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Autore: wingedangel    02/10/2016    2 recensioni
Evelyn è una semplice ragazza diciassettenne con una vita già abbastanza complicata. Ha perso la madre, vive con il fratellino Ryan e suo padre, che da quando la moglie è morta ha perso ogni voglia di vivere. Costretta a lavorare nei pomeriggi dopo la scuola per portare qualche soldo in più in casa, non ha bisogno di altri problemi nella sua vita. Ma questo è solo l'inizio...
Ora, ricordate Eva? Quella del serpente per intenderci. Bene, Evelyn la detesta. Ma non sa che quella storia la riguarda molto da vicino. Non sa di essere la reincarnazione di Eva. Non sa che al suo diciottesimo compleanno dovrà compiere una scelta. Non sa che il suo migliore amico è in realtà l'Arcangelo Michele inviato da Dio per proteggerla. Non sa che i demoni sono determinati a tentarla, o in alternativa ucciderla. Non sa che fare la scelta giusta non sarà semplice come sembra. Non sa di avere il destino dell'umanità sulle sue spalle.
Non sa nulla, ma sta per scoprirlo.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Tre


Appena entrai nella sala da ballo del castello, dove si teneva la festa, rimasi letteralmente a bocca aperta. L’intera sala era un tripudio d’oro, il soffitto e le pareti erano zeppi di decorazioni dorate, unica eccezione il pavimento, un grande parquet lucido di legno con elaborati disegni in stile classico. I lampadari erano a dir poco imponenti, a campana, con il cerchio esterno in oro e parevano sorretti da innumerevoli fili di diamanti, che nascondevano i bracci di metallo che ne sostenevano il peso. Nonostante si potessero notare, camuffate sul soffitto, lampade di fattura più moderna per illuminare più efficacemente la stanza durante le visite turistiche, solo i lampadari erano accesi, lasciando il locale in una leggera penombra, e illuminando tutti i colori in una tenue luce giallognola, che rendeva ancora più luminoso l’oro delle decorazioni della sala.
Ai lati opposti della sala, quasi addossati alle pareti per lasciare libera la pista, vi erano da una parte la postazione del DJ, che mixava la musica dance che risuonava nella sala già gremita di ragazzi; dall’altra il bancone del bar, che come avrei presto scoperto, non serviva alcolici (a questo proposito i genitori di Ashley non avevano voluto sentire ragioni). A pochi metri dal bar notai una doppia porta a vetri che dava su un piccolo terrazzino.
«Wow!» esclamai.
«Evelyn! Che fine avevi fatto?» disse Ashley appena mi vide, correndo verso di me, con Matt al seguito.
«Scusa, ci ho messo parecchio a prepararmi!» confessai. «Comunque auguri tesoro! A proposito, bellissima festa!»
Improvvisamente Ashley abbassò lo sguardo.
«Sai, avevi ragione, non avrei dovuto chiedere tutto questo ai miei. Pensavo di fargliela pagare, ma sono stata una stupida, è una festa grandiosa, ma questo non mi fa stare meglio. Nemmeno un po’.»
La osservai triste, non sapevo come risponderle, di certo non le avrei snocciolato un ‘te l’avevo detto’, volevo aiutarla, ma come? Matt la abbracciò e lasciò che si sfogasse tra le sue braccia, e io finalmente capii. Anche se ero la sua migliore amica, per questa volta non toccava a me aiutarla.
«Dai, andiamo a ballare.» Mi disse Michele, portandomi in pista.
Così ci infilammo tra la folla di ragazzi che riempiva la sala. C’era davvero molta gente, tanto che io e Michele dovevamo stare molto vicini per riuscire a ballare. Trattenni un sorriso, non mi capitavano spesso delle occasioni per potergli stare così vicina, e di certo non mi dispiaceva. Riuscivo perfino a sentire il suo profumo, un profumo che non avrei mai saputo descrivere, ma che ogni volta che si faceva spazio attraverso le mie narici mi faceva pensare a leggere candide piume trasportate dal vento. Sollevai lo sguardo per guardarlo in volto. I suoi occhi saettavano da un lato all’altro della stanza, come se cercassero qualcosa, ma non me ne preoccupai più di tanto. Erano le sue labbra ad aver improvvisamente canalizzato tutta la mia attenzione. Sapevo che era sbagliato, ma eravamo così vicini… Dio solo sapeva quanto avrei voluto assaggiare quelle labbra, sapere che effetto faceva un suo bacio, e quanta fatica mi richiedeva evitare di annullare le distanze tra le mie labbra e le sue. Mi riscossi da quei pensieri quando notai che Michele si era irrigidito improvvisamente, fu solo un attimo, poi tornò a rilassarsi e abbassò il suo sguardo su di me.
