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Autore: Rosmary    24/09/2016    12 recensioni
(Questa storia partecipa come edita al contest Chi ben comincia è a metà del prologo indetto da BessieB sul forum di EFP)
È il primo Natale dalla fine della seconda guerra magica: un'eredità inaspettata regalerà ai protagonisti un rifugio lontano dagli odori insopportabili della morte, in cui ogni cosa sembra divenire nuova e possibile.
"Hermione delle volte pensava che vi fosse qualcosa di profondamente sbagliato in quel bisogno, ma spaventata allontanava il pensiero da sé all’istante e s’imponeva di dimenticarlo."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Fred Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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I
Annusavano la vita, sapevano d’errore

 
 
Te l’avevo detto, ecco quali sarebbero state le parole di Ginny: poteva immaginare l’espressione impietosa e il sorrisetto dispettoso, un insieme che sarebbe stato corredato da Ron e Harry che avrebbero concordato con la piccola Weasley e sogghignato sotto quei quattro peli che avevano come baffi – Hermione s’irrigidì contrariata al solo pensiero.
Con un colpo di bacchetta riversò vestiti e accessori in valigia e poi la valigia nella fidata borsa di perline, che s’appesantì all’istante. Sbuffando come una teiera in ebollizione, infilò il cappotto e, data un’ultima occhiata alla porzione di stanza riservatale, uscì dal dormitorio e si diresse a passo svelto all’esterno dei cancelli di Hogwarts, ignorando tutti: la Signora Grassa che cantava Din, don, dan! Che felicità!, Sir Nicholas che pomposo le augurava di trascorrere liete festività, qualche studente che le augurava Buon Natale e persino Gazza che le intimava di rallentare il passo.
Appena giunta a destinazione s’accorse con disappunto che Fred, inaffidabile come al solito, non era ancora arrivato. Sbuffò per l’ennesima volta, strizzò la borsa con entrambe le mani e, similmente a una vedetta, guardò ovunque sperando di veder apparire il ritardatario.
Il gufo del ragazzo l’aveva raggiunta poco dopo aver abbandonato, sfinita e arrabbiata, le cucine della scuola: quegli stupidi elfi seguitavano a non capire di essere creature libere – ma lei non si sarebbe arresa, l’aveva già deciso, aveva solo bisogno di studiare una tattica alternativa, qualcosa che convincesse gli elfi domestici a riporre la loro preziosa fiducia in lei.
Sempre più contrariata, si strinse nel cappotto e maledisse se stessa per non aver indossato sciarpa, guanti e cappello. Diversamente dai giorni precedenti, infatti, quel ventidue dicembre era piombato sulla popolazione di Hogwarts completo di gelo e momenti di pioggia, e in quell’istante, con l’imponente orologio dell’ingresso che aveva quasi scoccato le venti, Hermione avvertiva su di sé il freddo pungente.
Tra tortuosi ragionamenti e manie da vedetta trascorsero ben quaranta minuti, a seguito dei quali Fred Weasley e la sua faccia da schiaffi ritennero opportuno arrivare, ritrovandosi dinanzi una Hermione Granger ghiacciata e nervosa.
 
“Lo so, sono in ritardo,” esordì veloce Fred, “ma ho una spiegazione.”
 
“Una spiegazione? Mi lasci qui a trasfigurarmi in un ghiacciolo, pregando i fondatori di Hogwarts perché non inizi a piovere, e tu… tu hai una spiegazione?” reagì con voce acuta Hermione, tutta rossa in viso.
 
Fred si concesse una risata divertita. “Se hai finito, ti spiego.” Lei annuì. “La ditta che deve occuparsi dei lavori ha sparato un prezzo assurdo… Trecentoquarantasette galeoni, sedici falci e ventotto zellini per tirare su due pareti e imbiancarne quattro… Roba da matti, da matti proprio.”
 
“Sembri arrabbiato,” notò lei.
 
