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Autore: MaDeSt    03/09/2016    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

INTO THE FOREST

Mentre lui rincasò per prendere almeno sei di quei gettoni in legno per poi andare dal macellaio, i ragazzi cercarono di tenere a bada i draghetti e fare in modo che non planassero giù dal piano rialzato; sembrava che nonostante le ali avessero dimensioni modeste non fossero ancora in grado di volare, si limitavano a sbatterle un po’ o a planare da luoghi rialzati come le balle di fieno.
Erano davvero vivaci per essere appena usciti dalle uova, sembravano già avere un’ottima vista e buona coordinazione, raramente inciampavano nelle proprie zampe, ma capitò che il cucciolo viola – che aveva zampe cortissime – inciampasse nella propria lunga coda appesantita dalla sfera rosa sulla punta. Il cucciolo blu invece faticava a correre, dovendo usare le ali come zampe anteriori. Il più veloce era quello giallo, le cui zampe frontali erano lunghe come quelle dei lupi e gli artigli ancora corti non impacciavano la corsa.
Ma tutti più di una volta andarono a sbattere contro degli ostacoli, soprattutto quando i ragazzi per giocare con loro gli mettevano le gambe sulla traiettoria e i piccoli non riuscivano a scansarle in tempo. Rosso e nero spesso ingaggiavano una lotta, a cui si univa il cucciolo verde con ferocia, ma non vi era mai un vero e proprio vincitore.
I ragazzini si divertirono non poco in quel frangente di tempo, finché Cedric tornò con una borsa piena di carne fresca che attirò tutti i cuccioli; corsero fino a sporgersi per guardarlo e il ragazzo si bloccò sentendosi leggermente a disagio e temendo che gli sarebbero saltati addosso.
Mike e Andrew scoppiarono a ridere, e poco dopo il cucciolo verde spalancò le ali, come pronto a planare giù, ma sembrava indeciso. Si accucciò per saltare, ci ripensò, e si accucciò di nuovo per prendere bene le distanze. Alla fine si decise e saltò spingendosi con le zampe posteriori e cercò di correggere la direzione con le ali, ma se Cedric non l’avesse afferrato al volo sarebbe finito a terra tra la polvere.
Al contrario di quanto il ragazzo avesse pensato, non era sceso per mangiare ma solo per riavvicinarsi a lui, come se fosse felice del suo ritorno; passò ripetutamente da una spalla all’altra aggrappandosi alla sua maglia con gli artigli e strusciando il dorso ruvido sulle sue guance, sul suo collo o sotto al mento.
Il draghetto nero diversamente planò per tuffarsi nella borsa, incuriosito dal nuovo odore, e Andrew corse giù dalla scaletta per andare a riprenderlo. Lo tirò fuori e quello protestò con versi acuti e scalciando, ma non lo aggredì e si lasciò tenere in braccio allungando il collo per annusare la carne ogni tanto.
Cedric ruppe la loro felicità dicendo: «Dobbiamo portarli nella Foresta, dove ho trovato quel posto. Sono nati ora, presto sapranno difendersi.»
«Sono appena nati!» esclamò Susan contrariata «Non possiamo abbandonarli così!»
«Dispiace anche a me, ma qui non possono stare e se dobbiamo lasciarli nel bosco tanto vale che sia la Foresta.» ribatté lui.
«Non possiamo!» disse Jennifer ripetendo le parole di Susan «Sei senza cuore, come fai anche solo a pensarlo?»
Lui girò gli occhi e disse spazientito: «Sono draghi, maledizione. Crescerli non ci porterà altro che guai. Sarà impossibile tenerli nascosti! Prima o poi li dovremmo lasciare comunque, è meglio farlo al più presto.»
«Ci siamo già affezionati.» disse Mike anticipandolo «E loro si sono affezionati a noi.» continuò indicando proprio il draghetto verde.
«Non è affetto questo. Mi ha solo scambiato per un genitore. E non c’è nulla di più sbagliato.»
