Stalker in pista
Non so come sia riuscita a togliermi di torno quelle
sanguisughe. No, sul serio, non ne ho la più pallida idea. Dopo la mia infelice
rivelazione in auto sembra che, per tutti, il fatto che Martha e Louis (cavolo,
Martha e Louis!) si siano baciati sia slittato in ultimissimo piano. E la
storia del quasi primo bacio con Miles svetta impunemente sopra qualsiasi sano
argomento di conversazione. Sono sgattaiolata in soffitta dopo essermi
defilata, circa dieci minuti fa, con la scusa del bagno. Mi stanno cercando, in
questo momento, li sento chiamarmi come degli ossessi. Credo che li lascerò
sgolarsi ancora per un po’. Insomma, non sono cattiva, ma ho davvero bisogno di
un momento di pausa da quell’interrogatorio estenuante.
Sobbalzo
quando la botola di legno che porta alla soffitta si apre improvvisamente. La
testa di Zayn fa capolino e i suoi occhi mi individuano subito. Maledetto
abbaino e maledetta luce di lampioni.
Sospira e scuote il capo, guardandomi con espressione
rassegnata:
-Jess, cosa ci fai qui?-
-Che domande.- borbotto, infastidita. –Mi nascondo da voi.
Mi stavate bersagliando.-
-Avanti, torniamo di sotto. -
-No grazie, ho intenzione di rimanermene appollaiata qui
ancora per molto tempo.-
-Almeno posso avvisarli di averti trovata? Ti stanno tutti cercando, sono preoccupati,
sei sparita senza dire nulla.-
Mi alzo nelle spalle. –D’accordo.- concedo. –Ma che non si
azzardino a mettere un piede su quella scala a pioli.-
Vedo Zayn scomparire per un istante, le mani ancora appoggiate
al pavimento della soffitta.
-Ragazzi! Ho ritrovato la fuggitiva, datemi cinque minuti e
ve la riporto sana e salva.- lo sento urlare, prima che si arrampichi di nuovo
verso l’alto ed emerga completamente dalla botola spalancata.
-Quale parte di “molto tempo” non ti è chiara,
esattamente?-
Mi ignora e mi si avvicina, stando ben attento ad evitare scatoloni
vari e ad abbassarsi per non picchiare la testa sulle grosse travi in legno.
-Allora, non vuoi parlare nemmeno con me?- esordisce,
sedendomisi accanto.
-Non è questione di voler o non voler parlare. E’ questione
che non mi va di essere messa sotto tiro. Voglio dire, so benissimo che la
questione della ricerca del primo bacio, ormai, sia di dominio pubblico, però
tutte quelle domande iniziavano a diventare..Imbarazzanti, ecco.-
-Io non ti ho chiesto niente.-
Aggrotto la fronte e lo squadro con uno sguardo d’accusa: -Lo
so. L’unica persona con cui vorrei parlare di questa storia è rimasta in
silenzio.-
Zayn si alza nelle spalle: -Stavano
dicendo tutto gli altri, mi sembrava inutile aggiungere delle ovvietà.-
-Ma a me non interessa quello che dicono gli altri. Io
voglio sapere cosa ne pensi tu. E’ con te che è iniziato tutto. Nessuno avrebbe
saputo niente se tu non avessi spifferato il mio segreto.-
-Quindi è questo il problema? Sei arrabbiata con me per
averlo detto agli altri? Pensavo che avessimo chiarito questa faccenda.-
ribatte, piccato.
-E infatti non sono arrabbiata per quello! Non sono
arrabbiata per niente, a dire la verità.-
-E allora perché tiri ancora fuori quella storia!?-
-Non è quello il problema! Ti ho detto che lo è il fatto che
tu non abbia detto niente, che te ne sia stato zitto, in un angolo. Questo è il
mio problema. E l’unico alterato qui mi sembra proprio che sia tu!- concludo sbraitando.
-Ah, certo. Tu invece sei
calmissima.-
-Ovviamente hai ascoltato solo
l’ultima parte del mio discorso. Solo quella che fa comodo a te.- prendo un
grosso respiro, per evitare di insultarlo pesantemente -Te ne vai, per favore?-
Lui non accenna a muoversi, ma guarda fisso davanti a sé.