“Lo sono. Voleva raggirarci, capisci? A noi, Fred e George Weasley. Alla fine ci siamo accordati per cinquanta galeoni. Gli ho detto ‘o cinquanta o niente, amico, io non sono mica l’ultimo Troll’, abbiamo discusso per un po’, ma alla fine ha accettato, anche perché ha capito che ci avrei messo due minuti a trovare un’altra ditta. Senza modestia, i Tiri Vispi Weasley sono famosi in tutta Londra.”
 
Hermione sorrise, annuendo a quella che, doveva concederglielo, era a tutti gli effetti una spiegazione. “Dobbiamo andare o si preoccuperanno, avremmo dovuto essere già lì da un pezzo.”
 
“Poche paranoie, Granger!” la canzonò Fred, per poi stringerle la mano e smaterializzarsi senza il minimo preavviso. Se Hermione non fosse stata costretta ad abituarsi alle fughe veloci, quella partenza improvvisa le avrebbe causato non poche conseguenze.
 
Non durò molto il viaggio dei due ragazzi. La prima smaterializzazione li aveva portati nel magazzino dei Tiri Vispi di Diagon Alley, dove c’era una Passaporta ad attenderli. Hermione studiò scettica la scatola di biscotti vuota, tuttavia decise di fidarsi, sperando che Fred conoscesse sul serio il tragitto per arrivare alla baita di montagna. Approdarono in un paesino molto piccolo e molto innevato – entrambi notarono che da Hogwarts a Londra e da Londra a quell’angolo di mondo, il cielo s’era fatto sempre più cupo, il vento sempre più forte e la temperatura sempre più bassa. Si smaterializzarono una seconda volta e con sollievo di Hermione apparvero all’esterno di una splendida baita innevata, peccato che ad accoglierli vi fosse una vera e propria bufera.
Istintivi, presero a correre e raggiunsero l’ingresso della struttura. Fred bussò due o tre volte, battendo con insistenza le nocche contro la porta in legno, ma nessuno si degnò di aprire.
 
“Hai le chiavi?” chiese Hermione, tentando di trovare riparo al di sotto della tettoia che copriva il porticato.
 
“No.”
 
“Fantastico. Possiamo almeno usare la magia? Ci sono protezioni, che tu sappia?”
 
“Probabile, ma forse un membro della famiglia può aprire.”
 
“Allora, muoviti, Fred! Ho freddo!”
 
“Quanti capricci!”
 
Lei storse le labbra in una smorfia, lui invece si preoccupò di tirare via la bacchetta dalla tasca del cappotto ed eseguire l’incantesimo. Trattennero il fiato per lunghi istanti, rilassando i lineamenti in un sorriso rincuorato solo quando udirono la serratura scattare. Entrarono in fretta e furia e un’occhiata fugace fu sufficiente a spiegare il motivo per cui nessuno aveva aperto loro: la baita era vuota.
 
“Dove sono tutti?” gracchiò Fred.
 
“Tu sei sicuro che questa sia proprio la baita di tua zia?”
 
“Ma certo che sono sicuro,” replicò offeso. “Mi hai preso per quell’idiota del tuo ragazzo?!”
 
“Lascia stare Ron.”
 
Fred sogghignò. “Era solo una battuta innocente!”
 
“Sì, sì, certo. Ora sta’ zitto e lascia che risolva questa situazione,” disse seccata, appellando un oggetto di dimensioni simili a quelle di un’agendina, rettangolare e grigio.
 
“Hai intenzione di tirare fuori i parenti da quella scatola grigia?!” chiese Fred divertito.
 
“No, genio, con questa scatola grigia ho intenzione di mettermi in contatto con loro.”
 
“Il freddo ti ha congelato il cervello?! Servono i gufi per questo!”
 
“Oh, non dire sciocchezze,” disse Hermione annoiata, ridendo persino dell’ingenuità di Fred. “Non abbiamo un gufo e se anche l’avessimo… dico, ma hai visto che tempaccio? Ci impiegherebbe ore. Meglio fare alla babbana. Fred caro, ti presento il cellulare!”
 
