente strano; aveva perso l’aria serena e tranquilla di poco prima e aveva riacquistato la sua espressione nervosa.
«La prima è желание.» scandì Tanka in una perfetta cadenza russa.
Gli occhi di James  si bloccarono sul foglio. I suoi muscoli si tesero come corde di violino e la sua bocca si assottigliò in una linea quasi invisibile. La sorpresa e l’incredulità gli impedirono qualsiasi movimento.
«Ржaвый, Семнадцать, РассветПечь, Дев-»
James la interruppe bruscamente. Le strappò via il foglio dalle mani così violentemente da procurarle un taglio profondo sull’indice. Tanka sobbalzò per quell’improvviso scatto d’ira.
«Chi te l’ha dato?» la sua voce sembrava un tuono, forte e carico di rabbia. Si era alzato dalla sedia talmente in fretta da farla cadere a terra con un tonfo. Il suo metro e ottanta e i suoi muscoli tesi e gonfi d’ira sovrastavano con imponenza la bambina.
«James!» anche Kamila si era alzata automaticamente dopo quell’improvvisa reazione. «Cosa diavolo stai facendo?»
«Chi te l’ha dato?» ripeté James senza distogliere lo sguardo impetuoso dall’innocente viso di Tanka. La bambina scoppiò a piangere e le sue spalle presero a tremare seguendo i movimenti dei suoi singhiozzii.
«James!» Kamila fece il giro del tavolo e si frappose fra la sorella e l’uomo.
«Chi te l’ha dato?» ringhiò James, mentre le puntava addosso il foglio.
«James smettila!» Kamila cercò di spintonarlo lontano dalla sorella, ma la sua forza venne annientata dalla muscolatura di Bucky. Questo rimase immobile dov’era, fermo a fissare con occhi pieni di collera quella bambina di nove anni.
Il pianto di Tanka divenne insostenibile.
«Vai via James!» Kamila lo fissava con occhi di ghiaccio e un’espressione che non ammetteva alcuna replica. Era sconvolta, confusa e arrabbiata per ciò che stava succedendo. James non doveva permettersi di trattare sua sorella in quel modo.
«No!» finalmente lo sguardo di Bucky si spostò dal viso della bambina a quello di Kamila. «Non finchè non mi dirà chi gliel’ha dato e cosa le ha detto di farci.»
«Ha già detto che gliel’ha dato il suo insegnante. Ora te ne puoi andare.» ribatté vigorosamente.
«Cosa ti ha detto?» continuò James rivolgendosi ancora una volta a Tanka. «Cosa ti ha detto di farci?»
Kamila cominciò a perdere la pazienza: strinse i pugni e rilasciò le dita in un colpo secco che fece comparire una lunga lastra di ghiaccio indirizzata verso James. Questo dovette spostarsi con uno scatto veloce per evitare che quel pezzo di ghiaccio appuntito gli perforasse il petto. Si costrinse a non rispondere alla provocazione.
«Potrei congelarti il cuore fino a far diventare insostenibile il dolore e pregarmi di toglierti la vita. Ora vai via da qui.» la minaccia di Kamila gli arrivò forte e chiara. Qualsiasi muscolo del suo corpo e del suo viso gli dicevano che non stava affatto scherzando e che le sue parole non erano da prendere alla leggera. Ma James sapeva di essere più forte di lei, nonostante non avesse le sue stesse capacità, ma entrambi erano decisamente troppo infuriati per poter lasciar perdere.
«Quelle parole sono le parole che innescano in me una furia omicida. Se avesse continuato a leggerle probabilmente ora il corpo di tua sorella sarebbe steso, inerme sul pavimento.» la serietà del suo sguardo la fece allarmare. Kamila afferrò il foglio dalle mani di James e si mise a dare una rapida occhiata alla lista di parole scritte su quel pezzo di carta. Sapeva, come tutti in quell’edificio, che esisteva una combinazione di parole capace di scatenare la furia e l’ira del Soldato d’Inverno, ma non aveva alcuna idea di come quella bomba a mano fosse finita nelle mani di sua sorella minore.
La mente vagò verso il professor Milicevic. I pensieri negativi che si era fatta su di lui, il suo sesto senso e la brutta sensazione che aveva provato quando l’aveva visto per la prima volta, diventarono ancora più reali.
