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Autore: JennaHerondale    14/08/2016    1 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

 
Seven Devils -- Florence & the Machine


Louis è in missione.
Entra in biblioteca, tirando la pesante porta in legno che trascina con sé un odore di pagine impolverate, moquette sporca e inchiostro secco. È pungente e nauseabondo e gli si insinua nelle narici in maniera fastidiosa, ma Louis lo ignora, i suoi occhi decisi, alla ricerca. In silenzio, si muove furtivamente verso il fondo della larga stanza.
Il fatto è che ha visto Harry Styles entrare qui dentro. Sa che è qui da qualche parte. Deve solo riuscire a trovarlo, ecco tutto. A quel punto, cominceranno i giochi.
Le suole sporche delle sue Vans scricchiolano appena, mentre supera alte e infinite file di libri impolverati con le copertine spaccate, scheggiate, affievolite sotto la luce tenue che le soffoca. La moquette odora di carta vecchia e muffa, e scricchiola sotto i suoi piedi sollevando una leggera folata di polvere. Malgrado sia teoricamente blu, è praticamente, in modo allarmante, tendente al marrone – qualcosa che non avrebbe mai considerato prima, ma… be’. La pavimentazione pubblica è probabilmente l’unica eccezione all’arte e a tutti i suoi scopi. Sa di lunghe e noiose notti riempite di ansia, silenzio, un po’ di stress e un tocco di panico. E anche se, in realtà, non è stato poi in molte biblioteche (anche quando andava a scuola, non è mai stato particolarmente… ehm… accademico, potremmo dire), può immaginare che sia probabilmente l’atmosfera generale – una sorta di calma interiore in subbuglio. Un contraddittorio tipo di caos.
Eppure gli piacciono – sono biblioteche, insomma. Gli piace l’idea che in una singola stanza possano coesistere migliaia di minuscoli universi, rilegati in cuoio e posati in silenzio sugli scaffali. O forse gli universi sono proprio le biblioteche, che ospitano galassie e mondi e stelle morenti e buchi neri e nane rosse, nascoste e intatte. Appena sotto la superficie, così che nessuno scopra mai che sono lì…
Ad ogni modo, è un pensiero figo. Un universo in un universo. Forse il mondo è una biblioteca. Forse Louis è solo un altro libro nello scaffale. Huh.
È un pensiero rassicurante. Louis ama i libri, ama le parole delle altre persone. Ama ascoltarle cantare nelle sue canzoni preferite, ama scarabocchiarle e intagliarle e dipingerle e ama ripeterle in un morbido ritmo quando il mondo diventa un po’ troppo cacofonico. I libri sono piacevoli. Ama leggere. Ama il modo in cui le persone formano frasi e usano i loro vocaboli per dire tutte le stronzate che lui non può esprimere.
Vivere è la cosa più rara al mondo…
Ma ad ogni modo. Ha degli affari da sbrigare.
Ignorando le fastidiose risatine e gli sguardi degli studenti e del personale, continua per la sua strada. Sbircia oltre tutti i libri e le galassie, osservando di sfuggita le innumerevoli teste che occupano i lunghi e rettangolari tavoli sparsi negli ampi spazi della stanza buia, con troppe poche finestre e troppi granelli di polvere. È alla ricerca di una testa curva e riccia con le cuffiette, è alla ricerca del ragazzo, del suo ragazzo, il suo obiettivo.
Continua a girare in tondo, gli occhi che penetrano attraverso il fitto ammasso di studenti, ben vestiti e intelligenti e pieni di sé, con i loro iPad e i loro Macbook e le citazioni di Bukowski. Strizza un poco gli occhi, continuando a girare in tondo e ispezionando ogni angolo (perché, dove cazzo è finito quel ragazzino?), nascosto e inosservato e sempre più frustrato e un po’ affamato. Tutta questa cazzo di storia è ridicola.
Dio, le cose che fa per Liam Payne e la sua faccia da schiaffi… contrae le labbra al pensiero.
Pensa alla ricompensa, Tommo. Pensa alla ricompensa.
Con (leggermente) rinnovato vigore, avanza verso il fondo, dove le ombre della stanza diventano un po’ più fitte, la polvere vortica più pesantemente, dove i libri giacciono silenziosi, intoccati da anni. Sente una strana fitta di compassione al pensiero – qualcosa di raro, per lui – e passa le dita sulle loro copertine. Solo per un po’ di attenzione, un po’ di qualcosa. Così loro sapranno di non essere stati completamente dimenticati.
