Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: HeyAM    15/10/2016    1 recensioni
Quando lo vide la prima volta, nella sua uniforme, il sangue le si gelò nelle vene. Non era il primo tedesco che vedeva, ma lui era tutta un'altra cosa, quel teschio sul copricapo urlava morte.
Ha dato lui l'ordine lui di uccidere la moglie, vive per l'ideologia di Adolf Hitler, l'uniforme lo ha divorato.
Per lei il rosso è il colore dell'amore, per lui quello del sangue, ma cosa succede se si incontrano?
Dal prologo:
E lui era lì, guardava con sguardo freddo ciò che accadeva attorno a lui, dava l'impressione di essere alto anche se era seduto, le mani erano coperte dai guanti di pelle nera. Gli occhi azzurri dell'uomo la congelarono, sentì una strana sensazione dentro di sé, le cose sarebbero cambiate.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando finì la lettera la posò sul letto accanto a sé, prese di nuovo la bottiglia e se ne versò altre due dita, un'altra volta mandò giù tutto d'un sorso, rimase a guardare il bicchiere vuoto per qualche istante e poi lo scagliò contro la parete che si ruppe in mille pezzi, avrebbe fatto pulire la mattina dopo. 
"Scheiße." Merda, urlò lui in un attimo di sfogo per poi posare i gomiti sulle ginocchia e portarsi la fronte contro i palmi delle mani. 

Prese poi la busta e da questa tirò fuori la foto di cui Hannah parlava nella lettera, sorrise appena vedendo quel bambino biondo proprio come lui, anche gli occhi erano dello stesso colore. Non era grasso ma si vedeva che non gli mancava il cibo, a differenza di molti altri ragazzi della sua età in periodo di guerra, aveva uno sguardo furbo ma nel complesso era un ragazzino tenero. Dimostrava forse qualcosa di più dei suoi sei anni appena compiuti.
Era cambiato tanto da quando aveva visto per l'ultima volta una sua foto e si rammaricò di ciò. Da quando era partito per la guerra, più di quattro anni fa, lo aveva visto tre volte e solo per pochi giorni, ma non poteva farsene una colpa, era così per quasi tutti i soldati e l'idea di combattere per il suo futuro lo aiutava molto. Guardò un'ultima volta la foto per poi piegarla in due e infilarla nella tasca interna della giacca della divisa che ancora portava.
Fatto questo procedette a togliersela e spogliarsi per poter andare finalmente a letto, anche se, pure questa volta gli ci volle diverso tempo per mettere da parte i pensieri e chiudere gli occhi.



La lettera di Luciano aveva portato un'ondata di buon umore e speranza in casa Colli, la madre aveva pianto dalla gioia di sapere il figlio ancora vivo e suo padre aveva sorvolato sulle due bottiglie di vino andate in mano ai tedeschi.
Insieme avevano provveduto alla scrittura della risposta, in realtà era stata solo Elisabetta a scrivere e gli altri avevano dettato le loro frasi, ma era stato un bel momento spensierato, come da tanto tempo non se ne vedevano. 

L'indomani, con la lettera tra le mani, si era recata di prima mattina al comando per consegnare la busta, meglio non perdere tempo. 
Si sentiva incredibilmente tranquilla seppur dovesse entrare in quel luogo che certo non era custode di bei ricordi per lei. 
Come la volta precedente fu scortata nell'ufficio di Schwartz dal soldato che parlava italiano e lasciata davanti alla porta del suddetto bussò. Immancabile sentì la voce ordinare qualcosa che lei presunse essere un invito ad entrare e senza esitazione, questa volta, aprì la porta.