Fred strabuzzò gli occhi e fissò con diffidenza il cellulare tra le mani della ragazza. Seguì ogni suo movimento: la vide pigiare dei tasti, portarselo all’orecchio e… e parlare da sola. Pensò che Hermione avesse sul serio il cervello congelato, così le strappò dalle mani la scatoletta babbana e l’accostò al suo di orecchio, sobbalzando come un undicenne che incontra Gazza per la prima volta quando una voce misteriosa gli perforò il timpano. Hermione rise come non ricordava d’aver mai fatto, rapì il telefono dalle dita sudaticce del ladro e spiegò alla madre che quello stupido di Fred non aveva la più pallida idea di come funzionasse l’aggeggio.
Quando la telefonata terminò seguì un minuto imbarazzato di silenzio in rispetto dell’aria stranita di Fred e degli incisivi di Hermione che mordevano il labbro inferiore nel disperato tentativo di non scoppiare a ridere di nuovo.
 
“Sei proprio un idiota!” scoppiò infine la ragazza, ridendo così di gusto da contagiare anche Fred.
 
“Ma come funziona questo coso? L’hai stregato? Deve esserci il tuo zampino, la voce di tua madre era qui,” disse perplesso, fissando con rinnovata diffidenza il cellulare.
 
“I babbani la chiamano tecnologia, non magia, Fred. Ti assicuro che non c’è il mio zampino, e se avessi studiato Babbanologia lo sapresti!”
 
“Oh, ma sei peggio di mamma. Allora, che t’ha detto? Dove diamine sono tutti? E dov’è George con la mia valigia? E perché siamo ancora tutti zuppi?”
 
Hermione temette che non avrebbe mai smesso di far domande: teatrale il ragazzo, su questo non v’erano dubbi. Quando tacque, lo informò che le pessime ‘condizioni metereologiche’ che avevano attanagliato Londra quel giorno avevano impedito al gruppo di partire, perché i voli erano stati sospesi per precauzione. Nonostante George e Ron avessero insistito per spostarsi con la magia, Molly e Arthur erano stati irremovibili.
 
“Adesso dove sono?”
 
“A casa mia. Potremmo raggiungerli.”
 
“Tu vuoi raggiungerli?” chiese Fred con un sorrisetto sghembo.
 
Hermione si concesse un istante sin troppo breve di riflessione e con un sorriso molto simile a quello di Fred rispose: “no.”
 
Nelle ore successive cambiarono quegli abiti inzuppati dalla tempesta che li aveva accolti. Hermione ancora una volta non trattenne le risate quando vide Fred con indosso il pantalone di una tuta consunta dal tempo e un maglione marrone con una renna rossa cucita sul davanti – non era riuscito a trovare altro e per orgoglio aveva rifiutato l’aiuto della ragazza, che si era detta disponibile ad asciugargli gli abiti bagnati con un colpo consapevole e studiato di bacchetta. Fred aveva poi acceso il fuoco, mentre Hermione decideva che avrebbero cenato con della cioccolata calda. L’ambiente divenne piacevole e familiare in poco tempo, e i due ragazzi, seduti sul prezioso divano di zia Muriel, bevevano la cioccolata bollente e zuccherina parlottando e ridendo, dimentichi della bufera che imperversava all’esterno.
Hermione avvertiva dentro sé calore e adrenalina, quelle sensazioni che le facevano visita ogni volta che la mente indugiava sul ritorno alla vita di Fred. Era stata una decisione istintiva quella di restare lì anziché raggiungere la famiglia – e Ron. Dei sensi di colpa mascherati da nausea l’avevano colta alla sprovvista mentre preparava la cioccolata, ma poi i minuti erano trascorsi e la presenza di Fred aveva scacciato via tutto il marcio, seminando spensieratezza ovunque.
In compagnia di quel matto era sempre stato così: sorrisi, ammonimenti, scherzi, vita. Ma erano momenti irrisori e sfuggenti, destinati a non avere futuro.
 
“Devo essere onesto?”
 