«Allora lo capiranno. Quando lo capiranno se ne andranno da soli.» disse Layla accarezzando il cucciolo viola, il quale si arrampicò a spirale su tutto il suo braccio tenendosi stretto coi muscoli della coda.
A quel punto Cedric perse la pazienza ed esclamò: «Bene! Fate come vi pare. Io questo lo porto nella Foresta, e voi i vostri li portate lontani da qui. Non m’importa dove, basta che io non ci finisca in mezzo.»
Posò a terra la borsa e cercò di lasciare giù anche il draghetto verde, ma quello proprio non ne voleva sapere di scendere e lo graffiò nel tentativo di restare aggrappato. Quindi Cedric lo ignorò e sellò il proprio cavallo con il draghetto sulle spalle, che fissò il grande animale incuriosito. Hurricane nitrì a disagio, ma non si agitò nemmeno quando il ragazzo salì in sella col cucciolo ancora sulla spalla.
«Stai scherzando, vero?» fece Andrew sbigottito.
«Niente affatto.» ribatté Cedric scontroso.
«E dove li portiamo?» esclamò Jennifer preoccupata, ma il ragazzo le rispose con uno sguardo che chiaramente le fece capire che non gl’importava.
«Va bene! Va bene aspetta. Veniamo con te...» disse Layla rassegnata.
«Cosa?!» esclamò Susan incredula «No! No io non voglio separarmi da... lui, o lei. No!»
«Eravamo d’accordo che prima o poi li avremmo lasciati nella Foresta, ed è meglio presto che tardi.» continuò lei, poi si rivolse a Cedric: «Puoi sellare un cavallo per me?»
Il ragazzo ci pensò a lungo, come cercando di capire se ci fossero trabocchetti in agguato, ma gli sembrò sincera. Quindi alla fine, tra le esclamazioni di protesta di tutti gli altri, scese da cavallo e aprì un altro recinto per sellare Nuvola, una giumenta grigia pomellata di bianco.
Layla scese la scaletta e passò tutto quel tempo prima di poter salire in sella a guardare con aria triste il draghetto viola ancora avvolto sul suo braccio, sentendone già la mancanza, ma continuando a ripetersi che quella era la cosa migliore da fare per tutti, draghi e ragazzi.
Quando la ragazza prese Nuvola per le redini per condurla fuori seguita da Cedric e Hurricane, i quattro ragazzini smisero di urlare e valutarono la situazione, avendo perso il sostegno dei due più grandi – e quindi del macellaio per la carne e la stalla come luogo sicuro.
Alla fine, col cuore infranto, presero in braccio ognuno il proprio draghetto e lasciarono che Cedric sellasse altri quattro cavalli: a Jennifer toccò una giumenta bianca chiamata Neve; ad Andrew una giumenta marrone di nome Wind con una chiazza a lista; a Susan uno stallone dal manto marrone chiaro e il crine bianco di nome Brezza; e a Mike Thunder, un cavallo baio.
Non sapevano cavalcare, ma nessuno lo trovò particolarmente difficile eccetto colpire i fianchi degli animali per farli avanzare; Susan aveva paura di fargli male, come anche Jennifer. Cedric portò con sé anche l’arco e la borsa presa dal macellaio, poi li costrinse a galoppare verso il bosco che precedeva la Foresta, sperando di essere di ritorno prima che facesse buio.
Per tutta la durata del viaggio Susan pianse guardando fisso il draghetto giallo rimbalzare sulla sella davanti a sé, maledicendo Cedric in ogni modo possibile senza pronunciare una parola.
Quando entrarono nella Foresta sgranarono gli occhi, ritrovandosi a viaggiare tra alberi dai tronchi sconfinati e alti quanto colline o quasi, le fronde si trovavano così in alto da essere nascoste da uno strato di foschia, presente ad ogni altezza e che nascondeva qualsiasi direzione.
Tutto era ingigantito, dagli arbusti, ai funghi, alle rocce, e a volte persino erba e animali. Non ebbero più dubbi riguardo il fatto che quello fosse un posto perfetto per un drago in cui crescere di nascosto e al sicuro. Ma avrebbero dovuto difendersi da predatori ancora giganteschi per loro, e Jennifer espresse apertamente la sua preoccupazione per ciò.
