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Autore: ShioriKitsune    26/07/2016    2 recensioni
[Hitman/Hacker/Mafia!AU ; Taekook ; side!JiHope
Basata sul prompt: "A" is a hitman assigned to kill "B"]
Si potrebbe pensare che Jeongguk non avesse un cuore, per essere così indifferente davanti alla morte, ma la verità era che aveva capito una cosa sola della vita, ed era quella giusta: uccidi o verrai ucciso.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Blow up louder!


(ssak da bultaewora, pow wow wow)




3.

» Da: Hoseok-hyung

“Tutto bene, Jeonggukie! Ci vediamo domani”

 

Jeongguk lesse il messaggio e bloccò lo schermo subito dopo, aspettando che Taehyung tornasse dal bagno. Ma non passò molto prima che sulla sua fronte si formasse una profonda ruga d'espressione, mentre le parole dell'sms gli rimbombavano nella testa.

Riaprì l'applicazione, rileggendo quell'unica riga, e quello che era solo un dubbio si trasformò in vera preoccupazione.

Quel messaggio era grammaticalmente corretto e senza emoji. Neanche una.

Era abituato ai messaggi di Hoseok, fuori dal lavoro, ricchi di faccine e punteggiatura inutile. Ma quello era così lineare che quasi non sembrava essere stato inviato da lui.

Sto diventando paranoico, pensò il moro, riponendo il cellulare nella tasca. È solo un sms.

«Hai un'aria corrucciata».

Jeongguk alzò la testa di scatto, sorpreso dalla voce di Taehyung. Non si era accorto del suo ritorno.

Questi gli sorrise, raggiante, poggiando il mento sul palmo della mano.

«Uh? No, uhm, stavo solo pensando, ma non è nulla di importante», rispose il minore, cercando di sviare il discorso. Di certo non avrebbe potuto dirgli cosa davvero lo avesse turbato.

In quel momento, gli venne in mente il vero (beh, più o meno) motivo per cui aveva deciso di uscire con Taehyung: carpire informazioni su Kim Seokjin.

«Ehi, Tae... hai detto di essere di Daegu, no? Quindi sei solo, qui a Seoul?».

«Non proprio», iniziò l'altro. «Qui ho Jiminnie e Jin-hyung, che sono i miei migliori amici. Conosco il primo da tutta la vita, il secondo da meno ma siamo davvero legati».

Sì, questo lo so già, borbottò Jeongguk tra sé e sé.

«Cosa fanno questi tuoi amici?».

Il minore cercò di mantenere il suo tono molto vago, come se quella fosse una banale domanda di circostanza fatta al solo scopo di conversare.

«Uhm, Jimin è un patito di anime e sport. Jin-hyung è il proprietario di un ristorante non molto lontano da qui, ma a parte questo è un vero genio! Quando era più giovane ha perfino vinto il primo premio in un contest d'informatica!».

Bingo!

«Oh, wow». Già, wow. Questa sì che era un'informazione notevole. Avrebbe dovuto comunicarlo a Namjoon e Hoseok al più presto. Se avessero trovato l'indirizzo di quel ristorante, Jeongguk si sarebbe catapultato a finire il lavoro quella sera stessa. Ma, ovviamente, aveva bisogno di conferma prima.

Taehyung annuì, buttando giù l'ultimo sorso della sua bevanda. «Che ne dici di una passeggiata?», propose con un sorriso. «Potremmo fare un giro nel parco».

Era difficile per Jeongguk non rispondere spontaneamente ad ogni sorriso di Taehyung. C'era qualcosa, in quel ragazzo, che lo attirava profondamente.

Ma, nonostante ciò, non riusciva ancora a togliersi dalla mente la questione dell'sms di Hoseok e la sua mania di avere tutto sotto controllo probabilmente lo avrebbe portato a rifiutare l'invito – e a pentirsene subito dopo.

