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Autore: Marty1611    29/08/2016    2 recensioni
Liliana non si sente abbastanza per fare qualsiasi cosa, per stare con qualsiasi persona.
Harry sapeva di avere tutto, ma ha dovuto dimenticarsene e fallire.
Questa non è la storia del cattivo ragazzo che la salva, o della brava ragazza che fa di tutto per cambiarlo. Questa è la storia del destino che fa incontrare due persone per far si che si sorreggano a vicenza, per riempire gli spazi vuoti l'uno dell'altra, per completarsi.
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Dal terzo capitolo:
Rimase a guardarla per qualche secondo, cercando di decifrarla, di capire cosa ci fosse dietro a quelle fossette profonde, quale strano trucco stesse nascondendo, ma finì nel nulla. Sembrava essere davvero chiara e trasparente come appariva. Non aveva mai visto nulla di simile.
«Comunque io sono Harry». Le porse la mano e lei la strinse senza esitazioni.
«Liliana».
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

 
 
Non fece in tempo a chiudere la porta dietro di se, che era già sdraiata sul suo letto, accasciata in una posizione tanto innaturale quanto apparentemente comoda.
«Quindi hai baciato Felix, uhm?».
«Esatto».
«E ti ha fatto così schifo che adesso piangi cercando di dimenticalo, uhm?» le chiese, mentre cercava di farsi spazio per sdraiarsi accanto a lei.
«No, per niente, è stato stupendo... è stato così dolce... fanculo!». Senza un motivo valido aveva ricominciato a singhiozzare. Si mise un cuscino in faccia e tacque. Non riusciva a capire perché lo facesse o, meglio, non voleva neppure provarci. Sapeva che centrava qualcosa con il suo fisico, ne era sicuro ma non voleva neppure entrare in argomento: per lui, lei andava benissimo com'era e non aveva voglia di discutere su quanto avesse ragione, era già successo qualche settimana prima e lei... lei non lo capiva.
«Addirittura stupendo? Che schifo! Avrei preferito commenti negativi! Tipo... che ne so? Sbava come un bulldog e stavo per vomitargli in bocca! Non puoi darmi immagini di Felix che bacia persone, che bacia te! Cristo, che schifo!». Era abbastanza sicuro di averle dato un'emozione. Era pronto a giurare che aveva notato un sussulto, qualcosa di molto vicino ad una risata soffocata, o almeno lo sperava. Lei rideva sempre, come poteva non aver riso a lui che imprecava? Lui non imprecava mai. Nonostante tutto, non gli aveva risposto, allora con movimenti d'anca cerco di avvicinarsi sempre più a lei. Se fare l'idiota non avesse funzionato, avrebbe potuto abbracciarla. Era sicuro di abbracciare bene, o almeno così gli dicevano le ragazze. «Cosa c'è che non va?». Cercò di alzare il cuscino, ma lei lo strinse ancora più forte.
«Hai promesso che non ne avremmo parlato». La sua voce era in parte bloccata dal cuscino rosso tappezzato di cuoricini e orsacchiotti che probabilmente aveva comprato ad una fiera del “NOI AMIAMO DAVVERO TANTO SAN VALENTINO”, era inguardabile e un po' lo faceva ridere.
«Va bene, va bene». Alzò le mani al cielo anche se non poteva vederlo. «Di cosa vuoi parlare, uhm? Qualcosa da ragazza o da maschio duro?». La sentì fare, di nuovo, quel piccolo sussulto-risata e quindi continuò. Stava funzionando. «Tipo: vuoi parlare di quanto è figo Zac Efron con la maglietta bagnata» disse con la sua mivliore voce da adolescente innamorata. Si schiarì la voce e poi continuò duro: «O di John Cena che fa il culo a tutti perché è un uomo “con le palle”? Dimmi tu! Vuoi che ti pitturi le unghie o facciamo a chi è più forte? Uhm?». La punzecchiò sulla pancia con l'indice. «Sei viva? Chiamo il 911?».
«Nessuna delle qu-quattro... f-forse Zac Efron».
«Ah donne! Non dite loro quanto siano fissate con l'aspetto fisico perché vi daranno del sessista, ma nominate Zac Efron e ne vorranno parlare!». Scosse il capo. «E io che pensavo fossi più maschio alfa che ragazzina arrapata... Zac Efron, pff!».
