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Autore: HadleyTheImpossibleGirl    24/09/2016    3 recensioni
[STORIA INTERATTIVA COMPLETA]
La prima guerra magica è appena finita.
Come si sa, una guerra lascia dietro di sè morte e distruzione.
Ci vorrà tempo per rimettere insieme i pezzi.
Questa storia parla di come i vostri OC si riprenderanno dalla guerra e torneranno alle loro vite, anche se la guerra ti cambia dentro.
Sarà ambientata dal Novembre del 1981 all'Ottobre del 1982
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quando lasciò il San Mungo quel giorno, Angela si precipitò a casa di William. Iniziò a bussare insistentemente alla porta, tanto che quando il migliore amico aprì la porta per poco non si ritrovò il pugno della ragazza sul naso.
“Angy, che succede?” chiese William allarmato.
“Devo assolutamente parlarti” disse la ragazza entrando velocemente in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
“E’ successo qualcosa di grave?” aveva capito subito dallo sguardo della sua migliore amica che si trattava di un’emergenza.
“Ho visto Jonathan oggi all’ospedale” sputò fuori.
“Aspetta…cosa? Tuo fratello Jonathan? Sei sicura?”
Angela tremava come una foglia. Era agitata, non riusciva neanche a pensare lucidamente ma era sicura che si fosse trattato di suo fratello. Anche se l’aveva visto solo di spalle aveva riconosciuto la sua testa, i suoi capelli, il suo modo di camminare. Era decisamente suo fratello.
William la vide annuire velocemente, quasi senza fiato. “Ma come è possibile? Si è persa ogni traccia di lui anni fa!”
“Io…non lo so!” rispose Angela quasi urlando.
Il ragazzo l’abbracciò di slancio, stringendola più possibile. “Non so se quello che sta succedendo è vero, ma se si tratta veramente di Jonathan faremo il possibile per trovarlo” le giurò.
Quando la ragazza si fu calmata i due si sedettero al tavolo della cucina, con una tazza di caffè davanti per decidere come agire.
“Io posso chiedere ad un amico di procurarmi il fascicolo sulla scomparsa di Jonathan ma sai benissimo che non c’erano tracce” disse Will, leggermente sconsolato ma poi vide il viso della sua migliore amica, altrettanto abbattuta e decise di non perdersi d’animo. Non voleva darle false speranze ma in fondo, anche se Jonathan era sparito nel nulla, il suo cadavere non era mai stato ritrovato. Lui sapeva che cosa voleva dire perdere un fratello a causa della guerra, ma lui almeno era certo che suo fratello non c’era più. Aveva potuto dirgli addio, piangere la sua morte. Angela invece era rimasta anni costantemente in attesa, in bilico tra la speranza di ritrovare suo fratello e la tristezza di averlo perso. E ora, se c’era anche solo una minuscola e magari irrazionale possibilità di trovare Jonathan lui l’avrebbe aiutata, perché era minuscola e irrazionale ma era una chance.
“Hai detto che era al reparto degli incidenti da incantesimo, giusto?”
“Sì, dove c’è la diramazione del corridoio, è sbucato fuori da lì ed è andato diretto verso l’ascensore” rispose Angela come un’alunna attenta a lezione.
“Cosa c’è in quel corridoio?”
“Stanze di guaritori e di pazienti, come lungo tutti i corridoi…”
“Bene…facciamo così…”
E nei giorni successivi Angela mise in atto il piano di William. Aveva continuato ad aggirarsi in quel reparto, grata comunque di potersi allontanare dal suo nuovo caporeparto. Ogni tanto prendeva il registro di pazienti e visitatori, con la scusa di doverci appuntare qualcosa. Aveva isolato i numeri delle stanze che le interessavano: le stanze dispare, dalla 1305 alla 1547. Erano un sacco di stanze, un lavoro immane.
Il fatto di non aver più rivisto Jonathan in quei giorni l’aveva portata a pensare che lui fosse stato uno dei pazienti medicati e mandati a casa in giornata o che fosse stato il visitatore di un paziente che era stato dimesso, perché se in quell’ospedale c’era qualcuno a cui suo fratello teneva lui non l’avrebbe abbandonato, sarebbe tornato.

