Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Waterwall    06/09/2016    1 recensioni
E se la sorte dell'amore tra Oscar e Andrè cambiasse? Se ci fosse qualcosa che nessuno ci volesse mai dire? Magari un segreto che con la loro morte non è mai stato detto.
E se vi dicessi che sopravvivessero alla rivoluzione e il destino gli serbasse qualcosa di molto più grande?
Che Alain incontrasse l'amore della sua vita e che anch'esso nascondesse un segreto?
E che il conte di Fersen non fosse stato così santarellino come credevamo?
Se vi ho incuriositi leggete con un grandissimo "grazie" in anticipo!
Ps. L'ispirazione mi è venuta leggendo la oneshot di fuko chan "Il ricordo segreto" (se troverai mai questa fanfiction ti prego di dirmi qualcosa perchè sei bravissima *-*)
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Due carrozze prive di stemma si fermarono sul ciottolato dei giardini, davanti alla residenza nobile e priva di padroni.
《 Siamo arrivati. 》 disse Andrè ad alta voce lasciando le redini dei due cavalli e scendendo con un salto dal sedile del cocchiere.
《 Ho notato. 》 rispose asciutto Alain mentre faceva lo stesso.
Andrè aprì la portiera aiutando prima a far scendere sua nonna e poi Oscar.
Gli sembrò una bambina dentro un libro delle fiabe con quell'espressione mista a dello stupore e alla felicità mentre rimaneva ferma con un piede sullo scalino di legno e una mano che stringeva quella di Andrè che la sosteneva.
《 Ben tornata a casa, Oscar. 》disse Andrè con un tocco di felicità. 
Lei gli sorrise:《 Ben tornato a casa, Andrè. 》
Entrambi chiusero per un momento gli occhi e respirarono con forza l'aria che gli circondava: sapeva d'infanzia, ricordi, felicità e del loro piccolo grande mondo; sapeva d'estate, sapeva d'inverno, sapeva di primavera e sapeva di autunno; sapeva di rose, sapeva di lillà, sapeva di limoni verdi e sapeva di biscotti alla cannella e cioccolata calda.
Esperanza posò delicatamente una mano sulla spalla di Oscar:《 Avete dei ricordi meravigliosi qui. 》
Oscar la guardò di traverso:《 Riesci a vedere anche queste cose? 》
L'altra rise di gusto:《 No Oscar, non ne sono ancora capace. Ma comunque questa dimora ne è circondata e anche io, che non li conosco, li sento nell'aria. 》
Oscar sorrise:《 Su coraggio, entriamo. O tutte le dimore della famiglia Jarjayes ti mettono i brividi? 》questa volta fu lei a ridere mentre Esperanza sbuffava sonoramente.
《 Anche questa è inquietante ma, non ho paura! 》
I due uomini guardavano la piccola scena divertiti dalla spontaneità delle loro amanti: col tempo erano riuscite ad acquisire una complicità che, col passare dei giorni, sembrava divenisse sempre più indissolubile.
Andrè si avvicinò a Oscar e le porse la mano portandola in cima alle scale, ad un passo ad aprire la maestosa porta; Oscar se n'era quasi dimenticata di quanto fosse grande, ormai abituata a quella della loro umile casa di Arras.
Oddio, quanto già le mancava quel posto; era lì che aveva cominciato la sua nuova vita con Andrè e dove erano successe cose che mai avrebbe pensato di poter vivere. Sentì una fitta al cuore, molto probabilmente a causa della malinconia che fu subito tolta da una seconda: la loro casa di sempre era di fronte a loro, anche se avessero pensato di non rivederla mai più. 
Oscar accennò un "sì" con la testa e Andrè, sorridente, spinse l'anta per entrare nell'atrio dove si mostravano le scale intrise di mille cadute e mille ceffoni che portavano al piano superiore.
Forse in quel periodo, per la prima volta, Oscar e Andrè furono davvero felici: era qualcosa di cui avevano bisogno quella di ritornare alle origini.
Marie si avvicinò a loro sorridendo in maniera dolce sistemandosi lo scialle viola sulle spalle ricurve:《 Ragazzi andate! A far visitare la dimora e a sistemare le valige qui nell'atrio ci penseremo io e gli altri servi. 》
I due stavano per ribattere, ma per una volta pensarono a sé stessi e a quello che urlavano i loro cuori.
Corsero verso l'ala destra del palazzo, lungo i corridoi che portavano alla sala da pranzo e alla cucina per rivedere quelle teglie dove erano soliti rubare i biscotti alla cannella della nonna. Sembrava tutto congelato così come l'avevano lasciato loro, era solo tutto più silenzioso e un po' più impolverato, molto probabilmente parte della servitù se ne era andata.
Poi andarono nella direzione dell'ala opposta, mano per mano lungo i corridoi una volta cerati. 
Arrivarono davanti a una grande porta in legno dipinto dove alla serratura vi stava una chiave dorata leggermente arrugginita: era da immaginarselo che da quando i padroni non sarebbero più venuti alla dimora per un tempo indeterminato, quelle stanze sarebbero rimaste chiuse; forse meno intoccabili di quelle che stavano al piano superiore, tralasciando quella degli ospiti.
Andrè posò la mano sulla chiave e con Oscar si scambiarono uno sguardo che significasse tutto fuorché indugio.
Con l'ultimo occhio che gli rimaneva Andrè ritornò alla chiave e, con un movimento veloce, fece scattare la serratura.
Entrambi poggiarono i loro palmi sulle due ante della porta e la spinsero per far aprire davanti a loro uno scenario ancora celato dal buio. A tentoni si diressero nella parte opposta dove vi stavano le tende pesanti.
Le strinsero tra le dita e i palmi, avvolgendo quelle delle finestre centrali. Tirarono le tende con forza lasciando che i raggi della luna illuminassero tenuamente la zona centrale della sala da ballo che sembrava di aver dimenticato il suo antico splendore.
