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Autore: niky999    08/09/2016    0 recensioni
Due regni, Ebrith e Lidash, sono da sempre in lotta fra loro.
Ognuno dei popoli che li abita possiede sembianze che possono facilmente ricondurli ad angeli e demoni, ma probabilmente è solo una leggenda popolare (o un modo per vantare le proprie origini).
Dato il continuo stato di guerra che affligge il pianeta E'ria, la società è stata divisa in classi con l'unico scopo di riuscire a sovrastare l'esercito nemico.
Esistono guerrieri, maghi, cacciatori, incantatori, ingegneri e domatori, ognuno dotato del proprio potere naturale.
Tutti sono animati da un forte desiderio di vendetta e di conquista nei confronti dei propri nemici naturali, ma ciò non vieta che vivano la loro vita normalmente, con le loro gioie e le loro paure, i loro svaghi (che molto assomigliano a quelli umani) e i doveri, la sofferenza e, perché no, i primi amori adolescenziali.
Ma se tutto ciò venisse raccontato dal punto di vista dei demoni? Sarebbe un regno oscuro e malvagio, oppure risulterebbe sorprendentemente intriso di fascino, mistero e follia?
Genere: Dark, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2
Caos.









Sabbia.

Tutto ciò che rimase del mio corpo, in quel momento, furono inutili granelli di sabbia in riva al mare.

Ero stata spazzata via dal mio fondale ed ora avevo scoperto una luce che non mi apparteneva. Un raggio accecante, abbagliante, che mi aveva frastornata a tal punto da privarmi di tutta la mia essenza. I miei ricordi e tutto il mio vissuto li avevo abbandonati nelle profondità dell'oceano, e non sarebbe stato affatto facile riprenderli con me. Tutto ciò che avevo la possibilità di fare, allora, era attendere che il mare si ritirasse ogni volta abbastanza da trascinarmi via con sé e riportarmi alla mia piccola realtà. Ma quanto tempo sarebbe trascorso prima di riuscire in quell'impresa? Quanto ancora sarei stata priva di ogni certezza, di ogni fondamento, di ogni sfaccettatura di me stessa, prima di poter rivivere davvero? E quanto faticoso sarebbe stato quel cammino?

Più mi interrogavo su come avrei superato quella condizione e più, ai miei occhi, appariva come una strada impervia e impraticabile che non avrei mai avuto la forza di ripercorrere.

Ero totalmente in balia delle onde.

Probabilmente nel mio fondale, come mi piaceva chiamarlo, ero stata una completa maniaca del controllo. Il fatto che non potessi vedere nulla oltre la barriera della mia coscienza e che non potessi sapere ciò che la vecchia me aveva compiuto, prima di allora, mi rendeva nuovamente un inutile e misero granello di sabbia in una spiaggia e in un oceano spietati.

Nella mia mente si affacciò persino l'ipotesi che qualcuno avesse catturato la mia anima con qualche strano aggeggio per poi travisarla in un corpo a me estraneo. A essere onesti, quella mia folle distorsione non era nemmeno troppo lontana dalla realtà.

Ero semplicemente terrorizzata dall'ignoto, come qualunque altra forma di vita cosciente su E'ria. Vi era, però, un un'unica ed abissale differenza che mi contraddistingueva inevitabilmente dal resto della popolazione: io avevo paura di me stessa.

---

Tutto ciò che seguì quella mia orrenda e traumatica realizzazione, fu una serie di immagini e di parole confuse che la mia mente non perse nemmeno tempo ad elaborare.

Ricordavo solo che l'albino, che avevo incontrato e conosciuto al mio risveglio, aveva iniziato a farneticare delle parole su come sarebbe riuscito a contattare un potente mago di Derigon, mi pare si chiamasse. Probabilmente voleva tentare di farmi riacquistare la memoria con un semplice incantesimo. Assolutamente ridicolo. Non conoscevo le doti di quel fantomatico stregone, ma qualsiasi mente sobria comprenderebbe che un sortilegio del genere si trova fuori dalla portata di chiunque.

Avrei dovuto cavarmela da sola. O meglio, combattermi da sola. Nessun altro poteva farlo al posto mio.

"Biondina? Mi senti? Hai per caso perso anche l'udito?" una voce morbida e infantile mi ridestò immediatamente dalla mia trance. Fu come se mi avessero presa per i capelli e riportata a forza a galla, lontano dalla mia bolla insonorizzata. "Shax non mi aveva avvertito di questo particolare. E adesso come faccio? Io non la conosco mica la lingua dei segni!"