Si passò una mano sul collo, combattuto. «Mi piacerebbe, ma c'è questa cosa di lavoro che dovrei controllare...».

Il volto del maggiore si rattristò per un attimo che sembrò infinito. «Oh... beh, capisco. Se hai da fare non posso trattenerti».

E Jeongguk si ritrovò a pensare di essere più debole di quanto avesse mai pensato. «No», rispose, forse un po' troppo velocemente. «Uhm, voglio dire, posso controllarla anche domani, ecco».

Arrossì lievemente. Da quando era diventato così pappamolle? Certo, Taehyung era un dolce rotolo di cannella e felicità – senza menzionare la sua bellezza eterea – ma lui era Jeon Jeongguk. Non poteva iniziare a balbettare solo per il labbruccio di un bel ragazzo. Sospirò, deluso da se stesso.

Taehyung invece sembrò alquanto felice della sua reazione. «Davvero?», domandò, gli occhi sbarrati. «Menomale! C'è questo posto bellissimo che voglio farti vedere, non è molto lontano da qui, promesso!».

A quell'esuberanza, Jeongguk non poteva che rispondere con l'ennesimo sorriso.

Patetico.

Il maggiore lo fissò per qualche istante. «Quando sorridi sembri un coniglietto. È carino», ghignò.

E se prima il minore era arrossito, in quel momento era in procinto di prendere fuoco. «G-grazie», balbettò, abbassando la testa.

 

I due si avviarono fuori dal bar – dopo una breve “lite” su chi dovesse offrire, che però aveva vinto Taehyung – e Jeongguk non riusciva a pensare lucidamente con la mano di Taehyung che ogni tanto, casualmente, sfiorava la sua.

Allarme rosso, gridava internamente. Sembro una liceale alla sua prima cotta. Aspetta, ho appena detto... cotta? Ho una cotta per Taehyung?

Lo sguardo del moro, fisso sulla strada, si spostò sul ragazzo al suo fianco. Lo studiò, intensamente, soffermandosi sulla curva delle labbra e la linea della mascella, sulla forma perfetta del naso decorato da quel piccolissimo neo sulla narice sinistra, sugli zigomi e le tempie solleticate dai ciuffi di capelli colorati, che sembravano così morbidi da fargli venir voglia di infilarci le dita dentro.

E quando Taehyung si voltò, accecandolo con uno dei suoi sorrisi squadrati, Jeongguk si rese conto che... beh, forse poteva avere una piccola cotta per il maggiore.

Nuovo record, non sono passate nemmeno ventiquattro ore da quando lo conosco.

Patetico, Jeon.

Veramente patetico.

 

 

Yoongi teneva lo sguardo fisso sulla strada, una mano sul volante e l'altra sul cambio. «Ehi, Namjoon, quanto manca? Penso di dover svoltare tra poco, è corretto?».

Alla radio passava una qualche canzone di un nuovo gruppo di idol e il ragazzo si ritrovò a pensare che non fosse così male, commentando il testo nella sua mente. Dopo qualche secondo, si accorse che l'altro non gli aveva ancora fornito le indicazioni richieste.

«Namjoon».

Si voltò.

Il suddetto dormiva a bocca aperta, la fronte schiacciata contro il finestrino e il cellulare veramente vicino a cadergli dalle mani.

Yoongi inspirò profondamente, avvertendo la vena sulla tempia destra iniziare pericolosamente a pulsargli.

«Yah!»

Namjoon si svegliò di scatto, guardandosi intorno, prima di incontrare lo sguardo furioso del maggiore. «Uhm, c-cosa?».

«Non sei autorizzato a dormire quando io non posso solo perché sei il capo». Non mi farò mai più convincere a guidare, pensò.

«Scusa, Yoongi. Non avevo programmato di addormentarmi così», si passò una mano in faccia, cercando di riprendersi.

Yoongi sospirò. «Siamo quasi arrivati. Dimmi dove devo girare».

