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Autore: Diana cavalca    01/10/2016    1 recensioni
Una storia di perdizione e riscatto. Una storia di tenacia e coraggio. Come la giunchiglia - il fiore che resiste al lungo inverno - Sakura sarà la leader del movimento di Resistenza al regime dittatoriale sortito dalla Rivoluzione di Sasuke.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team 7 | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una donna stava seduta in una stanza illuminata da una fioca luce di candela. Il suo tavolo da lavoro era ingombro di  rotoli aperti sul loro contenuto ed ella era intenta ad estrapolare informazioni da uno di essi. A fatica le dita scorrevano su quei caratteri neri che ogni tanto le parevano ondeggiare e sdoppiarsi, nonostante fossero impregnati con tratti decisi sulla carta. Fuori era già buio pesto, ma per una stanza di un bunker sotterraneo non era cosa che avrebbe inciso sulla assenza di luminosità. Che fossero le dieci del mattino o quelle di sera, quello sarebbe rimasto  un antro tenebroso.

 -Dannazione, con questa luce non riesco a leggere bene. 

 Aveva gli occhi arrossati e stanchi. Tutto il giorno si era trovata a combattere tra la determinazione di portare a compimento il suo lavoro e l'ostilità delle circostanze in cui era costretta a farlo. 
Sbuffò stanca e si abbandonò all'indietro sulla sedia, con la testa sospesa a mezz'aria. Chiuse gli occhi e vi posò la sua mano. Un flusso di chakra verde cominciò ad uscire da quel palmo guaritore. Stette ferma in quella posa per dieci minuti. Quando giudicò di avere ricevuto abbastanza sollievo, interruppe quello che era ormai divenuto un quotidiano rituale alleviatore. 
Aprì il cassetto della sua scrivania e le si offrì alla vista una bottiglia di sakè. Versò due dita del liquido alcolico in un bicchierino.

-Tsunade-sama, grazie per il tuo lascito. Tu lo sapevi bene quanto questo giovasse alla salute più delle arti mediche, eheheh.

Disse quella frase alzando il bicchiere, alla memoria di quella persona che non c'era più. Brindò alla sua maestra, incallita giocatrice ed incorreggibile  bevitrice. Una donna dedita ai vizi per soffocare le sue pene. Quel caro volto materno lo aveva ben stampato in mente. Sorrise amaramente.

-Vecchia ubriacona. Almeno il tuo amore non aveva ucciso le persone che per te contavano di più...

Mandò giù il nodo alla gola che le si era formato bevendo d'un fiato quella bevanda dal sapore forte e nostalgico. Quante persone il suo di amore le aveva portato via, in un solo giorno dal cielo nero.
Qualcuno bussò alla porta del suo ufficio e lei lo invitò ad entrare. Un uomo con un mantello nero ed un fiore giallo cucito sul dorso fece la sua comparsa.

-Ah Tamaru sei tu.

-Sakura-taichou sono arrivati i nostri dal giro di ricognizione.

-Qualcosa di nuovo?

-Nulla taichou. Sembra che l'area sia tranquilla. Questo rifugio al momento è sicuro, è difficile da individuare.

-Molto bene, che riposino pure adesso. Occupati  del cambio degli uomini che sono di guardia. Puoi andare Tamaru.

L'uomo si portò solennemente una mano sul petto, pronto a congedarsi con le tipiche parole di saluto dei membri di quella congrega:

-Niente più sangue. Io non mi rimangio mai la parola!

-Io non mi rimangio mai la parola!

Ribattè pronta Sakura, col tono deciso che era solita conferire a quella usuale risposta pronunciata diverse volte al giorno, ma nemmeno una volta con meccanicità.

