Una amicizia a prova di profezia
Nella
sala dei Griffondoro c’era un caos totale.
Ragazzini
urlanti di varia età e sparsi un po’ dovunque inneggiavano ai giocatori della
loro squadra. Dalle bacchette uscivano incantesimi per addobbare la stanza, per
far arrivare bibite e dolci, per aumentare il volume della voce, per ricreare
la telecronaca della vittoria. Ogni motivo di confusione era ben accetto.
I
componenti della squadra si muovevano nella stanza raccogliendo complimenti,
abbracci, pacche sulle spalle. Dispensavano sorrisi, racconti, commenti e anche
qualche autografo, soprattutto tra i più piccoli.
In
particolare Ron stava riscotendo un notevole successo tra le ragazze che gli
lanciavano sguardi apparentemente casuali, ma prolungati.
Harry
tentava di starsene un po’ defilato, osservando l’amico che, al centro
dell’attenzione, sembrava proprio a suo agio. Non esagerava neppure tanto con i
racconti!
Hermione
si sentiva altrettanto felice del successo di Ron.
Al
termine della partita si era precipitata in campo e aveva abbracciato Ginny,
poi Harry e alla fine, volutamente alla fine, Ron. Gli aveva gettato le braccia
al collo cercando di mostrare tutto il suo entusiasmo e neppure un po’ di
timidezza. Ron aveva risposto d’istinto ricambiando l’abbraccio e alzandola
leggermente da terra, ridendo e ripetendo : “ Hai visto questa volta, hai
visto?!?!” Dopo un po’ di secondi si era irrigidito e le aveva fatto appoggiare
nuovamente i piedi a terra, si era scostato leggermente e l’aveva guardata, con
un leggero sorriso. Erano rimasti immobili, abbracciati ancora per un po’. Non
avevano notato lo sguardo dolce di Harry. Il quale si era poi trovato sommerso
dalle sorelle Patil, urlanti e dispensatrici di baci.
Dal
momento del rientro non c’era stato modo di parlare insieme, erano troppo presi
dai festeggiamenti.
Quando
ormai la serata si stava concludendo e la maggior parte degli studenti era
salito nei dormitori, un commento di Neville riaprì in Harry una profonda
ferita.
“Adesso
però, dovresti pensarci Harry!” gli aveva detto. “Perché diventare un Auror? È
rischioso. Fai il cercatore di professione.”
Harry
aveva sorriso, felice del complimento, ma poi si fece strada in lui il ricordo
della profezia.
“…e uno
dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive…
Da quando
era a Hogwarts se ne ricordava solo ogni tanto, quando il pericolo della guerra
diventava più forte! Che stupido! Era lui la guerra, era lui al centro di tutto
questo. Che motivo c’era di festeggiare? Perché a lui? PERCHÉ?!
Che
futuro c’era per lui? Che motivo aveva di programmare il suo lavoro futuro?
Lentamente
si chiuse in se stesso e la maggior parte del gruppo non lo notò, ancora troppo
coinvolto dalla gioia.
Hemione
lo vide incupirsi e diventare silenzioso e cercò il suo sguardo per parlargli.
Harry
guardò fuori dalla finestra, immobile, assorto in un futuro che non sapeva se
poteva avere.
Quando il
gruppo del sesto anno del dormitorio maschile di avviò verso il letto,
chiamarono Harry che però disse di voler rimanere ancora un po’ giù.
Ron
intercettò una occhiata di Hermione che lo bloccò vicino alle scale. Era lo
stesso sguardo preoccupato che le compariva in volto quando Harry aveva i suoi
momenti di rabbia contro tutto e tutti.
Guardò
verso l’amico, ma vide solo la sua schiena. Si avvicinò ad Hermione.
“È così
da un po’” gli disse lei.” Non capisco perchè.”
“Gli hai
parlato?” chiese Ron
Hermione
scosse la testa in segno di diniego.
“Vai tu.”
Ron si
avvicinò ad Harry.
“Vieni a
dormire?”
Harry non
dava segni di aver sentito.
“Harry?”
Ron alzò leggermente la voce con un tono titubante.
Harry si
girò di scatto, meravigliato che ci fosse ancora qualcuno lì. Guardandosi
attorno vide Ron, Hermione poco distante e Ginny vicina alle scale del suo
dormitorio, rivolta verso di loro.
“Non mi
ero accorto che fosse finito. Arrivo a dormire tra poco.”
“Harry,
sei triste. Perché?” chiese Hermione, nel silenzio della stanza
“Nulla”
tentò di sorridere l’amico. “Sono stanco”.
“Harry
non è vero. Sei preoccupato per qualcosa.”
Il peso
della sua paura, di quella dei suoi amici, la tensione della partita, il dolore
della cicatrice che ogni tanto ricominciava, la consapevolezza della sua
precarietà e della propria incapacità a contrastare Voldemort, la difficoltà a
raccontare i suoi sentimenti e le sue paure gli fecero scatenare nuovamente la
rabbia.
“Non è
vero Hermione. Sono stanco. E basta” Il tono era secco, duro.
