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Autore: tonksnape    29/03/2005    2 recensioni
La prima prova di FF. Un ipotetico inizio (da agosto a dicembre) del 6° anno per il trio e tutta Hogwarts. A voi i commenti. Grazie. I personaggi originali sono naturalmente di JKR.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una amicizia a prova di profezia

Nella sala dei Griffondoro c’era un caos totale.

Ragazzini urlanti di varia età e sparsi un po’ dovunque inneggiavano ai giocatori della loro squadra. Dalle bacchette uscivano incantesimi per addobbare la stanza, per far arrivare bibite e dolci, per aumentare il volume della voce, per ricreare la telecronaca della vittoria. Ogni motivo di confusione era ben accetto.

I componenti della squadra si muovevano nella stanza raccogliendo complimenti, abbracci, pacche sulle spalle. Dispensavano sorrisi, racconti, commenti e anche qualche autografo, soprattutto tra i più piccoli.

In particolare Ron stava riscotendo un notevole successo tra le ragazze che gli lanciavano sguardi apparentemente casuali, ma prolungati.

Harry tentava di starsene un po’ defilato, osservando l’amico che, al centro dell’attenzione, sembrava proprio a suo agio. Non esagerava neppure tanto con i racconti!

Hermione si sentiva altrettanto felice del successo di Ron.

Al termine della partita si era precipitata in campo e aveva abbracciato Ginny, poi Harry e alla fine, volutamente alla fine, Ron. Gli aveva gettato le braccia al collo cercando di mostrare tutto il suo entusiasmo e neppure un po’ di timidezza. Ron aveva risposto d’istinto ricambiando l’abbraccio e alzandola leggermente da terra, ridendo e ripetendo : “ Hai visto questa volta, hai visto?!?!” Dopo un po’ di secondi si era irrigidito e le aveva fatto appoggiare nuovamente i piedi a terra, si era scostato leggermente e l’aveva guardata, con un leggero sorriso. Erano rimasti immobili, abbracciati ancora per un po’. Non avevano notato lo sguardo dolce di Harry. Il quale si era poi trovato sommerso dalle sorelle Patil, urlanti e dispensatrici di baci.

Dal momento del rientro non c’era stato modo di parlare insieme, erano troppo presi dai festeggiamenti.

Quando ormai la serata si stava concludendo e la maggior parte degli studenti era salito nei dormitori, un commento di Neville riaprì in Harry una profonda ferita.

“Adesso però, dovresti pensarci Harry!” gli aveva detto. “Perché diventare un Auror? È rischioso. Fai il cercatore di professione.”

Harry aveva sorriso, felice del complimento, ma poi si fece strada in lui il ricordo della profezia.

“…e uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…

Da quando era a Hogwarts se ne ricordava solo ogni tanto, quando il pericolo della guerra diventava più forte! Che stupido! Era lui la guerra, era lui al centro di tutto questo. Che motivo c’era di festeggiare? Perché a lui? PERCHÉ?!

Che futuro c’era per lui? Che motivo aveva di programmare il suo lavoro futuro?

Lentamente si chiuse in se stesso e la maggior parte del gruppo non lo notò, ancora troppo coinvolto dalla gioia.

Hemione lo vide incupirsi e diventare silenzioso e cercò il suo sguardo per parlargli.

Harry guardò fuori dalla finestra, immobile, assorto in un futuro che non sapeva se poteva avere.

Quando il gruppo del sesto anno del dormitorio maschile di avviò verso il letto, chiamarono Harry che però disse di voler rimanere ancora un po’ giù.

Ron intercettò una occhiata di Hermione che lo bloccò vicino alle scale. Era lo stesso sguardo preoccupato che le compariva in volto quando Harry aveva i suoi momenti di rabbia contro tutto e tutti.

Guardò verso l’amico, ma vide solo la sua schiena. Si avvicinò ad Hermione.

“È così da un po’” gli disse lei.” Non capisco perchè.”

“Gli hai parlato?” chiese Ron

Hermione scosse la testa in segno di diniego.

“Vai tu.”

Ron si avvicinò ad Harry.

“Vieni a dormire?”

Harry non dava segni di aver sentito.

“Harry?” Ron alzò leggermente la voce con un tono titubante.

Harry si girò di scatto, meravigliato che ci fosse ancora qualcuno lì. Guardandosi attorno vide Ron, Hermione poco distante e Ginny vicina alle scale del suo dormitorio, rivolta verso di loro.

“Non mi ero accorto che fosse finito. Arrivo a dormire tra poco.”

“Harry, sei triste. Perché?” chiese Hermione, nel silenzio della stanza

“Nulla” tentò di sorridere l’amico. “Sono stanco”.

“Harry non è vero. Sei preoccupato per qualcosa.”

Il peso della sua paura, di quella dei suoi amici, la tensione della partita, il dolore della cicatrice che ogni tanto ricominciava, la consapevolezza della sua precarietà e della propria incapacità a contrastare Voldemort, la difficoltà a raccontare i suoi sentimenti e le sue paure gli fecero scatenare nuovamente la rabbia.

