Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: JennaHerondale    08/10/2016    2 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Capitolo XIII

 
Once In A Lifetime---One Direction

 
Arrivano al pub verso le sette, la porta sudicia che sbatte ripetutamente mentre i corpi entrano ed escono per le pause sigaretta, il rumore metallico delle borsette, i tacchi che strisciano sul marciapiede, jeans che si sfregano contro jeans.
Louis pensa di aver visto Anthony sfrecciare tra i corpi, trasportando un vassoio di shot – è abbastanza sicuro che sia di turno stasera – e altre poche facce familiari. Non è insolito per tutti loro venire qui ogni volta che ci sono gli spettacoli live. Specialmente per questa band.
La piccola folla riunita all’esterno consiste principalmente in ragazzi popolari (quei tipi artistici con occhi grigi e annoiati che Louis odia e a volte osserva dall’alto, forse) e un paio di persone più grandi e impassibili con giacche sbiadite di pelle. Nel complesso, è un mare di schifosi tatuaggi, magliette sudicie e orrendi pantaloni alla moda, tutti con le bottiglie di birra in mano mentre si ammassano in piccoli gruppi, le risate che si confondono con il fumo riversato dalle sigarette schiacciate tra le loro dita.
Solo una serata come tutte le altre nella vita di Louis, davvero.
“Allora, questo è il posto dove lavoro,” spiega mentre apre la portiera dalla parte di Harry, sorridendo compiaciuto agli occhi spalancati del ragazzo che sembra che stiano assorbendo ogni dettaglio. “Lo so che non è tanto, ma ha una paga decente e richiede il minimo sforzo da parte mia, quindi. È proprio il mio campo, davvero. Eccomi qua, a servire gli ubriaconi d’Inghilterra.”
“Sei abbastanza grande per lavorare in un pub?” domanda Harry, sbattendo le palpebre come un gufo mentre sta lì in piedi, incollandosi immediatamente al lato di Louis, come se fosse naturale, e osservando l’ambiente di fronte a loro con aria meravigliata. Il calore del suo corpo è istantaneo, Louis lo sente scontrarsi immediatamente con il proprio e le loro giacche si sfiorano e i loro piedi sono puntati l’uno verso l’altro e loro due sono quasi accalcati e isolati nella loro bolla rispetto alla scena di fronte a loro, che davvero non significa nulla. Ma in qualche modo, Louis si sente pieno zeppo di qualcosa, si sente più accaldato e scosso dall’eccitazione, solo sentendo Harry accanto a lui e osservando tutti gli altri. Non lo ammetterà mai alla luce del sole.
Ma la sensazione è abbastanza per Louis per poggiare la sua mano sulla schiena del ragazzo, un minuscolo fremito che gli sale per le gambe quando Harry copia il suo movimento, quasi automaticamente, gli occhi ancora spalancati e curiosi.
“Ho quasi vent’anni, sai,” Louis commenta divertito, osservando il profilo di Harry. “Sono un po’ più grande di te.”
Harry sbatte le palpebre, facendo scivolare il suo sguardo su Louis. “Io ne ho quasi diciotto. Non sei tanto più grande.”
Louis fa spallucce, completamente a suo agio. “Sticazzi. In ogni caso, l’età diventa solo un numero dopo un certo punto. Quindi.” Sogghigna, osservando l’estendersi di un sorriso luminoso sul viso di Harry mentre si fissano, le voci e i rumori che giungono quasi ovattati. “Sei pronto a vedere questo concerto? Ti avviso Harry, sono bravi. Molto bravi. Potresti essere travolto dalla mia incredibile perspicacia e dal mio buon gusto, quando li vedrai. Potrei diventare il tuo guru della musica.” Cominciano a camminare; Louis lascia che la sua mano scivoli via dalla schiena di Harry mentre si fa strada, sogghignando al ragazzo accanto a sé e ammiccando in confidenza, il suo petto molto più leggero di quanto lo sia stato tutta la sera, i polmoni riempiti con molta più aria. E fumo passivo.
Harry ride, felice, mentre lo segue da vicino. “Ah sì? Mi corteggerai?”
“Ti sto già corteggiando, non fare il finto tonto,” Louis lo sfotte, alzando gli occhi al cielo in modo teatrale.
“Finto tonto?” Harry ride di nuovo. “Non pensavo di esserlo,” mostra un sorriso, largo e reale e intimo, incrociando lo sguardo di Louis per un attimo prima che raggiungano finalmente l’entrata, superati gli ostacoli di corpi e gomiti, e Louis deve guardare da un’altra parte, sentendo improvvisamente troppa aria.
Quando apre la porta, sono immediatamente assaliti da fumo e un baccano esagerato e caotico, alcuni uomini sul retro che lanciano imprecazioni come fossero confetti e qualche adolescente che ride a crepapelle lì nell’angolo. Tutto ha un odore pungente e forte, come di birra amara.
Ah. Sa di casa.
È pieno zeppo, i corpi tutti ammassati vicino al minuscolo palco, le birre in mano mentre chiacchierano e si asciugano il sudore dalla fronte. Il bar è un macello, la gente ovunque in fila per i drink, stringendo impazientemente le banconote tra le mani sporche. Stan è lì, lavorando come un matto mentre ride e affascina la clientela, un asciugamano buttato sulla spalla mentre versa bitter schiumosi dalla spina da bravo professionista. Anthony lo raggiunge poco dopo, girandogli intorno, il suo vassoio ora vuoto e il suo sorriso a riempire mezza faccia mentre dà del coglione a qualcuno nel tragitto. Splendido. 
“Tutto bene?” grida Louis ad Harry, guidandolo attraverso la massa sudata.
Harry sembra incantato, gli occhi che si spostano rapidamente, assimilando tutto, le labbra dischiuse nel respirare tra il fumo e i bassi dell’impianto stereo mentre viene montato il palco, grossi fili inseriti in amplificatori pesanti, i microfoni collegati. Tutto puzza con l’accenno di colonia inebriante ed erba e la pelle di Harry brilla di oro e calore in mezzo a tutti, assorbendo ogni molecola, i suoi ricci a sfiorargli la nuca.
“Più che bene,” grida di rimando, incontrando gli occhi di Louis per un attimo sincero prima di continuare ad esaminare la stanza.
Louis sorride.
E poi, improvvisamente…
“Oi! Ragazzi!”
Sorpreso, Louis sobbalza prima di voltarsi, le orecchie dritte, perché quella non è mica la voce di…
“Horan?” Louis sbatte le palpebre, totalmente sorpreso, mentre Niall e Zayn sbucano dal nulla, sorrisi coordinati sul viso, le braccia attorno ai fianchi l’uno dell’altro. “Che cazzo ci fate voi qui, tra tutti i posti possibili??”
Niall scrolla una spalla mentre guarda Zayn, tutto lineamenti calmi e capelli luminosi.
“Volevamo sentire della musica live,” spiega Zayn, profondo e sincero, aggrappandosi a Niall come se fosse una scialuppa di salvataggio, gli occhi che si spostano rapidamente su di loro, con circospezione. Non è poi così calmo, in effetti.
Tuttavia, Louis si scalda al pensiero – a Zayn è sempre piaciuta l’idea di venire al pub per vedere un concerto ma, dato che la folla e gli aspetti sociali della situazione l’hanno sempre dissuaso, le uniche circostanze in cui ha finito per andarci è stato quando Liam e Louis l’hanno praticamente costretto. Non ci andrebbe mai di sua spontanea volontà neanche in un milione di anni.
Eppure, eccolo qui, esattamente al centro del bar affollato con Niall luminoso e raggiante al suo fianco, sembrando esausto ma ben saldo al pavimento e un po’ assonnato. Come se questo non fosse totalmente memorabile.
È piacevole. Fa sorridere Louis, lo fa sentire in qualche modo orgoglioso, forse? Comunque, a questo punto, Niall potrebbe anche investire Louis con la macchina e farebbe comunque il tifo per il ragazzino. Cazzo, per come ha inculcato così tanta confidenza in Zayn nel poco tempo in cui si conoscono, Louis probabilmente glielo farebbe fare più volte.
“Anche noi!” grida allora Harry, strappando Louis dalle sue strane fantasie sentimentali. Il ragazzo accanto a sé è decisamente in fermento, un dito nell’orecchio, l’altro poggiato sulla bocca. È proprio un piccolo idiota. Un bellissimo piccolo idiota.
Alzando gli occhi al cielo (forse con affetto, forse), Louis distoglie lo sguardo da Harry, solo per trovare Zayn a fissarlo, la bocca inclinata in modo strano, un’espressione imperturbabile nei suoi occhi. Accanto a lui, Niall dice qualcosa a Harry, qualcosa di allegro ed efficace, e i due cominciano a chiacchierare, il tutto mentre Zayn scruta Louis in silenzio, impassibile.
Louis non distoglie lo sguardo, nonostante la fitta di imbarazzo che sta cominciando a sentire man mano che Zayn lo fissa.
“Pensavo che dovessi portarlo a cena fuori,” afferma alla fine con sguardo inespressivo, ma c’è consapevolezza nel suo sguardo, qualcosa di mistico trascinato dalle parole.
Fa attorcigliare lo stomaco di Louis.
“Ehm, sì. Be’. Non mi piaceva il posto.”
Zayn annuisce, lento e principalmente a se stesso. Una ciocca di capelli gli pende sugli occhi, il viso inespressivo ma carico della conoscenza del mondo. È allora che invita Louis ad avvicinarsi con un dito, discreto e specifico, così Louis si china verso di lui, il naso che quasi sfiora la spalla di Zayn. Sa di erba e lenzuola e della colonia di Niall.
“Liam lo sa?”
Le parole strisciano bruscamente nel canale uditivo di Louis mentre sbatte le palpebre, spaventato, prima di lanciare uno sguardo verso Harry in un attimo di panico, pregando che non abbia sentito nulla. Non è successo – è impegnato a parlare con Niall, ridendo mentre Niall fa scorrere un braccio attorno alle sue spalle, trascinandoselo in direzione del bar.
