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Autore: FairySweet    14/10/2016    4 recensioni
L'aveva lasciata andare o almeno ci aveva provato. Non poteva restare ancorato ai suoi occhi, non poteva vivere dei suoi ricordi perché altrimenti si sarebbe perso nel mare vuoto delle lacrime.
Ora però, in quel dipinto ancora mezzo vuoto, prendeva vita un volto d'angelo che costringeva il respiro a rallentare ...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                    Othila




L'aria fresca della sera le sfiorò il collo costringendola a ridere.
Sollevò il bambino davanti al volto perdendosi nel profondo di quel verde immenso, nel suo sorriso, in quella gioia delicata che solo un bambino era in grado di regalare, le mani di Reine si posarono sul suo volto e una risata cristallina ruppe il silenzio.
C'era freddo, più freddo di quanto la Francia era solita regalare ma a loro cosa importava? Persi in quel gioco innocente non si curavano poi molto di ciò che accadeva oltre quel confine sicuro.
L'incarnato di seta del figlioletto si tingeva lentamente di un tenero rosa, più intenso, una pennellata di natura scolpita dall'inverno.
Era troppo concentrata sulla gioia per accorgersi di lui “Siete qui” si voltò di colpo incontrando lo sguardo severo di François “Credevo voleste riposare” “Riposare?” ripeté indifferente tornando a perdersi sul volto luminoso di Helena “Che riposo posso trovare nel silenzio?” “La vostra sposa ha fatto una scelta” “E la seguirò anche io statene certo” “Tra qualche giorno tutti i documenti saranno pronti e potrete lasciare la tenuta con ogni vostro nuovo possedimento. Che senso ha farvi viaggiare due volte?” “L'ho capito sapete?” l'altro rise portandosi le mani dietro alla schiena “Questo è solo un gioco, il vostro signore non riesce a lasciar andare la rabbia” “Voi ci riuscireste?” fece un bel respiro mormorando un semplicissimo no.
La risata del piccolo attirò di nuovo il suo sguardo, aiutato dalle mani della madre, si reggeva sulle proprie gambe divertito da quel manto candido che diventava un immenso gioco “Dieci mesi” “Cosa?” “L'età del bambino” riprese François indicando con un lieve cenno del capo la sua signora “Vorrebbe camminare e correre come i suoi fratelli ma la natura ha i suoi tempi, che senso ha oltrepassarli?” “Perché mi parlate di ...” “Perché sento le vostre domande perfino da qui Andrè. Non provo simpatia nei vostri confronti ma so per esperienza che un cuore ferito, anche quello di un servo, non guarisce con il tempo né dimentica. Certo impara a convivere con il dolore ma ci sono tante domande senza risposta, domande a cui vorreste trovare un senso” “Non ho domande da fare François. Ho risposto alla vostra con sincerità” “Davvero?” “Se qualcuno avesse ferito la vostra sposa e messo in pericolo vostro figlio, nemmeno voi sareste libero dalla rabbia” “Complimenti ...” lo sguardo di François si fece più profondo “ …gli anni passati al servizio della mia signora sono ancora ben vivi nella memoria, le buone maniere resistono ancora in voi” “È felice?” “Questa è una domanda” ribatté divertito ma gli occhi tornarono al volto gioioso della duchessa.
Andrè seguì il suo sguardo fino a lei “Mi chiedete se è felice ...Voi cosa dite?” come poteva trovare una risposta? Riconoscerla era perfino impossibile.
Sembrava uno spirito silenzioso, una fata dell'inverno che custodiva il cuore di quel bambino con una forza tale da far impallidire il resto del mondo.
La sua bellezza esplodeva violenta in ogni gesto, in ogni sorriso, nei suoi occhi era dipinto lo stesso fuoco che fin da giovane l'aveva protetta ma era madre e quella dolcezza rendeva le fiamme più leggere.