Così Oscar passò alla finestra di sinistra mentre Andrè andò a quella di destra; tirarono nuovamente i tendaggi alzando la polvere che vi si era poggiata sopra e si era liberata nell'aria.
Oscar tossì un momento portandosi il fazzoletto alla bocca, lo guardò un secondo con il sangue fresco che si lasciava asciugare sulla seta bianca e sentì il cuore perdere un battito.
《 Tutto bene? 》
Lei alzò lo sguardo velocemente affrettandosi di rimettere l'oggetto nella tasca:《 Certamente. - se il discorso avrebbe continuato ad avere quella piega sarebbe diventato pesante da gestire- Sembra passato un secolo. 》improvvisò guardando la sala dai colori marmorei per poi salire con lo sguardo al grande lampadario di cristallo.
《 È vero, sembra una casa abbandonata. A momenti mi aspetto dei fantasmi che compaiono dalle pareti! 》 Andrè rise mentre Oscar lo guardava divertita e allo stesso tempo incredula:《 Si può sapere quanti, ma specialmente quali misteriosi romanzi ti sei letto in quest'ultimo periodo? 》
Lui sbuffò nel tentativo di trattenere le risate:《 Non saprei. Sai il tuo cosiddetto "ultimo periodo" ricade dagli anni in cui ho imparato a leggere ed ero insonne ad ora. 》
Rise lievemente anche lei, cercando di non farsi sentire troppo; poi si guardò nuovamente attorno nella grande sala e fu attratta da un console su cui vi stavano alcuni oggetti d'arredamento e un vassoio con alcuni bicchieri e una bottiglia di vino: sicuramente erano stati dimenticati lì dopo l'ultimo ballo che era avvenuto.
Si avvicinò facendosi riflettere dallo specchio che vi stava di fronte, mentre i suoi tacchi risuonavano nella grande stanza silenziosa. Sentì dentro di lei un senso di nostalgia e nella sua mente si formò il ricordo di uno di quei balli lontani, dove le sue gambe sfioravano le sfarzose gonne delle dame e il suo respiro si avvelenava per i troppi profumi nell'aria; si sentì come se da un momento ad un altro al centro della pista avrebbero cominciato a ballare un minuetto o un valzer viennese che la sua regina amava tanto. Le sue orecchie si riempirono di musica inesistente, molto probabilmente Mozart, e sembrò che stesse cominciando a muovere i piedi come se stesse danzando ma, fortunatamente, a parer suo, arrivò alla console.
Guardò i calici di cristallo che si erano impolverati e la bottiglia di vino non ancora stappata segnante l'anno 1786. Raggirò tra le dita i tre oggetti per poi posare la bottiglia e mettersi a pulire i due bicchieri con le mani.
Andrè, con quel poco che poté, la guardò alle spalle, cercando di capire cosa stesse facendo dal riflesso scuro dello specchio; così le si avvicinò con calma a passo leggero fino a metterle una mano sulla spalla. In quel momento lei si girò sorridendogli dolcemente e vide porgergli un bicchiere:《 Dammi un secondo. 》 disse lei voltandosi nuovamente verso il vassoio.
Andrè rimase a guardarla perplesso finché non sentì il rumore, che sordamente riempì la stanza quieta, di una bottiglia stappata.
Con quest'ultima nella mano destra, vide Oscar sorridergli e versagli un liquido scuro nel calice poco prima porso per poi fare lo stesso con il suo.
Oscar alzò leggermente il braccio inclinando su un lato le sue labbra in un sorriso leggermente complice.
《 A cosa vuoi brindare Andrè? 》
Lui sbuffò divertito:《 In quest'ultimo periodo, in realtà non ci sarebbe molto da brindare. 》
Lei sospirò:《 Lo so' Andrè, ma cadere in depressione nuovamente non è quello che voglio. 》
L'uomo le accarezzò la guancia con il dorso della mano:《 Hai ragione Oscar, l'unica cosa che ci rimane da fare è essere felici almeno un po'. - Si rimise un secondo a ridere - Mi sa che abbiamo invertito i ruoli: non sarei dovuto essere io quello che guarda sempre il lato positivo? 》
Oscar gli strinse leggermente la mano che le sfiorava ancora il viso con movimenti circolari:《 A volte fa bene cambiare i ruoli. 》
Andrè non riuscì a trattenersi nel baciarla con tutto l'amore che poteva avere: quanto l'amava! Nei suoi pregi e specialmente nei suoi difetti.
Così lui alzò il calice a sua volta:《 Allora brindiamo al giorno in cui saremo felici. 》
Oscar annuì sorridente:《 Al giorno in cui saremo felici! 》
E si portarono i cristalli alle labbra.
Finito di bere li riposarono sul vassoio e Oscar guardò l'orologio d'oro che stava sulla console in stile Rococò.
《 Sono le dieci e mezza. 》disse lei.
Andrè la guardò nuovamente perplesso:《 E con questo?》
Oscar gli prese una mano e lo portò dove il pavimento disegnava un grande cerchio marmoreo decorativo; Si mise in posizione portando una mano di Andrè sul suo fianco:《 È il momento in cui si danza. 》
Andrè sorrise con dolcezza e iniziarono a trascinarsi l'un l'altro su delle note silenziose.
Mentre la musica silente suonava leggiadra nelle orecchie della loro memoria, i candelabri cominciarono ad accendersi, il lampadario ad illuminarsi, le dame fecero nuovamente ondeggiare le loro lunghe gonne, i monsieur a girare con loro e sorseggiare del buon vino e la servitù cominciò a portare vivande. Anche i due sembrarono cambiare: i capelli di Oscar si legarono e il suo corpo fu fasciato dall'antico vestito bianco  del famoso ballo, mentre Andrè fu vestito di abiti semplici ma signorili.