-Vattene, Zayn.-
-Mi dispiace.-
mormora dopo qualche istante. –Hai ragione tu, avrei dovuto dirti quello che
penso. Solo.. Non volevo farlo di fronte agli altri, proprio perché è una cosa
che è iniziata tra te e me.-
Mi volto verso di lui, sentendomi improvvisamente la più
grande idiota sulla faccia della terra.
-Zayn, scusa. Sono una stupida.
Non avrei dovuto arrabbiarmi con te. Non ho capito niente, come al solito.- mi
mordo il labbro inferiore, cercando di trovare alla svelta qualcosa per farmi
perdonare. -Se domani passassimo tutto il giorno insieme, sulle piste da sci?-
propongo, guardandolo speranzosa. -Annullo la lezione con Miles, con tutte le
cadute che ho fatto non credo che tra me e lo snowboard possa funzionare.-
abbozzo un sorriso, supplicandolo con lo sguardo.
Mi guarda alzando appena un sopracciglio: -Sai, io, invece,
credo proprio di sì.- mi sorride e, insieme, senza bisogno di aggiungere altro,
torniamo di sotto.
***
Mi fermo sul ciglio della pista, senza fare movimenti
bruschi, per cercare, almeno l’ultimo giorno, di non cadere. Mi volto e alzo lo
sguardo per osservare Miles scendere aggraziato. Non posso fare altro che
ringraziare tutti gli dei e le stelle del firmamento, per non avermi fatto
passare un momento che avrebbe potuto essere davvero imbarazzante, qualche ora
fa, quando ci siamo visti. Lui non ha accennato alla questione del quasi bacio,
e io mi sono guardata bene dal tirarla in ballo.
-Stai diventando brava, chi l’avrebbe mai detto.- commenta,
frenando a un metro da me.
Gli faccio una smorfia poco convinta, sedendomi su un
mucchio di neve fresca.
-Pausetta?-
-Ti prego, sì. Le mie gambe stanno per cedere.- gemo, liberandomi
dalla mascherina.
Ride, slacciandosi il casco, lo snowboard ancora ai piedi.
-Mi sembra che lo abbiano già fatto.-
Gli faccio una linguaccia e batto con una mano accanto a me,
facendogli segno di sedersi. –Scommetto che anche i maestri hanno bisogno di un
po’ di riposo.-
-Immagino di sì.-
Mentre Miles si china per slacciare uno degli scarponi vedo
Harry sfrecciargli vicino come un missile e oltrepassarlo.
Miles trasale e mi fissa con aria
stralunata. –Ma chi era quel matto?-
Ridacchio tra me e me. –Mi sembra che fosse Harry. Deve aver
appena visto un fantasma.-
Un urlo acuto mi fa voltare rapidamente, sulla parete ripida
ci sono pochi sciatori, uno di loro sta scendendo a tutta velocità, le braccia
spalancate che mulinano nell’aria.
-Dio, farà del male a qualcuno con quelle racchette!-
esclamo, alzandomi rapidamente, senza staccare lo sguardo dalla figura che di
secondo in secondo si fa sempre più nitida.
-Ma chi le ha dato gli sci!?- prorompe Miles, contrariato.
-Non riesco a fermarmi! Aiuto!-
La voce mi sembra familiare, così come i capelli biondi che
svolazzano disordinati e spuntano da sotto il casco, ma non cerco neanche di
capire chi sia, perché mi invade la consapevolezza che sta sicuramente per
venirci addosso.
-Miles, spostati!- grido, ma non faccio in tempo ad
avvisarlo.
Un turbine fucsia e azzurro lo travolge, facendolo ruzzolare
per parecchi metri e alzando un gran polverone di ghiaccio e neve.
-Oh mio Dio!- grido, affrettandomi a raggiungere entrambi,
stesi in mezzo alla pista. Il cuore mi batte all’impazzata quando, tremante, mi
inginocchio accanto a Miles. Per fortuna con me si è fermato anche un uomo con
la moglie, che sta occupandosi della ragazza.
-Chiamo i soccorsi.- avvisa, tirando fuori il cellulare
dalla tasca.