Che cosa stupida, si ritrovò a pensare Angela, ha abbandonato i nostri genitori, Camille, me…perché non dovrebbe abbandonare qualcun altro?
Passò giorni a scorrere il registro alla ricerca di un indizio, di un nome. Ovviamente non si aspettava di trovare Jonathan Stuart scritto lì, in bella vista, perché se quello era veramente suo fratello e se era sparito per tutti quegli anni aveva dovuto avere una buona ragione e la stessa buona ragione lo aveva portato sicuramente a cambiare la sua identità.
Solamente un giorno, scorrendo la lista dei pazienti che non erano stati trattenuti in ospedale notò qualcosa di familiare.
Philip Douvres.
Douvres. Dover. Le bianche scogliere di Dover. Ricordava ancora una vacanza che avevano fatto da bambini con i loro genitori e suo fratello era rimasto incantato da quelle scogliere e dal fatto di poter vedere, al di là del canale della Manica, la Francia.
Poteva trattarsi di lui. Doveva trattarsi di lui. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per trovare quell’uomo.

 

Victoria lanciò un’imprecazione mentre cercava di tirare su la zip del vestito. Maledetta! Da sotto non riusciva a tirare su la cerniera e da sopra non ci arrivava! Si era agitata più di quanto non lo fosse stata già e ora ci si metteva anche quello stupido campanello che suonava in continuazione…ma chi cavolo era che si presentava a casa sua di sabato sera alle sette?
Scese le scale cruciando mentalmente chiunque fosse dietro la porta o perlomeno lo fece finché non aprì e si trovò davanti un affascinante ragazzo dagli occhi verdi, vestito di tutto punto.
“Francis…che ci fai qui?” chiese con ancora un briciolo di irritazione nella voce “Sono le sette…avevamo detto alle sette e mezza” puntualizzò. Perché era venuto in anticipo? Lei non era pronta! E perché teneva in mano due papillon?
L’uomo cominciò a parlare velocemente “Avevo pensato a una cravatta ma poi ho pensato anche che il tuo caro fratellino potrebbe utilizzarla per impiccarmici o strangolarmi, quindi ho pensato a un papillon” e si mise uno dei fiocchi davanti al collo.
Victoria lo guardò, impacciato nei suoi pantaloni eleganti e nelle sua camicia bianca, con quel papillon nero.
“Così sì che sei un perfetto bartender. Ti ci vedo proprio a fare cocktail” lo prese in giro dandogli un buffetto sulla guancia.
Francis mise su un finto broncio. “Non sei affatto divertente, sai?”
Victoria si alzò leggermente sulle punte per dargli un bacio a cui lui rispose a malapena fingendo di essere ancora arrabbiato.
“Dai vieni con me” e gli fece cenno di seguirla lungo le scale.
Victoria condusse Francis al piano di sopra, gli disse di aspettarla in camera mentre lei andò in quella che doveva essere la camera del bambino e invece era diventata la camera degli ospiti. Aprì il grande armadio in noce e ne estrasse una giacca color tortora. Ricordava ancora quando David aveva comprato quella giacca, l’aveva messa una sola volta, ad un matrimonio di un suo amico poi non l’aveva messa più perché gli prudeva. L’aveva messa una sola volta eppure l’aveva impregnata con l’odore della sua acqua di colonia. Aveva stretto spesso a sé quella giacca nel primo periodo dopo la morte di David, convinta di sentirne ancora l’odore. La strinse a sé un’ultima volta…nessun odore. Forse era stata solo una sua convinzione o, forse, lo aveva lasciato andare. Prese un respiro e tornò da Francis.
“Metti questa” gli propose prima di aiutarlo ad indossare la giacca “No, niente papillon. Non andiamo a una serata di gala, andiamo solo a casa di mio fratello” ridacchiò poi.
“Solo?” chiese lui titubante.
“Solo.”
“E prometti che riporterai ai miei il mio cadavere?”
“Non essere sciocco, dovrò aiutare Zeek a nasconderlo! E ora aiutami a tirare su questa cerniera!”