Danzarono, danzarono e ancora danzarono per recuperare tutti quegli anni in cui non poterono. La magia aveva preso il controllo di loro.
《 Si può sapere cosa state combinando voi due? 》
Il buio e la normalità ritornarono nella sala, facendo saltare indietro di un passo i due:《 Alain! 》
L'uomo rimase a ridere della scena dall'uscio appena aperto dove sbirciava:《 Volevo solo farvi sapere che madame Marie ha preparato la cena. Vi stiamo aspettando in sala da pranzo. 》
Oscar si ricompose stirando la giacca rossa:《 Veniamo immediatamente. 》
Alain rise e si chiuse la porta alle spalle fischiettando divertito.
I due si guardarono negli occhi di sottecchi, arrossando leggermente le gote per la figura che avevano appena fatto davanti al loro vecchio amico. 
《 Allora credo sia meglio uscire. 》 disse Andrè.
《 Lo credo anche io. Poi, una cena sostanziosa ci farà a tutti bene. Precedimi, io voglio vedere una cosa. 》
《 Va bene Oscar, ci vediamo a tavola. 》così Andrè abbandonò velocemente la stanza. 
Lei si voltò verso le grandi finestre e si avvicinò a quella centrale: guardò fuori alla ricerca di un punto preciso sul terreno sotto a un albero.
Sorrise tra sé e sé per essere andata a guardare uno dei posti più importanti dell'infanzia di lei e Andrè; così uscì anche lei dalla stanza e chiuse con attenzione la porta. Rimase a guardare il pavimento senza un preciso motivo finché, dopo qualche passo, non avvertì la presenza di qualcuno davanti a sé. 
Alzò il capo lentamente e i suoi occhi si incrociarono a quelli azzurro anice di Esperanza che la guardava con un sorriso come compiaciuto.
《 Stavo venendo a cenare, non c'era bisogno che mi venissi a cercare. 》disse Oscar cercando di dire qualcosa per togliersi quella situazione di dosso. 
《 Tranquilla Oscar - disse Esperanza voltandosi per ritornare in sala- Mi era piaciuto vedere una cosa. 》
La bionda la guardò di sottecchi mentre l'altra disse:《 Vedi, la magia è dentro di noi. Basta solo lasciarla liberare. 》
Oscar sbarrò gli occhi dalla sorpresa, ma non disse nulla: Esperanza aveva ragione.
《 Mi sembra così strano il fatto di sedermi in questo tavolo. 》 sentenziò Andrè. 
《 Ma come? - gli disse Alain sorpreso - Tu non ti sedevi qui? E allora dove mangiavi?  》
Andrè rise divertito:《 Qui mangiavano i padroni, io e nonna andavamo in cucina insieme agli altri servi dove c'è un piccolo tavolo di legno e qualche sedia. 》
Alain rimase sorpreso:《 Pensavo che facessi una vita più agiata essendo l'attendente del comandante Oscar. 》
L'amico fece per rispondere ma fu preceduto dal tono stizzito della nonna che disse:《 Infatti è così! Gli ho sempre detto che avrebbe dovuto tenere le distanze essendo che fosse solo un servo, ma non mi ha mai ascoltata! Che nipote screanzato che ho avuto! 》
Scoppiarono tutti in una fragorosa risata:《 Suvvia nonna, ora è inutile che rimproveri il povero Andrè, alla fine diciamo che è diventato mio marito. 》
《 Vedi nonna? - si affrettò a dire il moro - Ormai non devo più tenere le distanze, anche Oscar lo dice. 》
Marie lo guardò di traverso:《 Ma se la sentirò solo un momento lamentare giuro che assaggerai il mio mestolo! 》
《 V-va bene nonna- Andrè alzò le mani come in segno di resa- Ma ora calmati, alla tua età non ti fa bene. 》
La donna anziana si alzò dal tavolo e andò minacciosamente verso il nipote:《 Te la faccio vedere io l'età, nipote screanzato!  》e uscì il mestolo dalla grande ciotola di terra cotta smaltata di bianco che si trovava sul tavolo.
Andrè si alzò velocemente dal tavolo e cominciò a correre verso le cucine:《 Nonna ti prego, questa volta non ho fatto nulla! 》
Oscar si mise a ridere di gusto, tutti i suoi ricordi salivano in superficie sempre di più. 
Alain ed Esperanza li guardavano sparire e riapparire dalle varie stanze finché l'ex soldato non si sporse verso la donna bionda:《 Ma è normale? 》
Lei non riusciva più a trattenere le risate:《 Sì tranquillo, lo facevano sempre una volta. 》
Tutti e quattro salirono le scale dell'atrio che portavano alle stanze di sopra.
《 Come ti senti Andrè? 》 chiese Esperanza guardando l'uomo che si teneva ad Oscar e che con una mano si massaggiava la testa.
Alain sistemò Joseph tra le braccia:《 Come vuoi che stia una persona che ha preso una mestolata in testa? 》
Esperanza lo guardò severa:《 Cercavo solo di essere gentile. 》
Andrè mugugnò un attimo:《 Diciamo che sono stato sia meglio, ma anche peggio. 》
Oscar gli sorrise mettendo una mano su quella di lui che le si teneva a braccetto:《 Anche questo è vero. 》
Arrivarono all'ultimo scalino dove Esperanza fece luce più avanti con il candeliere dorato:《 Dove dobbiamo andare? 》 chiese rimanendo a guardare il corridoio scuro su cui cadeva un lungo tappeto rosso ai cui lati vi erano porte e mobili d'arredamento in legni pregiati e le basi, su cui stavano i preziosi oggetti, erano in marmi o vetri colorati.