«Vado a prendermi qualcosa da bere, ti porto qualcosa?»
Annuii, poi lui si allontanò verso il bancone del bar, lasciandomi sola in mezzo alla pista. Stavo per voltarmi e riprendere a ballare quando notai Bryan tra la folla. Vidi Michele farsi spazio verso di lui, con un’espressione dura in volto. Lo raggiunse, gli disse qualcosa poi li vidi allontanarsi insieme e uscire in terrazza. Istintivamente decisi di seguirli, anche perchè ballare da sola non mi piaceva. Raggiunsi la porta che dava sulla terrazza e rimasi a bocca aperta, prima non avevo notato che quella terrazza dava direttamente sul mare, la vista doveva essere spettacolare. Eppure Michele e Bryan sembravano non averla nemmeno notata. Michele fissava Bryan come se volesse ucciderlo, mentre Bryan ricambiava con un sorrisetto sornione.
«Sta lontano da Evelyn, hai capito?» lo minacciò Michele.
Ma che gli prendeva? Perchè continuava a fare il fidanzato geloso ogni volta che si trovava davanti Bryan? Per tutta risposta l’altro scoppiò a ridere.
«Evelyn? Credi davvero che io non sappia chi lei è veramente?»
Ok, un momento. Che cavolo stava dicendo? Io ero io, punto. Chi avrei dovuto essere ‘veramente’?
«Non mi importa, lasciala stare!»
«Lo sai che non puoi fare nulla per impedirmelo, angioletto!» lo schernì Bryan.
Angioletto? A quanto pareva Bryan era proprio una frana nell’inventare soprannomi!
«Prova anche solo a torcerle un capello e giuro che ti ammazzo!» sbottò Michele, furente.
L’altro scoppiò a ridere.
«Provaci pure!»
Bryan si voltò verso la sala, accingendosi a rientrare, notandomi in piedi davanti alla porta. Ops… beccata. E adesso che gli raccontavo?
«Evelyn» mi disse salutandomi come se nulla fosse, prima di superarmi e tornare alla festa.
Sentendo il mio nome Michele si voltò allarmato, evidentemente non si aspettava che ascoltassi quella conversazione. Mi avvicinai a lui e mi appoggiai con i gomiti alla balaustra, fissando il mare. Si, era una vista spettacolare, peccato che avessi qualcosa di più importante a cui pensare.
«Mi spieghi che cavolo voleva dire? Chi sarei ‘veramente’?»
Michele si morse il labbro, la faceva sempre quando era nervoso, e ogni volta io finivo a fantasticare su quelle labbra… no. Dovevo restare concentrata su quello che aveva detto Bryan, avevo bisogno di una spiegazione.
«Chi lo sa? Quel tipo è strano, Probabilmente voleva solo provocarmi.»
Inarcai un sopracciglio, poco convinta.
«Provocarti in che modo?»
«Beh, potrebbe aver pensato che tu per me sia più di un’amica.»
Il mio cuore perse un battito. Effettivamente Bryan poteva aver ragione. Ogni volta che lui mi si avvicinava Michele assumeva sempre un atteggiamento iperprotettivo, cercando di allontanarlo da me. Che questo significasse che lui ricambiava i miei sentimenti?
«Naturalmente noi sappiamo bene che per quanto il nostro legame sia molto forte siamo solo amici. Semplicemente non mi fido di lui, e non voglio che ti faccia soffrire.»
Tutti i castelli in aria che mi stavo costruendo franarono al suolo in un solo istante. Naturalmente, eravamo ‘solo amici’, ero stata una stupida a pensare che lui potesse ricambiare i miei sentimenti.
Avevo bisogno di stare un momento da sola a mettere ordine nei miei pensieri, così lo allontanai.
«A proposito, non dovevi andare a prendermi da bere?»