“No,” dice, più piano che può in mezzo al baccano, voltandosi nuovamente verso Zayn. “Non lo sa.”
Zayn annuisce nuovamente a se stesso. “Bene,” dice dopo una pausa. Deve cogliere la sorpresa negli occhi di Louis perché a quel punto si rilassa, la voce calma e vellutata mentre mormora le parole con tutta la saggezza di un antico Dio Romano. “Non ho intenzione di giudicarti. Ho capito cosa sta succedendo.” Louis trattiene il respiro, quasi scostandosi, ma Zayn lo blocca con una mano ferrea sulla sua spalla. “Non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro con me. Io credo in te, Louis.” Louis si morde il labbro, l’amaro in bocca, il corpo rigido nell’ascoltare ogni parola. “Se deve funzionare, funzionerà. Troveremo un modo.”
A quel punto Zayn lo lascia, uno sguardo calmo e d’intesa, e Louis ha il desiderio imbarazzante e vagamente inquietante di abbracciarlo, ingoiando la pelle d’oca nella sua gola.
“Zayn…” dice, sperando che il suo tono trasmetta la sua gratitudine per le parole, per la gentilezza immeritata, andando a scuotere la mano di Zayn perché non sa cos’altro fare, improvvisamente sopraffatto da qualcosa che sembra terribilmente speranza e un po’ sollievo. È una cosa pericolosa da sentire, ma con gli occhi fiduciosi di Zayn a ricambiare lo sguardo… Louis si lascia andare. Solo per stasera. Solo per ora.
Zayn annuisce in risposta. “Ti voglio bene, lo sai. Siamo connessi su questo pianeta.”
Louis annuisce di rimando, le labbra appena piegate.
Poi, improvvisamente, un corpo con capelli biondi ed energia si scontra con loro, le braccia avvolte attorno ad entrambi i loro colli.
“Perché siete ancora qui?” arriva l’alito alla birra di Niall, e Louis strizza gli occhi mentre agita una mano per scacciare l’odore; lo sguardo di Zayn si trasforma in adorazione sdolcinata, facendo scivolare il suo braccio attorno alla vita del ragazzo. Lo sguardo di Niall si addolcisce nell’incontrare i suoi occhi, il sorriso goffo. “Ehi,” dice, già probabilmente dimentico dell’esistenza di Louis.
Louis sogghigna, scuotendo la testa mentre osserva Zayn illuminarsi a rilento, guardando dentro l’anima di Niall con l’intensità del suo sguardo a mezza luna. Solo Zayn può riuscirci.
“Ehi,” mormora di rimando, lento e rilassato. E i due si incontrano in un bacio breve e casto, sorridendo entrambi troppo per niente più di un incontro di labbra e un paio di suoni singolari e acuti trasportati sottovoce, e Louis si libera dalla presa di Niall.
“Vi lascio soli,” sorride, ma loro paiono non sentirlo, optando invece per avvolgere le braccia l’uno attorno all’altro, Niall che ride silenziosamente per qualcosa (o niente), gli occhi negli occhi che fluttuano sulle labbra. È disgustoso.
Muovendosi verso il bar, Louis assottiglia gli occhi, cercando un ammasso di ricci e gambe lunghe. Per un attimo, individua solo i soliti clienti, nessuno di questi somigliante ad Harry, neanche un po’, e un cipiglio comincia a formarsi tra le sue sopracciglia, la gente attorno a lui che sembra tutta uguale. Ma poi… poi lo vede, una visione nella sua morbida camicia bianca con i suoi ricci da cherubino (e le guance pure), buttando giù un bicchiere di qualcosa schiumoso e ambrato in un colpo, usando una mano per tenersi al bancone, un piede sollevato sullo sgabello accanto.
Oh, cazzo. Sta bevendo. Dannazione, Niall.
Contraendo le labbra e spingendo via qualsiasi giudizio romantico e disturbante sui suoi capelli, Louis va dritto verso di lui, strappando il bicchiere – ora vuoto – dalle mani di Harry con poche difficoltà. Harry sbatte gli occhi umidi rapidamente, per un attimo sorpreso, fino a che non realizza che è Louis, le sue labbra molto rosse e molto lucide a distendersi in un largo sorriso prima che ripulisca il liquido in eccesso con il retro della manica. I suoi polsi sono sottili e sembrano caldi. Una macchiolina di schiuma giace sul suo mignolo.
“Lou,” sorride, tutto luminescente ed etereo, assomigliando ad un bicchiere caldo di Rum Chata, e il suo respiro è pungente come quello di Niall.
E dai, cazzo. Sono rimasti da soli per due minuti, al massimo. Come cazzo sono riusciti a trovare e consumare tutto l’alcool di questo dannato posto? È con un autocontrollo sincero che Louis resiste all’impulso di lanciare un’occhiataccia in direzione del Lepricano; cosa stava dicendo sul lasciarsi investire da lui con la macchina? Che idiota.
“Vacci piano, ragazzino,” dice Louis, annusando i resti del bicchiere con il naso arricciato. E, oh, meno male – è solo una roba scadente, più annacquata che altro.
Ciononostante. Considerando il fatto che Harry pesa quanto una piuma e che probabilmente non ha mai bevuto prima, potrebbe comunque causare qualche danno. Merda, Harry è probabilmente il tipo da glicemia alta – sentirà sicuramente gli effetti dell’alcool.
Dannazione, Niall. Sia dannato l’irlandese.
Sospirando, Louis appoggia il bicchiere sul bancone graffiato prima di spostare nuovamente la sua attenzione su Harry che, per fortuna, sembra sobrio, nonostante il sorriso sgangherato e rinvigorito sulla sua faccia. Inclinando in maniera civettuola la testa, allunga le braccia, aggrappandosi ai bicipiti di Louis con le dita piegate, avvicinandosi di un passo e guardandolo con la pelle accaldata e le ciglia a ventaglio. Grazioso, grazioso ragazzo.
“Mi piacciono i tuoi amici,” Harry sorride, le parole trasportate in piccoli sbuffi che si imprimono sulle guance di Louis. Il suo alito alla birra è mischiato con il profumo della sua colonia (o qualsiasi cosa sia che gli dà quel lieve e magnifico odore – è quasi troppo delicato e unico per essere artificiale) e improvvisamente le linee nette del suo corpo sembrano più confuse, tutto soffice e ambrato mentre i suoi polpastrelli dirottano il flusso sanguigno nel braccio di Louis.
Louis ride in uno sbuffo, gli occhi che scattano sul rossore delle guance di Harry, trascinandosi verso la ciocca di ricci aggrovigliata vicino al suo orecchio destro. “Mi dispiace deluderti, ma hai già incontrato i miei amici un sacco di volte, tesoro.”
“Lo so,” Harry fa un gran sorriso, alzando le spalle e tirando le maniche di Louis, stringendo il jeans tra le dita mentre lo osserva, dondolando a ritmo di musica, solo un pochino. La sua testa è ancora  inclinata e un riccio dopo l’altro continua a scivolare davanti ai suoi occhi. “È che mi piacciono davvero tanto. E mi piace questo posto. Mi piace che tu lavori qui. E mi piaci tu. Mi piace la tua vita.”
Be’, questa è una novità.
Aggrottandosi, Louis rimuove con gentilezza le mani di Harry, i suoi lineamenti morbidi che si induriscono nuovamente. “Credimi, non diresti così se conoscessi la mia vita.”
A quello, Harry rimane in silenzio, il sorriso eccitato che svanisce, gli occhi che diventano seri. Non dice niente per un po’, si limita a guardare Louis, dondolando ancora leggermente, le mani lungo i fianchi, sembrando vuoto e insicuro. “Allora parlamene,” dice con calma, per niente preoccupato. “Ti ho parlato della mia vita. Voglio conoscere la tua. Voglio conoscere te.”
 La pelle di Louis si tende a quelle parole, un perfetto mix di ansia e mancanza di respiro che si fanno strada, cercando di ricucire le parti allentate. Le parole rimangono nell’aria.
Nah, no grazie. Stanotte non si parlerà di questo. Niente di serio. Solo divertimento. Solo Harry. Solo lui e Harry. Nient’altro.
“Forse un giorno,” giunge a un compromesso prima di permettersi un piccolo sorriso, la mano a sfiorare il braccio di Harry. “Ma adesso andiamo verso il palco. Stanno per iniziare.”
Per fortuna, Harry annuisce, lasciando cadere l’argomento senza difficoltà mentre il suo volto esplode in un altro sorriso a trentadue denti, afferrando la mano di Louis e lasciandosi condurre nella mischia. Saluta con una mano Zayn e Niall mentre gli passano accanto; loro, ovviamente, neanche se ne accorgono.
“Sei pronto?” gli domanda Louis non appena raggiungono la parte più interna della folla, ammassati contro il bordo del palco improvvisato. Harry è di fronte a lui, protetto dal corpo di Louis che gli si avvolge attorno, la schiena premuta contro il suo petto, e nonostante Louis sia solo un pochino più basso, (sebbene non gli piaccia soffermarsi su quel dettaglio, grazie), avvolge comunque un braccio protettivo attorno al ragazzo, inclinando leggermente il mento per evitare di sbattere contro le sue spalle mentre spinge le parole nel suo orecchio.
Sente Harry annuire ancor prima di vederlo, voltandosi verso di lui con l’eccitazione ad imbrattargli i lineamenti. “Pronto,” dice senza un briciolo di esitazione, proprio mentre la band comincia a salire sul palco, birre e bacchette in mano, lanciando saluti alla folla.
Il braccio di Louis si stringe attorno a Harry mentre assemblano gli strumenti, fanno vibrare le corde delle chitarre e aggiustano i microfoni.
“Bene,” dice, un po’ senza fiato, un po’ in fiamme mentre la folla si fa silenziosa e le luci si abbassano. Harry è caldo contro il suo petto, solido e delicato e profumato. Louis sente come se il sangue stia scorrendo più velocemente, misto a trepidazione e, forse, eccitazione. Si sente lontano chilometri rispetto a come si sentiva appena due ore fa. Ma spinge via il pensiero, muovendo invece la testa a tempo con il conto alla rovescia delle bacchette. “Bene.”
 