Dal nulla, prendendolo alla sprovvista, fece uscire la testa e gli diede una spinta che quasi lo fece cadere giù. «Ma smettila! Lo sappiamo benissimo che dei due sono io il maschio alfa!». Gli fece la linguaccia. «E non darmi della ragazzina arrapata... Zac Efron fa questo effetto a tutti, è normale!». Fece una delle sue smorfie da disagiata. Era tornata.
Lui prese il cuscino, lo scaraventò chissà dove, facendo cadere chissà che cosa che fece tanto rumore e iniziò a farle il solletico.
«Ma smettila tu! Che mi fai preoccupare e poi guardati, stai benissimo, ridi perfino!». La sentiva contorcersi sotto le sue mani e lo divertiva. «A quest'ora potevo benissimo essere stravaccato a casa a riguardare tutto Game Of Thrones da capo, e invece sto parlando di Zac Efron con una che finge di stare male solo per parlare di quel coglione, pensi che non lo sappia che lo fai per lui?».Gli piaceva vederla sorridere in quel modo, nonostante le lacrime secche sul viso. Le si formavano due fossette proprio agli angoli della bocca che gli piacevano un sacco, erano così carine e, soprattutto, profonde. A volte pensava che volendo sarebbe potuta andare in letargo e nasconderci del cibo lì dentro. Gli venne automaticamente da ridere: ogni volta che stava con lei, gli venivano delle idee talmente sciocche che non sembrava neppure lui, sembrava il lui di anni fa.
«Basta, basta, ti prego!». Non riusciva a smettere di ridere.
«Non sapevo soffrissi il solletico in questo modo! Interessante!».
«TI PREGO!» arrivò a urlare stra uno spasmo e l'altro.
«Arrenditi alla mia forza suprema...».
«M-Mi arrendo alla tua... dai!». Gli spostò una mano dal fianco, arrossendo. «Mi arrendo alla tua f-forza suprema». In quell'esatto istante alzò le mani al cielo e poi si lasciò cadere sul letto accanto a lei.
«Quindi cosa vuoi fare? Vuoi guardare il soffitto e piangere per tutto il giorno o... facciamo qualcosa di più costruttivo?». Muovendo i piedi si aiutò a togliersi le scarpe e scivolò completamente sul suo letto, poi, incrociò le braccia dietro alla testa e vi si appoggiò.
«Parliamo? Ti va di parlarmi di te un po'? Oggi non mi va di essere al centro dell'attenzione».
«Va bene, cosa vuoi sapere?».
«Non saprei, non parli mai della tua famiglia, perché?». Lily si girò in posizione prona, diede due pacche al cuscino che aveva raccolto da terra per gonfiarlo dove voleva e poi vi si appoggiò. Il capo girato verso di lui, gli occhi fissi inspiegabilmente sui suoi capelli ricci lasciati sciolti, come non faceva mai. Felix l'aveva talmente spaventato che non aveva nemmeno avuto il tempo di rifarsi la coda.
«Devo proprio parlarne?» chiese con malavoglia, senza staccare lo sguardo dal soffitto tempestato di stelle fosforescenti, di quelle che si illuminano quasi magicamente quando il buio si insidia tra le pareti. Era una cosa davvero da bambini averle ancora nella stanza, ma allo stesso tempo romantica, non sapeva spiegarsi perché fosse tanto affascinato da un dettaglio così insignificante rispetto al resto della stanza che era un insieme di mille colori, frasi e foto certamente in grado si scaturire emozioni più intense.
«Solo se ti va, lo sai che una bella chiacchierata mi accontenta a prescindere... parla di quello che vuoi, io ti ascolterò». La sua voce era più delicata del solito, stava quasi sussurrando per qualche strano motivo, forse non voleva che il resto del mondo sapesse dove fosse, forse loro due e la stanza era l'unico mondo che desiderava in quel momento. Se era così, lui provava lo stesso.
«Non vedo Gemma, mia sorella, da quando siamo partiti, ma a volte la sento. Mia madre non voglio assolutamente incontrarla e, comunque sia, sono passati sette anni da quando ho deciso che non volevo più saperne nulla di lei...». Sospirò e quel sospiro gli fece davvero male. «Mio padre è uno stronzo e Paul, avevo riposto tante di quelle speranze il Paul, ma ormai è diventato una foglia nel vento, un'anima sofferente ed errante... la mia famiglia fa schifo».