"Ti sento, ti sento." la bloccai, già in attesa di ritornare al mio piccolo angolo subacqueo. Non potei fare a meno, comunque, di sentirmi spaesata non appena esplorai con lo sguardo il luogo in cui il mio corpo era finito senza accorgersene. Doveva essere la stanza di una delle Torri dei maghi, a giudicare dalla quantità immensa di libri, candele e strani miscugli stipati sugli scaffali. L'odore, poi, era inconfondibile. Il profumo di salvia si era ormai annidato nelle mie narici, e aveva probabilmente invaso tutto il mio corpo. Ero sicuramente già stata in quelle stanze più volte, considerando la familiarità che mi suggeriva. Oltre a essere una maniaca del controllo ero persino una combina guai, chissà quante crisi di nervi avevo dovuto sopportare lì dentro nella mia precedente vita.

"Allora, come sta la nostra piccola paziente? Che poi, piccola non credo sia l'aggettivo più adatto a descriverti, comunque, bando alle ciance. Ti ricordi di me?" Dalle bianche pareti di quell'orribile stanza, i miei occhi si posarono sulla fonte di quella voce graziosa.

Corti capelli bianchi, mossi e spettinati, incorniciavano il volto olivastro di quella che, apparentemente, poteva essere solo un'innocua bambina. Osservandola meglio, invece, non era difficile capire che di innocuo aveva ben poco. I suoi occhi rosso sangue, vacui e spenti, mi lasciavano una vaga sensazione di inquietudine. Sul resto del corpo, poi, sembrava che si fosse ricucita del filo all'interno della pelle. In realtà osservando più da vicino si poteva notare con sollievo che si trattava solo di un semplice tratto di inchiostro, ma ciò non cambiava comunque il senso di agitazione che il suo aspetto incuteva.

In ogni caso, tutti quei dettagli non avevano fatto riaffiorare neanche un misero ricordo nella mia mente spoglia, perciò dovetti farle cenno di no con la testa.

A quella risposta la sua espressione divenne vagamente triste, e la costrinse ad abbassare lo sguardo per nascondere la delusione che le aveva riempito gli occhi.

Di nuovo.

Quante volte ancora avrei dovuto provocare quella reazione? Sperai con tutto il cuore di essere stata il più anti-sociale possibile nel corso della mia precedente vita, o non avrei retto un altro giorno di più.

"Bene allora, è arrivato il momento di presentarmi. Il mio nome è Ervia, e... insomma, vuoi sapere come ci conosciamo?" domandò, cercando di nascondere la voce rotta dall'agitazione.

Naturalmente allora più che mai avevo bisogno di sapere, e di districare poco per volta la grossa matassa di nodi che si era venuta a creare nel mio cervello.

Senza pensarci due volte, quindi, annuii.

"Raiden..." bisbigliò appena il mio nome, che ancora non ero abituata a trattare come il mio. Perché ci metteva tanto? Cosa la turbava? La fissai insistentemente cercando in qualche modo di metterle fretta. Più stava in silenzio e più cresceva dentro di me una curiosità a cui non sapevo proprio resistere. Chi era Ervia?
"Probabilmente quello che sto per dirti ti sorprenderà un po'. Comunque, senza troppi giri di parole, io sono tua sorella." sputò tutto d'un fiato.

Mia sorella.

Quella dolce bambina dai cupi lineamenti era mia sorella.

E io, in tutto ciò, non avevo alcun ricordo di lei.

Possibile che la mia mente si fosse svuotata fino a quel punto? Possibile che non ricordassi proprio nulla? Doveva essere stata sicuramente una figura importantissima della mia vita, una parte di me, eppure era stata rimossa anche lei. Non c'era stata pietà per nessuno.

Compresi, quindi, da dove derivasse la delusione di poco prima: probabilmente credeva, o meglio, era convinta che le cose sarebbero andate diversamente e che non ci sarebbe stato nessun scuotimento del capo in risposta alle sue domande. A essere sinceri ne ero piuttosto convinta anche io. Non credevo possibile che, da un giorno all'altro, si potesse spazzare via l'intero archivio di una memoria di oltre vent'anni. Iniziai a pensare che nel mio cervello si fosse annidato un qualche tipo di demone che si era appropriato dei miei ricordi, e che li custodiva gelosamente allontanandoli dalla mia portata. In effetti c'erano un paio di leggende che narravano l'esistenza di questi mostriciattoli demoniaci, i Birvon, che andavano a caccia di memorie altrui per costruire la loro 'esperienza'. Notai con disprezzo come riuscivo a ricordare tanti particolari insignificanti del mondo che mi circondava, ma non della mia vita e di tutte le relazioni che avevo intrattenuto durante il suo corso. Forse il mio demone si sentiva solo, e aveva bisogno di un po' di esperienza sociale. Non potevo biasimarlo.

"Beh? Ti è tornato in mente qualcosa?" mi chiese con una buona dose di speranza che, anche quella volta, sarebbe finita in mille pezzi.
"Non credo, ma... forse ho solo bisogno di stare un po' da sola e di riflettere in pace. Mi ricorderò di te, non preoccuparti. Bisogna avere un po' di pazienza." Favoloso. Non mi era stato difficile mentirle in quel modo, quindi dedussi di essere persino una bugiarda patentata. Tutto ciò tornava incredibilmente a mio vantaggio, considerando che per molto tempo mi avrebbero sommersa sempre con la stessa, identica e opprimente domanda: 'come stai?'

