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Autore: LordTargaryen    12/10/2016    2 recensioni
Inghilterra, Alto Medioevo. In un paese governato da un tiranno spietato, quattro giovani maghi tentano di ribellarsi e costruire un luogo sicuro per i perseguitati e gli oppressi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: I fondatori, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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ATTENZIONE: Sì, okay, questa cosa è molto strana, insomma, i Fondatori… chi se li fila di solito? Beh, ecco, io. Mi hanno sempre incuriosito, spero di non essere l’unico. Questa è perciò più una sorta di esperimento. Oltretutto non solo è la prima ff che pubblico dopo… mesi (shame! shame! shame! –apprezzate la citazione please), ma è anche la mia prima long in assoluto, quindi vi chiedo scusa in anticipo per eventuali passaggi poco scorrevoli o poco chiari. Se dopo questa premessa è rimasto qualcuno, allora buona lettura! ^.^


                                   
Capitolo 1: L'INIZIO


Gryphon’s Rock, Cornovaglia (Inghilterra sud-occidentale), Anno Domini 885

Mentre sua madre finiva di raccontagli la favola della buonanotte, Godric decise che quello era stato il giorno più bello di tutta la sua vita: quel giorno infatti, il primo di Dicembre, Godric compiva gli anni; per la precisione, quello era il suo decimo compleanno. Il caso volle che in quello stesso giorno cadesse anche il decimo anniversario della battaglia di Dungarth, in cui suo padre, Lord Godfrey Gryffindor, riportò la pace nelle contee sud-occidentali. Per tale ragione Lord Godfrey ritenne che non c’era momento più adatto per festeggiare, ed organizzò la più grande festa mai vista prima d’allora in Inghilterra: le porte di Gryphon’s Rock furono aperte ai Chandler del Dartmoor, ai Bradford dello Strathclyde, agli Slytherin del Norfolk, e a molti altri Lord di contee vicine e lontane; ma le porte furono aperte anche a molta gente comune, mercanti, contadini, artigiani, curiosi di vedere da vicino il favoloso castello dei Gryffindor. La festa non deluse le aspettative: furono organizzati banchetti, giochi, spettacoli, tutto il castello era in fermento, pieno di gente, nobili, contadini, poveri, ricchi, inglesi, stranieri, tutti che pensavano solo al proprio divertimento. E naturalmente, quello che si era divertito più di tutti era proprio Godric: per tutto il giorno aveva assistito agli spettacolari giochi in suo onore, mangiato le deliziose pietanze preparate dai migliori cuochi della contea, e ricevuto costosissimi doni dai vari Lord invitati.       
Ma il momento più bello era stato quando suo padre gli aveva mostrato il proprio regalo. Un silenzio calò nella piazza quando Lord Godfrey porse al figlio una preziosissima spada, con grossi rubini che tempestavano l’elsa d’argento, sulla quale era inciso il nome di Godric; quindi, padre e figlio si abbracciarono, e tra la folla scoppiò un boato.