Il paesaggio nella Foresta sembrava tutto uguale, ma Cedric stava apparentemente seguendo una pista precisa, che probabilmente conosceva, e dopo un paio d’ore di galoppo fermò il cavallo, imitato dagli altri, e si avvicinò a piedi a uno di quei giganteschi tronchi, spezzato a un’altezza che doveva essere inferiore alla metà e leggermente inclinato, con parte delle lunghissime radici all’aria.
Depositò il sacco della carne a terra, a un nulla dall’ingresso a uno squarcio nel terreno causato dalla fuoriuscita delle radici; avevano dato vita a un buco nella terra che aveva le dimensioni di una caverna, nascosta da quei pochi arbusti di dimensioni notevoli che erano sopravvissuti alla caduta dell’albero.
Gli altri si avvicinarono circospetti, coi draghetti che si guardavano intorno con occhi sgranati e annusando incuriositi, quindi il ragazzo riprese il sacco e cominciò ad addentrarsi nella caverna di legno e terra senza scomporsi. Lo seguirono avanzando con cautela per paura di scivolare sul terriccio umido e scomposto, Susan ancora con la vista annebbiata dalle lacrime, e alla fine giunsero in un tratto piano, dove Cedric aveva depositato sia il sacco che il drago verde.
«Qui saranno al sicuro.» disse.
Susan lo fulminò con lo sguardo e fu l’ultima a lasciare a terra il proprio draghetto, faticò a voltargli le spalle per andarsene sentendosi colpevole e sporca per aver abbandonato un cucciolo nato da poche ore. Cercò di trattenersi ma di nuovo pianse, e Jennifer l’abbracciò per consolarla.
Fecero in tempo a risalire solo di qualche passo prima che i draghetti, a uno a uno, cominciassero a lamentarsi come se stessero piangendo, facendoli fermare e girarsi per guardarli: si agitavano e sbattevano le ali per seguirli su per il pendio, ignorando sfacciatamente la carne alle loro spalle che avrebbe dovuto attirarli e tenerli buoni.
«Questo è un chiaro segno!» esclamò Jennifer con aria soddisfatta, tornando indietro, e il draghetto rosso si agitò ancora di più impaziente di essere raccolto da terra.
«Torna qui!» la rimproverò Cedric.
«No!» disse Susan, e corse giù per riabbracciare il drago giallo.
Mike e Andrew si guardarono incerti, ma alla fine uno alla volta tornarono dai draghetti nell’antro semibuio. Layla cercò di voltargli di nuovo le spalle e fece altri due passi, seguita subito da Cedric, ma i lamenti dei due cuccioli che si stavano lasciando alle spalle la bloccarono di nuovo, e il ragazzo si fermò guardandola come a sfidarla di seguire gli altri ragazzini per tornare dai cuccioli.
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«Mi dispiace, davvero. Non ce la faccio.» disse a Cedric in un sussurro triste, e poi tornò dal draghetto viola che immediatamente si arrampicò lungo il suo braccio.
Cedric aveva un’aria davvero iraconda e ferita, li guardò tutti uno a uno mentre lo superavano per arrampicarsi fuori dalla caverna coi cuccioli in braccio, poi quando fu rimasto solo guardò il draghetto verde, il quale lo fissava in silenzio seduto a terra. Scosse la testa e gli volse le spalle per andarsene e in un primo momento il draghetto rimase zitto. Quando però ricominciò a piangere – perché era chiaro che di questo si trattasse – si fermò in qualche modo incapace di proseguire.
«Prendilo con te.» gli disse Layla con voce gentile.
«Non posso.» rispose lui addolorato, e al contrario di poche ore prima desiderò di poter ancora non provare alcuna emozione; l’effetto del rimedio che era solito prendere durava solo temporaneamente e aveva già cominciato a svanire, lasciandolo in balia di esse.
«Appena capirà che non sei suo padre se ne andrà da solo. Ma fino ad allora dobbiamo trovare un modo per tenerli.»