Mi libero dei guanti togliendoli con i denti e mi sfilo il
casco, per riuscire a pulire al meglio il viso di Miles dalla neve. Sobbalzo,
notando con orrore che è tinta di sangue all’altezza del naso.
-No.- gemo, chiudendo gli occhi per un istante. Inizio a
respirare affannosamente. Dio, ti prego, non farmi svenire. Non ora.
-Jess?- sento chiamarmi debolmente e guardo immediatamente in
basso.
-Miles, stai bene!?- urlo quasi, affrettandomi a liberargli
le palpebre ancora cariche di neve. Cerco di togliergliene più che posso,
evitando di pensare al sangue sul suo viso. E sulle mie mani. E’ viscoso. E
caldo. E posso sentirne l’odore.
Prendo un grosso respiro, percependo la nausea salire sempre
di più.
Tolgo un pezzetto di ghiaccio dalla sua barba corta. Il viso
di Miles si fa sempre più sfocato.
Sento il rombo della motoslitta che si avvicina.
Pezzettini di luce nera e bianca mi volteggiano davanti agli
occhi.
Sento la voce della ragazza qui accanto che parla concitata,
e mi sembra di cogliere il nome di Harry.
Mi ronzano le orecchie.
-Jess? Jess!-
Miles che urla il mio nome, poi più nulla.
***
Sono a casa, sdraiata sul divano del salotto, ne sono certa.
Ho freddo, voglio una coperta. Una coperta calda.
-Jess?-
Mugolo qualcosa avvertendo una voce maschile chiamarmi. Non
mi sembra sia di mio padre.
-Jess, mi senti?-
No, non è mio papà.
-Zayn?- mormoro, dischiudendo
piano gli occhi. Il suo volto appare nitido nella mia visuale, ma la lampada
appesa al soffitto non è quella che ho in sala. E nemmeno le pareti in legno
che mi circondano.
Mi puntello sui gomiti per alzarmi e dare un’occhiata più
accurata alla stanza, ma Zayn mi ferma posandomi
delicatamente una mano sulla spalla.
-Non così in fretta, miss Svenimento.-
Corruccio la fronte, guardandolo stranita. –Dove sono?-
-Nell’infermeria degli impianti, Jess. Sei svenuta dopo lo
scontro sulle piste, ti ricordi?-
-Oh mio Dio! Miles!- esclamo, mettendomi a sedere
bruscamente e buttando giù le gambe dal lettino su cui mi ritrovo.
-Jess, sei pazza!? Ti ho detto di fare piano!- mi rimprovera
Zayn, scrutandomi contrariato.
-Voglio andare da lui. Cosa gli è successo!? Dove lo hanno
portato!?-
-Jess, se non ti calmi immediatamente non risponderò neanche
a una delle tue domande, sappilo. Vuoi svenire di nuovo?-
Sbuffo, incrociando le braccia al petto. –D’accordo, come
vuoi. Starò qui seduta buona buona.- concedo, alzando
le sopracciglia. -Allora?-
-Miles sta bene.-
Lascio andare un sospiro di sollievo. –Dov’è ora? Posso
vederlo?-
-Temo di no, Jess. E’ in ospedale. Ha un braccio fratturato,
il labbro spaccato e il naso probabilmente è rotto.-
-Scusa, che cosa!?- urlo, sgranando gli occhi,
aggiudicandomi lo sguardo di rimprovero della signora della guardia medica,
intenta a sistemare delle carte dietro una scrivania. –Mi avevi detto che sta
bene!- proseguo senza curarmene.
-Beh, ma è così. Non è morto, né ha riportato un trauma
cranico o altro.-
-Oddio, Zayn, ma ti senti!? Non è
morto! Spero tu stia scherzando.-
-Malik, ti sembra il caso di farla infuriare in queste
condizioni?-
-Martha!- esclamo, non appena scorgo la mia amica
avvinarmisi con un bicchiere di plastica fumante tra le mani.
-Prendi, piccola Jess. E non stare ad ascoltare Malik.
Qualunque cosa ti dica.-
La ringrazio con un sorriso e afferro il bicchiere che mi
tende senza esitazioni, ma sono costretta a lasciarlo immediatamente, ritraendo
svelta le dita e facendone rovesciare il contenuto bollente un po’ sul lettino
e un po’ sul braccio di Zayn, che trattiene a stento
un’imprecazione.