Cinque minuti dopo, spensero il motore di fronte a quello che sembrava un ristorante abbastanza costoso. Dall'esterno si notava quanta gente ci fosse.

«Siamo sicuri che sia qui? Mi sembra strano che un hacker possegga un locale di questo livello».

Namjoon controllò nuovamente la mail che Hoseok gli aveva mandato qualche ora prima.

«Hobie ha scaricato tutti i dati di questo Kim Seokjin. Il ristorante si chiama “Eat-Jin”, e non penso ci siano altri “Eat-Jin” a Seoul. Inoltre abbiamo anche una sua foto, quindi sarà facile trovarlo».

I due scesero dalla vettura, camminando verso l'entrata con le mani nelle tasche.

«Dici che dovremmo sederci a mangiare qualcosa, prima di chiedere di lui?».

Yoongi alzò un sopracciglio, sfogliando il menù all'entrata. «Offri tu?».

«Salve, signori. Posso esservi d'aiuto? Avete prenotato un tavolo?».

I due alzarono lo sguardo, trovandosi davanti agli occhi il volto sorridente di Kim Seokjin.

Yoongi non avrebbe mai dimenticato, per tutto il resto della sua vita, lo sguardo che Namjoon rivolse al ragazzo e il rumore del respiro che gli si bloccava in gola.

Se non fosse stato la persona seria che era, si sarebbe messo le mani tra i capelli.

Lavoro con degli idioti. Anche il mio capo è un idiota. Cosa diavolo ci faccio ancora insieme a questi idioti?

Fortunatamente, Namjoon non era il capo per nulla. Si riprese nel giro di qualche attimo, mettendo su la sua faccia seria e permettendo al maggiore di tirare un sospiro di sollievo.

«Kim Seokjin?».

L'altro annuì, confuso, ma senza smettere di sorridere. «Ci conosciamo?», domandò, inclinando il capo.

«Non direttamente, ma conosciamo un tuo amico. A questo proposito, dovremmo farti qualche domanda».

Le sopracciglia del ragazzo si arcuarono dalla preoccupazione. «Siete della polizia? È successo qualcosa?».

Yoongi avrebbe voluto ridere. Polizia, certo. Si avvicinò, minacciosamente, la mano già sull'impugnatura della pistola nascosta nella tasca della giacca. Non lo avrebbe fatto fuori lì, in mezzo alla strada, ma gli piaceva restare cauto. «Cosa ci facevi a casa di Park Jimin l'altra notte? Sei tu V, non è vero?».

Seokjin sbatté le palpebre un paio di volte. «Uh?».

Yoongi non era famoso per la sua pazienza e non amava i giochetti. Da sotto la giacca, gli puntò la pistola contro il fianco. «Non farci perdere tempo, o la tua morte sarà ancora più lenta e dolorosa».

Il ragazzo si guardò intorno allarmato, poi ridacchiò nervosamente. «Okay, se questa è una candid-camera, non è molto divertente». Cercò di scostarsi da Yoongi, ma si scontrò con Namjoon. I due si fissarono per qualche attimo, prima che entrambi distogliessero lo sguardo. «Non conosco nessun Park Jimin e l'atra notte, come tutte le altre notti di questa settimana, ero proprio qui nel mio locale». Fece un passo indietro, aggrottando la fronte. «Posso provarlo, comunque. Ma chi accidenti siete?»

Namjoon e Yoongi si fissarono, confusi. «Se puoi provarlo», iniziò il minore, schiarendosi la voce. «Ti conviene farlo subito e senza fare altre domande».

E così, in effetti, fù.

Seokjin non aveva lasciato il suo ristorante nemmeno per un minuto, durante quei giorni. C'erano stati degli eventi in programma per tutta la settimana ed ogni notte era rimasto a preparare ciò che gli serviva per il giorno seguente, riposando poi sul divano della stanza di servizio. Tutto ripreso dalle telecamere di sicurezza sparse in tutto il locale.