“Assolutamente sì.”
 
Malgrado lo sbuffo poco lusinghiero di Fred, Hermione aveva intavolato il discorso elfi domestici, e lui le aveva prestato attenzione. Tuttavia, ora la giovane strega attendeva un parere.
 
“Hai sbagliato tutto.”
 
Hermione impallidì. “Come?”
 
“Hai capito benissimo: hai sbagliato tutto, e ti spiego anche perché. Primo: il nome. Parola di imprenditore, quel crepa fa veramente schifo!”
 
“Ma non è crepa!” s’infervorò lei, “è C.R.E.P.A. e va detto proprio così, proprio Ci-erre-e-pi-a! È una sigla.”
 
“Vedi che sei matta? Ma come ti viene in mente che un poveraccio legga Ci-erre-eccetera?! Tutti leggono crepa, che fa veramente cag…”
 
“Fred!”
 
Crepare, volevo dire crepare!” completò lui sarcastico, ghignando impertinente.
 
“E va bene. Vai avanti, dai,” concesse lei, indecisa se continuare a mostrarsi offesa o accettare quelle critiche forse sensate.
 
“Agli ordini, miss crepa!”
 
“Smettila!”
 
“Ma se stai ridendo!”
 
“Non sto ridendo!”
 
“Invece sì.”
 
“Vai avanti.”
 
“Ammetti che stai ridendo.”
 
“No!”
 
“E allora sto zitto!”
 
“Fred!”
 
“Ah, quanto sei petulante!” scherzò ancora lui, e lei s’aprì in una risata. “Vedi? Stai palesemente ridendo!”
 
“Qual è il punto due?”
 
“Il punto due è l’approccio con gli elfi. Prima ti presenti come una che in loro onore ha fondato un comitato che sembra invitarli tutti a crepare alla svelta, poi ti metti a distribuire calzini… Insomma, li terrorizzi!”
 
“Ma io voglio liberarli! Come dovrei fare? Ho spiegato e rispiegato ogni cosa, ma non capiscono o non vogliono capire…”
 
“Sei tu che devi capire,” riprese sereno Fred. “Gli elfi domestici sono abituati a servire i maghi e questo li rende felici, realizzati. È il loro scopo, riesci a capire questo?” Lei annuì, lui sorrise. “Se capisci questo, capisci anche perché li terrorizzi.”
 
“Ron e Ginny mi dicono questo da anni, ma allora cosa dovrei fare? E non dirmi anche tu ‘lasciali perdere’, perché è una cosa che non farò mai.”
 
“Non ho intenzione di dirtelo, anche perché sono d’accordo con te!”
 
“Molto divertente,” commentò scettica.
 
“Sono serio,” ribadì. “Hai ragione. Non è giusto che vengano trattati come schiavi, anche se quelli di Hogwarts vivono bene: nessuno li maltratta, hanno cibo a sufficienza e riposano quando ne sentono il bisogno… Ma sono i privilegiati, tutti gli altri non se la passano mica così.”
 
“Sei la prima persona che capisca la mia lotta,” disse Hermione, senza nascondere la perplessità.
 
“Per tua fortuna, io valgo mille, quindi è come se avessi mezza Londra magica dalla tua parte!”
 
“Sempre modesto, Fred.”
 
“La modestia è una virtù sopravvalutata! Allora, vediamo di risolvere il tuo problemino.”
 
“Hai sul serio un’idea?”
 
Lui ghignò. “Granger, devo ricordarti che hai davanti il co-inventore dei Tiri Vispi?” chiese retorico. “La cosa è molto semplice: devono essere loro a venire da te, non tu a elemosinare il loro tempo.”
 
“E come credi sia possibile?”
 
“Collaborando con loro.”
 
“Nelle cucine?”
 
“Quando hai tempo, anche un’ora a settimana. Ogni tanto vai lì, inizia a preparare qualcosa e poi fingi di fare un macello e chiama uno di loro per aiutarti. Si sentiranno utili e soprattutto indispensabili.”
 