**
 
L’intero concerto è meraviglioso, il mondo è meraviglioso.
Non è una parola che Louis usa spesso – o usa e basta, davvero – ma con le chitarre e il basso e la batteria e il rumore assordante del piano di merda, a tempo con i corpi sudati che saltano attorno a loro, la schiena madida di Harry premuta contro il petto madido di Louis… be’. ‘Meraviglioso’ è probabilmente il modo migliore per descrivere la situazione.
“Sono incredibili!” grida Harry a un certo punto, i capelli che aderiscono alla pelle umida in piccoli cerchi, gli occhi lucidi e brillanti mentre solleva una mano per accarezzare alla cieca il lato del viso di Louis. È solo un gesto meccanico, per ‘ringraziare’ o qualcosa di simile, ed è semplicemente uno scorrere del suo palmo sudato lungo la guancia di Louis, ma infiamma ogni nervo e cellula nella pelle di Louis, nella sua anatomia, nel corpo, in qualsiasi cazzo di modo vogliate chiamarlo. Louis sta andando a fuoco, e in quel momento il sorriso gli esplode sul volto perché è solo musica e lui e Harry e Zayn e Niall da qualche parte dietro di loro, probabilmente ballando un lento perché non gliene frega, e mai gliene fregherà, un cazzo di niente.
Tutto sembra essere ‘adesso’ e ‘qui’ e ‘vivo’ ed è meraviglioso e rumoroso e inarrestabile e canzone dopo canzone, Louis zuppo del sudore delle altre persone, si chiede se sia felice, o se, forse, sia vicino ad esserlo. Si chiede se potrebbe essere alla sua portata e che forse domani sarà, tipo, realmente felice – come accade nei film di merda o nei telefilm che non si prende neanche la briga di guardare. Si chiede se, forse, in questo momento, con il corpo di Harry a confondersi con il proprio, con i colori di Harry e le urla che si mischiano con le proprie, possa realmente essere felice e si chiede se forse possa essere anche vivo.
Ha sempre affermato di non essere mai solo ‘esistito’, che non è mai stato come tutte le altre persone attorno a lui. Ma, il fatto è che non si è mai sentito così prima, non ha mai sentito come se la sua intera esistenza stesse andando a fuoco, non si è mai sentito come se fosse una dannata supernova o una creazione cosmica.
Tra il sudore e gli amplificatori e le pulsazioni pesanti e il chiasso, si chiede se, forse, in qualche modo, Harry gli abbia dato la vita. E quando lo guarda, lo vede quasi saltare fuori dalla sua pelle, l’adrenalina che aumenta nel corpo del ragazzo mentre si scontrano e si scontrano ancora e chiudono beatamente i loro occhi alla melodia che rimbomba nelle loro casse toraciche. Louis si chiede se forse anche lui abbia dato la vita a Harry.
Cazzo, questi sono davvero pensieri profondi.
Merda, Tommo. Frena.
Ma. Ad ogni modo. Qualsiasi cosa sia, qualsiasi siano le verità della vita e qualsiasi cosa stia succedendo, in qualsiasi casino si sia cacciato attualmente Louis…
Ora come ora, il mondo ha senso. Ed è meraviglioso.
“Meraviglioso!” ride a voce alta, a nessuno in particolare mentre la canzone rimbomba, la birra di qualcuno a rovesciarsi sui suoi piedi. Non gliene frega un cazzo.
Anche Harry ride, voltandosi per incrociare lo sguardo di Louis e sorridendo. La pelle brilla di sudore, gli occhi riflettono le sporadiche luci intermittenti del pub. Riesce a rendere bellissimo anche il sudicio. Cazzo, riesce a rendere tutto bellissimo. Riesce a renderlo tollerabile e piacevole. Senza fine.
E poi Harry preme un bacio bagnato sul lato del collo di Louis, ridendo, maldestro e distratto, la batteria a risuonare nelle loro ossa. Louis rimane momentaneamente immobile, la saliva fredda rimasta sul suo collo a bruciargli la carne mentre Harry si allontana, impassibile e sorridente e sfrontato, più sfrontato di quanto Louis l’abbia mai, mai visto prima.
Stringe la presa, le dita che scavano nel tessuto sottile della camicia bianca di Harry, e lo attira ancora più vicino a sé prima di riportare la loro attenzione alla band.
 
**
 
“È stato incredibile, cazzo!” dice Harry, probabilmente per la decima volta, le braccia distese e puntate verso il cielo notturno, le dita che vanno su, su, su.
È divertente perché Louis non l’ha mai sentito imprecare prima d’ora, ma stanotte sta semplicemente lasciando che le parolacce fuoriescano dalle sue labbra umide. Forse è l’alcool. Forse è qualcos’altro.
“Ti sono piaciuti?” chiede Louis, osservandolo a pochi passi di distanza con un sorriso divertito. Le sue mani sono nelle tasche e il suo collo formicola a causa dell’aria fredda sul sudore residuo, ma se ne cura poco mentre guarda Harry in questo momento – questa creatura immensa e radiosa che non ha mai visto prima.
Alla fine del concerto, avevano optato per uscire a prendere un po’ d’aria mentre tutti gli altri accalcavano nuovamente i loro corpi al bar e, sinceramente? È stata la scelta migliore, cazzo. Perché ha permesso a Louis di vedere Harry schizzare fuori nella notte, la porta che oscillava all’impazzata dietro di lui, i capelli che si gonfiavano attorno a lui come se fossero raggi, ridendo come un fottuto maniaco mentre i suoi piedi colpivano l’asfalto e lui correva, correva e basta. Ovviamente, Louis l’aveva seguito senza fiatare, pregando che Zayn non lo vedesse, (Louis non corre mai, mai), mentre muoveva il culo, la risata che presto era diventata contagiosa. Erano ancora sudati e appiccicosi e pompati dal concerto ed erano probabilmente disgustosi, probabilmente puzzavano da morire, ma non aveva importanza, sapete? Non quando Harry allargava le sue braccia e cominciava a ruotare su se stesso, le risate che sgorgavano dalla sua bocca mentre la luna gli illuminava il viso. Non aveva importanza quando Louis era senza fiato e lo osservava con risate silenziose, quando Harry continuava a guardarlo, solo a guardarlo. Lasciava semplicemente che i loro occhi si unissero, prima di spostare nuovamente lo sguardo al cielo e rovesciare lodi e oscenità che sembravano assurde, ma sembrava anche che avessero senso.
E ora eccoli qui, venti minuti dopo, nello stesso fottuto punto. E Louis continua semplicemente a fissarlo, chiedendosi se le sue pupille assomiglino a dei buchi neri, nello stesso modo in cui lo sembrano quelle di Harry. Sono fuori dal pub, lontani abbastanza dai fumatori da essere appartati, vicini abbastanza da sentire le loro risate. La strada è deserta e, da questo punto, si riesce a vedere il riflesso della luna sul fiume di fronte a loro, oltre i binari del treno.
“Li ho adorati,” grida Harry, una mezza risata ad accompagnare le parole, girando su se stesso, le mani per aria mentre quasi inciampa sui suoi piedi. “Non ero mai stato ad un concerto prima. Non avevo mai visto una band o uno spettacolo dal vivo. È stato… è stato incredibile, Louis.” Gli rivolge un sorriso imprudente, lanciandolo con la forza di una granata; si conficca nel petto di Louis ed esplode all’impatto, mandandolo in milioni, miliardi di piccoli pezzi.
Harry sembra così scalmanato e fiero di se stesso.
Louis può solo ridere, il sangue che pulsa nelle vene.
“Sei sicuramente in gran forma stasera,” commenta, avvicinandosi verso il ragazzo ancor prima di registrarlo, solo perché Harry è attraente e stasera Louis ha deciso di lasciarsi attrarre. Allunga una mano quando lo raggiunge, pettinando le ciocche più selvagge dei capelli umidi di Harry, ripiegandoli dietro il suo orecchio e levandoglieli dalle ciglia.
Harry rimane immobile, il suo sorriso che si ammorbidisce mentre lo osserva, gli occhi calmi e affilati al tempo stesso, che riflettono l’argento della luna.
“Grazie,” dice a voce bassa, ancora senza fiato, e le sue labbra sembrano bruciate dal freddo.
Louis lascia cadere la sua mano. “Per cosa?” domanda con curiosità.
“Per avermi portato qui. Per tutto.” Harry scrolla le spalle. “Solo… Grazie?”
Louis annuisce, il cuore schiacciato e il corpo che ronza. “Grazie a te,” dice di rimando, e gli occhi di Harry scattano sorpresi, ma non ribatte, allungando invece una mano per afferrare quella di Louis, caldo e freddo mischiati insieme.
Sembra terrificante per un millesimo di secondo, ma è già passato, e Louis stringe a sua volta la mano di Harry. Niente pensieri stasera. Solo divertimento. Solo Harry. Solo loro.
“Vuoi tornare dentro un attimo, prima di andarcene?” chiede Louis, la voce sorprendentemente ferma e gonfia d’aria. “Posso vedere se riesco a scroccare una sigaretta e bere qualcosa.”
Harry sorride, lento e sdolcinato, strizzando la mano di Louis mentre si avvicina. “Fantastico,” è tutto quel che mormora prima di allargare il sorriso e cominciare a farsi strada, e Louis ride, sorpreso dall’entusiasmo del ragazzo, l’energia che fuoriesce dalla sua pelle.
Rientrano al pub e, fortunatamente, Louis riesce a trovare un’anima generosa disposta a dargli addirittura due sigarette – una da fumare ora e una per il ritorno – e Anthony gli versa due bicchierini di tequila mentre Stan gli fa scivolare sul bancone qualcosa che contiene sottaceti e whiskey di cui non ha mai sentito parlare prima.
“Cin cin,” Louis sorride, scolandosene due in successione mentre Harry lo osserva da sopra uno sgabello, le mani intrecciate mentre sorride, gli occhi che seguono il movimento del collo di Louis. Scatena una scarica di vita dentro Louis mentre la sua gola brucia, prima che si lecchi le labbra, osservando l’unico shot rimasto di tequila poggiato sul bancone. Esita un momento prima di prenderlo, incrociando lo sguardo di Harry. “Come ti senti, ragazzino?” domanda.
Harry scrolla le spalle, sorridendo. “Benissimo. Perché?” domanda, curioso.
Louis lancia un’occhiata allo shot, poi a Harry. “Hai mai bevuto prima?” gli chiede.
“Be’. Cioè, questa sera sì,” dice. “Ma solo questo, in realtà. A parte, tipo, qualche assaggio di vino nel corso degli anni. Non mi sono mai ubriacato, però.”
“Non c’è bisogno di ubriacarsi,” dice Louis, uno strano impulso di protezione che si diffonde dentro di lui. “Ma essere brilli è divertente. A condizione che tu sia in un ambiente sicuro,” aggiunge, e Cristo, quando cazzo è diventato una fottuta nonna? Merda. Liam si butterebbe a terra dal ridere se lo sentisse. Diamine, Zayn probabilmente morirebbe per attacco isterico.
Harry si limita ad alzare gli occhi al cielo. “Grazie per la lezione di vita,” borbotta, ma le sue labbra sono piegate verso l’alto. “A mia mamma non è mai importato. Si fida di me. È solo che non ho mai avuto il desiderio di bere prima.”
“Oh, mi sembra giusto. Stavo per offrirti uno shot, ma. Non importa, allora,” Louis sorride, muovendosi per prendere lo shot senza ulteriori domande, ma si ferma quando Harry lo blocca, la mano grande sul suo avambraccio.
“Ehi, aspetta. Ti ho detto che non ho mai avuto il desiderio di bere prima. Mi piacerebbe provare ora.”
Sorpreso, Louis lo osserva, l’espressione del viso appena corrucciata. “Sei sicuro? Non sto cercando, tipo, di incoraggiarti o qualcosa di simile. Davvero, nessun problema, Harry.”
A quello, Harry alza di nuovo gli occhi al cielo, ma il suo sorriso cresce ad ogni secondo che passa. “Questo lo so, stupidone,” sospira, ed è adorabile. “Sono solo curioso, credo. E mi sento al sicuro con te, quindi. Non c’è occasione migliore di questa per provare, no?”
Mi sento al sicuro con te.
Louis deglutisce, i piedi pronti a sollevarsi da terra, portandolo nello spazio. Forse verrebbe risucchiato in un buco nero e il suo corpo sarebbe distrutto e polverizzato nel nulla.
Annuisce, lasciando che Harry gli strappi il bicchierino dalla mano.
“E va bene,” acconsente, incapace di levare gli occhi di dosso da Harry, che sogghigna. “Ma stai attento, okay? Se è troppo per te o-” Ma Louis è prontamente interrotto da Harry che si tracanna lo shot in un rapido movimento, ignorando completamente qualsiasi cosa abbia da dire. Ah, okay.
Naturalmente tossisce, sputacchiando mentre i suoi occhi cominciano a lacrimare, e porta la manica a coprirsi la bocca. “Santo cielo,” tossisce ancora, la voce strozzata, e Louis non riesce a trattenersi – scoppia a ridere. Ride un sacco, e porta il sorriso acquoso di Harry a trasformarsi in risata.
Ridono e ridono e ridono, e la folla sta cominciando a diminuire e Louis non è neanche sicuro se Niall e Zayn siano ancora lì, ma non gliene può fregar di meno quando si appoggia al bancone e Harry si siede sullo sgabello, avvolgendo un piede attorno alla gamba di Louis e tirandoselo un po’ più vicino, gli occhi ancora lucidi e colmi di risate.
“Un altro? Solo uno?” domanda, le labbra spinte in un piccolo broncio.
Louis sta già cominciando a sentire gli effetti dell’alcool, a causa dello stomaco vuoto. Merda. Anche Harry probabilmente sarà vulnerabile quanto lui. Merda.
“Ti senti bene?” domanda con serietà, portando distrattamente una mano a scostare i capelli dalla fronte di Harry, sfiorandogli la pelle. Non è più sudato ora, non è più bruciato dal caldo e dal sudore, e il suo sguardo è morbido. Sembra innocente e adorabile e Louis probabilmente gli costruirebbe un dannato castello se solo glielo chiedesse, educatamente o meno.
Sospira, sconfitto. È ovvio che gliene lascerà avere un altro. È patetico, vero?
“Sto davvero bene, Louis,” insiste Harry, implorando mentre lo tira dalla sua giacca, e non smette di sorridergli come il piccolo girasole che è. “Se tu ne vuoi un altro, anche io posso reggerne un altro. Tutto qua.”
Louis ride, facendo un cenno a Stan, che prende nota immediatamente, preparando già due bicchieri. Non riesce a vedere cosa stia usando, ma non gli interessa – andrà bene tutto.
“Ora mi stai manipolando, però,” sorride pigramente, lasciandosi tirare. “Cercando di intenerirmi con le tue mani grandi e il tuo bel sorriso.”
Harry sorride a trentadue denti. “Sta funzionando?” domanda, speranzoso.
Louis si china appena per guardarlo negli occhi. “Funziona sempre, razza d’idiota.”
A quel punto Stan arriva con gli shot e loro fanno scontrare i loro bicchieri, sorridendosi l’un l’altro mentre mettono da parte tutti i loro cazzi e sentono l’alcool bruciare, semplicemente felici di essere vivi, felici di essere qui con le loro gambe attorcigliate, la mano di Harry aggrappata alla giacca di Louis in una morbida presa.
 