«Per quale motivo Clark avrebbe dovuto dare questo foglio a Tanka?» Kamila si girò verso la sorella che aveva ancora il viso rigato di lacrime ma il respiro le era tornato regolare. Si inginocchiò davanti a lei e l’abbracciò per confortarla.
«Va tutto bene, Tanka. Non è successo niente.» le disse, cercando di tranquillizzarla. «James ha reagito in quel modo perché questo foglio contiene qualcosa di davvero molto pericoloso.»
Bucky rimase immobile dietro di loro, incapace di proferire parola. Avrebbe voluto scusarsi con quella bambina, e magari anche abbracciarla, ma la sua insensibilità non gli permise di farlo.
«Devi dirmi cosa ti ha detto esattamente il signor Milicevic, tesoro.» continuò Kamila, cominciando a far passare la mano tra i capelli della sorella. Tanka si asciugò le guance rigate di lacrime e tirò su col naso.
«Io non... non mi ricordo.» mormorò debolmente, abbassando la testa sotto lo sguardo pressante del Soldato d’Inverno.
«Tesoro devi cercare di ricordarti. Fai uno sforzo, ti prego.» tentò Kamila, guardandola con uno sguardo pieno di compassione e di preoccupazione.
Tanka scosse la testa. «Ricordo solo che me l’ha dato qualche giorno fa, dopo la festa per Steve. Mi ha detto di cercare di risolverlo e di chiedere aiuto a te o a chiunque sapesse il russo.»
James afferrò lo schienale della sua sedia con forza e la tirò su, scaraventandola contro uno scaffale pieno di libri. Questi cominciarono a cadere uno ad uno, riempiendo la biblioteca di un rumore costante.
«Ci sono solo tre persone qui dentro che conoscono il russo, e sono tutte in questa stanza.» sbottò frustrato, prendendo a fare avanti e indietro per la stanza.
Kamila cercò di collegare quelle poche informazioni che aveva ricevuto dalla sorella per capirci qualcosa in più.
«Quindi il signor Milicevic ha dato il foglio a Tanka perché sapeva che gli unici a conoscere il russo siamo noi tre  e che lei non sarebbe riuscita a risolvere l’indovinello da sola, proprio perché non è un indovinello. Voleva scatenare il Soldato d’Inverno per qualche motivo.»
«Quell’uomo è un infiltrato ed io non posso credere che Steve sia stato così stupido da lasciarlo entrare così facilmente!» con la mano di metallo stretta a pugno colpì con forza la parete della biblioteca che tremò facendo cadere un grosso quadro.
«James!» lo richiamò Kamila dopo aver visto la sorella sussultare nuovamente.
«Devo andare a parlare con Steve.» James si diresse velocemente verso la porta.
«Tesoro, comincia a ritirare le tue cose, io arrivo subito.»
Kamila seguì Bucky verso l’uscita. Una volta fuori dalla biblioteca Kamila lo richiamò con decisione mentre lo raggiungeva a passo svelto.
«Non ti permetterò di trattare un’altra volta così mia sorella.» anche se sapeva di non fargli niente, Kamila lo colpì sul petto con quanta più forza avesse in corpo, in modo tale da scaricare un po’ di rabbia accumulata.
«Non credo sia il momento adatto per parlare di queste stronzate.» replicò James ignorandola e riprendendo a camminare svelto.
«Stronzate? Stiamo parlando di mia sorella che se non hai ben capito ha solo nove anni. Non puoi inveirle contro come hai fatto poco fa.» gli urlò dietro, mantenendo il suo passo.
Bucky si fermò di colpo e si girò verso di lei. Senza lasciarle il tempo di accorgersi di quel movimento improvviso, Kamila si scontrò con il suo petto, duro e forte come l’acciaio del suo braccio.
«Se non l’hai capito lo spavento che le ho fatto prendere è il minimo rispetto a quello che sarebbe potuto succedere veramente se lei avesse continuato a leggere quel foglio. Ora sarebbe potuta essere morta e tu mi odieresti fino alla fine dei miei giorni. Perciò, mi dispiace di essere stato così brusco ma era necessario.» l’intensità dei suoi occhi e la serietà nel suo tono di voce le fecero tremare le gambe. Kamila aveva il brutto difetto di non ragionare mai prima di compiere determinate azioni, ed inveire contro di lui per quel motivo era stato stupido. Aveva appurato ormai che lui era solo una vittima in quel circolo vizioso, eppure non faceva altro che farlo sentire ancora più in colpa per qualcosa che lui non era in grado di controllare.