Seriamente, dove cazzo è quel ragazzino? Perché non è sicuramente nella biblioteca. Non è nella massa di studenti che chiacchierano e Louis è sicuro come la morte che non si trovi nel fondo di questa cripta. Non c’è un’anima in mezzo agli archivi dimenticati, neanche una mosca, quindi dove…
Oh.
Un momento.
Si arresta vicino a una serie di enciclopedie, osservando attraverso queste ultime e focalizzando lo sguardo su una figura solitaria, riparata e seduta ad un piccolo tavolo di legno in un angolo isolato. La figura è curva, silenziosa, determinata, con un disordinato ammasso di ricci sulla sua testa, ribelli e sparsi contro la pelle liscia del collo. Indossa un maglione grigio un po’ troppo largo ma allo stesso tempo troppo corto, il tessuto fitto e morbido che scivola sulla schiena. Non c’è quasi nulla sul tavolo davanti a lui, solo una pila di libri, un quaderno, e un’enorme busta di… carote? Carotine?
Louis sbatte le palpebre. Okay.
Senza distogliere lo sguardo, tira fuori il telefono dalla tasca, inviando un breve messaggio a Liam.
L’ho trovato.
Non passano neanche trenta secondi che vibra in risposta.
Perfetto
Non riesce a trattenere un sorrisetto mentre si alliscia i vestiti e passa le dita rilassate sui capelli sistemati con cura, il cuore che batte all’impazzata in previsione di tutto – l’inizio è sempre la parte più divertente. E questo? Questo probabilmente sarà il più divertente di tutti.
Perché è così. Questa è la sua grande opportunità. Questa è, probabilmente, l’ultima piccola missione di Louis, l’ultima conquista prima di riuscire finalmente ad avere Liam e, con lui, completa e assoluta ricchezza; una vita condita di implicito potere e vizi su vizi su edonismo.
È così.
Quindi.
Ci siamo.
Senza pensarci due volte, si allontana dagli imponenti scaffali, esponendosi alla vista mentre rilassa il viso in un’espressione piacevole, preparandosi a mettere l’esca all’amo. Questo pensiero lo diverte, in realtà. Styles è solo un pesce gigante, che nuota senza meta in un mare di altri pesci tutti uguali. Ed è qui che arriva Louis con uncino, corda e piombo.
Heh.
Si avvicina. Ogni passo è cauto, rilassato, e completamente preparato. È anche un po’ trionfante? Di già? Be’, forse. Perché cazzo non dovrebbe esserlo? Come ha detto prima – non ha mai fallito. Neanche una volta. Quindi, naturalmente, sente salire l’adrenalina mentre si avvicina sempre più al ragazzo in questione, completamente ignaro e inconsapevole della tempesta che sta arrivando alle sue spalle. Ovviamente Louis sente la vittoria in mano mentre posa lo sguardo sulla tranquilla e ignara figura, che presto starà ansimando il suo nome. Ovviamente Louis sente la cazzo di vittoria in mano alla consapevolezza che, dopo che avrà finito con queste futili cazzate in maniera opportuna e ordinata, otterrà tutto quello che ha sempre voluto: Potere. Ricchezza. Una voce. Più di una fottuta strada da poter percorrere.
La moquette scricchiola a ogni passo, ma il ragazzo ha le cuffiette (come sempre), la mano salda mentre scrive appunti in un quaderno sottile e rovinato. Ogni tanto prende una carotina dalla busta, il rumore dei morsi che rimbomba nel silenzio e attira un paio di sguardi infastiditi nella sua direzione attraverso la stanza. Ma lui non ci fa caso, continua a scrivere con la mano liscia e pallida, ascoltando la sua musica mentre sulla schiena è riflessa la luce che arriva dalle alte finestre. È completamente solo, completamente isolato, e… be’. Risoluto e silenzioso e apparentemente molto insignificante.
È un po’ strano. No?
Il ragazzo, che starebbe mandando a puttane l’intera vita di Liam – il ricco Golden Boy Liam – è letteralmente seduto da solo in una stanza piena di opportunità a cui baciare il culo e… eppure sta lì. Sgranocchiando le sue carote e battendo ogni tanto i piedi ad un ritmo che solo lui può sentire. Louis già sospettava che fosse timido, ma… non ha neanche una vita sociale?
Tutta questa storia è semplicemente strana.