Un cavallo correva a perdifiato verso di lei, riconobbe nel cielo il suo adorato falco e nell'aria la risata del duca “Un marito innamorato, un uomo che la protegge e la segue. Non che lei abbia bisogno di protezione certo ma vedete, a volte le persone dimenticano la nobiltà che vive nel suo cuore e spesso, quando le lunghe notti di casa prosciugano i cuori ...” si fermò qualche secondo seguendo con tenerezza di passi della giovane “ … incurante dei pericoli o delle raccomandazioni la mia signora esce nel gelo per aiutare chi è meno fortunato ma la gratitudine del popolo è un po' troppo, diciamo espansiva” Nils fermò il cavallo a pochi passi da Helena e una leggerissima nuvola di neve si sollevò dal suolo.
Alle sue spalle tre giovani troppo piccoli per animali del genere eppure, nei loro gesti, nel loro sguardo bruciava orgoglio puro “Sono bambini, non dovrebbero cavalcare stalloni così grandi” François silenzioso accanto a lui tossì leggero.
Ogni limite era superato, ogni ostacolo abbattuto.
“Sono così piccoli” sussurrò stringendosi appena nelle spalle “Sono guerrieri” rispose l'altro “Sono bambini” “L'infanzia è diversa nei nostri paesi giovane uomo. Quello che voi considerate puerile è per noi il primo passo verso la grandezza. Non costringiamo i nostri bambini in vestiti ingombranti, niente cerimoniali, non li priviamo della presenza materna sia essa appartenere ad una regina o ad una locandiera” gli sguardi si sfiorarono qualche secondo.
Leggeva negli occhi di Andrè la curiosità, la voglia di scoprire quanto ancora della donna che conosceva era racchiuso nella duchessa.
Le sue domande erano diverse da quelle che poneva anni addietro, l'amore era cambiato, cresciuto, lentamente, con il tempo si era trasformato in un affetto più dolce, simile a quello di un fratello maggiore e tuttavia diverso “Sono abituati a lottare e attraverso il gioco, imparano l'arte della ragione. Imparano che non tutto a questo mondo è dovuto, che il loro nome non li protegge né li tiene al riparo dalla cattiveria” chi era lui per permettersi di cambiare le profonde radici di una tradizione così antica? Poco importava la giovane età, poco importavano i sogni colorati di un cuore innocente, il mondo là fuori non era certo dolce e delicato.
Imparare dai propri errori, seguire con dedizione un ideale, ecco ciò che li avrebbe resi grandi guide per la loro gente ed era questo che aveva davanti.
Tre bambini privi di paura, privi di timidezza, anime pure iniziate al gioco della vita forse troppo presto ma vedeva in loro tanta determinazione.
Giovani e belli, irriverenti, figli di un amore grande e luminoso come un diamante e come un diamante, pieno di sfaccettature dai colori brillanti.
Rimase immobile ad osservare quell'immagine tanto bella, le loro parole, i loro discorsi “Tua figlia è terribilmente furba Helena” “Se la costringi a giocare poi aspettati delle conseguenze” ma Nils non rispose, si limitò a sollevare il mantello.
Una freccia di legno dalla punta leggermente stondata era conficcata nel tessuto pesante “Ha toccato il cuoio delle protezioni” esclamò estasiato “Sta diventando davvero brava ed Erland migliora ogni giorno di più. Altri tre allenamenti e saranno pronti per la caccia” “Non correre troppo amore mio, hanno solo cinque anni” Andrè sorrise stringendosi nel mantello.
Elin aveva le guance teneramente arrossate, il cappuccio nascondeva gran parte del suo volto ma le labbra schiuse in un sorriso erano ben visibili.
Al suo fianco Erland, lo stesso volto, gli stessi occhi, eleganza e forza espresse in una rigida postura che ben conosceva e Niklas, il primo tra loro, l'erede prezioso di una grande dinastia.