«James...» mormorò Kamila, senza essere capace di trovare le parole per andare avanti.
«Vado da Steve.» tagliò corto lui, voltandosi imperterrito e procedendo verso la sua destinazione. Kamila si infilò le mani nei lunghi capelli biondi: prima di tornare ad occuparsi di sua sorella, prese un profondo respiro.
 
*
 
Un leggero venticello le soffiava delicato sul viso. Kamila si raccolse i capelli in una coda e si infilò le mani nei pantaloncini.
Era tardo pomeriggio e dopo aver parlato con la sorella e averla calmata, aveva deciso di uscire dal rifugio per respirare aria pulita e pensare. Di tanto in tanto, sentiva il bisogno impellente di rimanere da sola, lontana da chiunque, persino da Tanka. Rimanere rinchiusa ventiquattrore su ventiquattro in un posto che, per quanto potesse essere grande, la opprimeva, non era facile.
Kamila camminava all’interno della fitta distesa di alberi, assicurandosi di mantenere il rifugio nel suo campo visivo. Non voleva allontanarsi troppo, soprattutto per non far preoccupare nessuno, ma anche perché dopo aver scoperto la vera identità del professore non si sentiva più al sicuro. Non riusciva a capire perché quell’uomo avesse usato sua sorella per arrivare al Soldato d’Inverno. Come faceva ad essere sicuro che lei avrebbe letto quella combinazione in sua presenza? E per quale motivo voleva scatenare la sua furia? Tutto ciò non aveva senso. Loro tre erano sì gli unici a sapere il russo, ma nessuno poteva garantirgli che la bambina sarebbe andata a leggere l’indovinello proprio a James. C’era un motivo ben più radicato per cui lui aveva scelto proprio Tanka, ma Kamila non capiva quale potesse essere.
Il flusso dei suoi pensieri  venne spezzato all’improvviso da dei passi dietro di lei.
«Kamila...» la voce roca di Bucky la sorprese. Kamila si voltò verso di lui e la sua presenza la irritò: voleva stare da sola.
«Lasciami sola.» rispose scocciata, tornando ad osservare il panorama davanti a sé.
«Volevo solo dirti che mi dispiace... per tua sorella.» mormorò James e Kamila immaginava il suo sguardo imbarazzato vagare dappertutto pur di non incontrare la sua figura.
«Anche a me dispiace.»
«Lei è solo una bambina. Non sarebbe dovuta entrare in questa situazione.»
Kamila si decise a voltarsi di nuovo. Incrociò le braccia al petto e osservò il viso di Bucky. La luce del giorno illuminava l’imponenza del suo corpo e del suo viso che pareva esser stato scolpito in un’espressione di perenne agonia.
«In realtà, è colpa mia.» sospirò lei lasciandosi cadere per terra e incrociando le gambe. «Quando ho accettato di lavorare per Fury sapevo esattamente in che cosa mi stavo cacciando e che pericoli avrebbe corso Tanka.»
«Eppure l’hai fatto lo stesso.» commentò James e, quasi automaticamente, fece qualche passo in avanti nel tentativo di tagliare quell’atmosfera di tensione.
Kamila cominciò a giocherellare con le punte dei suoi lunghi capelli biondi, sovrappensiero. «Non potevo non farlo. Non sarei stata in grado di crescere una bambina da sola, soprattutto in quel periodo, quando non ero capace a tenere sotto controllo i miei poteri. Far parte dello SHIELD mi ha aiutata moltissimo e per quanto Tanka possa essere in pericolo qui, sono certa della scelta che ho fatto.» concluse sbuffando un sospiro di rassegnazione, come se quella fosse l’unica via che a quei tempi Kamila avrebbe dovuto prendere. James cominciò a domandarsi come avesse vissuto la sua vita, cosa le fosse successo e perché dietro quella corazza di ragazza forte si celasse un dolore costante. Eppure, non aveva il coraggio di fare un passo tanto grande, e comunque era sicuro che lei non si sarebbe confidata così facilmente.