Ma è ad un passo da lui adesso, analizzando i titoli dei libri impilati sul tavolo. Sembra che ci sia Kafka, Lovecraf, Vonnegut, e… è la Austen, quella? Okay, figo. Buono a sapersi. Spreme le meningi, cercando di trovare una frase che potrebbe apparire sia brillante che spontanea, qualcosa che dovrebbe spingere il ragazzo ad ascoltare lui piuttosto che la sua musica (Louis si sta ancora chiedendo che cosa stia ascoltando – la musica è un po’ una sua cosa) e sta giusto per aprir bocca, raccogliendo tutto il fascino naturale che possiede, sta già cominciando ad assumere il suo sorriso e il suo sguardo che è sicuro possano mandare un caldo brivido a chiunque lo guardi…
Quando, improvvisamente, il suo piede decide di urtare contro il tavolo.
“Oh, cazzo, merda!” Louis impreca immediatamente, il sorriso che scivola via dalle sue labbra, presto rimpiazzato da una smorfia decisamente poco attraente. Questo cazzo di tavolo traballante è duro. Molto duro. È come se il suo piede si stesse spaccando in due, merda.
Styles strilla spaventato, strappando le cuffie dalle orecchie. Un suono assurdo esce dalla sua bocca mentre si gira, la penna che gli cade dalla mano, la testa che si alza per puntare i suoi larghi e allarmati occhi su Louis.
Occhi molto allarmati.
Sono questi affari luminosi, una sorta di colore indefinito. Qualcosa tra il grigio e il verde e il blu? Forse un po’ come il mare in uno di quei nuvolosi giorni di merda, quando sembra sempre che stia per piovere ma alla fine non accade mai. Solo una pioggerellina. Sono lucenti, come le increspature sulla superficie dell’oceano, ma… sereni. Bui, forse. Spenti e insignificanti e senza voglia di vivere, in realtà. Sono solo un paio di occhi che semplicemente esistono.
E, sapete, Liam è solo un idiota ipersensibile, se pensa che questo ragazzo rappresenti una minaccia. Questa piatta sfumatura di grigio? Styles potrebbe potenzialmente essere l’ultimo minaccioso colore dell’intero spettro.
Che cazzo di perdita di tempo.
Louis sospira internamente, indirizzando un sorriso dispiaciuto verso il giovane di fronte a lui, il piede che pulsa solo un po’, così come la minuscola vena nel collo bianco e liscio di Harry. Il ragazzo non si è ancora mosso, sospeso nel tempo e con gli occhi spalancati.
“Mi dispiace così tanto,” Louis fa le fusa, rivolto al riccio gufo della foresta seduto di fronte a lui.
Styles da vicino è più delicato. I suoi lineamenti sono molto… be’. Adorabili. È l’unica parola che si può usare, in realtà. Allo stesso tempo delicato e spigoloso, con le sue labbra piene, leggermente dischiuse per la sorpresa. Ha ancora una cuffietta infilata nell’orecchio, l’altra che penzola tristemente. Sono bianche e pulite, probabilmente comprate con il suo piccolo iPod – ovviamente ha cura delle sue cose.
E non ha neanche ancora sbattuto le palpebre, cazzo.
“Mi piacerebbe dire che è stata tutta colpa del tavolo, ma…” Louis fa una mezza risatina, come per giustificarsi, leggermente sconvolto per la sua falsa partenza, gli occhi sbarrati di fronte a lui che non offrono nessun terreno fertile. Perché, no, colpire Harry Styles come se fosse un iceberg – e Louis il Titanic – non è esattamente come si era immaginato di piombare sul ragazzino.
Non è andata così liscia, Tommo. Un bel lavoro del cazzo.
Però il ragazzo continua a fissarlo, occhi decisamente troppo grandi e penetranti. È strano. Troppo. E non è come se Louis fosse un qualsiasi sconosciuto da poter guardare negli occhi (è una delle sue armi più forti e sicure) ma… si trova quasi a voler distogliere lo sguardo mentre i secondi passano e il ragazzo si rifiuta di battere le palpebre, continuando a fissarlo.
È alquanto snervante.
“Perché stavi camminando così vicino al mio tavolo?”
Le parole quasi sorprendono Louis.
La loro schiettezza (ma poi la domanda cosa cazzo dovrebbe significare?) è quasi penetrante nella fitta e ammuffita aria della biblioteca, la loro mancanza di modulazione le rende completamente inaspettate. Soprattutto perché Louis stava cominciando a dubitare che Harry Styles potesse effettivamente parlare.