Già, pensò Godric mentre il sonno iniziava ad avvolgerlo, oggi è stato senza dubbio il giorno più bello di tutta la mia vita. Si accorse vagamente che sua madre aveva abbandonato il letto e stava uscendo dalla stanza, molto probabilmente per raggiungere il marito e gli altri Lord al banchetto conclusivo, riservato alle famiglie più nobili dell’Inghilterra. La donna stava per aprire la porta, quando una mezza dozzina di uomini armati fecero irruzione nella stanza. “Lady Roxane Gryffindor?” chiese uno degli uomini rivolgendosi alla madre di Godric.
“Sì. Voi chi siete? Chi diavolo vi ha mandato qui?” domandò lei in preda al panico. Per tutta risposta, l’uomo a capo del gruppo le diede uno spintone, facendola cadere. Nel frattempo Godric, non appena aveva sentito il rumore della porta che veniva sfondata, si era risvegliato, ed era andato a nascondersi al di sotto del grande letto a baldacchino.
“Dov’è tuo figlio?” gridò l’uomo afferrando la madre di Godric per i capelli e puntandole un coltello alla gola; dal momento che la donna non rispondeva, aumentò la pressione della lama. “Godric, scappa!” urlò Roxane, cercando di sfuggire alla presa del soldato. “Godfrey! Godfrey, aiuto!” urlava disperata. L’uomo che la tratteneva piegò le labbra in un sorriso compiaciuto: “Lord Godfrey Gryffindor è morto. L’ho ucciso io stesso prima di venire qui” annunciò divertito.           
   Sentendo queste parole, Godric avrebbe voluto gridare tutta la propria disperazione, ma non poteva, perché altrimenti quegli uomini l’avrebbero scoperto; nonostante tutto, non tardarono a farlo: pesanti mani afferrarono il ragazzo per i piedi e lo trascinarono fuori dal suo nascondiglio improvvisato. Non appena lo vide, l’uomo che bloccava Roxane ordinò “Portatelo da Ulrich”. Uno degli armati che trattenevano Godric tirò fuori delle catene per legarlo, e a quel punto scoppiò il caos. Mentre Roxane gridava disperata e il soldato faceva per incatenare il ragazzo, Godric chiuse gli occhi e alzò le mani, come vano tentativo di protezione; all’improvviso, uno strano bagliore percorse la stanza, e quando Godric riaprì gli occhi, i soldati che lo trattenevano erano morti; la stanza sembrava essere stata colpita da un’esplosione. L’uomo che teneva sua madre era ancora vivo, ma era a terra, sanguinante. E sanguinava anche la... “Mamma!” urlò Godric disperato “mamma, cosa… stai morendo! Bisogna chiamare qualcuno!”
“No!” rispose lei con un filo di voce “no, Godric, tu ora devi scappare. Corri, hai capito? E non fermarti, esci dalla città, vattene via, subito! Temo che finchè starai qui, sarai in pericolo…” Il figlio la ascoltava a malapena, troppo sconvolto dallo stato in cui era la madre: “Mamma, chi è stato a farti questo?”; poi un sospetto si fece strada nella sua testa: “sono stato io? Ma come ho fatto? Perdonami, mamma, ti prego! Scusami, io non volevo…” ma la madre lo interruppe sorridendo debolmente: “No, no, no, Godric, tu sei stato bravissimo! Ma ora devi andartene di qui, o ti prenderanno” la donna sorrise nuovamente accarezzando il figlio, che piangeva affondando il volto nel suo petto, finchè non si rese conto che la madre non respirava più. Inutili furono i suoi tentativi disperati di rianimarla, di riscuoterla, di risvegliarla; il cuore della donna aveva smesso di battere.

 Per alcuni istanti Godric stette immobile, incapace di comprendere come tutto ciò fosse potuto succedere. Neanche un’ora prima, sua madre gli stava raccontando le favole e si era sentito la persona più felice del mondo, pieno di gente che gli voleva bene e con davanti un futuro sereno e radioso. Ora sia suo padre sia sua madre erano morti, e lui doveva fuggire da quella che fino ad ora era stata la sua casa.                       
A riscuoterlo dai propri pensieri fu la voce rabbiosa del soldato ferito: “Maledetto! Stupido piccolo… mostro! Dovevo saperlo che eri un… non importa!” esclamò mettendosi faticosamente in piedi “ora ti ucciderò io stesso!”. Detto questo, iniziò ad avvicinarsi a Godric, vibrando la spada a caso. Era infatti gravemente ferito, e il sangue che gli colava per il volto gli impediva una vista completa. Godric sospettò inoltre che l’occhio sinistro fosse effettivamente accecato; ancor più evidente era la ferita alla gamba destra, che gli rendeva estremamente difficile anche solo camminare. Però sono spacciato comunque, osservò amaramente il ragazzo, lui è armato, io no. Poi si ricordò: la spada donatagli da suo padre… Sapeva perfettamente dove si trovava la spada. Era appesa al muro, di fronte al letto sul quale Godric era nel frattempo risalito per sfuggire al soldato. Per andarla a prendere perciò doveva necessariamente andare incontro all’uomo che puntava la lama verso di lui. Armandosi di tutto il proprio coraggio, Godric corse verso il soldato, quindi, giunto al bordo del letto, tentò di oltrepassarlo con un salto; l’uomo però tentò di colpirlo con la spada, e ci riuscì, procurando al ragazzo una profonda ferita alla coscia. Godric rotolò a terra, le lacrime che gli rigavano il volto per il dolore. Riuscì a strisciare verso la spada, ma il soldato lo seguiva passo passo, divertito dal suo tentativo di resistenza: se avesse saputo le sue intenzioni, lo avrebbe ucciso all’istante, ma tutto ciò che vedeva in quel momento era un ragazzino strisciante che cercava di scappare. Pagò questa leggerezza con la vita: arrivato al muro, Godric si mise faticosamente in piedi, afferrò la spada regalatagli dal padre e, prima che l’altro potesse reagire, gli piantò la lama nello stomaco, uccidendolo. Stava per accasciarsi a terra quando sentì le voci di altri soldati che arrivavano, e quindi si mise all'opera.