**
 
L’intera serata è una visione confusa.
Forse a causa degli shot, forse perché la mano di Harry si adatta così bene a quella di Louis, forse perché quando Harry ride, ha cominciato ad invadere lo spazio di Louis, tirando un pugno contro il suo petto mentre abbassa la testa, appoggiando la fronte contro la sua spalla come se fosse il suo posto, come se fosse scolpita apposta per lui. Forse perché i capelli di Harry profumano di buono e di un qualcosa difficile da descrivere e sono morbidi su mento di Louis, le sue mani calde e la sua risata ancora più calda, l’alito inebriante che sa di alcool.
Forse perché, dopo essere finalmente usciti dal pub, stanno passando il tempo a non fare niente, assolutamente niente, e questo fa ridere Louis perché in questo momento vorrebbe spendere tutto il tempo del mondo a non fare niente.
Probabilmente è l’alcool che parla, ma improvvisamente il mondo sembra meraviglioso e Louis si chiede se sia tutto merito di Harry.
“Il bello del punk rock è che è un’emozione, cucciolo,” gli sta spiegando Louis, appassionato, mentre barcollano lungo la strada mangiucchiando i resti delle patatine fredde e oleose che hanno preso quasi un’ora fa. Calpestano con le scarpe i sassolini e le foglie morte attorno a loro, insensibili ormai da molto tempo al freddo della notte. Stanno parlando di musica da un po’ adesso, Louis non ricorda come o perché. “Non è solo questione di musica o di spillette o di creste o eyeliner o tutte quelle cazzate a cui le persone li associano – è uno stato d’animo. Devi essere stufo per creare il punk rock, ragazzino. Devi essere sommerso fino al collo di cazzate per essere davvero un maledetto punk e – e devi essere incazzato e la tua vita dev’essere un po’ a puttane, capisci?” È ancora brillo, le parole che escono velocemente dalle sue labbra gelate mentre parla, gesticolando in maniera scoordinata con le mani e sentendo le parole riempirgli il petto perché non gli importa mai così tanto di niente tranne quando è ubriaco marcio. E ora è preso dal momento, gli occhi spalancati verso l’immensa distesa del cielo e delle stelle affilate sopra di loro, le increspature brillanti della superficie del fiume, e gli edifici industriali, alti e decrepiti che si innalzano attorno a loro da entrambi i lati della strada. “È un grido d’aiuto,” continua. “Dovrebbe essere orribile e arrabbiato e diverso perché è solo tuo, perché la vita non ti ha dato un cazzo, capisci? Sei solo tu che confessi tutti i suoi problemi e confessi tutte quelle tue qualità di merda che ti isolano dal mondo. È essere arrabbiati e orgogliosi e gridarlo con tutto il fiato che hai in gola, capisci?”
Harry lo sta ascoltando accanto a lui, gli occhi grandi e affascinati, annuendo ad ogni parola di Louis come se ne andasse della sua vita. Fa sentire Louis interessante, lo fa sentire importante. È piacevole. È incoraggiante.
Lancia un pugno mezzo-ironico in aria, sorridendo in modo sdolcinato mentre si volta per incrociare lo sguardo di Harry. “Il punk rock fa muovere le sbarre della tua prigione,” conclude, come se fosse la dichiarazione del secolo.
E potrebbe anche esserla, dato il modo in cui gli occhi di Harry si allargano ancor di più prima che annuisca, lento e serio, come se stesse assorbendo la frase attraverso i suoi pori.
Louis sorride mentre lo osserva, il pugno che scende lungo il suo fianco mentre getta le patatine rimaste nel cestino più vicino, le dita oleose e fredde. L’improvviso vuoto nelle sue mani lo fa sentire irrequieto, opta quindi per sfilare la sigaretta da dietro il suo orecchio – quella che lo sconosciuto gli ha gentilmente offerto prima al pub. Con dita veloci trova l’accendino, accende la fiamma e inspira il fumo, il sollievo che brucia ricoprendogli i polmoni.
Harry nel frattempo lo osserva, acceso da una scintilla di elettricità mai vista prima.
“Ehi,” gracchia a voce bassa dopo un attimo, allungando improvvisamente la mano verso la sigaretta. “Dammi qua.”
“Eh? Ah, no,” Louis risponde fermamente, spostandola fuori portata. “No, no, cucciolo. Non se ne parla.”
A quello, Harry inarca le sopracciglia. “Perché?” mette il broncio, lento e ben in mostra.
Louis si limita a sorridere attorno alla sigaretta. “Perché no.” Inspira.
Si scontra con delle labbra ancora più imbronciate. “Perché perché no?”
“Perché dà dipendenza, perché è un’abitudine di merda e perché ti ammazza.”
“Okay, ma tu lo stai facendo,” ribadisce Harry, continuando a fissare le labbra di Louis e il fumo che fuoriesce da esse.
“Be’,” Louis sorride con un’alzata di spalle, buttando la cenere sul marciapiede spaccato sotto i suoi piedi. “A me non importa di morire.”
Harry inchioda di botto, fermando anche Louis proprio accanto a lui, le dita premute con fermezza sul suo polso. Quando Louis incontra il suo sguardo, vede le linee dure delle ombre del suo viso, una piega priva di umorismo sulle sue labbra.
“Smettila di dire queste cose, Louis,” dice a voce bassa, suonando improvvisamente triste. “Per favore.”
Louis sbatte le palpebre, sorpreso, il suo stomaco che si contorce per la serietà di tutto questo mentre osserva l’espressione immobile di Harry, ferma e corrucciata, e, va bene. Si sente un pochino in colpa. Chiaramente, Harry non apprezza sempre il suo senso dell’umorismo. Già.
“Scusami,” borbotta, gli occhi che scattano verso le dita di Harry sul suo polso. Sono calde e spera velatamente che Harry non sposti la sua mano.
C’è solo una breve pausa prima che Harry risponda.
“Non fa niente.”
E poi continuano a camminare, come se niente fosse, e le dita di Harry rimangono sul polso di Louis per pochi istanti prima di scivolare via con riluttanza, ricadendo al fianco di Harry. Louis prova a non dispiacersi per il contatto perso (non è abbastanza sdolcinato per questo, okay?) mentre si concentra sull’aspirare dalla sigaretta più veloce che può, le mani improvvisamente troppo fredde per rimanere esposte.
Ma mentre camminano, riesce a sentire lo sguardo di Harry su di lui, un sorriso segreto sul suo volto.
“Ci tieni,” dice improvvisamente, tranquillo e felice nell’aria pungente.
Louis sbatte le palpebre, confuso. “Scusa?”
“Ci tieni a me,” specifica Harry, ogni parola detta con un minuscolo sorriso. “Non vuoi che fumi perché ti preoccupi.”
Oh mio dio.
“Okay, okay, ora datti una calmata, cucciolo,” dice Louis stizzito, improvvisamente a disagio e troppo accaldato.
Ma Harry sta sorridendo alle stelle, inghiottendole nei suoi occhi. “Era tanto per dire,” commenta svogliatamente.
“Sì, be’,” Louis dice con voce roca, facendo un altro tiro. Espira, osservando il fumo fuoriuscito mentre resiste alla tentazione di alzare gli occhi al cielo, cercando di rimanere distaccato. “Non scriverci una poesia al riguardo, o qualcosa di simile.”
Harry si limita a sorridere in risposta, fissando ancora il cielo sopra di loro.
Cristo, questo stronzetto. Questo sincero, schietto e dolce stronzetto. Louis non cadrà nella sua trappola. Dovrà conservare almeno qualche senso di orgoglio, no? Cristo.
Non sono passati neanche due minuti quando Harry parla di nuovo, dissolvendo il silenzio calmo e sereno creato tra di loro.
“Ehi, Lou?” mormora, il più disinvolto possibile.
“Mh?”
“Vuoi sentire la mia poesia?”
Oh mio dio. Sul serio?
Stringendo i denti per trattenersi dal ridere o sogghignare o inciampare sui suoi piedi, Louis inarca un sopracciglio a titolo informativo, voltandosi per incontrare lo sguardo di Harry. Naturalmente, il bastardo sta sorridendo, fiero e forte e compiaciuto.
Harry sbatte le palpebre, così piano che Louis si chiede se il pianeta abbia cominciato a ruotare più lentamente, se forse abbia cominciato addirittura a ruotare al contrario. “Dice, ‘Anche io gli piaccio.’”
Anche io gli piaccio.
Ma porca puttana, è uno scherzo?
La testa di Louis praticamente nuota nella schiettezza di tutto ciò, la confessione diretta che Harry gli ha appena fatto così facilmente… Cristo.
“‘Anche io gli piaccio?’” ripete a pappagallo mentre fissa Harry.
Lui si illumina. “Yep.”
“Questa non è una poesia, Harry,” risponde, ma è detto in modo un po’ ruvido e un po’ troppo debole.
“Se lo dico io, lo è,” obietta Harry con orgoglio, totalmente soddisfatto e quasi saltellando, le mani dietro la schiena mentre si agita accanto a Louis. “È tutta una questione di stato d’animo, Louis, non il modo in cui la società lo identifica. Non stavi giusto parlando di scuotere le sbarre dell’istituzione?” lo prende in giro. “Sono punk rock adesso.”
E Louis deve fisicamente mordersi le labbra per nascondere il sorriso di approvazione mentre getta via la sua sigaretta e la spegne con la punta delle scarpe. “Oh, chiudi il becco.”
E la risata di Harry rimbomba sui tetti e lungo la strada e attraverso il sangue di Louis mentre camminano e camminano e camminano.
 