«Hai delle capacità incredibili.» mormorò lui, appoggiandosi al tronco di un albero poco più distante dalla ragazza. «Riesci a rendere un elemento così freddo, pieno di calore.»
Kamila abbozzò un debole sorriso mentre con lo sguardo osservava distrattamente le sue scarpe. Come se qualcosa in lei l’avesse spinta a farlo, alzò una mano e con un movimento secco delle dita fece comparire un grosso cubo di ghiaccio che prese a fluttuare nel piccolo spiazzo in mezzo a loro.
«Da bambina mi divertivo molto a sperimentare,» esordì mentre con le dita eseguiva dei piccoli movimenti eleganti ed ipnotici. «Ho rischiato molte volte di farmi male sul serio, ma nonostante questo adoravo giocare con i miei poteri.»
Solo quando sentì uno scricchiolio, James si rese conto che i movimenti delle sue dita erano collegati al cubo. Scorse dei piccoli tagli all’interno del blocco che si formavano via via che lei proseguiva con quei gesti.
Bucky rimase a fissare ipnotizzato i cambiamenti all’interno del cubo per qualche secondo, poi  spostò l’attenzione verso la ragazza. Kamila osservava l’oggetto davanti a lei con occhi velati di tristezza e allo stesso tempo serenità. James non le tolse gli occhi di dosso neanche un secondo. Non aveva intenzione di perdersi neanche un respiro o un battito di ciglia.
«Ti piace?» chiese lei all’improvviso, risvegliandolo dal suo stato di trance. Bucky volse lo sguardo verso il cubo di ghiaccio. All’interno era apparsa come per magia una piccola rosa, sdraiata orizzontalmente, dando l’idea di essere morta. Bucky provò una sensazione di malinconia e tranquillità e non seppe per quale motivo.
«E’ meravigliosa.» rispose, con sincerità. Kamila sorrise di rimando.
«Già,» replicò. «La mia meravigliosa condanna.»
James avrebbe voluto chiederle cosa volesse dire con quel termine, ma qualcosa non glielo permise.
Un boato seguito da un rumore sordo li distrasse immediatamente. La terra tremò sotto ai loro piedi.
«Cos’è stato?» chiese Kamila, il suo tono di voce era allarmato e il suo primo pensiero andò a Tanka.
«Non lo so.» rispose Bucky, allerta. In quei minuti con Kamila era riuscito a rilassarsi, a lasciarsi andare e a sciogliere un po’ la tensione che aleggiava perennemente nella sua testa, ma subito dopo quell’improvviso rumore, gli istinti del Soldato d’Inverno erano tornati a galla.
«Arriva dal rifugio.» disse secco, facendo qualche passo in avanti nel tentativo di avere una visuale migliore sull’edificio. Riuscì a scorgere solo un fumo denso fuoriuscire dal tetto e qualche uomo munito di mitra correre qua e là. Era chiaramente un attacco.
Non appena voltò la testa per chiarire la situazione con Kamila, questa l’aveva già superato e di corsa si stava dirigendosi verso l’edificio.
James sbiancò. Cominciò a rincorrerla e a richiamarla a gran voce: il panico gli strinse le membra.
«Kamila, fermati!» urlò con forza, velocizzando il passo nel tentativo di raggiungerla prima che qualcuno si accorgesse della loro presenza.
«C’è Tanka là dentro!» replicò lei in risposta e James poteva sentire la punta di terrore nascosta nella sua voce.
In un attimo le fu dietro. Riuscì ad afferrarle il braccio e a spintonarla verso di lui, ma, come aveva pensato, Kamila oppose resistenza. Cercò di scrollarsi di dosso le sue mani forti e a spingere in avanti per raggiungere il prima possibile l’edificio, ma James non era intenzionato ad aiutarla.
«Lasciami andare!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. «Lasciami andare, Tanka è là dentro!»
Bucky le afferrò entrambe le braccia per tenerla ferma ma lei continuò a divincolarsi dalla sua presa. «Tu non capisci, lei è là dentro da sola!»
«Kamila non puoi tornare indietro, è troppo pericoloso.» replicò lui in risposta, pregandola con gli occhi di fermarsi a ragionare.