“Tu vuoi che loro imparino a stimarsi,” convenne Hermione.
 
“Esattamente. Gli elfi sono terrorizzati all’idea di trovarsi per strada, senza scopo e senza lavoro, in pratica senza vita. E questo perché non hanno la benché minima autostima. Non sono consapevoli di ciò che possono fare. Dobby l’aveva capito e questo l’aveva reso indipendente.”
 
“Harry era amico di Dobby…”
 
“Vedo che inizi a capire, miss crepa! Harry aveva conquistato l’amicizia di Dobby, non solo la sua fiducia o il suo rispetto. E questo perché Harry lo trattava da pari senza volere nulla in cambio, era disinteressato.”
 
“Ma anche io sono disinteressata!”
 
“Perché ragioni da strega, non da elfo. Per loro non sei disinteressata, perché pretendi la loro libertà. Vuoi qualcosa in cambio, capisci? Sei gentile e parli con loro solo perché vuoi che si liberino, non perché ti fa piacere stare con loro.”
 
“Ma parliamo di libertà, Fred! Io voglio la loro libertà, come possono detestarmi per questo?”
 
“Perché sono elfi, e gli elfi sono abituati a diffidare dai maghi. La tua libertà per loro si chiama disoccupazione, e la disoccupazione è ciò che di peggio possa toccare a un elfo. Un elfo disoccupato è un elfo senza dignità e senza vita.”
 
“Per noi uomini non è così diverso,” considerò Hermione.
 
“No, infatti. Ma noi siamo, o dovremmo essere, consapevoli delle nostre possibilità, e questo ci consente di cercare altre opportunità. Un elfo non ha questa percezione di sé.”
 
“Quindi, io sarei l’imprenditore che vuole licenziarli tutti?”
 
“Più o meno sì,” rispose sorridendo Fred, “a breve fonderanno un comitato per difendersi da te!”
 
“Grazie.”
 
“Di cosa?”
 
“Di avermi capita.”
 
“È stato un piacere, miss crepa.”
 
Hermione lo vide alzarsi dal divano con un’espressione strana in viso, quasi confusa. Le scompigliò i capelli e s’avviò al piano superiore dicendole d’aspettarlo.
La ragazza si strinse nella coperta in cui s’era avvolta e s’accomodò ancora meglio sul divano, godendo di quella pace ristoratrice, tentando di scacciare i sensi di colpa che di tanto in tanto le facevano visita – perché non le mancava niente e nessuno in quel momento, e la ragione sapeva quanto questo fosse sbagliato. Eppure, in quel frangente, riusciva solo a vivere la sensazione generata dalla consapevolezza di essere stata ascoltata e capita. Il fatto che il primo a comprendere realmente la sua importante battaglia fosse stato proprio Fred Weasley, il re degli scherzi, non riusciva a destabilizzarla come avrebbe creduto: a ben pensarci, il ragazzo non era mai stato poco assennato – lui stesso aveva ammesso, prima di abbandonare Hogwarts, quanto lui e il gemello avessero negli anni ragionato su ogni bravata, stando bene attenti a non oltrepassare un certo limite –, ma solo molto dedito alla spensieratezza e alla vita vissuta e da vivere a tutti i costi.
Fred riapparve pochi attimi dopo, con aria serena e un piccolo sacchetto di carta in cui, a occhio, avrebbero potuto stare una ventina di caramelle. Si sedette di nuovo accanto a lei e pretese una porzione di coperta. Hermione arrossì a tanta vicinanza, ma evitò di chiedersi se fosse un rossore dettato da semplice imbarazzo o da una inquieta aspettativa.
 
“Ora è il tuo turno di renderti utile,” esordì Fred, “ho portato con me quattro nuovi Tiri Vispi. Io e George ne vogliamo mettere in commercio almeno uno subito dopo Natale.”
 
“E vuoi che scelga io?”
 
“Non dire idiozie! Voglio solo un consiglio: una cliente diffidente e rompi-bolidi come te da quale sarebbe attratta di più?”
 