Così, Namjoon e Yoongi si ritrovarono con una tazza di caffè in mano e delle spiegazioni da dare al proprietario di un locale estremamente – ed adorabilmente, secondo Namjoon – seccato.

«Mi dispiace di averti coinvolto in questa storia, Seokjin. Ma davvero, è meglio che tu non sappia nulla di più».

Yoongi sospirò, poggiando la testa sul tavolo e chiedendosi perché fossero ancora lì quando chiaramente Park Jimin li aveva presi in giro. Maledetto moccioso.

Seokjin sospirò. «Va bene, va bene. Spero non sia nulla di troppo illegale».

Il minore tossì, imbarazzato.

In quello stesso istante, i loro cellulari iniziarono a squillare, ma la suoneria mise in allarme i due ragazzi: non era una chiamata, ma il messaggio S.O.S. dalla loro base.

Yoongi sgranò gli occhi, alzandosi di scatto. «Hoseok».

Abbiamo abbassato la guardia.

I due si precipitarono fuori dal locale senza aggiungere altro, ma la voce di Seokjin li bloccò mentre entravano in macchina. «Namjoon! Ecco... beh, quando finirai di occuparti di questa faccenda top secret, potresti tornare e... lasciare che io ti offra la cena».

Yoongi era troppo preoccupato per Hoseok per dar voce ai suoi pensieri disgustati, quindi si limitò a grugnire mentre si allacciava la cintura.

Namjoon rimase a bocca aperta per qualche attimo, arrossendo, prima di annuire timidamente ed infilarsi in macchina.

L'altro giurò a se stesso di prenderlo in giro a vita per quella reazione, dopo essersi assicurato che Hoseok stesse bene.

 

 

 

Jeongguk e Taehyung erano seduti su una panchina nei pressi del fiume Han, mangiando un gelato. Era ormai notte inoltrata, l'alba era vicina, e Jeongguk si domandò perché il tempo stesse scorrendo così velocemente, quella sera.

La compagnia di Taehyung era inebriante, le storie che raccontava erano divertenti e le sue espressioni buffe assurdamente carine. In tutta la sua vita, non aveva mai riso tanto quanto durante quelle ore.

«Sei assurdo, Tae. Com'è possibile una cosa del genere?», ridacchiò.

L'altro fece spallucce, ghignando a sua volta. «Quando sono salito su quell'albero avevo dimenticato la mia folle paura dell'altezza: quel gatto doveva essere salvato!».

Jeongguk scosse la testa, divertito. «E poi cos'è successo?».

«Poi ho aspettato che mia madre si accorgesse della mia assenza e venisse a cercarmi, ma sono passate ore. Ho seriamente pensato si fosse dimenticata del suo primogenito di soli otto anni».

Il minore rise ancora, portandosi una mano sul collo. Poi si voltò, incrociando lo sguardo dell'altro e le sue risa si tramutarono in un sorriso dolce. «Sei veramente qualcosa, Kim Taehyung».

Jeongguk non vide l'espressione del maggiore a quella sua frase, perché il cellulare nella sua tasca iniziò a squillare.

Un S.O.S.

Aggrottò la fronte, alzandosi di scatto. «Devo andare», disse all'improvviso, infilando nuovamente il cellulare in tasca. Si girò nuovamente verso l'altro, addolcendo un po' l'espressione preoccupata. «Mi ha fatto piacere passare del tempo con te, Tae», e poi, più incerto. «Spero di poterti vedere ancora».

Si chinò per sfiorargli la guancia con le labbra e, senza aspettare la risposta del maggiore, si allontanò in tutta fretta.

 

 

 

 

 

Taehyung rimase immobile per qualche istante, la mano sulla guancia e le labbra dischiuse, mentre nei suoi occhi aleggiava uno sguardo perso.

 

Oh no

Oh no.

Questo non era nei piani.

Questa cosa non era assolutamente nei piani.

 

 

 

 

...Maledizione.

 

 
   
 
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