«E’ mia sorella!» il suo tentativo di sfuggirgli di mano diventò più pressante e Bucky dovette lasciarla andare tanto era ingestibile. Kamila non ci pensò due volte ad afferrare l’occasione e a lanciarsi in avanti di corsa.
James tuttavia fu più svelto di lei e l’afferrò da dietro, circondandole il busto e la vita con entrambe le braccia. «Non urlare.» le sussurrò nell’orecchio.
«Ti prego ascoltami,» continuò, «Tua sorella starà bene, Kamila. Devi fidarti di me.»
«Stanno attaccando il rifugio, lei non starà bene!» le fu inevitabile urlare dal panico. Nel momento in cui James le tappò la bocca con una mano lei sentì le lacrime premere per uscire. Era completamente e inevitabilmente sconvolta, incapace di formulare un pensiero razionale se non quello di dover salvare sua sorella.
«Kamila, respira. Ragiona.» riprese James, «Quelli del governo non tratteranno mai male una bambina di nove anni. Non lo faranno. So che lei sarà spaventata, ma ci sarà Steve a proteggerla. Se tu ora torni lì dentro, finirai in prigione con lei, con tutti loro. E non avrai la possibilità di salvarla e tirarla fuori di lì, come ha fatto Steve con voi prima di portarvi qui.» il suo tono era pratico, secco, con l’unico obiettivo di farla ragionare il prima possibile.
Kamila strinse le mani in un pugno. Non poteva lasciare la sua sorellina lì da sola, ma non poteva neanche eliminare qualsiasi possibilità di poterla tirare fuori.
James sentì la mano che le copriva la bocca inumidirsi e si rese conto solo in quel momento che Kamila aveva iniziato a piangere. Lentamente le girò il corpo verso di lui e le lasciò libera la bocca.
«Kamila devi credermi e fidarti di me. Sono in grado di farli uscire tutti, vivi. Devi solo fidarti e venire con me.» cercò di risultare il più sincero e convincente possibile, anche se sapeva di non star dicendo la verità al completo. Ma doveva farlo, per lei. Non poteva rischiare di metterla in pericolo.
«E’ mia sorella...» ripeté Kamila, questa volta in un sussurro quasi inudibile.
«Lo so, ma ti prego. È la scelta migliore.» disse e aspettò impaziente una conferma da parte sua.
Kamila aspettò qualche secondo, incapace di muoversi o di pensare. Poi, finalmente, annuì col capo.
James non aspettò oltre, le afferrò una mano e cominciò a correre dalla parte opposta rispetto a quella del rifugio, dal quale provenivano urla e spari. Correva come mai aveva corso in vita sua, correva come se ora avesse un motivo valido per farlo.
«Dobbiamo muoverci.» disse e nella sua mente continuava a ripensare alla scena che gli si era presentata davanti.
Voleva non esserlo, ma era sicuro di averlo visto sulla divisa di uno di quegli uomini: il disegno di un teschio nero con sei tentacoli tutt’attorno. Il simbolo dei suoi incubi.
Il simbolo dell’HYDRA.
 
 





Buongiorno a tutti!
Sono davvero felicissima di poter aggiornare finalmente! Ho scritto questo capitolo a pezzi, nei momenti in cui avevo del tempo libero, perciò mi scuso se vi ho fatto aspettare così tanto! Ho davvero poco tempo anche adesso, perchè tra un'ora devo prendere un aereo (yey) ma ci tenevo a postare il capitolo prima di partire.
Prima di tutto ringrazio ancora una volta le bellissime persone che hanno aggiunto la storia tra le seguite-preferite-ricordate, mi rendete orgogliosa ogni giorno di più. Inoltre ringrazio di cuore le lettrici che si prendono un minuto di tempo per recensire ogni capitolo, appena riuscirò vi rispoderò lo prometto!
Comunque, torniamo al capitolo. Spero di non aver deluso le vostre aspettative. Adoro sempre di più raccontare il rapporto che si sta creando fra i due protagonisti che adesso passeranno molto tempo assieme. Devo ancora decidere come evolvere bene la storia, ma vi prometto che cercherò di essere il più puntuale posibile.
Il professore si è rivelato per quello che è, un nemico. Molti di voi l'avevano già sospettato, così come Kamila!
Beh, ora devo proprio andare, spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto ciò che ho scritto!
un bacio,

clepp
  
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