Le passò il sacchetto e Hermione evitò di fargli notare di non aver affatto detto una sciocchezza: Fred aveva affidato a lei la scelta – pochi giri di parole, mister Tiri Vispi!
Li studiò tutti: erano quattro caramelle tonde, all’apparenza sembravano essere di gomma. Piccole e colorate. Fred le spiegò che la rossa trasfigurava i piedi in pàttini e aveva la durata di un’ora, la gialla rendeva completamente invisibili per quindici minuti e la verde amplificava l’udito per trenta minuti.
 
“E la bianca?”
 
“Questa è il nostro gioiellino!”
 
“Cosa fa? Fa ricrescere i capelli in due minuti?”
 
“Sei proprio una babbana!” scherzò. “Questa ha un effetto molto simile al Veritaserum: cinque minuti di verità assoluta. Solo che, non essendo l’originale, è più facile resistere al suo effetto. Un occlumante alle prime armi potrebbe resistere senza troppi problemi.”
 
“Quindi è un prodotto scadente,” commentò spiccia.
 
“Lo sarebbe se la gran parte dei maghi fosse occlumante. Ma io e te sappiamo bene quanto sia poco diffusa questa abilità, e ciò rende la nostra caramella un prodotto vincente.”
 
“Ma non è illegale?”
 
“Vuoi provarla?” chiese Fred, eludendo la domanda sulla legalità. “Hermione Granger ha abbastanza coraggio?!” provocò.
 
Hermione fece vagare lo sguardo da Fred alla caramella bianca. La coscienza le suggerì di rifiutare la proposta, ma ancora una volta prevalse l’istinto e con un rapido movimento della bacchetta divise in due il Tiro Vispo – o tiro mancino?. Fred capì subito quali fossero le intenzioni altrui e ghignò soddisfatto, mangiando la propria metà di caramella.

“Ha un buon sapore,” commentò Hermione.
 
“È diverso per ogni persona, come quasi tutti i Tiri Vispi.”
 
“Cioccolata,” disse allora.
 
“Anche la mia è a cioccolata!”
 
“Chi inizia?”
 
“Inizia tu!”
 
“Dove avete preso i soldi per aprire il negozio?”
 
Fred strabuzzò gli occhi e rischiò di strozzarsi con la propria saliva pur di non rispondere. “Harry. Harry ci ha ceduto la sua vincita al Torneo. In cambio può prendere tutto ciò che vuole senza pagare, a vita ovviamente,” confessò controvoglia. “Sei proprio una str…”
 
“Fred!”
 
Strega! Sei proprio una strega!”
 
“Dai, vendicati pure!” l’incitò lei, eccitata all’idea d’aver finalmente scoperto il gran segreto.
 
Lui inarcò le sopracciglia e la guardò col piglio di un predatore affamato. “Ron mi ha raccontato delle selezioni di Quidditch al sesto anno e ho sempre sentito puzza di Granger. C’entri niente con la sua ammissione in squadra?”
 
Hermione strinse le labbra, ma le parole, traditrici, erano tutte sulla punta della lingua. “Ho confuso McLaggen per farlo entrare in squadra. Ma era veramente insopportabile!”
 
Fred rise di gusto. “Questo è amore!”
 
“Cosa ne saprai mai tu dell’amore,” disse infastidita.
 
“Pensi che non sia mai stato innamorato?”
 
“Non è così, forse?”
 
“No, in effetti è così. Ma so cosa significa essere molto attratto dalla ragazza sbagliata.”
 
“Perché sbagliata?”
 
Fred aprì bocca per parlare, ma s’accorse in fretta di riuscire a trattenere il flusso di parole. “Credo che i nostri due minuti di verità siano finiti.”
 
“Non erano cinque?”
 
“L’hai divisa a metà.”
 
“Perché non mi rispondi lo stesso?”
 
“Perché tanto interesse? Due cognate non ti bastano?!”
 