《 Io e Andrè dormiremo nella mia vecchia camera,  in fondo a sinistra, mentre voi avrete la stanza degli ospiti: la seconda porta a destra. Mi dispiace se ci sarà della polvere, ma oltre alle poche stanze di uso comune sono state tutte tralasciate. I servi ormai sono pochi quindi spero che non vi dispiaccia. 》
Alain sorrise con dolcezza:《 Sicuramente saranno letti più puliti e caldi di quelli della mia umile casa di Parigi. Vi ringrazio. 》
Oscar sorrise a sua volta per risposta e augurò loro una buona nottata.
Portò in avanti il loro candeliere e proseguì, con un brivido lungo la schiena, lungo il corridoio che portava fino allo studio del padre.
《 Vedremo la tua stanza. 》 disse sottovoce Andrè. 
《 Sì, è stato così tanto tempo fa l'ultima volta. 》
Lui le sorrise e le baciò la fronte:《 Sembrerà fare un tuffo nel passato. 》
Lei strinse la chiave della porta e la fece girare lentamente per poi spingere.
L'aria era asfissiante per il lungo tempo che era rimasta chiusa, sapeva di polvere. Entrarono lentamente nella camera come se stessero rivivendo totalmente i loro mille ricordi.
Oscar si avvicinò al tavolino vicino la porta e vide un candelabro con ancora delle candele in buono stato, lo accese per fare più luce.
I colori chiari della stanza sembravano essere gelati per il lungo periodo rimasti al buio.
Andrè si avviò velocemente alla finestra per aprirla: l'aria era irrespirabile. Mosse le coperte per togliere uno strato di polvere e sistemò meglio i cuscini.
Oscar invece si mise a guardare gli oggetti dell'altro lato.
Si avvicinò alla toilette dove vi era solo una spazzola dove si intrecciavano ancora dei fili dei suoi capelli dorati.
La prese tra le dita poggiando il candeliere sulla base in legno; la portò sotto il naso e respirò lentamente l'odore di rose con cui solitamente faceva il bagno lì a palazzo Jarjayes. La strinse al petto ricordandosi quando Rosalie le spazzolava i capelli, forse aveva poco più di vent'anni.
Passa troppo in fretta il tempo.
Solitamente ti inganna facendoti pensare che qualche giorno prima avevi eri appena iniziato una splendida carriera con il tuo migliore e amico e il giorno dopo ti svegli e ti ritrovi che l'hai abbandonata e lui è diventato tuo marito.
Prende per i fondelli.
Estremamente. 
Oscar si trattenne una risata e passò in avanti arrivando al comodino dove posò la spazzola, come una bambina posa la sua bambola per dormire.
Si adagiò sul materasso da cui aveva spostato le coperte, si levò con lentezza la giacca e il gilet che gli lanciò sulla sedia della toilette.
Iniziò a sbottonarsi la camicia immersa nei meandri della sua mente, ma sobbalzò al tocco delle mani di Andrè sulle sue spalle.
Andrè. 
La sua camera.
Sera.
Un viaggio stancante.
I ricordi riaffiorivano come se nulla fosse, era una situazione più volte vissuta in precedenza; loro ogni sera erano lì a chiacchierare dopo le giornate stressanti quando lavorava a Versailles, quando era piena di nervi per vari impegni o casi di ladri, quando suonava quelle melodie difficili al suo pianoforte e lui rimaneva a fare lo spettatore silenzioso al suo finto concerto portandole il tè che le preparava la nonna.
E quanto era diventata pesante l'aria quando lui era andato in caserma, era talmente pesante per una persona.
Quella era la solitudine.
Ora lui era lì, invece, quando pensava che non lo sarebbe mai più potuto essere; era lì che respirava il suo odore a pieni polmoni e le baciava il collo.
Oscar si voltò con tranquillità verso di lui e gli diede un bacio leggero, dolce.
Con lentezza passionale si spogliarono a vicenda fino a mostrarsi nudi l'uno all'altra.
Andrè la fece sdraiare sotto di sé al centro del letto baciandola con gentilezza:《 Ti prometto che un giorno saremo felici, Oscar. 》
Lei sorrise teneramente:《 Ci sei tu: io sono già felice. 》
***
Se solo sapessi come andrà potrei davvero decidere di scappare o no, questo sarebbe un momento perfetto: nessuno mi vedrebbe.
Eppure perché sono qui immobile in questo letto freddo della locanda?
Forse è l'alba; da degli spifferi delle tende pesanti si fanno pian piano avanti dei timidi raggi del sole.
La stanza è così buia comunque.
Sì, sicuramente è l'alba, anche se non riesco a scorgere nulla dell'ambiente che mi circonda.
Mi sento fiacca, priva di forze.
Sto facendo la cosa giusta?
No, sicuramente no.
Ma parlando francamente non ho mai fatto nulla di giusto.

Ancolie si alzò lentamente dal materasso che quel giorno sembrava più gelido del solito; si stirò con forza le braccia verso l'alto più per farsi male che per altro.
Il suo letto era proprio sotto la finestra e allungando la mano cercò di tirare un po' le tende intrise di polvere.
Il suo volto divenne rossastro quando incontrò i raggi del sole che era appena apparso oltre il campanile della chiesa facendo sì che con la croce di metallo diventassero un'unica ombra.
Si sentiva come dentro un vortice e ciò le portava calore, come una febbre terribile da cui non se ne può uscire. Sciolse i lacci che le poggiavano sul petto, quelli di quella larga camicia da notte che un tempo sarebbe dovuta essere di un bianco immacolato, ma ora si riduceva al del giallognolo sporco e consumato; così con la mano delicata arrivò alla maniglia cremonese che stava sull'anta sinistra. L'aria che entrò fu frizzantina e Ancolie la respirò a pieni polmoni come per togliersi un peso in meno da dentro.
Sarebbe dovuta scappare in quell'istante: dalle stanze si sentiva solo gente col respiro pesante e neanche il più singolo movimento.
Sarebbe dovuta scappare.