“Harry…”
provò a continuare lei
“Piantala
di tormentarmi e di volermi leggere dentro. Sono stanco, ok?!” la bloccò,
mettendo le mani avanti quasi a volerla allontanare da sé, anche se erano
distanti l’uno dall’altra..
Ron,
inconsapevolmente, si avvicinò ad Hermione, mettendosi tra lei e Harry.
Ginny
invece si avvicinò.
“Cosa ti
sta succedendo? Stavi festeggiano con tutti fino a poco fa. Cosa è cambiato?”
“Accidenti
a voi ragazze! NON HO NULLA.” Le ultime parole Harry le scandì una alla volta
con un tono di voce normale, ma che risuonò dentro la stanza.
Il
consiglio di Silente rimbombava nella sua testa, ma non sapeva come fare, cosa
dire.
“Andiamo,
Harry!” Rispose con altrettanta calma Ginny. “Non hai la faccia di uno che ha
steso Malfoy, ma di uno che si è fatto stendere da qualcuno. Cosa c’è?”
Per un
lungo momento risuonò un fortissimo silenzio nella stanza. Erano tutti immobili.
Anche Luna e Neville erano nel Salone, lei diretta verso la porta e il suo
dormitorio, lui vicino alle scale del proprio, che aveva ridisceso alla ricerca
della sua sciarpa che gli era caduta.
Il
silenzio divenne tensione, poi Harry si girò verso tutti loro con gli occhi
lucidi.
Prese
fiato. Sospirò.
“La
profezia. Quella dell’anno scorso. Silente la conosce. Me l’ha detta.”
Silenzio…
Dopo parecchi scondi…
“Cosa
dice Harry?” chiese Ron sottovoce, come avesse letto nella mente di tutti gli
amici la stessa domanda.
Harry recitò,
lentamente, meravigliandosi di come fosse impressa nella sua mente:
“Ecco
giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…nato da chi lo ha
tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo
designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e uno
dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà
all’estinguersi del settimo mese…”
Il
silenzio crollò nella stanza.
Rimasero
in silenzio, ripetendo ognuno quella parte di profezia che gli era rimasta
maggiormente scolpita nella mente.
“Sei tu
Harry.” Ron non aveva fatto una domanda, ma una affermazione
“Sì.”
“E non
puoi vivere se vive anche lui” disse Hermione
“Sì”
“Ti ha
voluto lui come suo nemico” disse Neville
“Sì”
Harry si sentiva sfinito solo per aver detto tre piccole sillabe.
“Come
pensi di sconfiggerlo Harry?” chiese Ginny
“Con
questo potere sconosciuto?” aggiunse Luna
Harry le
guardò.
“Cosa vi
fa credere che possa sconfiggerlo?”
“Beh, …
tu.” disse Ginny “Lo hai già fatto. Lo fai da quando sei nato.”
Ginny riusciva
a dire le cose più difficili nel modo più semplice. Riusciva a leggere ogni
avvenimento in modo diverso dal suo, dandogli l’impressione di aver dimenticato
un particolare importante per costruire le sue idee. Ma era così ingenua, così
… semplice.
Le
sorrise amaramente
“Non è
così facile Ginny.”
“Perché?
Cosa hai fatto negli ultimi sei anni?”
“Ho fatto
ammazzare Sirius, ho fatto ammazzare Cedric, ho quasi fatto uccidere te, ho
messo in pericolo Ron, Hermione, Luna, Neville, Silente, Lupin, un numero imprecisato
di Auror, ho fatto entrare Voldemort a Hogwarts e nel Ministero della Magia. Ti
pare sufficiente?” Harry continuò a fissarla mentre elencava tutto il dolore e
la tristezza degli ultimi anni.
“Sei un
cretino. Vedi tutto il mondo come se fossi tu al centro.” Ginny lo stava
fissando a sua volta e aveva parlato con tono quasi neutrale.
Ron, che
sentiva su di sé tutto il dolore dell’amico, fissò la sorella. Si annunciava
battaglia.
Hermione,
con le lacrime agli occhi, spostò lo sguardo da Harry a Ginny e poi a Ron. Lui
stava quasi sorridendo. Aveva lo sguardo concentrato sulla sorella. Sembrava
aspettarsi un commento del genere. Gli si avvicinò.
Neville
aveva la bocca aperta. Luna ascoltava assorta.
“Ti ho
appena detto che ho ammazzato tutta questa gente e TU MI DAI DEL CRETINO?!?”
Il tono
di voce di Harry era aumentato fino a diventare un urlo represso, quasi fosse
incapace di buttarlo fuori.
“Non hai
ammazzato nessuno Harry.” Ginny spalancò gli occhi e le braccia. “Voldemort o i
suoi seguaci hanno ammazzato, non tu! Non sei nella testa di nessuno, non puoi
comandare nessuno. Tutti abbiamo scelto di nostra volontà di fare quello che
abbiamo fatto e che faremo. Non puoi comandarci, non siamo burattini. Ti
vogliamo bene. Sirius ti voleva bene. Lupin ti vuole bene. Silente ti vuole
bene. E anche questa è una nostra scelta, non tua.” Ginny aveva contato sulle
dita della mano le persone che nominava e stava guardando Harry, tesa con il
corpo verso di lui.