La voce di François invase di nuovo il silenzio allontanando le loro parole “Quello che ora avete davanti è l'immagine del futuro. Un dono così grande va protetto” “Dovrebbero giocare tutto il giorno, scoprire il mondo nella dolcezza dell'infanzia imparando a riconoscerne le emozioni” “E voi cosa ne sapete?” si voltò verso l'uomo, un sorriso debole sulle labbra e la mente di nuovo al tempo passato “Ho già visto questa scena ormai molto tempo addietro. Non c'è niente di buono in un futuro preparato” François rise divertito da quella risposta inaspettata.
Spinse più su gli occhiali concentrandosi sul volto del giovane davanti a sé “Questi piccoli umani che tanto vi affannate a proteggere non hanno bisogno di avervi come paladino. Niklas parla fluentemente cinque lingue diverse, i suoi fratelli stanno imparando ora la quinta. Usano la spada, l'arco, le pistole. Conoscono l'arte della ragione perché è in un'età tenera come la loro che si scopre il piacere della conoscenza” fece un bel respiro portandosi le mani dietro alla schiena “Il loro mondo è fatto di vallate colme di neve, cieli dove il sole non sorge mai e luci del nord che riempiono il cuore di sogni. Nessuno vieta loro di giocare ogni volta che lo desiderano, possono perfino chiedere la luna al padre e saranno accontentati” “E cosa accade se la luna decide di non piegarsi alla volontà del duca?” “Allora verrà spiegato loro il motivo di tanta irriverenza” ma l'espressione sfinita sul volto di Andrè lo costrinse a continuare “Non giudicate le nostre tradizioni, non le conoscete” “Non voglio. Tutto quello che desidero è uscire da qui assieme a mia moglie” “Avete scelto di dormire nelle stalle, vostra moglie sarà accontentata e anche voi se lo desiderate ma a palazzo non si entra vestiti di stracci, è bene che lo ricordiate” “Non ho alcuna intenzione di entrare a palazzo, se questo gioco del duca dev'essere fatto allora che sia, ma non ho alcuna intenzione di sottostare a regole sciocche” “Non prendo ordini da voi, mi limito ad obbedire e lo farete anche voi credetemi” “Non credo sapete?” “Oh si che lo farete e non perché vi verrà ordinato, sarà la curiosità a spingervi verso la mia signora e quella stessa curiosità vi allontanerà da lei prima di quanto possiate immaginare” fece un bel respiro profondo ridacchiando “Prendete questi giorni come un dono, conoscere le tradizioni di un altro popolo è sempre una cosa meravigliosa” “Ho già conosciuto le vostre tradizioni” “Avete ragione, ma ora, avete quattro ottimi motivi per restare” batté le mani ed Ulek apparve accanto a loro “Accompagna il nostro ospite alle sue stanze, che riposi, stasera la cena verrà servita presto” quella giovane sorridente e piena di vita scomparve dietro al volto duro e freddo di Ulek e così anche ogni altra parola.


Passeggiare per il parco di notte restituiva ai pensieri un po' di pace.
Sentiva su di sé gli occhi delle guardie, angeli silenziosi che vegliavano sul riposo dei loro signori.
Ma dopotutto, a lui cosa importava? Sarebbero bastati pochi giorni per tornare alla stessa vita di sempre.
La luce tenue delle fiaccole illuminava il viale regalandogli uno spettacolo leggero di ombre poi d'improvviso quella voce sbucata fuori dal nulla “Chi siete?” si voltò di colpo cercando di capire a chi appartenesse ma quando gli occhi incontrarono il volto di Elin, il respiro si bloccò a metà nel petto e il cuore accelerò di colpo.
La vide inclinare leggermente la testa di lato, dolci ciocche di capelli scivolarono fuori dal cappuccio incorniciando due occhi grandi e luminosi.