 

Il tono con cui li stava descrivendo, la velocità con cui aveva descritto quattro vite come se fossero nulla, come se non significassero più niente per lui. Quel sentimento di distacco e malinconia la fece pentire di aver chiesto.
«Scusa se ho chiesto. Non avrei dovuto...». Affondò la testa nel cuscino e pianse ancora po'. Era allucinante l'effetto che il pianto aveva su di lei: una volta che aveva iniziato per una qualsiasi ragione, continuava per ore per altri venticinque motivi inutili. Quel giorno, uno dei motivi inutili era di aver ferito Harry in qualche modo. Era una cosa brutta, certo, ma non meritava le sue lacrime. «Scusa, il problema è che quando inizio poi continuo tutto il giorno...».
«Non devi preoccuparti, non mi sono offeso». Le sorrise e le accarezzò il capo.
«Non so perché sono così femminuccia!».
«Forse perché lì sotto hai uno strano organo che, chissà perché, ti rende diversa da me. Brutta fregatura essere donne!». Gli diede un innocuo pugno sulla pancia. «Sai cosa ti dico? Fanculo tutti!». Scosse il capo, alzò gli occhi al cielo e poi li chiuse. «Quando avevo tre anni, i miei hanno deciso di divorziare perché mia madre tradiva mio padre con un suo collega, con cui poi si è felicemente sposata». Sbuffò. «Rimasi a vivere con lei perché a quattro anni non ti spiegano niente e comunque non capiresti. Dopo un anno di visite occasionali a me e a mia sorella, mio padre si è presentato a casa nostra con Amy, una sua vecchia compagna di università e sua nuova fidanzata, e...Paul». Quando lo nominò le partì un battito. Tante volte, negli ultimi mesi, aveva immaginato la loro storia, ma non pensava fosse andata in questo modo. Aveva sperato in qualcosa di più leggero. «Poi, un giorno, a quindici anni, venne fuori tutta la storia. Ricordo che piansi come un bambino, ricordo che Gemma mi abbracciò e mi disse che era tutto a posto, che con o senza tradimento prima o poi loro avrebbero deciso di divorziare comunque, per cui non era stata veramente colpa della mamma, ma di entrambi. Mi disse che ai tempi, io non me lo ricordavo, ma papà aveva già iniziato a scommettere al bar e a bere, che non era esattamente l'uomo migliore del mondo... la sera stessa feci le valigie e, senza dire niente, la mattina seguente presi il pullman e raggiunsi mio padre vicino a Londra. Quattro schifosissime ore di pullman». Inspiegabilmente aveva iniziato a ridere. «Dio! Sembravo un fottutissimo barbone!». Scosse il capo, poi si girò e la guardò negli occhi. «Avresti dovuto vedermi! Avevo un giubbone due taglie più grande color morte». Iniziò a gesticolare come se potesse toccare i vestiti con mano di fronte a lui. «Jeans giganteschi strappati, ti giuro, ce ne stavano venti di me lì dentro! Li adoravo talmente tanto che mi ero comprato una cintura elastica verde per poterli indossare senza che cadessero... Dio!». Scoppiò a ridere. Liliana sospirò, contenta che si fosse rilassato. «Oh! Poi avevo un paio di Nike pensate fosforescenti, ma da me indossate completamente ricoperte di fango, questo però perché era inverno... Dio solo sa quanto più oscene sarebbero sembrate quelle scarpe se le avessi pulite. Mi ricordo ancora quando presi le cose per vestirmi, guardai fuori, e notai che stava iniziando a nevicare, ma quella neve bagnata, quella che diventa subito fanghiglia e non neve soffice! Ricordo che imprecai dentro di me: “proprio stasera che me ne devo andare?”. Insomma sai com'è quel tipo di neve, no?».
Gli sorrise, felice che avesse cambiato argomento e scosse la testa. «Non ho mai visto la neve, in realtà».
«Cosa? Beh un giorno ti porterò a casa mia, a Holmes Chapel e vedrai, d'inverno lì è... è bellissimo!». Si era emozionato, finalmente lo vedeva felice. Lui era venuto per lei, ma ora era lei a cercare di farlo felice.
«Okay, ci sto!». Gli porse la mano. «Ti prometto che un giorno verrò lì se tu prometti che un giorno verrai a Monterey».
«Giuro, che ci verrò» si strinsero la mano e poi ritornarono nelle loro posizioni.
«Comunque sia... sono venuto qui con Paul e il resto della combriccola quando... quando mio padre ha iniziato ad indebitarsi più del solito e a perdere, scommessa dopo scommessa, tutti i nostri soldi... ed è anche per questo che non sono andato al college..». Sospirò. «Ta-da! Fine della storia!». Si sforzò di sorridere.
«Quindi è per questo che abitate qui? Siete... siete scappati?». Lui annuì e ne seguì il silenzio, allora lei gli raccontò la sua storia: «Mio fratello Ryan si è innamorato di una qui e i miei hanno deciso che spostare tutta la famiglia da una parte era meglio che perderne uno!». Alzò gli occhi al cielo, frustrata. Il solo pensiero la faceva innervosire. «Non lo vediamo neppure così spesso come vorrei. Quella strega se lo tiene tutto per sé e, oltre ad aver lasciato tutta la mia vita a Monterey, mi ritrovo a sentirne comunque la mancanza a pochi chilometri di distanza, è semplicemente assurdo!». Scosse il capo.
«Quindi ho vinto io...».
«Hai vinto cosa?». Lo guardò, confusa.
Si girò verso di lei e le sorrise. «Ho vinto il premio storia più deprimente di trasferimento, mi sembra evidente!». Si sorrisero e poi, di nuovo, il silenzio.
Liliana si girò supina come Harry e sposto il cuscino per condividerlo con lui.
Rimasero per un po' a guardare il soffitto senza dire una parola. Si ricordò di aver dimenticato il CD dei Maroon 5 nel lettore CD, allora allungò la mano sul suo comodino e lo fece partire da dove l'aveva lasciato qualche giorno prima: She Will Be Loved in versione acustica, una delle sue canzoni preferite. La voce di Adam Levine li stava cullando e riportando nel loro limbo, nel loro territorio neutro, nella loro pace.