**
 
È tardi. Forse una, o forse diverse ore dopo, Louis non lo sa neanche. Ma i loro corpi sono intirizziti dal freddo, i loro piedi doloranti dagli innumerevoli passi, e tutto sembra così luminoso nonostante l’ora.
Ma è tardi, ecco il punto. E Louis lo sa, mentre osserva il profilo di Harry accanto a se, sentendo la riluttanza spingere sul suo petto. È tardi. E ha promesso ad Anne di tenere Harry sano e al sicuro stasera – non di rapirlo al tramonto e riportarlo nelle prime ore del mattino.
Sospirando, si ficca le mani in tasca, lasciando che la risata finalmente si acquieti. Vedete, Harry gli ha appena detto che avrebbe sempre voluto essere una vecchia signora – l’ha detto davvero. Ed era serio. Naturalmente, Louis è scoppiato a ridere istericamente per circa sette minuti, inframezzati solo dagli sforzi vani di Harry che lanciava i suoi pugni contro tutte le parti di Louis che riusciva a raggiungere, le sue risatine trasportate dal vento. Benedetto ragazzo.
Louis non aveva più riso così in tanto, tanto tempo. Stava cominciando a domandarsi se il resto del mondo fosse divertente quanto lui.
D’altronde, non è che Harry sia divertente, di per sé. È solo… ridicolo. Prezioso.
Louis chiude gli occhi.
“Si sta facendo tardi, cucciolo,” dice, schiarendosi la gola e alzando gli occhi verso la luna mentre la spalla di Harry sbatte contro la sua. “Mi sa che devo riportarti a casa.”
“Non ancora,” risponde Harry all’istante, speranzoso, ed è detto con così tanta fretta che Louis sposta lo sguardo su di lui, le sopracciglia sollevate. Harry arrossisce prima di distogliere lo sguardo. “Ehm, scusa. Solo… non ancora? Per favore? Si sta bene qui. Con te.” Deglutisce e Louis vede ogni movimento dettagliato nella lucentezza della sua pelle, sentendo minuscole scariche impossessarsi delle sue dita mentre ripete le parole nella sua testa da bravo masochista quale è.
“Sei sicuro?” gli chiede dubbioso, colpendo gentilmente la spalla di Harry con la propria (un gioco a cui stanno giocando da tutta la notte come due ragazzini). “Non voglio che Anne si preoccupi…”
Ma Harry sta scuotendo la testa, guardando Louis con occhi sereni e labbra all’insù. “No, non si preoccuperà. Te lo prometto. Si fida di me.”
“Okay, ma si fida di me?” domanda Louis, inarcando un sopracciglio, ed è una domanda legittima.
Ma la faccia di Harry dice il contrario. “Sì, ovvio che sì,” dice, confuso. “Non ha nessun motivo per non fidarsi.”
Mh.
Louis distoglie lo sguardo.
Continuano a camminare, ora sui binari, attenti a camminare sulle assi di legno e ad evitare la ghiaia, affinché Harry non si storca una delle sue delicate caviglie – era una battuta che Louis ha fatto prima. La trova ancora divertente.
E poi improvvisamente Harry sfiora di nuovo il braccio di Louis, un piccolo sorriso felice quando Louis si volta verso di lui. Alza lo sguardo per incontrare i suoi occhi, il verde che sembra decisamente non-verde nel buio, e la sua pelle che sembra aliena e mutevole. “Ti spiace se…?” domanda, accennando al braccio di Louis mentre lo stringe delicatamente con entrambe le mani, e Louis non è neanche sicuro su cosa stia chiedendo ma in ogni caso scuote la testa, mormorando un, “Fai pure,” perché non gli è mai passato per la testa di dire di no, giusto?
Sorridendo, Harry prende gentilmente il braccio di Louis, tirando lentamente su le maniche della sua giacca e della camicia, voltando il palmo in alto. Louis rabbrividisce all’impatto con l’aria fretta sulla sua carne, ma non dice niente, limitandosi a continuare ad osservare le azioni di Harry con curiosità. Osserva come i suoi occhi guizzano sui segni di inchiostro nero sul suo braccio e…
Ah… sta ispezionando i suoi tatuaggi. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Louis lo osserva, sentendo qualcosa di leggero gonfiarsi nei suoi polmoni mentre Harry china la testa per ispezionare, i capelli che cascano disordinatamente tutt’attorno, la pelle che sembra quasi traslucida nel buio. Sembra una bambola di porcellana. È così incredibilmente bello.
E Louis sta diventando un fottuto idiota.
“Ho sempre desiderato farmi dei tatuaggi,” mormora Harry all’improvviso, facendo sussultare Louis. “Ne vorrei uno.” Muove le dita lungo l’inchiostro sulla pelle di Louis, lento e sommesso, e gli occhi di Louis sfarfallano fino quasi a diventare bianchi perché è inspiegabilmente intenso e piacevole, cazzo. È strano. È addirittura quasi più rassicurante che sensuale.
“Ah sì? E cosa ti faresti?” Louis domanda dolcemente, senza distogliere lo sguardo, tenendo a bada il suo ridicolo sfarfallio.
Harry alza la testa. “Be’, è proprio questo il problema,” sospira, tirando giù le maniche di Louis prima di abbassare il braccio, lasciando lentamente che la sua mano scivoli lungo la sua lunghezza prima di intrecciarla con quella di Louis. Sembra così naturale, non ha nemmeno vacillato. “Non so cosa vorrei dire per il resto della mia vita. Capisci? Vorrei che sia qualcosa, tipo, eterno. Non penso di aver ancora trovato qualcosa di simile.”
“Mh,” Louis annuisce, pensieroso, la mente ancora persa nella mano di Harry. “Be’. Allora dobbiamo solo trovarlo, no?” domanda, e il sorriso di Harry si illumina così all’improvviso da somigliare terribilmente al flash di una macchina fotografica, lasciando la sua vittima delirante e disorientata.
“Sì,” Harry concorda, trasportando delicatamente la parola nella sua bocca mentre osserva Louis. “Dobbiamo solo trovarlo.”
E continuano a camminare.
 