Ma parla – e parla anche bene, in effetti. Nonostante assomigli a un hobbit, la voce del ragazzo è una di quelle profonde, che rimbombano di calma attraverso ogni singola sillaba.
Tuttavia, la domanda è strana e un po’ sulla difensiva, quindi Louis non reagisce, quasi stupefatto. Quasi.
“Be’,” comincia, più confuso che sconvolto, tastando l’apparente natura inoffensiva del ragazzo, “A dir la verità stavo solo cercando di vedere quali libri avessi lì. Sul tuo tavolo.” Gesticola nella loro direzione, il piede che ancora pulsa fastidiosamente (per aver sbattuto contro il fottuto tavolo) mentre la bugia fuoriesce dalle sue labbra.
È facile mentire. È molto, molto facile. Gli viene quasi naturale, come respirare o dormire. Sorride al ragazzo, simulando disinvoltura e affabilità mentre ricerca lo sguardo sfacciato di fronte a lui. Ha finalmente sbattuto le palpebre, almeno. Grazie a dio.
Le sopracciglia del ragazzo si aggrottano mentre lancia uno sguardo ai libri che sono ora sparpagliati di fronte a lui, prima di tornare al suo buio e anonimo sguardo. “Oh. Te ne serviva uno? Ti chiedo scusa. Ne ho diverse copie, quindi puoi-”
“No, no, no.” Louis lo interrompe, sollevando una mano e ridacchiando dolcemente. Odia ridacchiare. “Non ce n’è bisogno. Ero solo curioso.” Sorride di nuovo, le labbra tirate.
“Oh.” La forma delle labbra del ragazzo indugia sul suono, le sopracciglia appena aggrottate. Sembra confuso – ma davvero – mentre mantiene il contatto con gli occhi di Louis, le cose ancora disseminate di fronte a lui, una carota solitaria che rotola sul pavimento.
C’è un silenzio imbarazzante. Merda.
“Sono Louis,” si affretta a dire (perché i silenzi imbarazzanti sono il nemico), allungando la mano con un sorriso che sa di poter catturare anche gli occhi più diffidenti. “Louis Tomlinson.”
Fortunatamente, niente è cambiato nell’espressione da gufo di Styles mentre abbassa lo sguardo sulla mano di Louis, il viso piatto e imperturbabile. Perché, sì, okay, Louis ha una reputazione da mantenere. Anche se non frequenta questa stupida scuola del cazzo, è stato coinvolto in abbastanza ‘scandali’ e possiede abbastanza contatti con i suoi occupanti da essersi meritato il suo nome inciso su una o due piastrelle dei bagni, o sussurrato con fervore in alcuni corridoi. Chi lo sa, forse anche discusso in classe. Ed è sicuro che niente di quello che è stato detto sia estremamente positivo. O possa aiutare la sua impresa. Quindi, sì, è davvero molto fortunato.
Con un nuovo sorriso affabile che arriva alle guance (e aww, dio lo benedica, il ragazzo sembra assolutamente angelico quando sorride, un adorabile rossore ad incendiare la pelle), Styles afferra la mano di Louis, annuendo educatamente in sua direzione. È sorprendentemente adorabile, i suoi lineamenti mutati in qualcosa di totalmente inoffensivo e in apparenza sincero; il vero ritratto della tenerezza. Louis non si sorprende che siano tutti attirati da lui – emana una sorta di fascino naturale. Un’indecifrabile e persistente attrazione.
Quindi è questo il motivo per cui è il nuovo Grande Obiettivo. Mentalmente, potrebbe avere l’abilità sociale di un gomitolo di lana, ma il patrimonio genetico di Harry Styles riesce a compensare con gli interessi.
“Harry,” il ragazzo in questione risponde, gentilmente, e Louis quasi si aspetta qualche sorta di battuta arguta da quelle labbra curiose e quegli occhi luminosi.
Ma poi improvvisamente il sorriso è messo educatamente da parte mentre il ragazzo già riprende in mano la penna, pronto a tornare al suo diligente studio.
“È un piacere conoscerti, ma è meglio che torni a studiare,” è ciò con cui conclude, e in un battito di ciglia è tornato ai suoi appunti, cuffie nelle orecchie, e la conversazione è di fatto conclusa.
O almeno è quello che pensa.