Il suo sguardo era fermo, profondo, pieno di domande, fece un bel respiro cercando di sorridere “Cosa fa vostra grazia fuori dal suo letto a quest'ora? La notte è fatta per i sogni” ma la bambina sollevò leggermente il braccio destro “O per la caccia” la luce leggera del fuoco brillò sul guanto di cuoio che le avvolgeva la mano “Vostro padre sa che siete qua fuori da sola?” “Non sono sola, ho il mio falco con me” “E cosa accadrebbe se il vostro falco se ne andasse?” “Voi non avete figli vero?” “Come fate a ...” “Perché se ne aveste avuti, la mia piccola ed innocente fuga vi avrebbe fatto sorridere e avreste cercato in ogni modo di riportarmi verso casa e invece restate lì, a guardarmi con fare confuso senza sapere bene cosa dire” “Però” esclamò stupito “Assomigliate in modo impressionante a vostra madre lo sapete vero?” la piccola sorrise orgogliosa sistemando il laccetto di cuoio sul mantello “Avete ragione, non sono bravo con i bambini” “Non mi avete risposto, chi siete?” “Un uomo comune” “E da dove venite?” “Dal mondo” “Dal mondo” sussurrò guardinga Elin “E questo mondo per caso aveva a che fare con mia madre?” “Siete sicura di avere cinque anni?” “Sei tra qualche mese” “Parlate come una donna adulta” “Mio padre dice che è un dono e che devo proteggerlo come proteggo la mia vita” era impressionante la somiglianza che quella bambina aveva con Oscar.
Era sveglia e svelta nelle risposte. Non indietreggiava, non si spaventava, perfino ora, nel cuore della notte se ne stava immobile a parlare con uno sconosciuto, rilassata, tranquilla, appariva finanche a proprio agio.
Forse era l'irrequietezza infantile o forse, la sicurezza di sapere che a pochi passi da lei aleggiava sicura la presenza di Ulek “Non avete bisogno di proteggere la vostra vita, non ho alcuna intenzione di farvi del male” “Questo lo disse anche mio cugino” “Davvero?” la bambina arricciò appena le labbra ridendo “Lo disse prima di sfilare il pugnale per tentare di ferirmi” ma lo sguardo confuso sul volto di Andrè la divertì ancora di più “I bambini francesi non giocano con le spade?” “Non le bambine vostra grazia e di certo, non in modo così ...” “Irruento? Mio padre dice sempre che la prontezza del corpo deve seguire quella della mente ma mia madre ripete che un cuore forte, anche un cuore di donna, può vincere contro eserciti interi” “E vostro cugino cosa … perché aveva ...” “Un allenamento” “Il vostro falco dov'è?” sussurrò cercando di ritrovare un minimo di controllo ma Elin non rispose, si limitò a sollevare lo sguardo sorridendo.
Nel cielo trapunto di stelle, un'ombra scura si muoveva lentamente sulle loro teste “Ha un nome il vostro falco?” “Othila” “È … è un bel nome” “Othila come la runa” esclamò quasi irritata “Perdonatemi, non credo di conoscere la vostra runa” “Non avete mai visto una runa?” scosse leggermente la testa con un'aria di sufficienza creata apposta per lui.
“Il dono di Ing, la saggezza passata dagli avi” “Non credo di capirvi, perdonatemi ma sono piuttosto stanco e dovrei ...” “Andare a riposare” Elin sbuffò alzando gli occhi al cielo “Vuoi dirmi cosa ci fai qua fuori?” “Padre io ...” “Tu hai disobbedito” il volto di Nils apparve lentamente dal buio, lo sguardo severo, le labbra tirate in una smorfia a metà tra il sorriso e la rabbia “Siete troppo protettivo” “E tu sei in punizione” “Ma io non ...” “Resterai tre giorni chiusa nella tua stanza, non cavalcherai assieme ai tuoi fratelli, niente lezioni con l'arco né passeggiate per il bosco. Passerai i pomeriggi a contemplare il significato della parola: regola” “Come avete fatto a trovarmi?” “Tua madre” la piccola sbuffò scuotendo leggermente la testa “Non puoi fare come vuoi Elin, cosa sarebbe accaduto se ti fossi ferita scendendo da quel rampicante?” “Ulek era con me” “Non mi importa. Se ti fossi fatta del male o qualcuno ti avesse portato via da noi cosa sarebbe accaduto? Le regole esistono per tenervi al sicuro, non sono fatte per essere aggirate, potevi farti male Elin” “Non è accaduto” “Non è un buon motivo per farlo accadere” tirò più su il cappuccio della figlioletta abbozzando un leggerissimo sorriso “Via ora, la tua punizione inizia da questo momento” “Come volete” “E non si ricorre a scorciatoie chiaro?” “Se pensate che mia madre possa essere una scorciatoia valida allora forse, dovreste passare i pomeriggi con me a contemplare la parola: muro” “Meno irriverenza bambina altrimenti tuo padre sarà costretto a prendere provvedimenti e se fossi in te, eviterei di passare il gioco a tua madre perché le sue punizioni superano di gran lunga le mie” diede un leggero buffetto sul volto della figlia seguendo poi con lo sguardo i suoi passi nel buio.