**
 
Non ci vuole molto prima che si imbattano in un negozio solitario e illuminato – l’unica cosa aperta in tutta la dannata strada.
“Civiltà!” Louis sussulta ironicamente mentre Harry ridacchia e lo indica, euforico.
“Possiamo entrare?” domanda, sorridendo in maniera contagiosa, ma sta già tirando la mano di Louis e Louis lo sta già seguendo. Sottomesso.
“No, assolutamente no,” dice Louis impassibile, sogghignando mentre accompagna Harry all’interno, e i loro sorrisi sono troppo grandi e non hanno senso mentre Louis sente Harry stringere le sue dita, attraversando le porte automatiche con le labbra rosse e la pelle screpolata, i capelli arruffati dalla brezza.
È tutto così stupido, ecco il problema. È così stupido perché sono al loro primo appuntamento e dovrebbe essere una serata epica e romantica, eppure stanno girando le corsie di un qualche posto aperto ventiquattro ore, raccogliendo dolciumi e ridendo delle orrende decorazioni da giardino in offerta e colpendosi con grattaschiena di plastica. Si stanno comportando da bambini, sono dei bambini, eppure in qualche modo è piacevole. Persino divertente, il che Louis non lo ammetterà mai in vita sua, mai più. O almeno non a voce alta.
Louis sorride in maniera eccessiva mentre Harry si prova un cappello rosa, glitterato e con le piume del reparto bambini, poggiandolo sopra la sua testa enorme perché decisamente non gli sta, e Louis si ritrova a sorridere ancora di più quando Harry tira fuori il suo telefono. Senza parlare, Louis gli si avvicina, posando il mento sul collo freddo di Harry mentre incrocia gli occhi nella maniera più oscena possibile prima che Harry cominci a scattare foto, una dopo l’altra. Piccoli click ripetitivi nel silenzio del negozio.
“Sorridi!” lo rimprovera Harry alla fine, tra le risate.
Il che fa solo sorridere Louis in maniera orrenda, incrociando ancor di più gli occhi e inarcando le sopracciglia, la lingua che spunta fuori dalle labbra. Sembra un po’ un coglione così. Ma fa ridere Harry ancora più forte e (siamo onesti) quello era l’unico e vero obiettivo di Louis, così ride anche lui, sogghignando ad Harry quando il ragazzo si volta a guardarlo, il suo sguardo così morbido che Louis giura di riuscire a sentirlo sfiorargli le guance, delicato come microfibra.
E poi si sente un altro ‘click!’ e Louis sbatte le palpebre – solo per trovare il telefono di Harry ancora sollevato di fronte a loro.
“Harry. Dimmi che non hai appena scattato una foto.”
Harry sorride, angelico. “Ehm… Non ho appena scattato una foto?” sbatte le palpebre sfacciatamente, per nulla dispiaciuto, prima di mettere via il telefono e dare un colpetto al naso di Louis.
“Oi!” Louis strilla, ma Harry sfreccia via come un fottuto moccioso, (inaccettabile), quindi Louis non ha altra scelta che inseguirlo. E, sì, okay, Louis lo insegue davvero lungo la corsia, accreditando ufficialmente questa notte come la più umiliante e indicibile nella sua vita fino ad oggi. Ma non ci pensa più di tanto, limitandosi invece a seguire il suono delle risatine affannate di Harry fino a che non si ritrovano alla cassa, l’uomo stanco dietro il bancone che sembra completamente indifferente. Louis gli sorride. “Ehi, Harry, ti aspetto fuori, okay?”
“Sì, okay,” Harry fa un sorriso a trentadue denti, senza distogliere mai lo sguardo, anche mentre il signore scorbutico comincia a scansionare i suoi acquisti, i bip che riempiono il monotono ronzio nell’aria.
Facendogli un ultimo occhiolino, Louis esce dal negozio, sentendo il freddo pungente assalirlo di nuovo. Ma è piacevole ed è ristoratore e lo fa sentire rigenerato, quindi rimane lì al freddo, chiudendo gli occhi e inclinando la testa verso l’alto. Vuole solo sentire. Sentire la pace nel suo corpo e la leggerezza nel suo petto, sentire il delicato battito del suo cuore e il formicolio nel suo stomaco – sentire tutto così piacevole come non l’ha mai sentito prima. È bello. È tutto bello.
“Finitooooo.”
Sorridendo ancor prima di aprire gli occhi, Louis si volta verso Harry, osservandolo camminare verso di lui mentre la porta del negozio si chiude alle sue spalle, una piccola busta di plastica nella sua mano. Sorride a trentadue denti quando raggiunge Louis, afferrando immediatamente la sua mano e standogli così vicino che la spalla di Louis preme contro il suo petto, caldo e sicuro.
“Ti sono mancato?” domanda Harry, osservandolo, gli occhi che scivolano sulle sue labbra prima di ritrovare la strada verso l’alto.
“Per niente,” Louis risponde con una scrollata di spalle e un luccichio deviante, qualcosa simile all’imprudenza che scatta contro le pareti del suo stomaco. Dio, è troppo vecchio per queste cose. Fanculo. “Ero troppo impegnato a pensare a me stesso.”
“Oh mio dio,” Harry brontola, ma il suo atteggiamento non vacilla mai. “Andiamo a sederci,” dice, tirando Louis come se fosse il suo giocattolo personale. “Su quella panchina laggiù.”
Si siedono, il ferro che scricchiola sotto di loro, e Harry si accoccola al fianco di Louis, sorridendo mentre rovista nella busta di plastica sulle sue gambe.
“Allora, alla fine cos’hai comprato? Un mucchio di spazzatura che ti farà marcire i denti?” chiede Louis con un sorrisetto, prima che Harry tiri fuori all’improvviso una scatolina con due pennarelli neri. Louis inarca un sopracciglio. “Okay. E a cosa ti servono quelli?”
Harry fa un gran sorriso, aprendo già il pacchetto, senza mai distogliere lo sguardo. “Così puoi farmi un tatuaggio,” spiega con tranquillità.
Louis lo fissa. “Farti un tatuaggio,” ripete senza comprendere. “Cosa cazzo hai in mente, cucciolo?”
Scuotendo la testa, Harry ride, svitando uno dei due pennarelli e ficcandolo nella mano di Louis. “Ti ho detto che voglio un tatuaggio ma non so cosa voglio. Disegnamene uno tu! Ti sto dando carta bianca.” Sorride come se pensasse di essere un genio.
Louis lo fissa come se fosse un idiota. “Ti rendi conto quanto sia pericoloso darmi carta bianca, vero?”
Harry annuisce, quasi come se stesse trattenendo una risata. “Assolutamente.”
“Eppure…?” Louis lo sprona, avvicinando lentamente la punta del pennarello alla pelle di Harry, la bocca inclinata in una piega maliziosa, un sopracciglio inarcato in maniera interrogativa.
“Eppure ti do carta bianca,” Harry conclude, ficcando il braccio scoperto di fronte a Louis, totalmente eccitato all’idea.
Questo bimbo, davvero…
“Va bene, allora,” Louis acconsente con un sospiro, sogghignando quando vede Harry alzare gli occhi al cielo. Rimane immobile, il pennarello a mezz’aria, come se stesse meditando sul da farsi. Certo, potrebbe seguire il solito schema e disegnare un pene. Potrebbe scrivere qualcosa di infantile e offensivo che farebbe ridere fragorosamente Harry come il canguro che è. Sarebbe divertente. Sarebbe inoffensivo.
Ma…
Mh. Potrebbe disegnare qualcosa di un po’ più intenso, come una farfalla. Oppure…
E poi improvvisamente lo sa. La scelta più ovvia. L’unica cosa che ha sempre scritto, ovunque, per tutta la sua vita, ogni volta che abbia avuto l’opportunità. L’unica cosa che prende davvero sul serio, che porta con sé – la cosa che ha cominciato ad associare a Harry. In così tanti modi.
Mentre il suo sorriso diabolico si addolcisce, poggia la punta fredda del pennarello sulla pelle di Harry, percependo gli occhi del ragazzo su di lui mentre stringe gentilmente la mano nella sua, le parole che cominciano a formarsi con chiarezza sul braccio di Harry, mentre Louis stende il suo polso. Le lettere sono piccole e ruvide, dure contro la carne pallida.
Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
Leccandosi le labbra in maniera conclusiva, Louis tappa il pennarello, annuendo a se stesso mentre osserva l’inchiostro asciugarsi sotto la luce dei lampioni.
Harry inclina la testa per leggere le parole, tenendo il suo braccio sulle gambe di Louis, mormorandole sottovoce. Quando finisce, alza la testa, gli occhi pensierosi e un po’ distanti. “Da dove viene?”
“Non lo so,” ammette Louis, lanciando uno sguardo alle parole scure contro la pelle bianca di Harry. “Mi ricordo solo di averla sentita quando ero molto piccolo e mi è sempre rimasta in testa.” Scrolla le spalle. “Aveva un senso, per me.”
Annuendo, Harry mormora, tornando a guardare le parole e rileggendole ancora e ancora, sussurrandole in un respiro.
“Conosco la sensazione,” mormora dopo un attimo, ispezionando ancora la frase con occhi tranquilli.
Louis lo fissa, il cuore inaspettatamente più leggero.
E poi improvvisamente Harry gli afferra il braccio e lo appoggia sulle sue gambe, un piccolo sorriso che si allarga sul suo viso.
“Che stai…” comincia Louis, osservando Harry mentre gli solleva la manica della giacca.
Harry alza lo sguardo, sorridendo maliziosamente. “È il tuo turno,” è tutto quel che dice, ed è abbastanza per far sorridere Louis, lasciando che Harry continui.
“Ovvio che lo è,” brontola, ma non protesta in nessun modo quando sente scorrere la punta fredda del pennarello sulla sua pelle, lasciandogli una minima sensazione di prurito per cui Louis si rifiuta di ridere. Anche se lo fa agitare un pochino.
“Stai fermo,” ride Harry, posando un palmo caldo sul suo braccio mentre interrompe la scrittura.
“Sono immobile, grazie. Una lastra di marmo, ecco cosa sono,” Louis tira su col naso, voltandosi dall’altra parte, e percepisce il respiro divertito di Harry contro il suo braccio.
Alla fine, Harry lascia la presa, soddisfatto come un bambino.
“Ta-daaa!” canticchia, le braccia al cielo come se fosse un evento memorabile, mentre attende la reazione di Louis.
Con le labbra contratte e gli occhi socchiusi – “Mi aspetto davvero poco da te, Styles, giusto perché tu lo sappia” – Louis si china, gli occhi che scorrono sullo scarabocchio ordinato sulla sua pelle.
Sbatte le palpebre, sentendo un piccolo e quasi irriconoscibile senso d’affetto.
C’è scritto “Il ragazzo che è sopravvissuto”.
E Louis non ha davvero bisogno di sentir crescere un dannato sentimento, non ha bisogno di trasformare questo momento allegro in un qualche cliché romantico, quindi butta giù le implicazioni delle parole, ignora la gola stretta e il battito da colibrì, andando invece ad osservare il viso ansioso di Harry.
“Seriamente?” dice, impassibile. “Abbiamo cominciato a citare Harry Potter?”
A quel punto Harry sorride, il pennarello ancora sistemato tra le sue dita come un pennello. “Sì! Mi sorprende tu abbia riconosciuto il riferimento.”
“Ehi, potrò non essere il ragazzo più erudito del mondo, ma non vivo in una caverna, Cristo santo. Conosco Harry Potter, okay? Anche se devo dire che tu sembri più adatto ad interpretarlo che a leggerlo. Con gli occhi verdi e il nome e tutto il resto.” Sogghigna, tirando via con discrezione il pennarello dalla presa lenta di Harry. “Ti manca solo un elemento fondamentale…”
A quello, afferra con delicatezza il mento di Harry, sollevandogli la testa verso le stelle, verso il cielo pieno di stelle. Harry gli lancia un’occhiata rapida e interrogativa mentre Louis spinge delicatamente un ciuffo di capelli da un lato, ma non protesta; si limita ad osservare Louis mentre solleva il pennarello e appoggia la punta fredda sulla fronte di Harry, disegnando rapidamente una saetta frastagliata.
Heh. Ecco fatto.
Abbassa la mano dal viso di Harry alla sua spalla mentre si allontana appena, ammirando la sua opera.
Harry sbatte le palpebre. “Dimmi che non hai appena disegnato una saetta.”
Pausa.
“Non ho appena disegnato una saetta.”
Silenzio. Gli occhi di Harry rimangono su Louis, diffidenti.
Le labbra di Louis fremono per lo sforzo di non ridere.
“L’hai fatto, non è vero,” chiede Harry, ma non è una domanda.
“Esatto,” Louis dice con voce cantilenante, soddisfatto come nient’altro mentre permette al suo sorrisetto di risplendere.
Sorprendentemente, Harry lo ricambia, alzando una mano per toccare il marchio alla cieca. “Perché te l’ho lasciato fare?”
“Non ne ho idea,” ammette Louis in una risata, sollevando di nuovo il pennarello, la mano ferma sulla spalla di Harry. “Ma sei fortunato che non ti abbia disegnato gli occhiali.”
A quello, rimangono entrambi in silenzio, il sorriso malizioso di Louis che cresce abbastanza da mostrare una parte dei suoi denti mentre Harry socchiude gli occhi, lanciando un’occhiata al pennarello ora pericolosamente vicino al suo viso.
“Non ti azzardare…” comincia Harry, a voce bassa, lasciando fuoriuscire le parole in una cantilena.
Louis sorride ancora di più. E poi scatta.
“Ah! No!” gracchia Harry, ridendo quasi istericamente mentre cerca di difendersi da Louis. Reagisce con uno sforzo notevole (nonostante, in effetti, se Louis avesse davvero voluto disegnare quegli occhiali, l’avrebbe fatto, ci potete scommettere) e alla fine Louis si allontana, piccoli segni neri sulle dita, sulle mani e sui polsi, ridendo mentre Harry si accovaccia stancamente, le mani in modalità difensiva, una risata che ancora fuoriesce dalle sue labbra in raffiche senza fiato.
“Adesso me lo riprendo,” taglia corto, cercando di trattenere il sorriso mentre strappa il pennarello dalle mani di Louis, a testa alta.
Louis sogghigna, appoggiandosi alla panchina e stendendo le braccia sullo schienale, stravaccato e rilassato. Tiene d’occhio Harry però, non si sa mai.
Ad ogni modo, la vena maliziosa tra loro si calma più a lungo si fissano negli occhi, Harry che si trasforma velocemente da scherzosamente apprensivo a tranquillo. Il che non è certo una sorpresa, davvero.
Ma non dice nulla, il silenzio tra loro implicito e sereno. Piuttosto, prende la mano di Louis dal retro della panchina, tenendola sulle sue gambe. Con un sorriso appena accennato, apre la sua mano, il palmo in alto, distendendo delicatamente le dita piegate, una alla volta. Non alza mai lo sguardo, si limita a sorridere tra sé mentre si concentra sul suo compito, il tutto mentre Louis lo osserva con un minuscolo singhiozzo nel cuore, rifiutandosi di sbattere le palpebre. I suoi occhi stanno diventando lucidi dallo sforzo, ma non gliene frega un cazzo. È ipnotizzato da Harry in questo momento, è ipnotizzato dal sentire le dita fredde posarsi sulle sue in fiamme. Assurdo. Tutto ciò che riguarda Harry è assurdo, rende il mondo assurdo.
E poi Harry abbassa il pennarello sul palmo di Louis e comincia a disegnare, mandando brividi di solletico freddi e forti lungo il braccio di Louis, più forti di prima. Non scoppierà a ridere – non sta davvero soffrendo il solletico, per vostra informazione – quindi si limita a mordersi il labbro mentre si agita solo un minimo; non viene rimproverato di nuovo, ma non gli sfugge neanche il modo in cui il sorriso di Harry freme.
Alla fine, (Louis si è quasi bucato le labbra per trattenersi dallo strillare, ad un certo punto), Harry lascia la sua mano e alza lo sguardo, gli occhi tutto tranne che esitanti mentre indica la sua opera.
Inarcando appena un sopracciglio, Louis solleva il palmo di fronte al viso, strizzando gli occhi nel buio alle lettere lunghe e inclinate.
C’è scritto “HARRY”. E basta.
Quando torna a guardare Harry, il ragazzo inclina la testa, ridacchiante e tranquillo e ridicolo e tenero, sfregando la guancia contro la spalla e fissando Louis di rimando con quei suoi dannati occhi verdi. “Perché mi tieni sul palmo della tua mano,” spiega, come se fosse la cosa più geniale del mondo, e quello, unito a ciò che sottintende, fa sentire a Louis qualcosa che si muove in maniera allarmante dentro di sé.
Wow. Solo… Wow.
“Pensi di essere molto furbo, non è vero, piccolo sdolcinato?” gli domanda Louis, cercando di suonare indifferente. Torna a guardare la sua mano, resistendo alla tentazione di accarezzare le lettere. “Questa è la cosa più smielata che mi sia mai successa.”
Harry non potrebbe sembrare meno offeso. “Awweh, Louis! Ho avuto un impatto sulla tua vita! Mi sono fatto notare!” sorride a trentadue denti, accucciandosi ancor più vicino al fianco di Louis.
Riesce a sentire gli occhi di Harry su di lui, sorridenti e luminosi e irritanti, ma non si volta per incontrare il suo sguardo, limitandosi invece a fissare il proprio palmo, sentendosi fuori dal suo regno e totalmente fuori controllo.
Non ha alcun controllo.
È esattamente per questo motivo che Louis si ritrova a cercare la mano di Harry nella luce fioca, i lampioni che gettano così poca luce da distinguere a malapena i dettagli della giacca di Harry. Ma trova comunque la sua mano, Harry che la offre di sua spontanea volontà, ma non intreccia le dita o la stringe nella propria. Al contrario, la stende sulle sue gambe, palmo in su, e agguanta di nuovo il pennarello.
Scrive “LOUIS” sul suo palmo. E spera che Harry capisca. Ciò che non può dire. Ciò che probabilmente non sarà mai in grado di dire.
“Ecco,” mormora al termine, evitando gli occhi perfetti di Harry.
E Harry non risponde, si limita a sorridere con un brillante luccichio, ed è come se sapesse, lui lo sa. Non ha bisogno di domande o conferme, lo sa e basta.
Sorridendo, piega la testa da un lato, appoggiandola sulla spalla di Louis, il palmo ancora sulle sue gambe. È rilassante, è piacevole. Il cuore di Louis sta scivolando fuori posto.
“Sei stanco?” domanda sottovoce, cercando di rimanere il più fermo possibile. Lancia un’occhiata ai ricci di Harry, alla punta del suo naso, e alle sue ciglia che si muovono lentamente. Nota la linea frastagliata della saetta che spunta.
Nope,” risponde Harry lentamente, ed è una bugia, è decisamente una bugia.
Ma Louis lascia che lo sia.
 