Louis ha appena cominciato.
Cercando di non accigliarsi (potrebbe o non potrebbe essere un po’ offeso per essere stato rifiutato così facilmente e in maniera spietata), Louis si schiarisce la gola, parlando a voce abbastanza alta da sovrastare qualsiasi canzone di merda ci sia al momento nel fottuto iPod.
“Solo Harry?” domanda, la voce intrisa di una punta di impazienza, ma mantiene in sorriso al suo posto perché dovrebbe essere attraente, cazzo. Dovrebbe essere seducente.
Forza, Styles. Apprezza lo sforzo.
Con le sopracciglia corrugate, il ragazzino si gira verso di lui, premendo ‘Pausa’ con un’aria per niente paziente. “Prego?” domanda, il tono appena irritato ma perlopiù colto alla sprovvista.
Louis deve far scemare appena il sorriso, percependo un brivido di eccitazione. Almeno sta ottenendo qualche sorta di reazione invece di quelle stronzate da persona educata. E, okay, sì, forse si sta anche divertendo ad innervosirlo un po’. Forse.
“Ho detto, ‘solo Harry?’” ripete, la voce dolce e appiccicosa mentre alza un sopracciglio, divertito. E se si sta comportando come uno stronzo… be’. Ops. Il ragazzino praticamente glielo sta chiedendo.
Allarga il sorriso quando nota la confusione (o forse evidente fastidio?) nello sguardo del ragazzo, che stira i suoi neoclassici lineamenti in qualcosa di meno pittoresco e gradevole, molto meno ‘amichevole’. È forse è la luce in questo cesso di posto o forse c’è veramente un accenno di timidezza e prudenza sul suo viso.
“Styles,” dice dopo un momento di pausa, quieto e appena titubante. “Il mio nome è Harry Styles.”
Una sensazione di trionfo si diffonde in Louis, attraverso il petto e i ventricoli. Sorride, vorrebbe sorridere di più, vorrebbe essere un po’ più alto e reclinare la testa come i gladiatori romani in trionfo. Sta cominciando a sentirsi al controllo adesso, come se avesse il mondo nelle sue mani.
“Be’, Harry Styles,” dice Louis, inclinando la testa verso il suo lato provocante, mentre poggia entrambe le mani sul tavolo, piegandosi appena in avanti. “Mi sento proprio una merda per aver buttato tutte le tue carote e libri per terra” – gli occhi sorpresi del ragazzo lanciano un’occhiata al pavimento, hah – “Quindi, posso farmi perdonare offrendoti da bere?”
A quello, Styles sposta lo sguardo dalla moquette blu-marrone (dove si è appena sporto per recuperare la solitaria carota) e, in qualche modo, sembra ancora più sorpreso quando incontra lo sguardo di Louis.
“Da bere?”
Louis annuisce, sorridendo disinvolto, il sangue che pulsa nelle vene.
“Certo. Da bere. Qualsiasi cosa. Tè, caffè, acqua… qualsiasi cosa, te lo prometto. Offro io, ovviamente.” Le parole sono tranquille – suonano tranquille, sembrano tranquille, e Louis ha la vittoria in mano, lo sente. Solo un altro piccolo sforzo e sarà ai suoi piedi.
Eppure.
Per qualche motivo, il silenzio permane più a lungo del solito. Il che è… inaspettato.
Allo sguardo perplesso del ragazzo (che sta ancora tenendo la carota tra le mani, poggiata con cura sulle sue gambe), Louis si sporge un po’ più avanti, il sorriso pieno che addolcisce il taglio degli occhi. “Milkshake?” offre in tono scherzoso, in attesa di una reazione, una risposta, qualcosa, perdio.
C’è un momento in cui Styles sembra essere onestamente senza parole, l’espressione sul suo viso tra il sorpreso e l’ammutolito e quasi offeso per ragioni ignare a Louis. Il che è effettivamente un po’ strano, ad essere onesti. Di solito è molto bravo con le persone, molto bravo ad analizzarle e valutare le loro reazioni. Ma Styles lo sta fissando come se avesse dei tentacoli che gli spuntano dalle fottute orecchie e no, Louis non può davvero dire di avere la situazione in mano.
Così invece fa quello che fa sempre in situazioni di emergenza: sorride graziosamente fino a far comparire delle rughette ai lati degli occhi, sfiorando lo stinco del ragazzo con la punta della scarpa.