“Perdonatemi altezza, non era mia intenzione ...” “Che colpa avete voi?” rispose il duca “Mia figlia è piuttosto brava ad aggirare i divieti” “Vostra figlia è molto spigliata signore” l'altro rise portandosi le mani dietro alla schiena “Elin è terribilmente sveglia. La sua mente corre veloce e le parole spesso anticipano i pensieri” “Perché ve ne stupite? Sua madre è uguale” “E secondo voi, chi mi ha detto dove trovarla?” gli occhi del duca erano fusi ai suoi e in quello sguardo, leggeva nuovamente il divieto assoluto che creava apposta per lui.
Un divieto che avvolgeva Helena e i suoi figli e che perfino dopo tanti anni, era ancora lì “Mia moglie riesce a comprendere il cuore di Elin prima ancora di quanto faccia lei stessa. La seguivo da qualche minuto ormai e vi avrei interrotto prima ma resto incantato ogni volta che la sento parlare” il volto del duca cambiò nuovamente.
Viveva in lui un padre, un uomo innamorato di sua figlia che faticava perfino a parlare di lei senza che l'emozione intaccasse la voce “Amate vostra figlia più di voi stesso, non è un male dirlo a voce alta vostra grazia” “L'ho sognata” il silenzio si prese per qualche secondo il mondo attorno a loro.
Pochi attimi appena poi di nuovo la voce del duca e un cuore forte mai abituato ad aprirsi con il mondo “L'ho sognata vestita d'argento, l'ho sognata felice, bella come un'angelo lucente e quando il suo pianto mi toccò il cuore per la prima volta, capii che quell'angelo era reale, che era vivo ed era mio” Andrè restò immobile, incantato da quelle parole che mai avrebbe sperato di ascoltare dalle sue labbra, non riusciva nemmeno a muovere un passo “Amo i miei figli, darei la vita per ognuno di loro. Mi rendono orgoglioso ogni giorno di più ma una figlia ...” un debole sorriso schiuse le labbra dell'uomo illuminando il suo bel volto “ … una figlia è un dono speciale. Un regalo immenso da proteggere e custodire” “Curioso, e io che pensavo fosse l'erede maschio quello più importante” “Come può non esserlo anche una figlia?” “Questo l'avete detto al generale?” ribatté ironico ma Nils rise “Dentro il petto di Elin batte metà del mio cuore. Come potrei non amarla al pari dei suoi fratelli?” “Già” un debole cenno del capo per congedarsi e poi solo silenzio.


“Ti ha detto quando saranno pronti?” “Appena dopo Natale” tolse il mantello sedendo di fronte alla giovane “Credimi Marie, so bene che sforzo stai ...” “Fino a quando non entrerò in quella casa starò bene” Andrè sorrise guardandosi attorno.
Erano stalle ma sembravano palazzi reali.
Non c'erano odori sgradevoli, niente insetti né mosche.
Li dentro erano custoditi esemplari splendidi, ogni animale aveva il suo spazio, acqua fresca, fieno e biada e un giovinetto in grado di occuparsi al meglio dei loro bisogni.
Sorrise divertito dall'espressione della ragazza.