-Mi dispiace!- mi affretto a dire, fissando l’espressione
contratta sul viso di Zayn. –Mi dispiace tanto, non
volevo!-
-Menomale, Jess, altrimenti mi sarebbe toccato riceverlo in
testa, probabilmente.-
Mi scappa un risolino, e riesco a scorgere la sua risata
trattenuta, anche se la nasconde, fingendosi intento ad asciugarsi con un
fazzoletto trovato nelle tasche.
Sorseggio il poco tè rimasto, mentre Martha mi spiega che è
stata Ashley ad investire Miles accidentalmente, nel tentativo di inseguire
Harry.
-Ma quella è una pazza furiosa. Sarebbe da rinchiudere.-
dichiaro, scuotendo la testa allibita.
-Harry è al suo capezzale, al momento.- mi informa Martha,
lanciandomi uno sguardo d’intesa. –Poverina, con quella finta storta alla
caviglia deve provare tanto, tanto dolore.-
-Ha finto di essersi slogata una caviglia? Seriamente!?-
-Certo che lo ha fatto.- asserisce Martha.
-Oh, andiamo, non ha finto.- interviene Zayn,
guardando la mia amica.
-Ah, no?- replica lei, alzando entrambe le sopracciglia.
-Beh, diciamo che forse ha esagerato un po’.-
-Se tu chiami “esagerare un po’” starnazzare per mezz’ora,
tenendosi platealmente la mano sul piede, per poi alzarsi e correre incontro ad
Harry, buttandosi letteralmente addosso a lui, ma pretendere ugualmente di essere
portata via in ambulanza, allora sì, diciamo che ha esagerato un po’.-
Scoppio a ridere rumorosamente, notando lo smarrimento sul
volto di Zayn e infastidendo ancora una volta la
signora della guardia medica, che mi fulmina da sopra le sue scartoffie. –Mi
scusi!- esclamo, cercando di contenermi.
La suoneria del cellulare di Martha ci fa sobbalzare tutti.
Fisso interrogativamente la mia amica, quando, dopo aver dato una rapida
occhiata al display, declina la chiamata.
-Era Louis.- annuncia, e un debole rossore le invade le
guance. -Facciamo che lo richiamo fuori per capire a che punto sono e intanto
vado a buttare questo.- dichiara frettolosamente, prendendomi dalle mani il
bicchiere di plastica ormai vuoto e uscendo rapida dall’infermeria.
Cerco lo sguardo di Zayn e, solo
quando lo trovo, mi rendo conto di quanto io sia una perfetta idiota.
-Ora ho capito. Ecco perché ti sei comportato così.-
Zayn mi fissa con l’aria di
uno che non ha la più pallida idea di cosa io stia parlando. Come no, Zayn, a chi vuoi darla a bere?
-Non partecipavi all’interrogatorio perché stavi pensando a
qualcos’altro. O meglio, a qualcun altro.-
-Jess, ti senti bene? Vuoi che ti porti una bustina di
zucchero?-
-Perché non me lo hai detto? Perché hai lasciato che
blaterassi e mi lamentassi, come sempre, dei miei soliti e mortalmente noiosi
problemi esistenziali, quando tu avevi bisogno molto più di me di sfogarti in
quel momento?-
Zayn mi squadra preoccupato,
poi mi afferra un polso e tenta di sentire i battiti con le dita.
-Sai che non è così che si fa, vero?- domando scettica,
allontanandogli la mano. –E smettila di fare il finto tonto.-
-Jess- mi afferra per le spalle e mi fissa dritta negli
occhi con sguardo serio, uno dei più seri del suo repertorio, potrei azzardarmi
a giudicare. Ha deciso a tutti i costi di non lasciarsi soffiare l’Oscar da
Ashley, a quanto pare.
-Io non so assolutamente di che diavolo tu stia
parlando.-
Non riesco a reprimere un piccolo sbuffo. –Ieri sera, Zayn. In soffitta.-
-Sì, eravamo lì, me lo ricordo.-
-Avrei dovuto ascoltarti, e invece no, sono stata
un’egoista.-
Mi scuote leggermente, prima di lasciare la presa. –Mi stai
facendo preoccupare, Jess.-
-Il bacio.-
Zayn corruga la fronte,
accigliato. –Hai detto che non vi siete baciati.-
Gli do una lieve spinta: -No, scemo! Martha e Louis!-
Sbarra gli occhi e, solo per una frazione di secondo, credo
che la sua non sia una recita.