Hermione pensò a Ginny e Fleur e convenne con se stessa che fossero sufficienti. In più, una piccola parte di lei aveva avvertito una fitta di profondo fastidio nell’apprendere che Fred fosse molto attratto da una ragazza. Immaginò i motivi per cui potesse essere ‘sbagliata’ e riuscì solo a ipotizzare un coinvolgimento di George: forse, erano attratti dalla stessa persona – in fondo erano gemelli, no? I gemelli non hanno gli stessi pensieri e gli stessi gusti in tutto? Scosse il capo: era un ragionamento più che stupido, e poi a lei cosa importava?
S’addormentò cullata da queste riflessioni, mentre Fred accanto a lei fissava il soffitto. Era pensieroso, elettrizzato e spaventato: la guerra aveva stravolto tutte le sue priorità, il bisogno di divertimento era diventato bisogno di sopravvivere e il bisogno di sopravvivere, con la pace, era evoluto in bisogno di vivere – vivere tutto. La ragazza sbagliata apparteneva a questo tutto, ma volere lei, si ripeteva spesso, era troppo folle anche per lui – troppo sbagliato anche in nome della vita da vivere. S’addormentò anche lui sul divano di zia Muriel.
 
*
 
In lontananza, avvertiva un suono insistente e fastidioso, intenzionato a turbare in maniera irreversibile la sua quiete. Sollevò pigramente le palpebre, ritrovandosi dinanzi il viso di Hermione. Dormiva serena, con i capelli scompigliati, la mano ad artigliare il suo maglione con la renna e una gamba tra le sue. Fred s’accorse che le proprie braccia erano attorno a lei, strette in un abbraccio possessivo. Non s’erano addormentati abbracciati, di questo era più che certo.
Sorridendo sghembo, risalì con una mano il corpo della ragazza dalla vita sino al volto, acciuffandole il mento tra due dita.
 
“Miss crepa, svegliati, ché il tuo ragazzo sta buttando giù la porta!”
 
Hermione, già catapultata nel dormiveglia dall’insistente bussare, rivelò gli occhi scuri, arrossì e con uno scatto rapidissimo s’allontanò da Fred, rifilandogli anche un’involontaria testata.
 
“Oh, scusa!”
 
“Buongiorno, eh! Peggio di una elefante!”
 
“Ha parlato la farfalla,” lo canzonò infastidita e imbarazzata. Sistemando malamente i capelli, s’avviò alla porta, che aprì dopo aver rimosso gli incantesimi di protezione eseguiti la sera prima.
 
“Finalmente,” commentò Ginny.
 
“Cari, vi abbiamo svegliato,” disse invece Molly, scoccando uno sguardo all’aria arruffata di Hermione e a Fred che si stiracchiava e sbadigliava.
 
Hermione salutò calorosa i propri genitori, gli altri Weasley e Harry. Solo alla fine s’avvicinò a Ron, che l’aspettava in disparte e sorridente.
 
“Mi sei mancata,” le sussurrò abbracciandola.
 
“Anche tu,” rispose, stringendosi a lui.
 
Non li vide Hermione, due occhi chiari che assistevano infastiditi, ma tornò a percepire quella spiacevole nausea, maschera di sensi di colpa. Ripeteva a se stessa di non aver mentito: Ron le era mancato sul serio. E ancora ripeteva che era lì che doveva e voleva stare, tra le braccia di Ron, contro le sue labbra, avvolta dal suo profumo – non in sorrisi impertinenti che annusavano la vita e sapevano1 d’errore.



 
1: il verbo sapere ha qui il significato di avere il gusto di. Ho trovato un solo riferimento in tal senso sul vocabolario online Treccani, malgrado abbia sempre attribuito anche questo significato al verbo in questione. Ho avuto dunque il dubbio che potesse trattarsi di una estensione di significato di origine dialettale o colloquiale, di conseguenza segnalo qui sia l'eccezione, che il significato inteso.

NdA: al più presto rispondo a tutte le bellissime recensioni lasciate al prologo! Vi anticipo i miei ringraziamenti, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto! Un bacio
   
 
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