Immediatamente, gli occhi di Styles trovano il punto di contatto, le sopracciglia fin troppo inarcate.
Ma porca puttana.
“Uhm…” comincia, e la voce è così bassa, così diversa dai suoi graziosi lineamenti da principessa. Gli occhi confusi tremolano appena, incrociando quelli di Louis con quello sguardo intenso, e si fissano. “È molto gentile da parte tua, ma… Uhm… Devo veramente…” Fa un cenno imbarazzato verso il quaderno, i libri sparpagliati, le carote. Le fottute carote. “Studiare,” conclude.
Poi preme ‘Play’ e gli dà nuovamente le spalle. Cazzo.
Sul serio? Adesso sta diventando seccante.
Quindi, ovviamente, Louis si siede. Si siede con fierezza, potrebbe aggiungere.
È con un udibile sospiro di esasperazione che Styles alza di nuovo lo sguardo, ogni segno di gentilezza ormai andato. Ora è solo preoccupazione e sconcerto e irritazione. Heh.
(E, okay, forse è anche un po’ divertente, oltre che snervante.)
Ehi-là” Louis cantilena con una faccia da schiaffi, sorridendo sfacciatamente e incrociando le mani sul tavolo. I bottoni della giacca premono un po’ sulle braccia lì dove ha rimboccato le maniche e la superficie del tavolo è un po’ appiccicosa e fredda, ma continua a sorridere, imperterrito, gli occhi fissi.
“Ehilà…” Styles risponde, stanco. Non si prende neanche la briga di alzare la testa ora, semplicemente fissa Louis attraverso il ciuffo di ricci castani, il maglione che ricade largo sul collo pallido. Non sbatte le palpebre, non si muove. I suoi occhi potrebbero o meno essersi assottigliati.
E Louis continua a sorridere a trentadue denti, in attesa. Aspetta che il ragazzo dica qualcosa o che faccia la prima mossa, pienamente consapevole che ogni suo gesto ormai può risultare fastidioso ed eccessivamente prepotente. Non è la sua tattica migliore – e certamente non è quella che si aspettava di usare – ma Styles si sta rivelando un po’ più… be’, insolito rispetto ai ragazzi a cui è abituato.
È frustrante, cazzo. Ma non è senza precedenti.
C’è ancora speranza.
“Posso aiutarti?” Styles preme infine sul silenzio di Louis, poggiando la penna ancora una volta e alzando totalmente la testa.
Louis semplicemente fa spallucce. “Solo se ti va di venire a bere qualcosa con me. Questo mi aiuterebbe.”
E ora il ragazzino lo sta davvero guardando come se fosse pazzo. Louis non è sicuro se abbia più voglia di ridere o di strangolarlo.
“Devo studiare.”
Un lampo di irritazione gli pulsa nelle vene. “Puoi studiare dopo.”
“È quello che ho intenzione di fare.” Styles dice lentamente, così, così lentamente. Sta fissando Louis con tutta la circospetta attenzione di uno che ha scoperto per caso un insetto sconosciuto. Fantastico. “Questo non mi impedisce di dover studiare anche ora.”
Touché, piccolo studente, touché.
Quindi.
Gli serve una strategia diversa.
Louis si morde l’interno della guancia, analizzando le migliaia di differenti tattiche, differenti armi preferite, sparse nella sua testa. Qual è quella giusta, qual è quella giusta?
“Senti, Harry” ed è la prima volta che pronuncia il suo nome, enfatizzandolo con un tono basso e un sospiro che genera un bel niente da parte del ragazzo (porca puttana) – “Non è davvero mia intenzione dissuaderti dai tuoi studi o altro…”
“Sì invece,” risponde Harry. L’ha detto con calma e onestà, nessun tono accusatorio. Come se stesse solo esponendo i fatti.
Louis sorride senza volerlo. Be’, okay – almeno il ragazzino è onesto. Può rispettarlo. Forse ha solo un po’ più di coraggio di quel che credeva. Forse non è poi così debole.
“Okay, va bene, hai ragione. Ma quello che stavo cercando di dirti è che, ciò nonostante, vorrei davvero farmi perdonare, anche solo per pochi minuti. È il minimo che possa fare. Specialmente ora che ho fatto tutto questo casino. Permettimi di scusarmi.”
Styles si limita a fissarlo.
Louis lo fissa di rimando, addolcendo il sorriso in qualcosa di più rilassato e calmo. Questo ragazzino è ovviamente un esemplare cauto, l’antitesi dell’‘impulsivo’. Un approccio più lento dovrebbe essere più efficace.