«Oh maledizione!» esclamò Cedric, e a quella seguirono diverse altre imprecazioni che fecero sbiancare i ragazzi davanti a lui, ma alla fine si zittì e con un sospiro e l’aria decisamente abbattuta tornò indietro. Con una mano si riprese il sacco di tela, con l’altra il draghetto verde che immediatamente gli si arrampicò sul braccio per raggiungere la testa, rimanendo accucciato sulla spalla con le zampe posteriori e appoggiato alla tempia con quelle anteriori.
Quando fu definitivamente fuori da quella strana caverna, Andrew gli disse: «Il nascondiglio non era male.» nel tentativo di farlo sentire meglio, ma ottenne solo un’occhiata talmente cupa da fargli credere che l’avrebbe sgozzato. Perciò si affrettò ad arrampicarsi di nuovo sul dorso di Wind, imitato da tutti gli altri, e ad attendere che proprio lui li guidasse fuori dalla Foresta prima che cominciasse a fare buio.
Videro quello che sembrava un gigantesco cervo viola con corna da montone fuggire da qualcosa relativamente non molto distante, e poi apparvero da dietro un tronco due lupi giganti, che valutarono essere più grandi di un cavallo, seguiti a loro volta da un gruppo di lupi cornuti che correvano su due zampe, alcuni vestiti da armature di pelle e con armi in mano.
Cedric ordinò a tutti di rimanere immobili nascosti dietro al grande cespuglio rosso che fortunatamente aveva impedito ai cacciatori di vederli, per il momento. Mostrava un’aria sicura e determinata per farsi obbedire, ma in realtà era pallido e sudava freddo dalla paura: se quei cosi li avessero visti e seguiti, difficilmente sarebbero usciti vivi dalla Foresta.
«Cosa sono?» domandò Susan in un sussurro sbirciando da dietro le foglie.
«Un clan di Krun e due karjal.» rispose Cedric, più piano di lei, tanto che faticarono a sentirlo coperto dagli schiamazzi dei lupi ora lontani.
«Krun?» fece Mike pensieroso «Maledizione non ricordo dove ne ho sentito parlare...»
«Tanto meglio. Ora muoviamoci, potrebbero tornare in questa direzione.» disse il più grande, quindi spronò il cavallo nero al galoppo e tutti gli altri furono costretti a seguirlo. Susan ebbe qualche difficoltà a far galoppare il suo stallone, ma non rimase indietro abbastanza da perderli nella nebbia.
Cedric non ebbe grandi problemi a ricondurli nel bosco che precedeva la Foresta, anche se le ombre calanti gli resero più difficile seguire le tracce un paio di volte, e gradualmente gli alberi si fecero meno grandi e distanti, fino a che dovettero rallentare il passo perché sarebbe stato pericoloso galoppare.
Quando arrivarono sani e salvi alla stalla e il portone d’ingresso fu chiuso, Mike cominciò a ridere sguaiatamente per scaricare la tensione, imitato da Jennifer che invece rise istericamente, e Layla Andrew e Susan smontarono da cavallo con un’aria piuttosto pensierosa e inquieta. Susan continuava distrattamente ad accarezzare la cortissima e rada peluria sul collo del draghetto giallo.
Cedric, cercando ancora di scacciare il ricordo dei Krun e la paura derivata, con voce leggermente tremante disse: «Io devo tornare a casa, almeno finché mio padre ritorna. Dormirò con loro, così non piangeranno.»
Layla capì in anticipo cosa stesse cercando di chiedergli e disse: «Io rimarrò finché non tornerai, non preoccuparti. Non staranno mai da soli.»
Lui annuì grato che avesse capito e si affrettò a rimettere tutti i cavalli nel proprio alloggio liberi di selle e finimenti, dopodiché si staccò il draghetto verde di dosso con la forza, lo diede a lei e corse via, leggermente in ansia per sua sorella.
«Possiamo fare un’eccezione per oggi, ma non potremo rimanere qui tutti i giorni fino all’ora di cena.» disse Jennifer pensierosa «Dobbiamo trovare una soluzione.»