Naturalmente avrei mentito ogni volta, e avrei finto di aver raggiunto uno stato di serenità che in realtà non ci sarebbe mai stato.

La linea invisibile fra la pazzia e la parziale sanità mentale era talmente sottile da non essere nemmeno percepibile.

Chissà fin dove avrei retto, fin dove mi sarei spinta. Quanto avrei resistito e quanto avrei ricordato. Chissà se avrei ricordato, e chissà come avrei resistito e a chi mi sarei ridotta.

Chissà.

---

La giornata trascorse, sì e no, non esattamente come io avevo pianificato.

Avrei tanto voluto prendermi una pausa, infilarmi in un angolino e tornare nella mia gradevole bolla, ma nessuno mi concesse questo privilegio.

Shax, così si chiamava l'albino, aveva passato tutto il pomeriggio in mia compagnia tentando di far riaffiorare alla mia mente qualcosa, parlandomi della mia vita. Naturalmente fu tutto vano. Decise allora di raccontarmi tutto ciò che gli passava per la testa per quanto riguardava il mondo in cui, all'incirca, vivevo.

E'ria era il nome del pianeta che ci aveva accolti, ma questo la mia mente già lo aveva elaborato.

Ebrith, invece, era a quanto pare il regno di Alkar, re degli angeli. Scoprii poi che il suo nome, Shax, derivava da un grande demone passato conosciuto come saccheggiatore delle 'anime buone', ed era questo che l'albino faceva. Grazie alle sue sembianze che gli donavano l'aspetto di un perfetto angelo qualunque, poteva infiltrarsi comodamente quando gli pareva e piaceva, per saccheggiarli o per riferire notizie al nostro popolo. Per questo, avendoli studiati da vicino, la sapeva lunga su di loro e nel suo racconto decise di soffermarsi in particolar modo su quelle creature. Li descrisse come esseri superficiali, mossi a compiere il 'bene' senza nemmeno sapere cosa fosse, e costantemente controllati dalle braccia a loro superiori. Si aggrappavano ad ideali inutili e insensati, e alla fine non praticavano mai ciò che costantemente millantavano e predicavano. Il loro regno non era tutto rose e fiori, come ci si potrebbe aspettare da esseri della loro portata.

A furia di obbedire a comportamenti etici che, per altro, non potrebbero mai rispettare completamente le loro ideologie o verrebbero considerate creature perfette, hanno iniziato a obbedire senza nemmeno chiedersi il motivo di ciò che stessero facendo. Si sa che più un comportamento viene forzato e più, alla lunga, accresce anche la voglia di sfogare tutti i desideri che in quell'arco di tempo sono stati ampiamente repressi. E' proprio per questo motivo che, a dirla tutta, non è più Alkar a governare sul suo popolo, ma il caos.

In ogni caso, tutte le informazioni che avevo raccolto sugli angeli mi parvero persino un po' superflue, quindi per il resto del suo racconto finsi solamente di ascoltarlo o di esserne interessata, annuendo ogni tanto e aprendo la bocca con sorpresa quando il discorso si animava.

Mi parlò poi del nostro re, Nexo. Lo descrisse come un demone piuttosto autoritario, che concedeva quasi fin troppa libertà al suo popolo ma restava totalmente inflessibile nei confronti di alcune sue ideologie 'sacre', che pretendeva venissero rispettate. Per chiunque non le accettasse, comunque, era prevista una lunga sessione di torture con successiva esecuzione in pubblica piazza, motivo per cui nessuno aveva intenzione di disobbedirgli.

Non imponeva molti limiti, ma i pochi che prevedeva erano naturalmente invalicabili.

Non potei fare a meno di rimanere affascinata dal nostro re e dal nostro regno, dai nostri ideali e dalla nostra libertà. Se non per alcuni particolari, quasi quasi la si poteva considerare una perfetta anarchia.

Proprio quando il racconto iniziava a farsi più interessante, però, iniziai ad avvertire dolorosissime fitte alla testa. Shax probabilmente se ne accorse subito, e si bloccò all'istante tentando di capire cosa stesse succedendo.

Gli chiesi di andarsene, ma lui non volle saperne di lasciarmi sola e fui perciò costretta a uscire di corsa dalla stanza e a zigzagare per il corridoio in cerca di un bagno. Naturalmente, il bagno non lo raggiunsi. La vista iniziò ad annebbiarmisi e istintivamente ruotai un po' gli occhi all'insù. Riuscii a sentire solo per un attimo la voce di Shax accanto a me gridare qualcosa, probabilmente stava chiedendo aiuto. Poi di nuovo niente.

Di nuovo il buio.

Sarebbe andata avanti così per molto tempo.



  
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