Victoria si voltò, spostò i suoi capelli da un lato, davanti al collo per permettere a Francis di aiutarla. Quello che sentì fu però la cerniera che scendeva. Fece per protestare ma la voce le venne mozzata dalla sensazione delle labbra di Francis che percorrevano la sua schiena con una scia di minuscoli baci che le davano i brividi come piccole scosse. Lo sentì risalire fino al collo e sentì quelle mani intrecciarsi con le sue.
“Dobbiamo andare a casa di Zeek tra mezz’ora…” provò a protestare.
“Appunto…tra mezz’ora”
Victoria si girò verso di lui, gli accarezzò il viso e quella barba leggera. “Sei così bello…” e sorrise mentre l’uomo chinava la testa per appoggiare la fronte contro la sua.
“No, tu sei così bella”
Francis la baciò teneramente e la avvolse tra le sue braccia. In un attimo si ritrovarono stesi sul letto con lui che le accarezzava i capelli, ormai spoglio della giacca e con la camicia slacciata.
“Dimmi se vuoi che mi fermi” sospirò Francis, ogni parola era intervallato da un bacio sempre più giù, dal collo fino alla spalla.
“Non ti fermare” si ritrovò a rispondere Victoria in modo del tutto inconsapevole e naturale.
Sarebbe voluta rimanere lì tra quelle braccia tornite per sempre ma purtroppo avevano una cena a cui prendere parte.
Non si riusciva a dire chi fosse più teso, se lei o Francis, quando arrivarono a casa di Ezekiel Crouch. Si accomodarono a tavola, e Krystal iniziò a servire la cena.
“Allora… anche tu fai l’auror…di che squadra fai parte?” chiese Krystal.
“La 151, prima facevo parte della 243 ma ci siamo uniti durante la guerra…eravamo rimasti in pochi…” rispose Francis tranquillamente.
“Quindi sei in squadra con Joy …” buttò lì Zeek guadagnandosi un calcio sotto al tavolo da parte della moglie, la quale sapeva benissimo a chi si riferisse lui: l’avvenente bionda che faceva la gatta morta con tutti.
Dopo un altro paio di domande/insinuazioni che Zeek fece e che avevano il solo scopo di mettere alla prova Francis, Victoria approfittò della pausa prima del dolce per trascinare il fratello in cucina.
Anche Krystal era in cucina per tagliare una succulenta torta al cioccolato.
“Ti stai rendendo odioso” fece Krystal accompagnando il gesto con entrambe le mani, con i pollici e gli undici uniti tra loro.
“Non mi sembra di aver chiesto niente di eccezionale” protestò Zeek.
La moglie sbuffò, prese i piatti tra le mani. “Io ritorno da quel poveretto…”
I due fratelli Crouch erano rimasti soli. “Perché devi fare così?” chiese lei con un certo tono di disperazione nella voce.
“Vicky…”
“No, niente Vicky! Non hai fatto altro che mettere Francis a disagio, io l’ho portato qui per farvi conoscere, per andare d’accordo!”
“Sai che quell’uomo non mi convince…”
“Ma se solo tu ti sforzassi un po’ di conoscerlo anziché attaccarlo!”
Victoria si passò una mano nei capelli nel tentativo di calmarsi. “Francis è una brava persona, è gentile, mi rispetta e mi rende felice…felice come non ero più da tempo. E so che fai tutte queste scene solo per proteggermi ma ti assicuro che non ho bisogno di essere protetta, non più…”
Il tono accorato con cui Victoria parlò fece finalmente aprire gli occhi al fratello.
“Tu lo ami” disse.
“Non lo so…forse è presto…” iniziò a balbettare la giovane ma venne interrotta.
“Non era una domanda… tu lo ami… guarda come lo difendi e, per tutte le cavallette, se solo potessi vedere la luce che hai negli occhi quando ne parli…tu lo ami”
“Io lo amo” e solo in quel momento Vicky realizzò che era vero. Francis era entrato nella sua vita in punta di piedi, con una leggerezza tale che lei non si era neanche accorta di essere arrivata a quel punto.
Zeek si strofinò gli occhi e parlò come se gli costasse una gran fatica dire quelle parole. “Cercherò di farmelo piacere. Non ti garantisco niente ma proverò ad andare d’accordo con lui.”
Mano a mano che parlava la bocca della ragazza si apriva in un sorriso sempre più ampio. “Grazie” disse sinceramente mentre lo abbracciava.
“Solo perché sei tu, piccola Vicky” aggiunse lui facendole l’occhiolino.
“Sarò sempre la tua piccola Vicky”