“Sono
anni che siete in pericolo a causa mia! Cosa devo fare allora per non farvi
male? Odiarvi? Farmi odiare?!”
Che
accidenti di consiglio gli aveva dato Silente? Quella era la sua maggiore
forza? Quelli erano gli amici che gli volevano bene?
Guardò
attorno a lui. Lo stavano fissando tutti.
“Credo
sia vero.” disse Luna “ Potresti anche odiarci, ma se noi condividiamo le tue
idee comunque ti aiuteremmo. Non puoi farci nulla. Devi accettarci come siamo.”
“Capisci
Harry?” chiese Ginny
“No.”
ammise sconfitto.
“Siamo
amici tuoi Harry. Ti vogliamo bene. Vogliamo vederti vivo alla fine di …… tutto
questo.” Ron gli riavvicinò parlando fino ad appoggiargli una mano sul braccio.
“Non devi
sentirti in colpa per le scelte degli altri Harry. Non puoi decidere tu per
noi. Lo facciamo da soli.” Hermione gli accarezzò l’altro braccio accennando un
sorriso.
Harry li
fissò. Si sentiva senza fiato. Si aspettava dolore, pietà, paura. Ma non capiva
questo. Sembrava che lo stessero quasi allontanando da loro. Che non
riconoscessero il suo dolore.
L’espressione
del volto doveva riflettere in qualche modo questi pensieri, perché Ginny
disse: “Non capisci il senso di quello che ho detto.”
“No.”
ammise “Non vi capisco.”
“Quando
sei arrivato a prendermi dal Basilisco e da Riddle, ho pensato che fossi
invincibile. Mi avevi salvato, anche a costo della tua vita. Avevo 11 anni,
credevo nelle favole, credevo che una persona da sola potesse salvare il mondo!
Poi sono cresciuta, ti ho visto soffrire per Cedric e Sirius, chiederti cosa
avresti potuto fare per loro. Ho capito che non potevi fare nulla di più di
quello che hai fatto. Hai 16 anni, Harry! Neppure Voldemort riesce a vincere da
solo. Si sta circondando di Mangiamorte, se li va a prendere da Azkaban. Perché
tu dovresti fare tutto da solo? Lascia che chi ti vuole bene ti aiuti.”
“La profezia
parla di me, non di voi. Sono morti in molti per me. E io non sono riuscito e
forse non riuscirò…” Harry sentiva il dolore crescere, quasi alle lacrime.
“Ma noi
siamo con te, Harry! Noi siamo parte di te, Harry!” esclamò Hermione “Non
saremmo qui senza te, ma anche tu non ce l’avresti fatta senza di noi. Non so
cosa dovrai fare, ma non lasciarci fuori. Non sentirti come se avessi costretto
qualcuno ad aiutarti.”
Harry
cominciava a capire, a ricordare quanto aveva detto Silente sul farsi
proteggere da loro, sul fare affidamento su di loro. Poteva decidere quello che
voleva fare contro Voldemort, ma non poteva costringere gli altri a non
seguirlo. Doveva rispettare le loro scelte. Doveva accettare le loro decisioni.
Li
guardò. Si erano avvicinati tutti a lui. Ron e Hermione al suo fianco, Ginny
davanti, Neville e Luna, appena dietro a lei. Sembravano davvero una barriera.
Uno scudo. E molti mancavano all’appello.
Non
capiva fino in fondo quello che lo aspettava e anche gli altri avevano la
sensazione di non aver colto il significato profondo della profezia.
Non
riusciva ancora a capire il ragionamento di Ginny, ma sentiva tutta la forza di
quel gruppo di persone attorno a lui. Li sentiva uniti, vicini.
Rimasero
in silenzio per un lungo momento. Harry riuscì a vincere la lotta contro le sue
lacrime, a ricacciarle indietro. Ron aveva gli occhi molto più lucidi dei suoi.
Hermione stava piangendo apertamente, anche per lui.
Ginny gli
accarezzò una guancia e Harry si sentì così simile a Ron o a Charlie in quel momento.
Le sorrise. Se ce ne fosse stato bisogno si era appena sdebitata di quanto era
accaduto nella Camera.
Luna mise
un braccio sulle spalle di Ginny. Neville si avvicinò a Ron.
“Credo
che ne abbiamo abbastanza tutti per oggi. Io vado” Luna salutò e uscì dalla
Sala Comune. “Immagino che la profezia rimanga un segreto da non divulgare. Non
accennerò nulla a papà.”
“Andiamo
Harry. Dai, Neville.” Ron tenendo per il braccio Harry si avviò verso il
Dormitorio.
Ginny e
Hermione li imitarono.
Molte domande erano ancora senza risposta e sapevano che avrebbero discusso a lungo della profezia, ma quella sera erano tutti esausti.