Era rimasta lì dentro tutto il giorno senza mai mettere piede fuori eppure, nonostante le lunghe ore di solitudine, era riuscita ad occupare la giornata trasformando quel piccolo spazio a loro disposizione, in un comodo giaciglio per la notte.
Il fieno soffice al posto del materasso e lenzuola candide che Inga aveva fatto recapitare.
Ogni cosa in quella stalla era un insieme di contraddizioni, il profumo del fieno, il marmo candido dei ripari, un letto che assomigliava ad una tana di qualche animale coperto da tessuti preziosi e vassoi d'argento sui quali riposavano tazze, manicaretti e posate.
“Cosa vogliono?” “Da me? Nulla Marie, solo chiedermi scusa a quanto pare” “E ci vogliono giorni per farlo?” “Non lo so” “Sono cinque lettere, si possono pronunciare in pochi secondi” sbottò irritata ma lui rise slacciando il bottone della camicia “È cambiata?” “Chi?” “Oh andiamo, lo sai di chi parlo!” “No, è sempre la stessa” “Ed è la stessa di sempre perché è così o perché sei tu che la vedi così?” “Non so dirtelo nemmeno io” “Mileg mi ha detto che i suoi figli sono angeli” “Mileg?” domandò confuso ma la giovane annuì ridendo “Il figlio del custode” “Oh … non l'ho visto qui attorno e non ...” “Hai visto i suoi bambini?” annuì appena sospirando “E?” “E Mileg ha ragione, sono angeli” “A chi assomigliano?” “Marie ...” “Ti prego, ho bisogno di parlare di qualcosa che non sia fieno o cavalli, oggi è stata una giornata complicata” strinse la mano attorno alla sua “Parliamo di altro ti va?” “Perché?” “Marie, desidero solo tornare a casa, non ho bisogno di vecchi ricordi o ...” “Quanti figli ha?” “Perché vuoi saperlo?” “Ho sempre pensato che una giovane come lei, una duchessa tanto forte e bella avrebbe avuto più di un figlio” “Quattro, sono quattro” il bel volto della ragazza s'illuminò di tenerezza.
Conosceva bene quell'espressione, era la stessa che riservava ai bambini “Visto? Il piccolo Niklas ha dei fratelli” “La solitudine dell'infanzia è meno difficile da sopportare assieme ad un fratello” “La tua duchessa non ha forse cinque sorelle?” “Quante di loro sono state cresciute come un uomo?” un spiffero d'aria fredda sfiorò la schiena della giovane costringendola a tremare.
Si sdraiò sul letto avvolgendosi nella coperta “Domani mattina incontrerò il duca” “Perché?” domandò confusa ma lui sorrise sfiorandole il volto “Non aver paura, non può accadere niente di male” “L'hai detto anche in Svezia e sono morte persone innocenti” “Questa volta è diverso” “Perché d'improvviso il cuore di ghiaccio che ora le batte nel petto è cambiato?” “No Marie, quel cuore è sempre lo stesso” gli occhi si persero su qualcosa di invisibile, un punto indefinito di fronte a sé “Andrè?” “Dovresti vederla giocare con i suoi figli. È felice, è sé stessa, quella giovane donna che io ho conosciuto e che non appartiene a questo mondo” “Tu sei ancora ...” “Non essere sciocca” ribatté divertito dandole una leggerissima spinta “Le voglio bene, un bene tremendo e mi manca da morire parlare assieme a lei” “Perché non lo fai allora! Puoi vederla, il duca ti concede la sua vicinanza, perché non lo fai Andrè” “Perché è lei a non volerlo” “Ma se hai appena detto ...” “Non mi vuole nel suo mondo e io non voglio lei, passerà Natale e ogni cosa tornerà al proprio posto” “Ne sei sicuro?” “Ora basta, è ora di dormire, domani sarà una giornata piuttosto lunga” le fece l'occhiolino tirando più su la coperta.
In fondo non era così difficile, Natale sarebbe arrivato presto e così anche il ritorno a casa. 
  
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