 
Edward ringraziò mentalmente del fatto che fosse Domenica. Aveva proprio bisogno di una giornata di riposo. Ultimamente non dormiva bene, il pensiero di aver ucciso un uomo, per quanto orribile, lo perseguitava. Nei momenti in cui la casa piombava nel silenzio sentiva le urla di Magnus Saintclare ma ciò non gli faceva cambiare idea su quello che aveva fatto. Un giorno avrebbe imparato a conviverci.
Aveva passato la domenica in panciolle, godendosi un po’ la sua nipotina poi era uscito con la sua migliore amica. Si erano incontrati da Florian Fortebraccio per prendere un gelato ma Victoria non si era presentata da sola. Gli aveva presentato il suo fidanzato Francis. Era stata una vera sorpresa ma non poteva che essere felice per lei!
Dopocena si era seduto sulla sua poltrona preferita, quella di tessuto verde, sotto la lampada e con la finestra alle spalle. Aveva ripreso il libro che aveva iniziato a leggere la settimana prima e si era rilassato completamente. Non sapeva dire quanto tempo fosse passato quando sua sorella entrò nella stanza.
Dedusse che Elaine Burke era sprofondata sul divano dal suono che sentì, unito allo sbuffo della giovane donna.
“Finalmente è crollata…sono distrutta” sospirò.
“La possiamo soprannominare l’instancabile Kayla” buttò lì mentre continuava a leggere.
“Ed” lo chiamò la sorella. A quel punto il ragazzo alzò gli occhi chiari curioso.
“Sai…sto pensando di trasferirmi…”
“Cosa?” domandò Edward spalancando gli occhi “Perché?”
Elaine alzò un sopracciglio. “Perché questa è casa tua e noi l’abbiamo invasa!”
“Sai che mi piace avere te e Kayla qui!”
“E a me piace stare qui ma ho approfittato fin troppo di te… sono scappata e mi sono rifugiata qui e ti ringrazio per avermi accolta e aver accolto Kayla ma credo che sia ora che noi ce ne andiamo, che tu riprendi possesso di casa tua e io…della mia vita”
“Ely…”
“Senti, so che qualche volta ti fermi da Johanna e penso che sarebbe carino se tu la invitassi a rimanere qui qualche volta ma so che non lo farai, non finché ci saremo io e la bambina e poi è ora che io me la cavi anche da sola, ora che non ho più niente da temere.”
Edward sospirò rivolgendo uno sguardo eloquente alla sua sorellina. “Hai già trovato un posto, vero?”
Elaine lo guardò con occhi colpevoli, come una bambina che era stata beccata con le mani nel barattolo dei biscotti.
“È un minuscolo cottage appena fuori Londra. Lo so che non è vicinissimo ma ho pensato che magari per la bambina la vita in campagna è meglio.”
“Quando vuoi trasferirti?” chiese lui un po’ rassegnato. Edward sapeva  che la sorella aveva bisogno di andare avanti, ora che Magnus non c’era più poteva essere se stessa e aveva diritto di esserlo e di godersi la vita, ma le sarebbe mancata terribilmente.
“Fra un paio di settimane…ma sappi che quando mi sarò sistemata voglio organizzare una cena con te e Johanna e anche con Victoria e quel ragazzo di cui mi hai parlato.”
“Va bene. Ti darò una mano col trasloco” sorrise lui. La ragazza si alzò e si avvicinò alla poltrona.
“Grazie fratellone” disse prima di dargli un leggero bacio sulla guancia.