“Non è vero Hermione. Sono stanco. E basta” Il tono era secco, duro.

“Harry…” provò a continuare lei

“Piantala di tormentarmi e di volermi leggere dentro. Sono stanco, ok?!” la bloccò, mettendo le mani avanti quasi a volerla allontanare da sé, anche se erano distanti l’uno dall’altra..

Ron, inconsapevolmente, si avvicinò ad Hermione, mettendosi tra lei e Harry.

Ginny invece si avvicinò.

“Cosa ti sta succedendo? Stavi festeggiano con tutti fino a poco fa. Cosa è cambiato?”

“Accidenti a voi ragazze! NON HO NULLA.” Le ultime parole Harry le scandì una alla volta con un tono di voce normale, ma che risuonò dentro la stanza.

Il consiglio di Silente rimbombava nella sua testa, ma non sapeva come fare, cosa dire.

“Andiamo, Harry!” Rispose con altrettanta calma Ginny. “Non hai la faccia di uno che ha steso Malfoy, ma di uno che si è fatto stendere da qualcuno. Cosa c’è?”

Per un lungo momento risuonò un fortissimo silenzio nella stanza. Erano tutti immobili. Anche Luna e Neville erano nel Salone, lei diretta verso la porta e il suo dormitorio, lui vicino alle scale del proprio, che aveva ridisceso alla ricerca della sua sciarpa che gli era caduta.

Il silenzio divenne tensione, poi Harry si girò verso tutti loro con gli occhi lucidi.

Prese fiato. Sospirò.

“La profezia. Quella dell’anno scorso. Silente la conosce. Me l’ha detta.”

Silenzio… Dopo parecchi scondi…

“Cosa dice Harry?” chiese Ron sottovoce, come avesse letto nella mente di tutti gli amici la stessa domanda.

Harry recitò, lentamente, meravigliandosi di come fosse impressa nella sua mente:

“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…”

Il silenzio crollò nella stanza.

Rimasero in silenzio, ripetendo ognuno quella parte di profezia che gli era rimasta maggiormente scolpita nella mente.

“Sei tu Harry.” Ron non aveva fatto una domanda, ma una affermazione

“Sì.”

“E non puoi vivere se vive anche lui” disse Hermione

“Sì”

“Ti ha voluto lui come suo nemico” disse Neville

“Sì” Harry si sentiva sfinito solo per aver detto tre piccole sillabe.

“Come pensi di sconfiggerlo Harry?” chiese Ginny

“Con questo potere sconosciuto?” aggiunse Luna

Harry le guardò.

“Cosa vi fa credere che possa sconfiggerlo?”

“Beh, … tu.” disse Ginny “Lo hai già fatto. Lo fai da quando sei nato.”

Ginny riusciva a dire le cose più difficili nel modo più semplice. Riusciva a leggere ogni avvenimento in modo diverso dal suo, dandogli l’impressione di aver dimenticato un particolare importante per costruire le sue idee. Ma era così ingenua, così … semplice.

Le sorrise amaramente

“Non è così facile Ginny.”

“Perché? Cosa hai fatto negli ultimi sei anni?”

“Ho fatto ammazzare Sirius, ho fatto ammazzare Cedric, ho quasi fatto uccidere te, ho messo in pericolo Ron, Hermione, Luna, Neville, Silente, Lupin, un numero imprecisato di Auror, ho fatto entrare Voldemort a Hogwarts e nel Ministero della Magia. Ti pare sufficiente?” Harry continuò a fissarla mentre elencava tutto il dolore e la tristezza degli ultimi anni.

“Sei un cretino. Vedi tutto il mondo come se fossi tu al centro.” Ginny lo stava fissando a sua volta e aveva parlato con tono quasi neutrale.

Ron, che sentiva su di sé tutto il dolore dell’amico, fissò la sorella. Si annunciava battaglia.

Hermione, con le lacrime agli occhi, spostò lo sguardo da Harry a Ginny e poi a Ron. Lui stava quasi sorridendo. Aveva lo sguardo concentrato sulla sorella. Sembrava aspettarsi un commento del genere. Gli si avvicinò.

Neville aveva la bocca aperta. Luna ascoltava assorta.

“Ti ho appena detto che ho ammazzato tutta questa gente e TU MI DAI DEL CRETINO?!?”

Il tono di voce di Harry era aumentato fino a diventare un urlo represso, quasi fosse incapace di buttarlo fuori.

“Non hai ammazzato nessuno Harry.” Ginny spalancò gli occhi e le braccia. “Voldemort o i suoi seguaci hanno ammazzato, non tu! Non sei nella testa di nessuno, non puoi comandare nessuno. Tutti abbiamo scelto di nostra volontà di fare quello che abbiamo fatto e che faremo. Non puoi comandarci, non siamo burattini. Ti vogliamo bene. Sirius ti voleva bene. Lupin ti vuole bene. Silente ti vuole bene. E anche questa è una nostra scelta, non tua.” Ginny aveva contato sulle dita della mano le persone che nominava e stava guardando Harry, tesa con il corpo verso di lui.

