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Autore: Raven626    08/10/2016    1 recensioni
Verso le due di notte alla magione del conte Trancy si presenta uno strano individuo: una ragazza povera ed infreddolita che chiede il permesso di poter pernottare lì finché la tempesta in corso non si sia placata.
Ma cosa nasconde Amaya Jefferson? C'è qualcosa dietro il suo pretesto per restare alla villa o si è davvero persa?
Genere: Commedia, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Hannah Anafeloz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un anno dopo…

Il locale era alquanto vuoto quella sera per i suoi standard, c'erano poco più di una decina di clienti seduti ai tavoli circolari di legno. Per lo più ubriaconi o gente che non aveva idea di dove andare o cosa fare. La ragazza seduta al tavolo più in fondo faceva parte proprio di quest'ultima categoria.
Era lì seduta da circa dieci minuti, ma non aveva ancora neanche dato un occhiata al menù, semplicemente non aveva fame. Si trovava lì solo perché sapeva che c'erano delle camere in affitto in quel palazzo e aveva intenzione di chiedere al proprietario se poteva alloggiarvi per qualche giorno. Certo, sarebbe potuta semplicemente tornare a casa, ma quest'idea era semplicemente fuori discussione per lei e non solo perché il suo paese si trovava dall'altra parte di Londra, ma anche perché si era ripromessa che non sarebbe mai tornata dalla madre da sola, a costo di cercarlo in eterno, lei lo avrebbe trovato.
Dopo un anno di ricerche vane, però, era dura continuare ad essere ottimisti. Era stata in lungo e in largo, anche nelle città vicino Londra e nei paesini più sperduti, ma non c'era stato nulla da fare, nessuno aveva indizi, né idea di chi lei stesse cercando. Dopotutto per il mondo il conte Trancy era già tornato a casa da due anni. Ora si trovava in quel paese di periferia e ancora una volta le sue ricerche non avevano portato alcun risultato.
 - Ha intenzione di ordinare qualcosa? - Domandò il cameriere avvicinandosi al suo tavolo.
Era già la terza volta che passava e, nonostante la ragazza gli avesse già detto chiaramente perché fosse lì, aveva come l'impressione che se non ordinava qualcosa, l'avrebbero cacciata fuori a suon di calci.
 - Un tè al limone, grazie. -
Il ragazzo fece una smorfia, probabilmente irritato dal fatto che alla ragazza ci fosse voluto tutto quel tempo per poi ordinare solo un semplice tè.
 - Ecco, ha parlato al proprietario? -
 - Oggi non c'è, è a Londra per affari. Ma ho controllato e in effetti c'è una camera libera, però non è con me che devi parlarne, ma con il figlio adottivo del signor Barker. Quello che adesso sta suonando il pianoforte. -
C'era qualcuno che suonava il pianoforte? Amaya non se n'era quasi accorta, troppo presa dai suoi stessi pensieri per far caso a quella melodia. Ringraziò il cameriere, dopodiché si alzò e si diresse verso il ragazzo. Aveva all'incirca quattordici o quindici anni, ma era così preso dalla sua musica da sembrare un professionista. Il viso era chino sulla tastiera e le dita si muovevano ad una velocità allucinante.
Non avendo il coraggio di interromperlo, la ragazza si andò a sedere al tavolo vicino al piano e attese lì che il ragazzo finisse.
Quella musica non somigliava a nulla che la ragazza avesse mai sentito prima, doveva averla scritta lui di persona. Anzi, facendoci attenzione Amaya colse qualcosa di familiare in quella melodia, anche se lei stessa non avrebbe mai saputo spiegarsi cosa fosse. Forse l'aveva già sentita in qualche altro locale… No, era più recente, aveva sentito una melodia simile, ora ne aveva la certezza, ma era successo molto tempo prima. Prima di quell'anno di ricerche, prima di andare dal nuovo Alois Trancy, prima che suo fratello scomparisse…
 - Pare che anche oggi Alois sia in ottima forma. - Sentì dire a qualcuno a qualche tavolo di distanza.
 - Pensa che suo padre non gli mai neanche pagato un insegnante di piano! - Aggiunse un altro.
 - Sul serio!? E allora come fa ad essere così bravo? È possibile nascere con un talento simile? -
 - Certo che no, Arold! Credo che abbia preso lezioni prima di diventare suo figlio. -
 - Come sarebbe a dire “prima di diventare suo figlio”? -
 - Alois è stato adottato, no? Chissà che vita ha fatto in quei sei anni prima di venire qui. -
I due continuarono a parlare, ma ormai Amaya non ci faceva neanche più caso. Ma certo! Come aveva fatto a non capirlo prima? I capelli color grano, ricci e ribelli, quel modo di suonare, completamente assorbito dalla musica. Quella melodia, così malinconica e familiare, una melodia che in passato aveva ascoltato tante di quelle volte da saperne lo spartito a memoria.
Incurante di ciò che avrebbe potuto pensare la gente presente, incurante di ciò che avrebbe potuto pensare lo stesso Alois, la ragazza non attese un solo istante e con uno slancio improvviso si buttò tra le braccia del ragazzo, stringendolo a sé con tutta la forza che aveva in corpo, come se temesse che potesse scomparire da un momento all'altro, come se questo fosse effettivamente già accaduto in passato.
Soffocò le lacrime nella sua spalla e nonostante avesse pensato per anni a ciò che gli avrebbe detto quando lo avrebbe ritrovato, in quel momento non riusciva a fare nulla che non fosse piangere.
 - Al… - Mormorò senza mai staccarsi da lui.
 - A… Amy…? - Lo sentì borbottare incredulo.
Amaya sorrise e annuì e allora sentì le braccia di Alois stringersi intorno al suo corpo e ricambiare l'abbraccio. Nessuno dei due sapeva cosa sarebbe accaduto adesso, sapevano solo che, qualunque cosa fosse, l'avrebbero affrontata insieme.

 

 


Lo so, vi ho fatto aspettare una settimana per poi propinarvi questo abbozzo di capitolo, così striminzito da meritarsi a malapena il titolo “epilogo”. Ma alla fine è meglio tardi che mai, no?
Allora, aspetto recensioni da parte vostra, che ne pensate? È così orribile come credo? Forse non ho reso bene il carattere di Jim (mi tocca chiamarlo così, o poi non si capisce se parlo di lui o del vero Alois). Ditemi voi, alla prossima!

   
 
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