-Sai, mi avevi quasi fregata. Ma non puoi farla a me, Malik,
non puoi.-
-Ok, Jess, adesso basta. Scendi da questo lettino, avanti,
dobbiamo andare.-
-Non prima di averne parlato!- protesto, indietreggiando di
qualche centimetro.
-Ma di cosa vuoi parlare!? Me lo spieghi!? Perché io non
capisco.- sbotta in tono seccato.
-Del bacio tra Martha e Louis, Zayn!-
strepito, spazientita.
-Perché dovremmo?-
-Perché- abbasso la voce, nel caso Martha torni –mi ricordo
molto bene quello che mi hai confessato a Parigi.-
-Avevi promesso che non avresti più tirato fuori questa
storia.-
-Lo so, ma non avevo previsto che avremmo beccato Martha e
Louis a sbaciucchiarsi nel sottobosco.-
Ecco, vorrei mordermi la lingua fino a tagliarmela, ora. –Mi
dispiace, Zayn. Sono una persona orribile.-
-Jess-
-No, lasciami finire. Non dovevo dire così, e non dovevo
nemmeno insistere, e quando vorrai e solo se ti andrà mi-
-Jess, non mi importa.-
Mi blocco, questa volta sono io a non capire.
-Non mi interessa più Martha. Non mi interessa più da molto
tempo.-
-Ma.. A Parigi tu-
-So cosa ho detto a Parigi. Ma tu insistevi e io non ne
potevo più delle tue domande, rompiscatole.-
-Tu guarda che fedifrago.- mormoro.
Mi dà un buffetto sulla guancia e sorrido, mio malgrado.
-Ora possiamo andare?-
Annuisco, posando i piedi per terra uno alla volta.
Mi dirigo verso l’uscita, seguita a debita distanza da Zayn, ma mi blocco sulla soglia, accorgendomi solo ora di
non indossare più la giacca da sci. -Di chi è questo maglione?- chiedo,
stranita.
-E’ mio, ed è nuovo, per questo non lo riconosci.-
Devo assumere un’espressione sorpresa, perché Zayn si affretta a spiegare: -Che c’è? Tremavi dal freddo e
non volevo morissi assiderata.-
-Stavo solo pensando che dev’essere difficile vestire una
persona svenuta. Voglio dire, quanto può arrivare a pesare un corpo inerte?-
Zayn ride di colpo,
scuotendo la testa e sospingendomi per farmi avanzare. -Sei incorreggibile,
Jess.-
Mi stringo nelle spalle, facendo un cenno a Martha, in piedi
sotto una tettoia di legno. –Immagino di sì.-
***
-Non credo di voler entrare.- mormoro, fissando intimorita
la porta chiusa di fronte a me.
-Jess, non fare la bambina, su. Siamo venuti fin qui
apposta.- mi esorta Zayn.
-Ah, non siete venuti per salvare me!?- è l’intromissione
sdegnata di Harry che, seduto per terra, la schiena appoggiata al muro bianco,
un caffè bollente della macchinetta tra le mani, ci sta guardando contrariato.
–Quella sclerata della mia quasi ex-ragazza mi ha pedinato fino a questo posto
dimenticato da Dio, e ha quasi rischiato di uccidermi!-
-In realtà ha rischiato di uccidere il maestro di Jess, non certo
te, leprotto.- precisa Niall, mentre insieme a Louis
improvvisa una pantomima di Harry che scia a ottocento kilometri orari.
Ridiamo tutti, compreso Harry. Compresa me, che sto
torcendomi le mani dall’ansia da quando Louis è tornato sui campi a prenderci
per portarci qui.
-Io non ce la faccio.- guaisco, indietreggiando. –Mi odierà.