Il nascondiglio si trovava nel bosco circostante Konoha. La squadra delle barriere aveva protetto quel covo con un jutsu di occultamento. Si trattava di una potente tecnica che serviva ad annullare le tracce di chi vi era dentro. Altrimenti sarebbe stato impossibile sfuggire all'occhio terribile dai cerchi concentrici di chi  tutto vedeva.
Il movimento di resistenza fondato da Sakura Haruno si chiamava ''La Giunchiglia''. Era una organizzazione che aveva diversi centri, sparsi per i villaggi ninja. Ognuno era gestito da persone fidate che facevano rapporto – quando possibile – al cervello di tutto quel complesso mondo  che si dispiegava come un buio universo parallelo nei sottosuoli del Paese del Fuoco. Quel cervello era Sakura Haruno e quel piccolo cosmo che brulicava dentro le viscere della terra era l'ultimo baluardo della Volontà del Fuoco. Lo aveva promesso sul cadavere del suo amico che non si sarebbe arresa e lo ripeteva sempre a se stessa, tra una tazza di sakè e l'altra, sperando che quella bevanda potesse infonderle il coraggio e la determinazione della sua maestra.
Il movimento ormai esisteva da sei anni. Col tempo erano nate altre organizzazioni partigiane, non dipendenti dal movimento di Sakura, poiché differivano per linea di azione: non potendo colpire  direttamente il potente dittatore – sarebbe stato impensabile! - organizzavano piccole scaramucce; assalivano la polizia del regime, ingaggiando scontri mortali a volte a favore di una parte, a volte dell'altra. Sakura credeva che quella strategia richiedesse un inutile prezzo di sangue da pagare. Non voleva più opporre la violenza alla violenza, come sino alla Grande Guerra si era fatto. Le sembrava contraddittorio cercare di migliorare la vita attraverso la morte, voleva cercare altri modi di lottare. Intendeva resistere senza armi, come avrebbe voluto il suo amico. I membri della ''Giunchiglia'' avevano perciò un credo fermo: non ricorrere in alcun modo alla violenza. Come il fiore a cui era ispirato il nome del movimento, loro fronteggiavano il duro inverno: forti anche se all'apparenza fragili perché privi di strumenti letali; fermi sui propri principi come quel fiore stava dritto sul suolo, nonostante la sua inospitalità. Si puntava a sabotare il sistema con modi alternativi, spingendo i civili a non contribuire al funzionamento di quella macchina diabolica. Se non ci sono operai un capitalista non può farsene niente dei suoi soldi e dei suoi macchinari. E se non c'è il consenso e la partecipazione della comunità, un regime politico, per quanto potente sia il suo capo, è un regime fallimentare. Questa era la strategia della Resistenza. I membri della ''Giunchiglia'', chiamati dal popolo ''i fiori gialli'', tentavano di organizzare scioperi, proteste di massa; distribuivano opuscoli illeciti, cercando di far propaganda e di accogliere proseliti alla causa. Ma non era facile, perché il controllo poliziesco delle attività era capillare ed ossessivo e bastava poco per essere accusati di ''diffondere pensieri pericolosi''. Molti dei civili avevano paura di ribellarsi al regime. Farlo significava incorrere in punizioni terribili. E Sakura lo sapeva bene quanto terrificanti fossero i geniutsu del tremendo dittatore. Nelle sue illusioni era il sovrano del tempo e dello spazio e poteva torturare per giorni le sue vittime, mentre le lancette del mondo reale segnavano  appena lo scorrere di due secondi. 
Il mondo della pace di Sasuke Uchiha era un mondo in cui nessuno aveva il diritto di manifestare opinioni difformi alle sue; in cui lui si ostinava a ''proteggere'' tutti come un padre malato protegge i propri figli ponendoli dentro una prigione. In quel modo nessuno si sarebbe fatto del male, certo,  ma era pur sempre l'incolumità che si garantiva a dei carcerati. E cosa erano gli uomini senza la loro libertà di agire e di pensare? Cosa era quella vita che Sasuke stava dando loro se non una mera sopravvivenza? Non c'era possibilità di guerre, scontri tra le nazioni, è vero: lui aveva impedito che tragedie simili potessero ricapitare esercitando il potere assoluto. Ma non poteva essere la Pace quella di chi imponeva una pace attraverso il terrore. Naruto lo aveva capito bene e aveva tentato di tutto per distoglierlo dai suoi piani. Sakura non voleva accettare quel mondo e soprattutto non voleva che il sacrificio del suo amico fosse stato vano. Credeva ancora in lui, e desiderava che, tramite la Resistenza, Sasuke  si rendesse conto di quanto la sua ''pace'' non fosse la vera Pace. Se fosse riuscita in quella impresa, quello di Naruto non sarebbe stato un fallimento. Infondo, l'obiettivo che si era prefissata di raggiungere era solo il testimone passatole dal suo amico: Naruto Uzumaki, con le sue idee di giustizia, era la vera ispirazione della Giunchiglia, e i suoi membri non mancavano mai di ricordarlo attraverso parole di saluto che ripetevano il suo credo ninja, divenuto anche il loro.
Negli anni i membri dell'organizzazione erano stati perseguitati, alcuni catturati. Ma nessuno aveva fatto il nome di Sakura. Non potevano, nonostante le torture di chi entrava nelle loro menti, perché l'identità della leader era cosa nota solo a pochissimi fidati. La chiamavano tutti con un nome in codice e le autorità del regime non conoscevano che quello. 