«Potremmo provare a insegnargli che ricevere il cibo vuol dire che stiamo andando via, ma che a breve lui tornerà!» esclamò Mike, colpito da un’illuminazione.
«Ci vorrà del tempo, intanto saremo comunque nei guai.» disse Andrew amareggiato «Io devo tornare a casa...»
«Certo, tua madre è ansiosa. E la mia severa. Torniamo insieme.» lo appoggiò Mike, entrambi guardarono i loro piccoli draghi con dispiacere prima di salutare e andarsene – gli servì non poca forza di volontà per richiudere il portone e correre verso casa.
Le tre ragazze si guardarono e Layla, pensando a sua madre, quasi rimpianse la sua promessa immaginandosi le scene che avrebbe fatto se fosse tornata dopo il tramonto. Inoltre non avrebbe potuto raccontarle niente di vero di ciò che aveva fatto per stare via fino a tardi, il che avrebbe peggiorato le cose. Anche Susan e Jennifer erano preoccupate, ma tra tutti loro erano quelle coi genitori meno severi e più comprensivi, propensi più all’ascolto che al rimprovero.
Cedric tornò dopo l’ora di cena con un’aria strana che le tre decisero di non indagare, e chiese scusa per averci messo tanto. I draghetti erano tutti di nuovo sul piano rialzato e rilassati, da fuori nemmeno si sentivano i loro deboli versi giocosi. Layla gliela fece passare solo perché non le sembrava che stesse bene, ma sapeva per certo che appena tornata a casa non avrebbe avuto una serata facile.
Non attesero a lungo prima di andarsene per rincasare, dal momento che era tardi, ma abbastanza da salutare per bene ognuno dei piccoli draghi, i quali risposero con dei versi simili a fusa di gatto.
Quando Jennifer rientrò suo padre già dormiva nel letto, mentre sua madre l’aspettava seduta su una sedia a dondolo davanti al camino, passando il tempo a fare la maglia. Dal momento che dopo pranzo era uscita per andare a chiamare Susan, Gerida non le chiese dove o con chi fosse stata fino a tardi, ma le andò incontro sospirando spazientita e le chiese di cenare prima di andare a letto. Jennifer deglutì e annuì, sperando che l’ombra del corridoio nascondesse la sua espressione e il suo colorito pallido.
Gerida si limitò a darle la buona notte e a scusarsi se avevano cenato senza lei, poi sparì su per le scale, diretta in camera sua e del marito. La ragazzina sospirò in parte sollevata dall’assenza di domande sospettose o rimproveri, corse in cucina affamata e divorò la cena in una manciata di minuti, infine salì piano le scale per entrare in camera propria senza svegliare i genitori nella stanza accanto.

L’unico problema di Susan fu nascondere quello che provava e aveva provato; la sua faccia parlava per lei. Ma rimase sul vago tutta la sera, quindi alla fine i genitori, sebbene preoccupati, decisero di non stressarla più, e le suggerirono di andare a riposarsi subito dopo cena. La ragazzina non se lo fece certo ripetere, si cambiò immediatamente per infilarsi sotto le coperte, ancora tremando al pensiero di aver per poco evitato delle creature pericolose solo grazie a una certa dose di fortuna, ma soprattutto al suo draghetto giallo appena nato... e gli altri cinque fratelli al sicuro nella stalla.

Layla incontrò qualche difficoltà, essendo sua madre piuttosto severa, pignola e protettiva; discusse a lungo con lei a proposito degli orari da rispettare e della preoccupazione che, così facendo, causava a entrambi i suoi genitori. Suo padre rimase in silenzio preparando la tavola mentre la moglie discuteva a voce alta e con le mani sui fianchi, la ragazzina rispondeva a tono ma nello stesso tempo cercando di rimanere calma, per non farla arrabbiare di più. Dopodiché cenarono in silenzio e lentamente, finché infine la donna le disse di andare in camera, ammonendola perché una cosa del genere non capitasse più.

  
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