Mh. Forse dovrebbe provare con la tattica dell’‘amico’.
Il silenzio si allunga per un po’, abbastanza per Louis da cominciare a muovere i piedi in maniera irrequieta (odia stare seduto immobile e in questa tranquilla, polverosa e oppressiva stanza, si sente sull’orlo del soffocamento) ed è sul punto di aprir bocca, sul punto di indirizzare la conversazione su un’altra direzione.
Quando improvvisamente Styles apre la bocca per primo.
“Ma non mi conosci neanche,” dice a bassa voce, le sopracciglia inarcate. Una ciocca di ricci scappa da dietro il suo orecchio destro. C’è una leggera, molto leggera, punta di imbarazzo nei suoi occhi. Forse insicurezza? O forse è solo un’ombra? Una piccola ombra?
E ancora una volta, Louis quasi vacilla, fissando i soffici e crespi ricci, la titubanza nello sguardo del ragazzo, la ferma inflessibilità delle sue membra, e, per un momento, quasi non sa cosa fare. È confuso. I suoi obiettivi in passato sono stati timidi, alcuni anche riluttanti o distaccati; ma nessuno ha mai mostrato il genuino e impassibile disinteresse che questo ragazzo ha per Louis. Nessuno è mai stato così… indifferente.
Liam lo prenderà a calci nel culo.
“Be’, è esattamente questo il punto, no?” risponde dopo un attimo, e il sorriso che sta usando gli costa un piccolo sforzo in più del solito. Prova a mantenerlo, prova ad essere attraente, ma è distratto, osservando gli occhi di Harry, provando e provando e provando a interpretare quel poco che gli viene dato. “Vorrei conoscerti.”
Passano alcuni momenti in cui Styles continua a fissarlo da sotto un fitto ammasso di capelli che quasi coprono il suo occhio destro, lo sguardo vago, confuso. (Sta sempre fissando, non è così?) Si morde rapidamente l’interno del labbro ma Louis lo vede, chiedendosi cosa significhi perché ancora non ha capito come funzioni questo ragazzo. Non è sicuro se sia nervosismo o seccatura o attrazione o solo un tic. Ma si morde il labbro e Louis lo vede e Louis aspetta.
“Perché?” è quello che chiede Styles alla fine.
Dio, queste domande.
Louis agrotta un sopracciglio. “In che senso ‘perché?’”
“Perché vuoi conoscermi?”
E, oh. Okay.
Louis è colto di sorpresa. Come diamine dovrebbe rispondere a una domanda simile?
Per un paio di secondi rimane a bocca aperta come un fottuto pesce, fissando il ragazzino mentre cerca di articolare una frase che non sembri completamente costruita e falsa. Ma poi improvvisamente Styles è in piedi, arrotolando la sua busta di carote e ficcandola dentro la borsa, raccogliendo i suoi libri e stringendo il quaderno contro il fianco, infilando la penna in tasca. Le labbra sono contratte, il viso impassibile, ma i suoi movimenti sono continui e rapidi e non mostrano nessun fremito o esitazione.
“Senti, devo andare. È stato un piacere conoscerti.”
E se ne va.
Whoah whoah whoah. Aspetta un attimo, cazzo.
“Asp… fermati!” Louis lo chiama, stupefatto, il sorriso che gli scivola via dal viso mentre si alza di scatto dalla sedia. Ma il ragazzo è già sparito, diretto fuori dalla biblioteca, lasciando solo le pesanti porte chiudersi in faccia a Louis (grazie, ragazzino) e un cumulo di polvere nella sua scia.
Emergono nel soleggiato cortile della scuola, pieno di gente che passeggia, l’asfalto caldo sotto le suole di gomma delle loro scarpe. Suole di gomma. Rubber soles. ‘Rubber Soul’. Un bellissimo album, quello.
Styles è poco più avanti, Louis che quasi trotta come un fottuto pony per raggiungerlo.
“Aspetta, fermati,” Louis lo chiama di nuovo, facendo del suo meglio per non correre (Louis Tomlinson non corre) (nonostante le gambe da gazzella di Harry Styles e la falcata da Godzilla) mentre raggiunge il ragazzino. “Ecco,” ansima quando finalmente gli si accosta. “Lo sai, non sembra, ma sei proprio veloce con quel cul-”
“Cosa vuoi da me?” Styles domanda allora, voltandosi per fronteggiare Louis.