**
 
È ufficialmente tardi adesso. Davvero troppo tardi. Così tardi che il sole sta cominciando a fare capolino oltre l’orizzonte mentre tornano verso la macchina ad un ritmo che implica più di semplice sfinimento, i mignoli intrecciati mentre la ghiaia scricchiola sotto i piedi. Quindi forse è presto, in realtà.
Le onde morbide del fiume che sbattono contro le rocce riempiono il silenzio. Mormorii di uccelli appena svegli aleggiano intorno a loro. Solo uno o due per ora. Louis sospetta che presto ce ne saranno altri.
“Dovremmo accelerare il passo,” dice Louis piano, la voce stridula per l’uso eccessivo. “Così ti posso portare a casa più in fretta. Metterti a letto prima che Anne mi decapiti.”
Com’era prevedibile, Harry scuote la testa. “No,” sbadiglia, scuotendo la testa con più veemenza. “Non ancora. È bellissimo qui.”
Ed è così. Con il suo corpo stagliato nell’azzurro e nel celeste e in sprazzi di blu scuro e nelle prime deboli manciate di oro e rosa e porpora che si estendono dall’orizzonte, Harry è davvero bellissimo. Molto bello e poetico, come il tipo di ragazzo da fotografare e spargere in ogni blog hipster su internet. I suoi capelli sono morbidi e arruffati, la sua pelle è bianca e segnata dalla stanchezza, e le sue ciglia sono perfette e delicate, che solleticano il cielo sopra di lui, le pietre che scricchiolano sotto le sue Converse – che, Louis nota, hanno dei graffi e dei segni, sporcate dalla loro camminata e dalla notte di scompiglio. Probabilmente puzzano anche di birra. Ops.
“Okay,” Louis dice con voce roca, stringendo il dito di Harry, il che fa sorridere il ragazzo mentre si volta verso di lui, sfregandosi gli occhi con le nocche. “Se lo dici tu.”
Camminano un po’ più vicini, senza parlare, i mignoli ancora intrecciati. Louis ignora il desiderio di baciarlo.
Vuole farlo, cazzo, vuole farlo davvero incredibilmente troppo, ma… Ma in qualche modo è come se non potesse, come se non meritasse semplicemente di averlo. Quindi lo ignora, aggrappandosi invece al dito sottile di Harry e sentendo il suo corpo aderire al proprio, osservando la notte scorrere via dalla sua pelle. Osservando il camaleonte di colori che attraversa il suo corpo. Il cambiamento, l’evoluzione, il tutto.
Quasi lo nausea e lo imbarazza pensare che vorrebbe sapere com’è Harry durante ogni ora del giorno. È disgustoso ed imbarazzante, quanto lo desideri.
Il suo stomaco brontola. Che sia per la vergogna o per la fame, non lo sa, ma…
“Voglio del cibo,” mormora, sbadigliando contro la sua mano mentre sposta lo sguardo sul fiume, osservando il modo in cui i raggi del sole si riflettono sulla sua superfice increspata.
Harry annuisce, assonnato, ma drizzandosi alle parole. “E del tè?”
“Sì.” Louis sorride, osservando Harry, che annuisce di nuovo. “Sì, andiamo a prenderci una schifosa colazione .”
Si trascina dietro Harry, dirigendosi verso la luce fioca di un fornaio.
 
**
 
Era stata di Harry l’idea di non mangiare in macchina e poi tornare indietro.
“No, voglio vedere l’alba,” aveva dichiarato, stanco e rauco, tirando la mano libera di Louis – l’altra stringeva la busta di carta piena di cornetti caldi e soffici e un porta-bevande, con due bollenti tazze in plastica di tè.
“Harry, tesoro, devo davvero portarti a casa prima della fine dell’anno,” Louis aveva vagamente protestato, ma gli occhi di Harry erano cerchiati dalla stanchezza e illuminati da un entusiasmo totalmente contagioso, e quindi Louis si era limitato a sospirare, arrendendosi quasi immediatamente. “Okay, va bene, allora,” aveva annuito, e Harry aveva sorriso, raggiante.
L’aveva seguito sulla zona erbosa oltre i binari, appena prima che la collina si inclini verso il fiume, tra l’immondizia e i rottami di metallo e quelli industriali. L’inquinamento faceva spumare l’acqua verso la riva. Era lontano dall’essere romantico, ma come il sole aveva fatto capolino, bruciando d’arancio e celeste, era come se non importasse più. Era semplicemente bellissimo.
Erano seduti l’uno accanto all’altro, mangiucchiando in silenzio con le labbra appiccicose e gli occhi stanchi mentre le loro ginocchia si urtavano, masticando lentamente mentre sorseggiavano di tanto in tanto i loro tè, il vapore che inumidiva la punta dei loro nasi freddi. Era piacevole ed era tranquillo e, ogni tanto, Louis si voltava per trovare Harry a sorridergli. Ricambiava il sorriso, urtando piano il suo corpo, e poi Harry chinava la testa con un sorriso tranquillo prima di continuare a mangiare, spostandosi sempre più vicino. Così piacevole.
Ora i cornetti sono finiti, però, le loro tazze di tè quasi vuote mentre le stringono per scaldarsi le mani. A un certo punto Harry ha avvinghiato una gamba attorno a quella di Louis, tenendoselo vicino, e sono semplicemente rimasti seduti lì, in silenzio e sbadigliando, ridacchiando occasionalmente riguardo una cosa o un’altra, a volte canticchiando una canzone in maniera irregolare.
Il sedere di Louis è freddo e indolenzito. Non potrebbe importargli di meno.
“Ehi, Louis?” Harry sospira all’improvviso, poggiando la testa sulla spalla di Louis e sbattendo pesantemente le palpebre.
“Mh? Sì?” sbatte le palpebre, allungando il collo per osservarlo.
Harry si limita a sorridere. “Louis,” ripete, ma questa volta è detto in modo un po’ differente, in maniera un po’ bizzarra. “Louiss,” ripete, in una cantilena sommessa. “Louiiiiis, Louuuuis, Lou-is.”
Le labbra di Louis si contraggono. “Cosa vuoi, scemotto?”
Tenendo la testa sulla sua spalla, Harry lancia un’occhiata pigra verso di lui, il sorriso che ancora adorna la sua bocca rosa e mattutina. La saetta risplende. “Niente. È solo che mi piace il tuo nome.”
Ma certo che gli piace.
Louis stringe le labbra, opponendosi al sorriso che spinge sulle sue guance, spostando nuovamente gli occhi sull’orizzonte. Una lattina scorre sul fiume, galleggiando sulla superficie.
“Ehi, Harry?” dice piano, dopo una pausa prolungata.
“Sì?”
“Il tuo nome fa schifo.”
Ed è abbastanza per far scoppiare a ridere Harry a crepapelle, ruotando il suo corpo verso quello di Louis mentre ficca il viso contro il suo collo, il respiro che soffia contro la sua pelle. Louis sente le mani fredde aggrapparsi a lui, scivolare lungo il torace in un mezzo abbraccio mentre ride e ride, le spalle che tremano, e non è così divertente, Louis non è mai così divertente, ma non può trattenersi dal ridere di rimando, incapace di levare gli occhi dalla massa di capelli addosso a lui, e dal ragazzo sotto di essi. Ha chiaramente bisogno di dormire.
Dopo alcuni istanti, le risate si riducono, lasciando Harry a rimuovere con delicatezza il suo viso dal collo di Louis, osservandolo con un’espressione trasparente, la sua bocca fatta di linee morbide. La luce del sole nascente si dissolve sulle sue guance notturne.
“Mi piaci sul serio,” dice con sincerità, senza battere ciglio, così piano da poterlo considerare un sussurro.
Louis deglutisce, stringendo più forte la sua tazza di tè, resistendo all’impulso di strisciare le dita lungo le labbra di Harry. “Lo spero proprio,” risponde invece, gli occhi catturati nei suoi. Non può baciarlo. Non dovrebbe davvero. Sembra ingiusto, in qualche modo. Con il punto interrogativo e le stronzate nel suo cervello, non sarebbe corretto. Non ancora.
“È così,” Harry insiste, facendosi più vicino, e Louis sente gli occhi intrecciarsi mentre lo fissa, ma non distoglie lo sguardo.
“Bene,” mormora, togliendo una mano dal calore della tazza e avvolgendo il braccio attorno ad Harry, stringendoselo addosso più che può. È eccezionalmente caldo e piacevole. I capelli di Harry gli solleticano il mento, alcuni sono conficcati sul collo, ma profuma di buono e profuma di freddo, e Louis si aggrappa alla sua spalla con un’intensità che ancora non riesce davvero a comprendere. Ma non ci pensa troppo, limitandosi a chiudere gli occhi, sentendo il mormorio di Harry risuonare contro le sue costole.
Non ci vuole molto perché Harry si addormenti. E Louis sa che dovrebbe svegliarlo, sa che dovrebbe portarlo a casa in questo preciso istante.
Ma, come sente il calore premere contro i suoi muscoli, sorseggiando gli ultimi residui di tè mentre osserva il sole sorgere e sente i profondi sbuffi del respiro di Harry contro di sé… Non riesce ancora a trovare la forza per farlo.
Lo farà tra un attimo, lo farà. Quando finirà il suo tè. Ma.
Non ancora.
 