 

Johanna stava servendo un tavolo dove due streghe piuttosto in avanti con l’età che si divertivano con un po’ di acquaviola e discorsi piccanti, quando vide con la coda dell’occhio Sebastian entrare nel locale.
Quando tornò al bancone lo salutò con un caloroso sorriso.
“Hey…che ti porto?”
“Solo una burrobirra, grazie”
“Come mai? Devi tornare a lavoro?” gli chiese. Di solito quando Sebastian andava a trovarla al locale si fermava sempre almeno un paio d’ore e loro ne approfittavano per chiacchierare, specialmente quando c’era calma piatta come in quel momento. E Sebastian mangiava sempre qualcosa, quindi quell’ordine le era sembrato particolarmente strano.
“Ti devo chiedere un favore Jo”
La ragazza mise da una parte lo strofinaccio che aveva in mano, appoggiò il braccio al legno del bancone e posò il mento sulla mano come a sostenerle la testa.
“Sono tutta orecchi” disse.
“Beh…sai che sabato è il compleanno di Freya…”
“Certo che so che il compleanno di Freya…vorrei ricordarti che è amica mia e che se non fosse stato per me non l’avresti conosciuta” lo interruppe lei.
“Ecco, ricordati che è anche amica tua…”
“Dove vuoi arrivare, Seboom?” domandò Johanna usando quel soprannome che il suo migliore amico odiava a morte.
“Vorrei organizzarle una festa a sorpresa” iniziò a dire lui ma di nuovo venne interrotto dalla mora.
“La trovo un’idea magnifica!” aveva trillato Jo.
“Mi fai finire?” chiese spazientito Sebastian “Vorrei organizzarle una festa a sorpresa qui” specificò
“Qui? Non mi sembra il posto migliore dove organizzare una festa di compleanno…non è né elegante ed è piuttosto buio…”
“Ma è un posto dove Freya si sente a casa. Ti prego, ti pagherò l’affitto di tutto il locale se chiuderai sabato sera.”
Johanna guardò bene negli occhi Sebastian. Il suo migliore amico l’aveva messa sempre al primo posto ma era evidente quanto le cose fossero cambiate, bastava pensare a quello che lui aveva appena fatto. Si era offerto di affittare l’intero locale per il sabato sera, sapendo bene che il week-end era il periodo in cui il Crazy Head fruttava di più. Il suo primo posto, in cui si era adagiata per buona parte della sua vita, era diventato un primo posto a pari merito con Freya. Non che la cosa le dispiacesse, era più che normale. Non erano più adolescenti, erano cresciuti e si stavano costruendo le proprie vite. Anche Edward era diventato la sua priorità. Certo, non avrebbe mai potuto sostituire il suo migliore amico, erano due cose completamente diverse ma Johanna poteva affermare con certezza, anche se non lo faceva facilmente con altri, che Edward Burke si era conquistato un posto d’onore nel suo cuore.
“Va bene…ma non accetterò soldi da parte tua” affermò Jo.
“No dai, il locale è tuo e io non posso…”
“Appunto, il locale è mio quindi faccio come mi pare. E poi Freya è anche amica mia, no? Quindi è deciso, sabato sera si fa festa. Io posso pensare a cibo e bevande. Chiederò a May per la torta, lei conosce una pasticceria babbana buonissima, e sicuramente lei è quella che conosce meglio i gusti di Freya”
“Ok, io penso ad organizzare il resto, tipo invitare la gente…potrei invitare anche il tuo ragazzo…”
“Si, perché no?”