“Sono anni che siete in pericolo a causa mia! Cosa devo fare allora per non farvi male? Odiarvi? Farmi odiare?!”

Che accidenti di consiglio gli aveva dato Silente? Quella era la sua maggiore forza? Quelli erano gli amici che gli volevano bene?

Guardò attorno a lui. Lo stavano fissando tutti.

“Credo sia vero.” disse Luna “ Potresti anche odiarci, ma se noi condividiamo le tue idee comunque ti aiuteremmo. Non puoi farci nulla. Devi accettarci come siamo.”

“Capisci Harry?” chiese Ginny

“No.” ammise sconfitto.

“Siamo amici tuoi Harry. Ti vogliamo bene. Vogliamo vederti vivo alla fine di …… tutto questo.” Ron gli riavvicinò parlando fino ad appoggiargli una mano sul braccio.

“Non devi sentirti in colpa per le scelte degli altri Harry. Non puoi decidere tu per noi. Lo facciamo da soli.” Hermione gli accarezzò l’altro braccio accennando un sorriso.

Harry li fissò. Si sentiva senza fiato. Si aspettava dolore, pietà, paura. Ma non capiva questo. Sembrava che lo stessero quasi allontanando da loro. Che non riconoscessero il suo dolore.

L’espressione del volto doveva riflettere in qualche modo questi pensieri, perché Ginny disse: “Non capisci il senso di quello che ho detto.”

“No.” ammise “Non vi capisco.”

“Quando sei arrivato a prendermi dal Basilisco e da Riddle, ho pensato che fossi invincibile. Mi avevi salvato, anche a costo della tua vita. Avevo 11 anni, credevo nelle favole, credevo che una persona da sola potesse salvare il mondo! Poi sono cresciuta, ti ho visto soffrire per Cedric e Sirius, chiederti cosa avresti potuto fare per loro. Ho capito che non potevi fare nulla di più di quello che hai fatto. Hai 16 anni, Harry! Neppure Voldemort riesce a vincere da solo. Si sta circondando di Mangiamorte, se li va a prendere da Azkaban. Perché tu dovresti fare tutto da solo? Lascia che chi ti vuole bene ti aiuti.”

“La profezia parla di me, non di voi. Sono morti in molti per me. E io non sono riuscito e forse non riuscirò…” Harry sentiva il dolore crescere, quasi alle lacrime.

“Ma noi siamo con te, Harry! Noi siamo parte di te, Harry!” esclamò Hermione “Non saremmo qui senza te, ma anche tu non ce l’avresti fatta senza di noi. Non so cosa dovrai fare, ma non lasciarci fuori. Non sentirti come se avessi costretto qualcuno ad aiutarti.”

Harry cominciava a capire, a ricordare quanto aveva detto Silente sul farsi proteggere da loro, sul fare affidamento su di loro. Poteva decidere quello che voleva fare contro Voldemort, ma non poteva costringere gli altri a non seguirlo. Doveva rispettare le loro scelte. Doveva accettare le loro decisioni.

Li guardò. Si erano avvicinati tutti a lui. Ron e Hermione al suo fianco, Ginny davanti, Neville e Luna, appena dietro a lei. Sembravano davvero una barriera. Uno scudo. E molti mancavano all’appello.

Non capiva fino in fondo quello che lo aspettava e anche gli altri avevano la sensazione di non aver colto il significato profondo della profezia.

Non riusciva ancora a capire il ragionamento di Ginny, ma sentiva tutta la forza di quel gruppo di persone attorno a lui. Li sentiva uniti, vicini.

Rimasero in silenzio per un lungo momento. Harry riuscì a vincere la lotta contro le sue lacrime, a ricacciarle indietro. Ron aveva gli occhi molto più lucidi dei suoi. Hermione stava piangendo apertamente, anche per lui.

Ginny gli accarezzò una guancia e Harry si sentì così simile a Ron o a Charlie in quel momento. Le sorrise. Se ce ne fosse stato bisogno si era appena sdebitata di quanto era accaduto nella Camera.

Luna mise un braccio sulle spalle di Ginny. Neville si avvicinò a Ron.

“Credo che ne abbiamo abbastanza tutti per oggi. Io vado” Luna salutò e uscì dalla Sala Comune. “Immagino che la profezia rimanga un segreto da non divulgare. Non accennerò nulla a papà.”

“Andiamo Harry. Dai, Neville.” Ron tenendo per il braccio Harry si avviò verso il Dormitorio.

Ginny e Hermione li imitarono.

Molte domande erano ancora senza risposta e sapevano che avrebbero discusso a lungo della profezia, ma quella sera erano tutti esausti.

  
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