**
 
“Okay, piccolo, siamo arrivati,” Louis annuncia, la voce pacata ma terribilmente alta nel silenzio della macchina.
Tutto sembra un po’ surreale e ronzante – è sempre così quando sta sveglio tutta la notte. La macchina è fredda, la pelle dei sedili non ancora totalmente scaldata dal riscaldamento, e le ombre all’interno sono scure abbastanza da silenziare i contorni nonostante la luce che li circonda all’esterno. Il cielo è di un vibrante blu e porpora, intriso di giallo e bianco. Non c’è una nuvola in vista.
Harry sbadiglia, la bocca larga e spalancata come un felino, raggomitolato sul sedile del passeggero. Sbatte le palpebre in direzione di Louis, gli occhi confusi e teneri, un piccolo sorriso a imbronciargli le labbra. È rimasto in questo stato di semi-veglia sin da quando Louis è riuscito finalmente a svegliarlo e a trascinare il suo culo in macchina. Aveva cercato di iniziare una conversazione per tutta la strada, chiedendo a Louis delle sue cose preferite prima di cominciare a russare leggermente, la bocca socchiusa, la testa poggiata contro il finestrino appannato. Sarebbe dovuto essere fastidioso ma era Harry, quindi era adorabile, e Louis aveva potuto solo scuotere la testa e sorridere mentre guidava, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata al suo compagno addormentato con fin troppa attenzione per i suoi gusti.
E poi avevano parcheggiato e Harry si era svegliato sorpreso, e ora eccoli qui – nel quieto ronzio della macchina mentre Louis lo osserva orientarsi, Harry che sbatte le palpebre assonnato. Vuole allungare una mano e passare le nocche sul suo mento, sulla sua guancia. Vuole far scorrere le dita lungo il suo braccio e stringere di nuovo la sua mano.
Vorrebbe tanto farlo, ma è mattino e le cose sembrano un po’ più complicate ora, quindi invece sorride e poggia nuovamente la testa contro il sedile, limitandosi ad osservarlo.
“Mi sono divertito un sacco,” Harry mormora, le labbra gonfie che sbattono tra loro mentre sta sdraiato lì, il mento sul petto. Non accenna a muoversi per sedersi o andarsene. Louis non vuole che se ne vada.
“Bene,” Louis annuisce, abbassando lo sguardo sul suo grembo prima di tornare a fissarlo, compiaciuto. “Sono felice.”
Harry rimane in silenzio per un momento prima di chiedere, “Davvero?”
Louis sorride, sentendo il calore pizzicare ogni punto del suo corpo. “Sì,” annuisce. “Ovvio che sì.”
Deglutendo, Harry annuisce, apparentemente appagato. “Magari potremmo farlo di nuovo?”
E questa è la parte dove Louis dovrebbe fingere indifferenza, apparendo seducente e totalmente insensibile a tale prospettiva, lasciando il suo accompagnatore con provocazioni e curiosità e intrighi…
E invece, sta annuendo con impazienza, come un cartone animato di un golden retriever, e lasciandosi scappare un “Sì, assolutamente,” con tutto l’entusiasmo appassionato di un’adolescente innamorata che abbraccia la foto del suo cantante preferito. È umiliante, ma il viso di Louis è troppo stanco per arrossire e il sole si sta riflettendo sul metallo della macchina, quindi si limita a strizzare appena gli occhi e scrollare le spalle, sorridendo un po’ imbarazzato mentre Harry si scalda in un bellissimo sorriso.
“Okay. Figo. Uhm, sì, anche io, ovviamente,” si impappina, schiarendosi la gola mentre finalmente si mette a sedere. Il suo collo sembra caldo e i suoi capelli sono schiacciati da un lato e annodati, ma è così… è davvero bello, okay?
Louis lo fissa, sentendo la vena pulsare nel collo.
“Presto,” dice, e Harry sorride maggiormente, chinando la testa.
“Bene. Me lo prometti?” Gli lancia un’occhiata attraverso i capelli.
A quello, Louis alza gli occhi al cielo. “Sì, te lo prometto, scemo. Te lo assicuro. Discuteremo i dettagli domani. Lavori al negozio?”
“Sì,” Harry annuisce, spostandosi i capelli da un lato mentre si slaccia la cintura. “Inizio alle quattro. Possiamo incontrarci dopo la scuola. Se ti va. Se sei libero. Tu lavori?”
“Nah,” Louis scuote la testa. “Non fino a giovedì. Stan ha preso un paio dei miei turni perché vuole portare la sua ragazza in vacanza. Sono altruista, lo sai.”
“Così magnanimo,” lo prende in giro Harry.
Louis sorride.
E poi cala il silenzio.
“Fatti una bella dormita,” Louis lo esorta con voce roca, trattenendo un altro sbadiglio mentre Harry continua a fissarlo. “Ti scrivo prima di andare a letto.”
“Okay. Va bene. Ti scrivo anche io,” Harry sorride, ma sembra un po’ nervoso, gli occhi improvvisamente più luminosi, le sue gambe un po’ più rigide. “Uhm. Buonanotte, Louis. Grazie di tutto. È stato – è stato davvero fantastico. Tipo, davvero. Probabilmente, uhm, tipo, la notte più bella della mia vita.” Ridacchia appena nell’ultima parte, arrossendo in maniera brillante e sorridendo asimmetrico, e Louis sta per ridacchiare e salutarlo, quando improvvisamente Harry si slancia in avanti, premendo le labbra fredde contro la guancia di Louis.
Louis si blocca, lo stomaco che piomba da qualche parte vicino all’intestino, il cuore che si ferma nella cassa toracica.
Harry a quel punto si tira indietro, gli occhi spalancati e nervosi mentre mostra per un attimo un altro sorriso. “Buonanotte,” dice di nuovo, in un morbido sussurro, ma non si muove, e Louis quasi sicuramente è stato saldato permanentemente sul sedile da delle forze crudeli e misteriose. Non è rimasto neanche un briciolo d’aria dentro di lui, neanche mezzo, quindi tutto quello che può fare è rimanere immobile e senza parole mentre osserva gli occhi di Harry tornare sulla sua bocca, le labbra determinate, una scintilla di elettricità nei suoi occhi.
E improvvisamente le labbra di Harry sono sulle sue, rapide e umide e morbide, che premono delicatamente sulla sua bocca, facendole scorrere contro la linea dei suoi denti e l’intera composizione di Louis crolla, come una torre di dannati stuzzicadenti, ed è in procinto di allungare un braccio e premere le dita nel punto più morbido della nuca di Harry (sa già esattamente dove, potrebbe averci pensato una volta o due)…
Quando improvvisamente Harry si allontana, sembrando selvaggio e un po’ terrorizzato e completamente cotto, gli occhi scuri come biglie.
Louis sbatte le palpebre, stupito. Così stupito in effetti che, in un gesto di terribile cliché adolescenziale, porta stupidamente i polpastrelli delle dita sulle sue labbra. Giungendo alla conclusione che, in effetti, è il peggior genere di persona esistente. Se lo rinfaccerà per sempre.
Ma seriamente, porca puttana. Harry l’ha baciato. Harry l’ha baciato. Come potrebbe essere responsabile per le sue azioni?
Merda, è fottuto. Debole e sottomesso e completamente fottuto.
Avendo chiaramente notato lo sguardo vitreo di Louis e la reverenza che preme sulle sue labbra, l’ansia di Harry si scioglie in felicità, ogni linea dura placata in qualcosa di vellutato.
“Ci vediamo domani,” dice alla fine, quieto e compiaciuto, sorridendo abbastanza da far sorgere il sole per conto suo. E con quello, scende dalla macchina, avendo cura di chinarsi e salutare Louis con la mano un’ultima volta prima di percorrere il vialetto, guardandosi indietro di tanto in tanto, prima di sparire infine dietro la porta, un sorriso nascosto dipinto sulle sue guance.
Il sole è sorto del tutto quando Louis finalmente si allontana. Le labbra ancora in subbuglio, il profumo di Harry impresso nelle sue narici, e con ogni pensiero su Liam spinto via con fermezza, si domanda se riuscirà mai più a dormire.










Buongiorno!
Ho fatto il più in fretta possibile perché questo capitolo è uno dei miei preferiti (anche se mai, MAI supererà quello del ballo, che per me è l'inizio della consapevolezza di Louis).
Vi ringrazio per l'attesa, vi ringrazio per aver letto anche questo, e in generale per il supporto. Oggi è una giornata un po' così, quindi non farò elenchi, ma sapete chi siete. Vi voglio bene, grazie per essermi sempre vicine.
Martedì parto per Londra e torno domenica prossima, quindi per il prossimo dovrete aspettare un po' di più. Per fortuna non finisce con un cliffhanger, no? :P
Buon fine settimana!
All the love,

Giulia
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: JennaHerondale