Lui annuì e rientrò, dirigendosi al bancone del bar. Io nel frattempo lasciavo i miei occhi perdersi ad osservare le onde del mare sotto di me infrangersi sugli scogli, mentre la mia mente continuava a rimuginare su ciò che mi aveva detto Michele. Non lo colpevolizzavo, non potevo certo pretendere che ricambiasse i miei sentimenti, ma in fondo avevo sempre sperato che lui provasse lo stesso, ora invece dovevo fare i conti con il fatto che non ci sarebbe veramente mai stato nulla tra noi. Dovevo metterci una pietra sopra, rassegnarmi al fatto che saremmo stati sempre solo amici, e cominciare ad accettare il fatto che avrei dovuto cominciare a puntare il mio sguardo altrove. In fin dei conti, se era vero che ‘chiodo scaccia chiodo’, l’unico modo di ‘disinnamorarmi’ di Michele era trovare il ragazzo che avrebbe saputo farmi provare gli stessi sentimenti. Improvvisamente mi tornò in mente Bryan. In fin dei conti non era per niente un brutto ragazzo, e sembrava particolarmente interessato a me. Non provavo nulla per lui, naturalmente, ma avrei potuto dargli una possibilità, conoscerlo meglio e vedere come andava…
Poi mi tornò in mente il modo in cui Michele tentava sempre di allontanarmi da lui. Non ne capivo il motivo, non era geloso di me, l’aveva appena detto chiaro e tondo, allora perchè era così ostile nei suoi confronti? Non mi risultava che avesse mai fatto nulla di male, perchè non avrebbe dovuto meritare una possibilità? Decisi che gliel’avrei data, nonostante Michele. Avrei conosciuto meglio Bryan, e se le cose fossero andate bene, non escludevo che potesse nascere qualcosa. Michele avrebbe dovuto adeguarsi.
Improvvisamente notai una persona in piedi sugli scogli che fissava il mare, non riuscivo a scorgere il suo volto, coperto dai lunghi capelli rossi, ma avrei riconosciuto quella figura tra mille. Il suo ricordo purtroppo cominciava a sfumare nella mia mente, i lineamenti del volto, il suo sorriso, per quanto tentassi di tenerli a mente, venivano lentamente erosi dal tempo; ma ero ancora in grado di riconoscere mia madre quando me la trovavo davanti. Il che era impossibile, visto che era morta da ormai cinque anni, eppure eccola lì, con il suo abito rosso, il suo preferito, lo stesso con cui avevamo scelto di seppellirla. I capelli erano dello stesso identico colore dei miei, lunghi e perfettamente piastrati, proprio come piaceva a lei. Ma non era possibile, ricordavo bene il giorno del funerale, quando con mio padre avevamo scelto l’abito con cui vestirla. Era stato uno dei momenti più difficili della mia vita, ed ora era impossibile che fosse viva, avevo visto con i miei occhi il cadavere di mia madre, e a dodici anni è uno spettacolo che non dimentichi facilmente.
«Mamma» chiamai.
Ero sicura che non mi avrebbe risposto, sicuramente era tutto uno scherzo della mia immaginazione. Invece si voltò e prese a fissarmi con i suoi occhi completamente gialli.
«Eva» rispose.
Mi sarebbe bastato sentirle pronunciare quel nome per farmi capire che quella non era mia madre, ma ciò che mi fece letteralmente paralizzare dalla paura fu l’aspetto che aveva il suo volto. Il viso era completamente nero, sembrava che la pelle del suo volto si fosse carbonizzata, gli occhi gialli erano infossati e delle piccole corna le spuntavano dalla fronte, dagli zigomi e sul mento. Ma che mi stava succedendo? Prima la figura in macchina e ora questo. Stavo veramente impazzendo? Ma come poteva essere? A quanto ne sapevo, non si impazzisce da un momento all’altro, doveva per forza esserci un fattore scatenante. Oppure no? In fondo non è che avessi chissà quali conoscenze di psicologia. 
Scossi la testa, non era il momento di farmi prendere dal panico. Mi sforzai di fare dei respiri profondi, tentando di calmarmi. Quello strano mostro non poteva farmi nulla, era all’incirca a sei o sette metri sotto di me, metro più metro meno, ma sicuramente troppo lontano per potermi raggiungere. Ero al sicuro, non poteva farmi nulla.