Si poteva veramente fidare di quell'uomo incappucciato? Non sapeva chi era né cosa volesse veramente; non che lei non fosse abituata a essere usata, sia ovvio, per una come lei sarebbe tutto nella norma.
Ma allora cos'è quel peso al cuore?
Un'avvisaglia?
Senso di colpa?
Optò più per la seconda ipotesi portandosi una mano ad accarezzarsi l'avambraccio sinistro che quella sera l'uomo che amava le aveva stretto; se avesse premuto un po' più forte avrebbe sentito anche il dolore di quella presa dura e ferrea, come una morsa.
Fece un sorriso sornione, così, per schernirsi da sola.
Forse era quella stessa presa che la fece abbandonare quella casa e a farla rimanere lì: in quella fredda e ancora buia stanza della locanda.
Mi farò ammazzare continuando così. Pensò un attimo.
Ma alla fine, tralasciando la sua vita, aveva già perso tutto. Non c'era nulla da rischiare.
Patetico: aveva solo ventisei anni in fondo e aveva già perso ogni cosa.
Se lo sarebbe dovuto aspettare già quando scoprì che il compleanno della sottoscritta Ancolie Reneé Laroche era il trentuno ottobre.
Quando fu, molto probabilmente, aveva quattro anni e abitava in quella casetta piena di spifferi subito fuori Arras, dove suo padre svolgeva il lavoro di contadino; in fin dei conti erano felici anche se ci fosse solo lei come bambina in quella famiglia perché sua madre non riusciva più ad avere figli. 
Tutto poi degenerò quando ebbe l'età di dodici anni.
Fu quell'anno quando cominciò a ridursi così.
Lo ricorda ancora quando suo padre cadde a terra, sul pavimento in legno della loro umile casa, privo di forze e tossendo rosso e nel giro di qualche mese se ne andò lasciando sole e nella totale miseria lei e sua madre.
Così dovettero andare a cercare un lavoro che potesse bastare per sfamare entrambe e l'unico fu quello che tutt'ora faceva: la prostituta.
Per qualche anno riuscirono a stare davvero bene, così da permettere loro di pagare un vecchio maestro in pensione che insegnò ad Ancolie a leggere, scrivere e fare qualche conto basilare. Lo fece per tre anni.
Era così felice ogni volta che tornava a casa piena di cose nuove e con le dita un po' sporche di inchiostro nero, sperando di raccontare a sua madre che cosa avesse fatto ... Solo che lei non glielo permetteva mai in realtà ... Non sprecava nemmeno una singola moneta per lei e quindi Ancolie pur di fare quelle lezioni salvava una monetina in uno dei taschini del grembiule senza farlo notare alla mamma.
L'unica sua consolazione erano quei quattro giorni in primavera e quei quattro in autunno dove venivano a trovarla Véronique e Margot le sue due uniche parenti; anche se a dirla tutta aspettava solo Véronique: lei la comprendeva sempre.
Dopo quei tre anni anche sua madre l'abbandonò per la sifilide.
Aveva solo quattordici anni.
Tentò di essere felice: un ragazzo le aveva offerto il suo amore più puro, ma all'ultimo lei non si sentì capace di poterlo ricambiare come sarebbe dovuto essere e quindi lo lasciò andare.
Da allora in poi sempre la solita vita fra quel terribile lavoro e gli stenti; finché non arrivò Andrè e accaddero così tante cose una dopo l'altra che si sentì frastornata.
E ora quell'uomo incappucciato di nero.
Sentì bussare alla porta. 
Si girò verso di essa e rimase rigidamente in ascolto, aveva una strana sensazione di paura all'altezza del petto che a momenti le troncava il respiro. 
Bussarono nuovamente, più forte.
Cercò come di farsi indietro sbattendo la schiena al davanzale della finestra.
《 Sono io- disse una voce roca: era quella dell'uomo incappucciato- Apri. 》
Ora era troppo tardi per scappare eppure lo desiderava più di prima, ma ormai era in catene.
《 Arrivo. 》disse velocemente e con cautela si avvicinò alla porta. Quando ebbe fra le dita il pomello e la chiave deglutì per far tornare dentro la paura e aprì la porta.
L'uomo incappucciato entrò velocemente nella sua camera farfugliando qualcosa, che a lei non sembrava assolutamente qualcosa di piacevole, arrivando vicino al suo letto. 
《 Sai dove abitano? 》 la domanda fu netta e veloce, Ancolie dovette prendere un secondo per rispondere:《 Sì, certamente. 》
《 Bene, preparati. Tu ci porterai da loro. Hai solo dieci minuti contati sulle lancette dell'orologio. 》e talmente veloce era entrato che tanto velocemente uscì dalla camera senza darle il tempo di pronunciare alcunché per spiegare che la casa era totalmente abbandonata.
Sospirò e chiuse la porta; si avvicinò alla sedia e prese i suoi vestiti che mise con velocità e mano esperta sistemandosi, con altrettante doti, i capelli biondi.
***
Che bruciore al petto.
Forse erano i polmoni.
Non era giusto, no. Voleva solo riposarsi eppure facevano maledettamente male.
Un respiro che sembrava troppo pesante le salì dalla gabbia toracica e la costrinse ad alzarsi velocemente dalla posizione comoda che aveva trovato e farle prendere il fazzoletto che era sul comodino affianco.
Tossì rumorosamente imbrattando il pezzo di stoffa dalla tosse rossa.
Si sentì per un momento priva di forze e si lasciò andare all'indietro sul cuscino, mentre lasciava cadere sul pavimento il fazzoletto sporco.
Non ci voleva la tubercolosi, non nuovamente. Era riuscita a farcela prima, perché avrebbe dovuto avere quella ricaduta? 
Si voltò alla sua destra e vide il suo amato Andrè girato verso di lei che dormiva beatamente; fortunatamente non l'aveva sentita tossire.
Si accoccolò al suo petto mentre con un gesto non conscio lui portò il suo braccio sopra le sue costole e passando a toccare il materasso con le dita.