In pochi sapevano che oltre alla porta principale quella stanza aveva anche un ingresso secondario; nello specifico, questi pochi erano Godric, sua madre e suo padre. L’ingresso secondario era nascosto dietro al grande specchio che si trovava nella parete est della camera. Godric quindi spostò lo specchio di quel poco che bastava per passare, aprì la porta ed entrò nel passaggio che ormai era noto soltanto a lui. Naturalmente gli uomini che erano ormai quasi arrivati l’avrebbero scoperto, ma a quel punto Godric sarebbe stato molto lontano.

Il passaggio era stato progettato proprio nel caso in cui la vita del piccolo Lord fosse stata in pericolo, ma nessuno si sarebbe aspettato che quel momento sarebbe giunto così presto. E invece ora Godric arrancava attraverso la stretta galleria, sanguinando copiosamente dalla coscia destra, pregando che mancasse poco all’uscita. L’uscita si trovava in un vicolo molto stretto, talmente nascosto agli occhi della gente che per notarlo bisognava osservare attentamente. Ed è proprio in quel vicolo che Godric spuntò qualche minuto più tardi, aspettandosi di trovare una Gryphon’s Rock avvolta nel silenzio della notte, con qualche cane che abbaiava sporadicamente e i lupi che ululavano, lontani, alla luna. Ma fu ingenuo da parte sua: doveva aspettarsi che gli uomini che avevano ucciso i suoi genitori non avevano agito da soli. Sin dal vicolo appartato si sentivano le urla degli uomini, il nitrito dei cavalli, il rumore delle spade, il pianto dei bambini… il suono di una battaglia. Godric uscì dal vicolo e corse verso la piazza, da dove proveniva il rumore, nascondendosi dietro ad un carro rovesciato ai margini del grande spiazzo, per vedere cosa stesse accadendo. E quello che vide non gli piacque affatto. Decine e decine di uomini a cavallo stavano facendo strage di donne e bambini; i pochi che avevano provato a contrastarli giacevano per terra senza vita. Vide inoltre che le case venivano date alle fiamme, le mura del castello abbattute, gli uomini incatenati, pronti per essere resi schiavi… chi aveva fatto tutto questo? Godric giurò a se stesso che chiunque fosse stato avrebbe pagato, l’avrebbe ucciso lui stesso; desiderava soltanto che il responsabile di tutte quelle morti, l’assassino dei suoi genitori, si mostrasse in modo che lui, Godric Gryffindor, potesse imprimersi in testa il suo nome e il suo volto, e appena se ne fosse presentata l’occasione, avesse potuto ucciderlo con la spada di suo padre. L’uomo che Godric desiderava tanto uccidere non tardò a farsi vedere. Una volta che la città tornò in uno stato di relativa calma, con i cavalieri che avevano piegato ogni resistenza, emerse dall’oscurità una figura imponente e solitaria, che attraversava la piazza a cavallo. L’uomo a cavallo fu quello che Godric riconobbe come Lord Bradford… Lord Ulrich Bradford dello Strathclyde… “Portatelo da Ulrich” aveva detto il soldato rivolgendosi agli altri che lo trattenevano. Quindi era lui l’uomo che aveva organizzato tutto… quando l’aveva visto la prima volta, Godric non ci aveva fatto molto caso: era uno dei tanti Lord invitati al suo compleanno. Ora invece si prese tutto il tempo per squadrarlo: era già piuttosto in avanti con gli anni, profonde rughe gli solcavano la fronte, ma i capelli erano ancora scuri e folti; in quel momento aveva dipinta sul volto un’espressione di estrema soddisfazione. Mentre passava in mezzo ai corpi stesi a terra, i suoi uomini si inginocchiavano, in attesa che lui dicesse qualcosa. Dopo un silenzio innaturale, Lord Bradford parlò; disse soltanto:

"Gryffindor?" "Morto, mio Signore".