Avevo avuto appena il tempo di formulare questo pensiero, quando lo vidi spiccare un salto e poggiarsi sulla balustra. Istintivamente indietreggiai, sapevo che avrei dovuto scappare via, ma non riuscivo a muovermi, ero terrorizzata ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel volto mostruoso che deturpava il corpo di mia madre. Se ne stava lì, appoggiata alla balaustra come un felino, mani e piedi entrambi appoggiati al cornicione.
«Eva» ripetè.
Ma che gli prendeva? Perchè continuava a fissarmi e a chiamarmi con quel nome? Sperai che in realtà cercasse qualcun altro e che mi lasciasse in pace. Dopotutto anche quando quella strana figura mi aveva ‘attaccata’ in macchina era sparita prima di toccarmi.
«I…io non sono…» provai a dire.
«Eva» disse ancora, prima di scagliarmisi addosso.
Caddi a terra sotto il suo peso. Riuscii a non battere la testa solo perchè entrambe le sue mani mi stringevano il collo, impedendomi di respirare. Un improvviso lampo di luce mi costrinse a chiudere gli occhi ma non me ne preoccupai più di tanto, stavo per morire, un lampo che probabilmente preannunciava un temporale non cambiava certo le cose. Cominciai a tossire violentemente, aprii gli occhi e scattai a sedere. Appena riuscii a riprendere a respirare normalmente mi guardai intorno. Il mostro era sparito. Ma che mi stava succedendo?
«Eva? Che ci fai lì per terra?»
Riconobbi quella voce senza aver bisogno di voltarmi. Mi alzai e mi avvicinai nuovamente alla balaustra, lanciando un rapido sguardo sotto di me. Del mostro non c’era traccia. Michele mi aveva creduto in macchina, ma ero sicura che se gli raccontavo quello che mi era successo mi avrebbe scaricata al primo centro di salute mentale che trovava. Insomma, la prima volta poteva essere solo un incubo o un’allucinazione, aspettarmi che mi credesse anche stavolta era chiedere troppo.
«Sono inciampata. Comunque, ti ho detto mille volte che non mi chiamo Eva!» sbottai, in tono forse eccessivamente aggressivo.
Lui mi si avvicinò e mi porse il drink.
«Ehi, che succede?» il tono era preoccupato, mentre si mordeva nuovamente il labbro, nervoso.
Ok, forse avevo esagerato, ma quel mostro mi aveva chiamato Eva già tre volte, ne avevo abbastanza di quello stupido soprannome per quella sera.
«Niente, solo che sai che detesto quel soprannome, potresti smetterla, per favore?» gli dissi, con più calma.
Sapevo che come sempre sarebbe stato tutto inutile, ci avrebbe scherzato su e per lui avrei continuato ad essere Eva. Solo che quella sera non avrei sopportato un solo ‘Eva’ di più.
«Va bene, Evelyn, scusami. È solo che mi piaceva che quel nome lo usassi solo io.»
Sorrisi tristemente. ‘Non più’ pensai.
«Ok, allora vada per Lyn!» esclamò lui, entusiasta.
Ridacchiai e annuii. Mi piaceva quel soprannome, era lo stesso che usava il mio fratellino.
«Va bene, dovrai condividerlo con Ryan però.»
«Andata!»
Non ci potevo credere, ce l’avevo fatta! Ero riuscita a liberarmi di quello stupido soprannome! Speravo di essermi liberata anche di quel mostro, ma avevo la sensazione che non sarebbe stato così semplice.

 

CANTUCCIO DELL'AUTRICE:

Rieccomi!
Ok, alla fine il capitolo è uscito tutto il contrario dell'idea iniziale che avevo :D Non sembra proprio il capitolo innocente e tranquillo che volevo scrivere, ma forse è meglio così.

Evelyn: col cavolo! Non ne vuoi proprio sapere di farmi stare tranquilla per un capitolo? Devi proprio farmi ammattire?

Sì! Comunque, spero che il capitolo vi piaccia, e, come sempre, se trovate qualche errore segnalatemelo pure.

Michele ed Evelyn ormai li conoscete, ma è tornato a spuntare fuori Bryan! Che ne pensate di lui? Sono curiosa di sapere la vostra opinione, quindi aspetto le vostre recensioni.

A presto! (spero)

Besos,

Wingy.

   
 
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