Alla fine era felice.
Alla fine il comandante Oscar Françoise de Jarjayes era felice, perché lui era accanto a lei.
Non avrebbe mai negato il dolore che ancora provava pensando che se fosse andato tutto bene fra loro due ci sarebbe stata una piccola creatura che gli avrebbe resi felici.
Ma insieme era più semplice da trattenere. Con lui sapeva che sarebbe andato tutto bene, ed era questa l'unica cosa che importava.
Vide lo sguardo di smeraldo che le scivolò addosso guarnito da un sorriso leggero:《 Ti senti bene? 》 
Oscar si sentì pesante dentro di lei: in realtà aveva sentito tutto.
《 Sì Andrè, non preoccuparti. 》
《 Se vuoi andiamo dal dottore, magari potrebbe aiutarci. 》
Lei agitò la testa:《 Non preoccuparti, quest'ultimo attacco mi ha fatto sentire leggermente stanca, ma sarà stato per il fatto che fosse mattina presto. Sto bene, davvero. 》 
Andrè le diede un bacio sulla fronte:《 Va bene Oscar, ma se ricomincia a farti sentire fiacca ti raccomando di dirmelo. 》
La donna sorrise leggermente:《 Va bene, ma ti prego vorrei riposare un'altro po'; sono davvero stanca. 》
Andrè rise:《 Hai ragione questa notte l'abbiamo passata abbastanza in bianco! 》
Oscar rise a sua volta e gli diede un leggero schiaffo per gioco:《 Guarda che pervertito. Da quando sei diventato così? O lo celavi già da tempo? 》
Lui continuò divertito:《 Oh no, ero un santo: è colpa tua, Oscar. 》
Sgranò leggermente gli occhi con un fare di finta sorpresa:《 Colpa mia? E cosa avrei fatto? 》
《 La notte ti trasformi e io con te. 》disse ridendo un'altra volta.
Oscar lo guardò con una vena di passione che le attraversava lo sguardo mentre lui ritornava sopra di lei:《 Oh, ma allora ho un principe azzurro anche io. 》 
《 Al capitano Oscar Françoise de Jarjayes sorprende? 》disse lui abbassando sempre di più la voce. 
《 Da quando ho veramente capito chi siamo, no. 》
Ritornarono a baciarsi con sempre più ferocia, tirandosi le labbra l'una con l'altro mentre Andrè stava per ritornare a insinuarsi tra le sue gambe.
La lucidità mentale li stava per abbandonare nuovamente.
《 Oh santo cielo! 》 urlò qualcuno che probabilmente era appena entrato dalla porta che stava di fronte al letto a baldacchino.
I due si votarono ritornando ai loro posti, letteralmente spaventati: 《 N-nonna! - urlò Andrè - Ma cosa stai facendo? 》
La signora anziana, del tutto sconcertata dalla situazione che aveva appena visto e stroncato si ritrovava a tenersi allo stipite della porta con una mano sul petto:《 Vi stavo venendo a svegliare per dirvi che avevo preparato la colazione ... 》
Oscar si mise a sedere portandosi il lenzuolo all'altezza delle clavicole:《 Ora scendiamo, non preoccuparti nonna. 》
《 Ehm, sì certo. 》disse abbassando lo sguardo e richiudendosi la porta alle spalle sussurrando "nipote screanzato".
Alain guardava Esperanza che dormiva beatamente accanto a lei.
Avevano passato una notte in bianco, ma no nel modo a cui lui era abituato: Joseph aveva pianto per tutta la notte per un motivo o per un altro.
Sapeva che essere genitori non era un gioco da ragazzi, però non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto essere così stressante. Poi per lui era anche più stressante: era abituato a una vita piena di divertimento con donne, birra, amici con cui gironzolare la notte per le locande.
Non era certamente abituato a un bambino, a una moglie e a fuggire per salvarsi la vita; una posizione scomoda, non c'è che dire.
Avrebbe potuto mollare tutto, l'avrebbe potuto fare da un bel pezzo.
Ma non l'ha fatto e non lo farebbe mai.
Perché lei l'aveva legato senza volerlo a sentimenti talmente forti che, molto probabilmente, tutti insieme si potevano chiamare "felicità".
Lei era diventata la sua felicità, un suo bisogno, una sua necessità in tutto; anche se erano terribilmente diversi, terribilmente opposti e, a vederli da fuori, terribilmente lontani.
La non troppo lontana notte precedente al loro matrimonio però, gli aveva fatto aprire gli occhi e lo fece sentire perso; aveva capito forse fin troppo: Alain de Soisson era dipendente da una ragazzina che gli aveva letteralmente rubato il cuore. Era riuscito a farselo rubare da una ragazzina di soli sedici anni.
Lui.
Un grosso e rozzo militare della guardia metropolitana di Parigi.
Un uomo di ventisette anni. O almeno all'incirca, visto che ormai del suo compleanno ricordava solo la data.
La sua mano grande sfiorò il viso delicato e niveo di sua moglie.
Oltre a muovere su e giù il torace per il respiro, non mosse neanche un singolo muscolo: era crollata.
Era talmente pesante per lei badare a loro figlio: era così piccola.
Si sentì come uno che avesse sporcato uno degli esseri più puri che esistessero su quel pianeta.
Ultimamente se lo ripeteva in continuazione in quella testaccia.
Con la mano che poggiava sulla guancia di lei, scivolò lungo il collo fino al punto in cui la spalla rimaneva scoperta. La camicia da notte di Esperanza non era totalmente chiusa: sicuramente si era scordata di chiudere alcuni dei bottoncini per via della stanchezza dell'ultima poppata notturna.
Con il tocco dei polpastrelli scese leggero fino a dove il seno di lei gli vietava di toccare la zona dello sterno.
Da quanto tempo non la toccava?