"La moglie?" "Morta anche lei, mio Signore".

"Il figlio?"
A questa domanda, il cavaliere che aveva parlato deglutì, si guardò intorno in cerca di sostegno dagli altri suoi compagni, e non trovandolo fissò con insistenza il terreno: “Non… non è stato trovato il corpo, mio Signore…” Bradford emise una smorfia di disappunto “…ma pensiamo che sia morto nello scontro” si affrettò ad aggiungere.
“Nello… scontro?” “Sì, mio Signore. Gli uomini che avete mandato sono stati trovati morti. Pensiamo che alcuni soldati di Gryffindor li abbiano affrontati e sconfitti. E’ stato trovato un passaggio segreto attraverso cui possono essere fuggiti. C’era molto sangue lungo il percorso. Crediamo che sia di Godric"                                                              
Nel sentir pronunciare il proprio nome, Godric fu scosso da un fremito, ma poi si ricordò di essere nascosto dietro al carro rovesciato, dove era improbabile che gli uomini di Bradford potessero vederlo. Intanto proprio Bradford aveva ricominciato a parlare: “Ah sì? Voi credete? E io dovrei basarmi sulla fiducia?” scoppiò a ridere, divertito dal fatto che ci si potesse fidare di un’altra persona “Finchè il figlio di Godfrey Gryffindor sarà vivo, io non sarò il legittimo Lord della Cornovaglia, e finchè il corpo del bambino non sarà trovato, per la gente sarà ancora vivo!” urlò “Perciò, vedete il modo di trovare il corpo!” Fu in quel momento che Godric capì che doveva assolutamente scappare. Pensò ad un modo per allontanarsi senza che nessuno lo notasse; ma prima che potesse fare un passo, sentì la voce di un soldato, decisamente troppo vicina a lui: “Mio Signore” gridò “Penso che non sarà così difficile trovarlo… lui è già qui” disse ribaltando il carro dietro il quale Godric era nascosto.