Il suo viso è quasi arrabbiato, una frustrata confusione impressa negli occhi, più indifesi che aggressivi. La sua borsa è appesa alla sua robusta spalla, sbattendo sulla pelle e spostando il morbido tessuto del maglione. Una mano la stringe in modo possessivo, l’altra è stretta a pugno sul fianco. È agitato, si sente con le spalle al muro, e sta osservando Louis come se volesse sinceramente che non gli rompesse più il cazzo.
Questo non va bene.
Una sensazione di malessere cresce bruscamente in Louis per un istante, mentre fa un allarmato passo indietro, abbandonando il suo atteggiamento sicuro e il sorriso divertito, che spariscono sul caldo asfalto e tra crepe dove crescono ora soffocati fili d’erba.
Ad essere sinceri, non è proprio sicuro su come approcciarsi. Non è abituato a questa… onestà?
Non è abituato a niente di tutto questo.
“Ehi,” dice, mantenendo la voce bassa, nel tono più serio che gli riesce. Non è mai stato bravo ad essere sincero, ma se c’è mai stato un momento per esserlo, è proprio questo. “Senti, non sto cercando di farti sentire a disagio o altro…”
“Ma cosa vuoi da me?” Styles ripete, apertamente frustrato, e sta quasi implorando, le mani che gesticolano le parole. In questo momento sembra meno sfinito, in qualche modo, meno cauto e silenzioso e titubante e tutte quelle altre cose.
Proprio ora, sembra solo… sincero. E sta fissando Louis con attenzione, pazientemente, esasperato. Le labbra sono dischiuse ma sta respirando rumorosamente dal naso. Gli occhi sono distanti. Ma non inquieti.
Louis non sa cosa significhi tutto questo.
“Volevo solo…” Louis alza le spalle, cercando con difficoltà le parole giuste, portando una mano sulla nuca. Non è abituato. “Senti amico, sono finito dritto sul tuo tavolo. Ho fatto volare tutta la tua cazzo di roba, e non contento ti ho fatto incazzare. Mi sento in colpa, okay? Sto solo cercando di farmi perdonare. Tutto qui.”
È una fottuta bugia. Sembra una bugia. Suona proprio come una bugia. Louis si sente irrequieto e non è abituato a tutto questo.
Il dubbio si insinua nei lineamenti del ragazzo.
“E, d’accordo, mi hai scoperto,” continua Louis con voce più sicura, ricomponendosi un attimo perché, no, non indietreggerà di fronte a una sfida. Riadotta un sorriso, lascia che si formi lentamente, piccolo e un po’ timido. “Neanche il tuo bel visino è passato inosservato.”
A quello, Styles diventa rosso. Arrossisce. Come un piccolo, imbarazzato bimbo.
Grazie a dio. I giochi sono di nuovo aperti.
“Uhm? Grazie,” il ragazzo balbetta, ma non sta più guardando Louis, ha lo sguardo fisso per terra con il viso che sembra decisamente in fiamme. Dio, è uno di quelli teneri. Un piccolo cerbiatto.
Louis è bravo con i cerbiatti. Eccezionale, persino.
Ce l’ha in pugno.
“Devo veramente andare, adesso,” continua, alzando di nuovo la testa. Il rossore è diminuito appena. “Forse ci vediamo in giro.”
O forse no.
Perché non è una domanda e non è un invito e prima che Louis possa anche solo dischiudere le labbra per parlare, Harry Styles è sparito.









Tadaaaan! Pubblicato giusto in tempo per la lunga giornata di Ferragosto! :)
Il nostro riccio preferito ha finalmente fatto la sua comparsa, e io amo, amo Harry Styles in questa versione da piccolo cucciolo.
Come al solito, grazie per aver letto <3, se siete arrivati fino a qui senza pensare "Ma che diamine ho letto?" vuol dire che forse ho trovato il mio lavoro della vita. Duh.
Grazie alla mia beta Giadina a cui sto stressando l'anima ogni singolo giorno, e grazie a Fabi che sopporta i miei "Ma questa cosa non esiste in italiano!".
E grazie a voi perché siete tutti bellissimi :3
I prossimi capitoli sono leggermente (sigh!) più lunghi, quindi ci metterò un attimo di più a tradurli, ma abbiate fede! Arriveranno presto <3
All the love.

Giulia
  
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