Toc, Toc.   

-Sì, avanti.

Una figura femminile dai capelli blu e lunghi emerse dall'ombra e si offrì alla flebile luce della candela che illuminava la stanza. I suoi occhi un tempo trasmettevano la calma e la trasparenza di un lago sotto la luce del sole. Di fronte ad un simile paesaggio, nessuno avrebbe provato inquietudine perché nessuna corrente avrebbe potuto sollevare il pelo dell'acqua; nessuno smarrimento del cuore sarebbe stato possibile perché di quella distesa piana se ne vedeva bene la fine. Non sarebbe mai stato lo sgomento che a volte si  avverte quando si rimira il mare, mutevole ed infinito. Quella ragazza  aveva cercato di raggiungere i suoi propositi con fermezza e compostezza, senza troppo far rumore, senza mai comunicare ansie a chi le veniva incontro. Lei si offriva alla vista degli altri come in un giorno di luce un lago si dona agli occhi di un uomo che cerca l'armonia della natura. Le lotte che aveva intrapreso nella sua vita erano sempre state a suon di ''pugni gentili'' e con elegante fermezza aveva superato i suoi limiti.

-Oh, Hinata sei tu. Vieni, vieni dentro. Vuoi per caso un bicchierino di saké?

Chiese Sakura, sorridendole ampiamente e strizzandole un occhio.

-No, ti ringrazio Sakura. Sono venuta a trasmettere il rapporto di Shikamaru.  È nelle montagne dell'ovest, vicino Suna. È riuscito a mettersi in contatto con un gruppo di partigiani indipendenti e a farli aderire alla nostra causa. Adesso abbiamo un centinaio di uomini in più. Si apposteranno là per qualche tempo, aspettano notizie da noi per concordare un'azione insieme.

-Shikamaru è stato grande!! Sapevo che ce l'avrebbe fatta. -

-Sì, sempre più partigiani stanno lasciando le armi e si stanno unendo a noi. Spero davvero che tutti capiscano quanto sia importante passare dalla nostra parte per cambiare le cose.

-Lo spero anch'io Hinata, lo spero tanto. Va a riposarti ora, domani ci attende una missione importante.

La ragazza annuì dolcemente.

-Sakura...dovresti chiudere quei rotoli e darti un po' di tregua anche tu.

-Vado a letto tra poco anche io, promesso! Su, su, ora non preoccuparti più per me e vai a dormire.

Gli occhi della interlocutrice di Sakura da tempo non avevano più la limpidezza di un lago colpito dai raggi di luce. La trasparenza che adesso comunicavano era quella di un vetro. Un vetro rotto. Sakura lo percepiva chiaramente e si addolorava ogni volta che incrociava quello sguardo. Dietro a quei byakugan cristallini, c'era un cuore andato in frantumi. Aveva accolto quella ragazza tra le sue braccia quando si era trattato di piangere insieme per colui che per una delle due era stato un caro amico e che per l'altra aveva rappresentato l'amore e l'ispirazione della sua vita. Ma ora Hinata non versava più lacrime per Naruto, almeno non in presenza di Sakura. Voleva a tutti i costi mantenersi forte, per poter servire la causa che lui aveva lasciato in eredità a lei, agli amici di Konoha e a tutti quelli che aveva protetto col calore del suo chakra rosso durante la guerra. Lui era l'eroe del mondo ninja: lo aveva salvato da Madara e da Kaguya e adesso bisognava raccoglierne la volontà, finendo quello che aveva cominciato. 
Pronta a salutare la sua amica, Hinata si portò lentamente una mano sul cuore. Chiuse gli occhi e ripetè con intensità e rispetto il credo ninja del suo amore:

-Niente più sangue. Io non mi rimangio mai la parola!

Si voltò e uscì dalla stanza. Mentre i suoi passi si facevano via via più lontani, Sakura le fece eco con un fil di voce:

-Io non mi rimangio mai la parola, Hinata-chan.
   
 
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