Non le sfiorava i lineamenti perfetti della pancia piatta, dei fianchi e delle cosce?
Talmente tanto tempo che quasi se l'era scordato.
Ma no, che scemenza.
Con lei non si era scordato neanche una volta in cui le aveva fatto perdere il controllo del suo corpo insieme a lui, neanche una volta quando insieme erano sprofondati nel piacere, nella follia più pura e più comune a questo mondo.
Al contrario di Esperanza, per Alain non fu la prima volta a cadere su un letto con qualcuno per farlo, ma per Alain fu la prima volta in cui lo fece ridendo prima per prendersi in giro entrambi, fu la prima volta in cui si sentì un tutt’uno davvero con qualcuno.
Gli mancava talmente tanto poterla avere tutta per sé, gli sarebbe bastata anche un'ora solamente pur di poter sentire il suo sapore e il suo profumo di cannella; poterla toccare alla fine e sentire che aveva il suo stesso odore talmente erano rimasti uniti.
Dio, quanto l'amava.
Sentì nella culla accanto al loro letto Joseph che aveva cominciato a piangere, molto probabilmente si era svegliato e vedendo che nessuno era vicino a lui si stava cominciando a lamentare.
Suo figlio non sopportava la solitudine a quanto pareva.
Alain si alzò a torso nudo facendo in modo di non infastidire sua moglie che continuava a dormire beatamente e a passi felpati fece il giro del letto per arrivare alla culla prestata dai Jarjayes; secondo Marie era quella di Oscar.
《 Hey ... - lo chiamò a bassa voce mentre si sorgeva su di lui - Ti sei sentito solo, mio piccolo Joseph? 》
Il bambino sembrò calmarsi, ma continuava a farsi scendere dei lacrimoni. Lui lo prese cercando di essere più delicato possibile, aveva terribilmente paura di fargli male. Suo figlio gli ricordava Esperanza: era la sua versione al maschile e sembrava delicato quanto lei.
《 Sssh... 》continuò lui portandoselo al petto e dondolandolo pian piano.
Il bambino aveva cominciato a mugugnare, lui si calmava sempre quando c'era suo padre.
《 Non ti preoccupare Joseph, non permetterò mai che tu sia solo; non accadrà mai. Io sarò sempre con te in ogni istante della mia vita e anche dopo. Ora calmati e tranquillizzati, va tutti bene adesso. 》Alain lo cullò un'altro po' e lo portò a letto insieme a lui ed Esperanza. 
Per essere tutti insieme e felici.
《 Come mai i ragazzi non scendono? 》Marie portò un vassoio con dei biscotti e l'aveva adagiato sulla tavola della sala da pranzo.
《 Sicuramente stanno dormendo- iniziò Andrè prendendone uno- Joseph ha pianto per tutta la notte, si è calmato solamente nelle mattinate. 》
Marie sedette a tavola:《 Oh ... ma noi fra poco dovremmo partire, sono già le sette e mezza  e il viaggio è lungo, non dobbiamo perdere tempo. Per un viaggio del genere è meglio sprecare meno tempo possibile. 》
Oscar mangiò un secondo biscotto e disse:《 Magari gli vado a svegliare un attimo io. 》
Marron-Glacé pensò alla scena accaduta qualche minuto prima nella stanza di Oscar e tutta rossa la fermò dicendole:《 N-non è il caso, bambina ... Magari li disturbi. 》
《 Come hai fatto prima con noi due, nonna? 》 disse Andrè trastullato.
La nonna gli lanciò uno sguardo omicida:《 Che nipote screanzato che ho tirato su! Che sfrutta la mia Oscar! 》
Lui la guardò di sottecchi:《 Questa è nuova. Da quando in qua la sfrutterei? 》
Marie stava per rispondergli, ma Oscar la fermò dicendole:《 Sto salendo e stai tranquilla che non accadrà nulla. 》
Marie la guardò:《 Va bene Oscar, se proprio lo vuoi. 》
E la bionda non se lo fece ripetere due volte.
Salì velocemente le scale arrivando alla seconda porta a destra nel corridoio del piano superiore.
Bussò con moderazione e quasi immediatamente la porta le fu aperta da Alain che la guardava come se avesse fatto la ronda notturna:《 Buon giorno comandante. 》
Oscar cercò all'inizio di dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando si accorse che il suo ex sottoposto era totalmente a torso nudo davanti a lei.
La donna si girò di scatto:《 Per l'amor del cielo, Alain! Mettiti qualcosa! 》
Un secondo lui non capì ma quando scese lo sguardo sul suo petto privo di qualsiasi tessuto al di sopra si affrettò a dirle:《 Mi scusi comandante! Mi dia un secondo! 》
Socchiuse la porta e dopo poco ritornò all'uscio con una camicia lasciata pendente:《 Mi dispiace per prima ... Stavate dicendo? 》
Oscar si voltò verso di lui assicurandosi che si fosse conciato decentemente questa volta:《 Scusami se vi ho disturbato, ma dovremmo metterci presto in cammino. Quindi potreste raggiungerci in sala da pranzo per fare colazione? 》
Alain sembrò riprendersi un po' dal sonno pesante:《 Oh, certamente comandante. Vado immediatamente a svegliare Esperanza. Ci vediamo giù. 》e chiuse velocemente la porta.
Oscar sorrise e ritornò giù da Marie e ... dov'era Andrè? 
Vide la vecchia balia roteare il suo mestolo verso l'alto nei pressi di una credenza:《 Ma cosa sta accadendo qui? 》chiese Oscar guardandola perplessa.
L'anziana sembrò non farci minimamente caso e continuò a urlare:《 Scendi da lì, immediatamente! 》
Oscar, ancora più perplessa, alzò lo sguardo sopra la credenza di legno e vi ritrovò Andrè che sembrava nascondersi dalla nonna.