Sono sicura che mi odi come non ha mai odiato nessuno.-
-Jess, tesoro, la tua tendenza al vittimismo talvolta fa
sorridere, ma adesso non mi sembra proprio il caso di sfoderarla, ok?- enuncia
Martha, dandomi una piccola pacca sul sedere. –Su, vai.-
Chiudo gli occhi per un istante, le mani a pugno, annuisco
al vuoto, a me stessa, agli sguardi dei miei amici che mi sento addosso come
calamite, e abbasso decisa la maniglia.
-E’ permesso?- domando, entrando quasi in punta di piedi, e
richiudendo subito la porta alle mie spalle.
-Jess, sei venuta!- l’esclamazione biascicata proveniente
dal letto accanto alla finestra non mi sembra di sdegno, né di rabbia o
disgusto, e il mio cuore si fa un po’ più leggero.
Mi costringo a non assumere un’espressione troppo angosciata,
quando mi fermo accanto a Miles, notando da vicino il bendaggio che gli ricopre
il naso e il labbro suturato e gonfio.
-Miles, mi dispiace tanto.- mormoro con un filo di voce,
incapace di dire altro.
-Non ti preoccupare, Jess, sto bene.-
Fa una smorfia che interpreto come un sorriso, e con una
mano mi fa cenno di avvicinarmi.
-Tu stai bene?- mi domanda, dischiudendo piano le labbra per
non far saltare subito i punti.
Annuisco energicamente con il capo: -E’ come se non fossi
neanche svenuta.-
-Mi hai fatto spaventare, sai? Eri lì, in ginocchio accanto
a me, e l’attimo dopo sei crollata a terra.-
Arrossisco spiegandomi impacciata: -Sì, scusa io, beh, ho
qualche problema con il sangue. Quando lo vedo svengo, per la maggior parte
delle volte.- roteo gli occhi, alzandomi nelle spalle: -Sono un caso umano, lo
so.-
Miles sussulta e mi afferra una mano con due dita: -Non
farmi ridere, ti prego. O qui mi si riapre tutto e tu rischi sul serio di
svenire di nuovo.-
Sono troppo imbarazzata per rispondere a tono. Sono troppo
occupata a rendermi conto che per davvero la sua mano sta stringendo la mia.
Che Miles, con quegli occhi neri, profondi come due pozzi scuri, è bello anche
con la faccia spaccata. Che i suoi rasta sparsi sul cuscino sono un caos, come
la mia pancia, come la mia testa in questo esatto momento. Che ho voglia di
baciarlo, e non ho più paura.
Mi chino istintivamente, i capelli indomabili mi scivolano sul
viso e oltre le spalle, ma io non me ne curo. Sono a pochi centimetri dal suo
naso medicato, lo sguardo fisso sulla sua bocca scura e ferita, ma alzo gli
occhi e incontro i suoi. E in un istante torna tutto come prima. Col cazzo che
non ho più paura.
Mi butto sgraziatamente in direzione del comodino dall’altro
lato del letto e afferro senza neanche
pensarci il bicchiere pieno d’acqua, rovesciandone un po’ per terra e sul
lenzuolo.
Miles emette un lamento, e io mi ritraggo il più rapidamente
possibile, pregando di poter sprofondare nel pavimento in linoleum. Lo guardo
inorridita massaggiarsi il braccio steccato, mentre io svuoto il bicchiere in
un solo sorso, rischiando di soffocarmi.
-Avevo sete!- trillo, in risposta al suo sguardo stralunato.
–Ora, ecco, io dovrei proprio andare. I miei amici sono fuori che mi aspettano
e non voglio che mi lascino proprio qui.-
Oddio, ma sono scema o che cosa?
-Il traffico, sai. Il bollettino, un sacco di coda.-
Un verbo? Uno straccio di verbo ce lo infili oppure no?
-Ok, io vado.-
Appoggio il bicchiere sul tavolino accanto all’armadio e mi
dirigo a passo svelto verso la porta. Ho già la mano sulla maniglia. Respiro
sonoramente. Sono una stronza, una vera stronza. Scuoto la testa e torno verso
Miles che, in tutto questo, non ha smesso ancora un secondo di fissarmi come se
fossi matta da legare, e probabilmente ha ragione.
Gli lascio un bacio sulla guancia, sento la sua barba
graffiarmi la pelle.
-Scusa.- gli sussurro all’orecchio, e scappo via.