Per qualche istante, Godric restò immobile, incapace di fare una qualsiasi azione, consapevole che aveva gli occhi di tutti i presenti puntati addosso. A riscuoterlo fu il grido di Bradford che ordinò: “PRENDETELO!”
  A quel punto, iniziò a scappare.                 
I soldati erano più veloci di lui, che correva a fatica con il profondo taglio alla coscia, ma avevano le pesanti armature che li rallentavano; e inoltre perdevano tempo ostacolandosi a vicenda, perché ognuno voleva la gloria e la riconoscenza di Bradford solo per sé. Un altro punto a favore di Godric era la sua conoscenza delle strade della città, che erano invece ignote ai soldati. Non fu facile, ma riuscì a seminarli, e la maggior parte si ritrovò a girovagare senza meta per i più oscuri vicoli di Gryphon’s Rock, ma c’era ancora un gruppo di armati che lo seguiva da vicino. Ormai Godric era allo stremo, la sua gamba ferita non gli permetteva quasi più di muoversi, e infatti inciampò: cadde per terra sbattendo la testa. Gli uomini che lo inseguivano l’avevano ormai raggiunto, Godric vide un braccio che si allungava verso di lui per afferrarlo, sollevò d’istinto le mani, e come la volta precedente successe qualcosa di inspiegabile: l’uomo che lo stava afferrando era volato qualche metro più in là; nella caduta aveva sbattuto la testa, che ora era fracassata. Gli altri quattro erano increduli: “E’ un… è un…” “E’ un mostro, uno scherzo della natura!” decretò uno: “Uccidiamolo! ORA!” Godric a questo punto si vide spacciato: era dubbioso che il trucco avrebbe funzionato un’altra volta, e inoltre ora erano quattro contro uno… inutile anche usare la spada… chiuse gli occhi e si preparò al peggio, pronto per affrontare la morte.
Sarebbe infatti morto, se dall’ombra non fosse sbucata una piccola figura che si parò davanti ai soldati, che a tale vista scoppiarono a ridere: “E tu che ci fai qui, ragazzino?" “Lasciatelo andare” rispose quello con una calma irritante, suscitando nuovamente le risa degli uomini armati: “Senti, ragazzino, o adesso ti togli o…” “Avada Kedavra!” un primo soldato morì. Gli altri si ritrassero spaventati: “Ma che diavolo…” “Avada Kedavra!” sibilò nuovamente il ragazzo, e poi ancora e ancora, finchè tutti e quattro non giacquero morti per terra.
Godric era senza parole: “Senti, non so chi tu sia, ma non posso che ringrazia…” “Shhhhhhh!” lo interruppe quello tendendo l’orecchio verso la direzione da dove Godric era venuto: “ne stanno arrivando altri” spiegò. Detto questo, gli diede uno spintone, facendolo cadere in un mucchio di letame. Godric riemerse protestando: “Ehi! Ma che fai!” senza notare che l’altro in qualche modo aveva fatto sparire i cadaveri e pulito la strada dal sangue; i due si fissarono per un istante, e poi il ragazzo misterioso si buttò a sua volta nel letame, pochi istanti prima che un altro gruppo di soldati passasse per il vicolo. Quando si furono allontanati, Godric dovette scusarsi con il ragazzo, riconoscendogli il merito di averlo nuovamente salvato. “Oh, non c’è di che” fece quello con un sorriso: “senti, hai mai volato su una scopa? Immagino di no” aggiunse senza attendere risposta “ma per il momento non vedo altra soluzione, perciò seguimi che ti porto via di qui”
Godric era troppo confuso e sbigottito per parlare, ma decise che seguire lo sconosciuto fosse per il momento la decisione più saggia. “Accio scopa!” disse lo strano ragazzo, e dopo una breve attesa una scopa volò nelle sue mani; soddisfatto del risultato, rivolse a Godric un sorriso compiaciuto. Stava per montare sulla scopa, quando roteò gli occhi al cielo: “Oh, scusa, quasi dimenticavo: Politio!” fu solo in quel momento che Godric notò che il ragazzo teneva in mano uno strano oggetto affusolato… una bacchetta, forse? La confusione nella sua testa aumentò quando si accorse che entrambi erano stati ripuliti dal letame. Il ragazzo dovette accorgersi di tale confusione, perché disse: “Senti, in questo momento non abbiamo molto tempo, perciò… beh, tu sei un mago, così come me, ecco il perché di tutte queste… cose strane, per ora le chiameremo “cose strane”. Ma ora dobbiamo andare, capito?” Godric annuì. Ora che poteva vedere meglio lo sconosciuto, si prese un momento per studiarlo: era di qualche anno più grande di lui, e sul viso, incorniciato da una massa disordinata di lunghi capelli castani, aveva un’espressione scaltra e sfrontata. Decise che si sarebbe fidato di quel ragazzo, ad ogni costo, era la sua unica possibilità di salvezza.
“A proposito” fece quello “non so ancora il tuo nome"                                                      
Godric trasse un profondo respiro: “Godric. Godric Gryffindor”                                       
Il ragazzo sorrise: “Certo. Che idiota. Dovevo aspettarmelo. Ecco perché quegli uomini ti volevano morto".
Godric chiese a sua volta: “Io invece non so il tuo, di nome” Per qualche interminabile istante, gli occhi dei due si incrociarono, senza che nessuno distogliesse lo sguardo, dopodichè il più grande rispose:
“Io mi chiamo Salazar. Salazar Slytherin”.




Uh, beh, eccoci qua. Se siete arrivati fino in fondo, vi faccio le mie condoglianze e i miei complimenti, perché ho molti dubbi sulla sua scorrevolezza, soprattutto per quanto riguarda l’inizio… ma questo dovete essere voi a giudicarlo. Beh, che dire? Spero vi sia piaciuta, perché questo bambino si è impegnato molto nello scriverla (tra parentesi: i nomi e la collocazione delle contee sono reali, non me li sono inventati, e anche le informazioni di base sulla provenienza dei Quattro Fondatori e l’anno di fondazione di Hogwarts li ho reperiti con difficoltà, e in base a tali informazioni ho adeguato tempi e luoghi in cui si svolge la narrazione… mi merito un biscottino?)       
Dicevo? Ah, sì, questo bambino si è impegnato molto e gli farebbe piacere sentire la vostra opinione ^.^

-Lord-
   
 
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