Si riscoprì a guardare le stelle che aveva incollato al soffitto poco meno di un anno prima, sembrava passata una vita da quando il camion dei trasporti si era fermato di fronte al suo giardino, da quando aveva staccato tutti i poster, le foto, le poesie e le stelle dai muri, da quando aveva svuotato ogni singolo cassetto e deturpato ogni piccoli ricordo. Sentiva gli occhi inumidirsi persino in quel momento.
«Non penso di essere alla sua altezza, è per questo che non l'ho raggiunto stasera». Chiuse gli occhi e parlò al buio, alla voce di Adam e a se stessa, non a Harry. «Ero pronta ad uscire, avevo preparato il vestito, deciso come truccarmi, cosa dire, quali orecchini infilare, se mettere i tacchi o no, se portare i soldi o no, se pitturarmi le unghie di rosso o di azzurro. Mi stavo preparando okay? Non lo stavo illudendo in qualche modo! Avevo appeso tutto alla porta del bagno, ma poi ho deciso di farmi una doccia. Quando sono uscita, mi sono messa l'intimo, mi sono asciugata i capelli e, purtroppo per me o per fortuna per Felix, mi sono guardata allo specchio, okay? Mi sono guardata e non mi è piaciuto quello che vedevo, TI VA BENE? Non mi è piaciuto vedermi così grassa come una balena spiaggiata, non mi sono piaciuti i capelli sottili lisci e il naso un po' a patata. Allora mi sono rimessa questa stupida maglietta». La strinse con forza tra le dita. «E ho deciso che Felix è bellissimo, è magro, è delicato e poi... Dio! È così dolce! Mentre io no. Lui è diverso da me, okay?». Stava piangendo di nuovo. Singhiozzò un paio di volte prima di girarsi nuovamente e soffocare il singhiozzo nel cuscino. Harry le prese le braccia e le appoggiò suo suo petto, invitandola ad appoggiarsi a lui, come fece. La strinse forte a se e la lasciò piangere contro la sua maglia. Lei inspiro il suo profumo, sapeva di ammorbidente economico e di colonia. Sapeva di Harry e questo la rilassava. Lo senti baciarle la testa e accarezzarla piano come faceva suo fratello da piccola per consolarla.
«Ehi, tu sei assolutamente abbastanza per lui e lui è abbastanza per te. Non pensare mai di non meritare ciò che hai, mai». Le baciò i capelli di nuovo. «Mi dispiace se non ti senti una bellissima principessa Disney, ma secondo me dovresti fregartene, non devi essere una modella per essere meravigliosa! Tu sei molto, molto meglio di una qualsiasi di quelle anoressiche del cazzo che vedi in tv, capito? Felix l'ha notato prima degli altri, prima di te! Se è così geloso di te, ci sarà un motivo, no? Tu sei speciale Lily, non sei come le altre e questo ti rende una delle persone più splendide del mondo, va bene?».
«Sono... Sono cose che si dicono e che mi ripetono tutti, ma l'aspetto conta eccome! Da quando me ne sono andata ho preso quindici chili... non è normale che una ragazza pesi settantacinque chili, non è bello per niente! N-Non penso che... di solito i ragazzi non stanno con quelle come me! Non lo capisci? Un giorno Felix se ne accorgerà come tutti gli altri e...».
«Shhh». Aveva bagnato la sua maglietta, ma non si era ancora staccata e lui non l'aveva ancora lasciata. «Non sono tutti come mio fratello, solo perché gente come lui esiste non devi pensare che tutti siano così scemi! Felix sarebbe uno stupido a lasciarti andare... ma non l'hai ancora capito che a lui piaci così? A lui piaci un sacco! La serata che aveva organizzato per te stasera... ha passato la notte in bianco per prepararla e ora è li a casa sua, a pensare che tu vuoi lasciarlo prima del tempo. ».
«Davvero?». Alzò il capo per guardarlo e lui annuì. «Sono una scema!».
«No, no che non lo sei...». Le diede un altro bacio che la rassicurò. «Fai solo un po' schifo a capire le persone, tipo tanto schifo! Tipo che tu stai al capire le persone come io a capire uhm... il francese... si, direi che ci sta come paragone, non ho mai studiato francese...». Le sorrise e la guardò dritto negli occhi. «Devi promettermi, però, che d'ora in poi quando hai questi momenti mi chiamerai, perché non fa bene stare soli quando ci si sente una merda, soprattutto a te a quanto pare...».
«Perché dici così? Non è normale?».
«Il tuo lato del letto è pieno di fazzoletti soffiati, la prima canzone che è partita è stata She Will Be Loved e quella vicino alla tua televisione sembra tanto la custodia di Titanic. Non dico che non vadano bene queste cose, ma non tutte insieme, soprattutto quando non ti senti ok!».
«Adesso fai lo psicologo?».
«Dimmi, ti senti meglio rispetto al momento in cui sono entrato?». Annuì con la testa ancora appoggiata al suo petto. «Allora mi pare evidente che dovrei aprire uno studio e fare quello di professione». La risata che ne seguì la scosse fin dentro, ora si sentiva davvero bene.
«Non andartene però... non mi va di stare sola».
«Non mi muovo neppure di un centimetro se ti da problemi...». La sicurezza della sua presenza la mise ancor di più di buon umore. Harry sapeva cambiarla, sapeva farla ragionare in modo diverso, più giusto. Le capitava lo stesso con suo fratello Ryan, anni prima e, giorno dopo giorno, notava delle somiglianze tra i due uomini capaci di cambiarle la giornata: il modo in cui entrambi la proteggevano, la abbracciavano e la facevano sentire sicura di sé.