 

Erano appena le otto del mattino quando May aprì lentamente la porta della camera della sua migliore amica, si sporse leggermente con la testa, quel tanto che bastava per vedere Freya completamente immersa sotto le coperte, che non dava il minimo segno di vita.
La ragazza si avvicinò di soppiatto e salì piano sul grande letto matrimoniale.
“Freya…” chiamò piano ma l’altra ragazza si limitò a girarsi dall’altra parte, segno che l’aveva sentita ma non aveva la minima intenzione di darle corda.
“Freya…” chiamò di nuovo May ma tutto quello che ebbe in risposta fu un mugugno non ben definito.
“Lo so che sei sveglia”
Freya si girò di nuovo verso l’amica e aprì gli occhi scuri fissando l’amica con rabbia.
May ignorò l’occhiataccia e non perse il sorriso. “Tanti auguri festeggiata!” ma poi notò che l’altra la guardava ancora torva aggiunse “Non sei felice che sia il tuo compleanno?”
“Sarei più felice se una certa persona mi avesse lasciata dormire, visto che ho un turno di 12 ore alla spalle” sbuffò Freya.
L’amica incrociò le braccia al petto. “È escluso, non passerai il tuo compleanno a letto signorina. Ho grandi piani per oggi.”
E in effetti era vero. May non sarebbe mai riuscita a fingere che quel giorno non avrebbero fatto niente quindi aveva comunque organizzato la giornata fino a sera.
“Dai…fammi felice” la pregò May sbattendo in fretta le ciglia.
“Ho capito, mi alzo!”
“Bravissima” fece l’altra battendo le mani “Io e la torta al cioccolato di Naomi ti aspettiamo di là.”
Torta al cioccolato…mmm…a Freya sembrava di pregustarne già il sapore. La sorella di May era davvero brava in cucina e quando si era stabilita per qualche giorno lì aveva cominciato a viziarle con i suoi manicaretti quindi il pensiero che una torta al cioccolato e frutti di bosco fosse di là ad attenderla la spinse ad alzarsi da quel comodo, comodissimo letto.
Non trovò solo una suntuosa colazione ad attenderla in cucina ma anche Sebastian, che era passato a farle gli auguri e a darle il regalo prima di andare a lavorare. Gli occhi di Freya brillarono di gioia quando aprì il pacchetto e vi trovò un delizioso braccialetto in argento con dei pendenti a forma di foglie. Le dispiacque solo di non poter passare più tempo con lui quel giorno.
Le due ragazze passarono la mattinata all’aperto, in campagna. May portò la festeggiata a fare una passeggiata a cavallo. Ne approfittarono per godersi una delle ultime belle giornate, in cui non era ancora troppo caldo o troppo freddo.
Era stato bello stare lì, all’aria aperta e vivere qualche ora come se non avessero nessun pensiero al mondo.
Il pomeriggio venne dedicato al relax, infatti May aveva prenotato qualche massaggio in un centro benessere.
Arrivate a sera, mentre tornavano verso casa, Freya si ritrovò a pensare che era davvero fortunata ad avere May, che non era solo la sua migliore amica ma quanto di più simile ad una sorella avesse mai avuto.
“Ti va se ci fermiamo da Jo per cena? Non abbiamo nulla a casa, eccetto il resto della torta.”
“Non che mi dispiaccia una cena a base di torta ma non vorrei prendermi il diabete prima dei quarant’anni.”
Quando arrivarono al Crazy Head il sole stava ormai tramontando, colorando il cielo di arancio. Quando Freya aprì il portone per entrare nel locale si stupì di trovarlo più buio del solito ma fu un attimo e vide quello che i suoi amici avevano preparato per lei e i suoi occhi si riempirono di lacrime, lacrime di commozione.

 

 

Salve gente!
Eccomi qua con il penultimo capitolo (e se vi dicessi che l’epilogo l’ho già scritto?). Questo capitolo è più a tema amicizia/fratellanza e sono anche riuscita a contenermi, che ultimamente è un miracolo!
La domanda per il prossimo capitolo è: riuscirà Angy a trovare suo fratello?
A presto
H.

  
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