《 Andrè! - iniziò lei - Ma si può sapere che stai facendo lì sopra? 》 
Andrè la guardò:《 Secondo te? Mia nonna vorrebbe riempirmi di mestolate come una volta. 》
Oscar  sospirò e si mise a ridere:《 Vi prego ora calmatevi entrambi e ti prego di scendere. 》
Andrè caricò la valigia nel retro della carrozza:《 Oscar, siamo pronti a partire. 》la chiamò, ma la vide rimanere immobile a fissare un punto sotto gli alberi sul lato destro della dimora. Lei l'aveva osservato anche la scorsa serata dalla sala da ballo.
Lui le si avvicinò con cautela:《 Tutto apposto? 》e le cinse le spalle.
Lei si riprese dai suoi pensieri:《 Ti ricordi il mio tesoro? 》 
Andrè rifletté un secondo su dove volesse andare a parare:《 Intendi la trottola e il coltello dal manico rosso? 》disse con un tono leggero.
《 Sì, Andrè. - disse facendo un passo in avanti - Vorrei tanto riprenderlo per portare qualcosa della nostra infanzia con me ... 》
Lui le cinse le spalle:《 Non farlo Oscar, ho come la sensazione che un giorno ci servirà. Lì, proprio in quel punto. 》
Si voltò verso di lui:《 Pensi che un giorno torneremo? 》
Andrè le sorrise:《 L'abbiamo già fatto una volta, lo rifaremo nuovamente un giorno. 》
Si abbracciarono forte premendo i cappotti contro la pelle, poi Andrè si divincolò gentilmente dalla stretta e le porse un oggetto tra le mani:《 Ora sali, prima che si faccia troppo tardi. 》
Oscar abbassò lo sguardo e vide la sua spazzola che sarebbe dovuta essere sulla toilette.
***
Ho paura.
Credo sia normale.
Non mi ha fatto proferir parola per tutto il tragitto; volevo solo avvertirlo che la casa ormai è disabitata.
Andrè è fuggito via da me.
Ormai siamo quasi arrivati e ho sempre più paura di cosa mi possa fare. Non ci sono volti familiari che mi circondano,  anzi, di volti in realtà non ne vedo neanche uno.
L'uomo incappucciato è appena sceso da cavallo, mi guarda, ho i brividi.

《 È quella la casa? 》ha una voce bassa, roca.
《 Sì, ma ... 》
《 Silenzio! Devi stare zitta! 》

Si avvicina a essa con altri due uomini, toglie il legno che sprangava la porta.
Vorrei correre via, ma devo farmi vedere forte e menefreghista come ho fatto sempre: è l'unico modo per farmi vedere calma.
Sparisce lì dentro, sento dei rumori sordi che vengono da dentro: staranno buttando tutto all'aria.
Un attimo di tregua e il mio respiro lo sento pesante, quasi mi brucia ogni volta che respiro.
Penso che stiano per ritornare a lanciare i mobili e i cassetti delle stanze di sopra, ma non accade. 
Risento quella voce che urla, grida, quasi bestemmia.
Il cavallo su cui mi avevano fatto montare diventa irrequieto per un attimo e seguo l'istinto di tirare le redini.
Stanno scendendo le scale, i loro passi sono tonfi e sembrano che a ognuno di essi si avvicini l'entrata dell'inferno. L'uomo incappucciato esce come una furia dalla porta d'entrata, continua ad urlare, ma ormai non lo sento più. 
Ho talmente tanta paura che sbarro gli occhi mentre si avvicina a me e al resto della sua scorta agitando due ciondoli dorati gemelli tra loro. Hanno il legame con la collana che iniziano a sfera per poi stringersi e avere una forma a cristallo.
Urla ancora e si avvicina paurosamente a me.
Ho il cuore in gola.
Stringe fra le dita la mia gonna color pesca e mi tira giù dalla sella.
Comincio ad ansimare, non riesco nemmeno ad urlare; ogni parola possibile mi muore in gola.

《 Maledetta falsa puttana - continua a urlare - Hai mentito! 》
《 No, ve lo giuro. Ho provato ad avvisarvi, ma voi non mi avete dato il consenso per farlo. 》

Stringe la zona alta del mio corsetto provando ad alzarmi lui stesso con una forza piena di rabbia.
Sembra indeciso.
Mi lascia cadere a terra per darmi un ceffone subito dopo.
Vorrei piangere, urlare, scappare.
Ma non posso farlo, è troppo tardi.

《 Dammi un buon motivo per non ucciderti ora. 》dice cupo estraendo una spada dal fianco.
《 So che con loro c'era una donna di origine nobile e molto famosa qui in Francia, dovrebbe avere altre due dimore secondo quello che mi ha raccontato suo marito ... Forse potremmo scoprire qualcosa chiedendo ai servi. 》

Lo dissi in ginocchio portando le mani in alto e facendomi sfuggire una lacrima.
Mi era rimasta solo la mia vita, non avevo nient'altro. 
Un momento di silenzio, non voglio nemmeno guardare. Spero solo che la guancia che mi sta bruciando maledettamente ora, diventi meno dolorosa di una lama che mi attraversi il corpo.
Sto trattenendo il respiro, sono nel puro panico.
Poi la spada risuona chiusa nel suo fodero e io cerco di alzare lo sguardo, lo faccio con cautela.
Dice qualcosa agli altri ma, io non lo capisco; credo sia spagnolo.
L'uomo incappucciato mi strattona da un braccio per farmi mettere all'in piedi.

《 Sali immediatamente. - dice indicando il cavallo- E spero che tu abbia avuto un'idea abbastanza intelligente da permetterti di vivere. 》

Continuo a guardarla spaventata e salgo a cavallo prima che mi colpisca nuovamente.
Ho paura, ancor più di prima.
Vorrei scappare 
Vorrei solo essere felice.
Ma ormai sono in trappola.
   
 
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