La serata passò veloce e tra un partita a Mario Kart e quattro chiacchiere piene di coccole, Liliana riuscì a dimenticarsi perfino il motivo per il quale Harry era accorso lì.

Quando si svegliò, Harry non c'era più, ma le aveva lasciato un post-it sul telefono, probabilmente per assicurarsi che lo leggesse. Diceva:
Buongiorno Lily! Non so come, sono riuscito a sostituire me con il tuo cuscino, ma ce l'ho fatta senza svegliarti!
P.S. Comunque russi.
P.P.S. Cambia la fodera oscena del tuo cuscino o lo farò io.


Sorrise nel vederlo e fu ancora più felice quando, sbloccando il cellulare vide il messaggio di Felix.

Felix: Ehi, non so cosa sia successo e non voglio
una spiegazione, voglio solo darti la buonanotte,
perché è questo che i fidanzati fanno ed è
quello che desidero fare io. Buonanotte Lily. (23:14)


Guardò l'orologio che aveva al polso: le due e mezza di notte. Si stirò i muscoli e sorrise, sorrise, sorrise mille volte: quando si sarebbe risvegliata, avrebbe vissuto una bellissima giornata, ne era sicura.


 

Chiedo umilmente scusa per non aver pubblicato nulla negli ultimi mesi ma, come ho già spiegato ad una lettrice molto appassionata, non sono riuscita a trovare il tempo per andare avanti e produrre un qualcosa di accurato. Questo capitolo è rimasto "in cantiere" per forse un mese, non perché non volessi condividerlo con voi, ma perché sentivo che aveva bisogno di grandi revisioni e, di fatti, quello che avete letto oggi è molto diverso dall'originale a cui avevo pensato.
Spero che vi sia piaciuto e vi chiedo di lasciare una recensione se pensate ne valga la pena.
Grazie a tutti.

Marty
   
 
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