Schwartz sedeva impeccabile nella sua divisa grigia antracite dietro la grande scrivania di mogano che una volta apparteneva al sindaco.
"Buongiorno." Salutò lei rispettosa, un po' timore verso quell'uomo così imponente era normale. 
"Elizabeth." La apostrofò la SS atono. "La lettera è già pronta o devi negoziare la liberazione di qualcuno?" Domandò lui sollevando appena il sopracciglio destro e svelando un sorrisetto ironico e questa volta lei rispose a questo.
"Oh no, non vorrei costringerla a capitolare un'altra volta." Rispose sorridendo raggiante.
"Non sarò così magnanimo la prossima volta." Disse l'ufficiale ora più serio, lei annuì.
"Non l'ho ancora ringraziata." Lui fece solamente un cenno del capo come risposta. 
"Eccola qui." Disse quindi lei estraendo la vista dalla borsa che portava con sé.
"Quando potrà tornare a casa?" Domandò poi lei, lui scosse le spalle.
"A guerra finita presumo." Disse il biondo vago. Lei annuì sospirando mente posava la missiva sulla scrivania dell'uomo.
"Ci vorrà ancora tanto?" Chiese quindi lei mentre lui con un cenno della mano destra le faceva segno di prendere posto davanti a lui su una delle due sedie, cosa che lei fece in attesa di una sua risposta.
"No, la guerra è quasi vinta" e voleva esserne così convinto come sembrava. "Solo che voi italiani ci avete complicato le cose." Constatò col suo marcato accento tedesco.
"Non capisco perché lei si ostina a dare la colpa a tutti noi, tanti di noi neanche sanno cosa succede in guerra."  Protestò la ragazza guardando l'altro negli occhi per una delle prime volte.
Schwartz attento la osservò per poi sospirare.
"È un discorso più complesso di quanto possa sembrare." Disse atono, in risposta lei scosse il capo.
"Non è vero, è semplicissimo, io capisco che voi state facendo il vostro lavoro, ma alla fine la popolazione qui che colpa ne ha se chi ci governa ha fatto delle scelte?" 
"Non mi sembra che nessuno di voi si sia ribellato, se qualcuno si è ribellato si è ribellato a noi." Ribatté prontamente l'uomo ricambiando lo sguardo. 
"Ma come potevamo? Qui sono rimaste solo le donne e gli anziani, l'unica cosa che importa a noi di questa guerra è che Luciano torni a casa e che per un qualche motivo qualcuno ci spari..." sospirò lei. "Lei non preferirebbe tornare in Germania? Non le manca qualcuno?" Domandò quindi la giovane italiana.
Il biondo scrollò le spalle. "In un momento questo non importa cosa voglio, importa cosa serve alla mia Heimat, la mia patria." Rispose lui spaventandola per quanta convinzione mise nelle sue parole.
"Ho capito..." commentò Elisabetta non sapendo davvero che altro dire a quelle parole. 
Il tedesco la studiò attento per poi sospirare.
"No, non credo tu possa." Disse accennando un vago sorriso di rassegnazione.
La ragazza annuì. "Già... Ma se potessi almeno non passerei la mia vita ad interrogarmi se ciò è giusto o no." Ammise sincera. "Insomma vi ammazzate tutti a vicenda e noi siamo nel mezzo senza poter fare nulla, da una parte ci siete voi che siete arrivati qua e..." e si interruppe, non poteva andare avanti o ne sarebbe andato della sua vita. 
"E?" Divertito l'uomo esortandola ad andare avanti. 
Lei scosse il capo. "Nulla..." a questo punto lui si alzò sorpassando la scrivania e poggiandosi a questa così da essere affianco alla ragazza.
"Suvvia sono curioso." Continuò tentandola.
"Così poi avrebbe un pretesto per spararmi? Sempre se le serve sul serio..." sospirò lei, aveva già detto decisamente troppo.
"Ti dò la mia parola, non succederà nulla." Elisabetta lo guardò come per capire se fosse sincero e lui capendo le sue perplessità si limitò ad annuire con un cenno del capo e lei credette di potersi fidare di lui.
"Io non ho nulla contro di voi" sperando che potesse aiutarla dire ciò. "però voi venite in casa nostra come se fosse vostra, vi comportate da padroni e noi non possiamo fare assolutamente nulla, solo sperare che a voi per qualche motivo non venga in mente un motivo per avercela particolarmente con qualcuno di noi. Come se l'unica cosa che voleste fare nella vita " Disse tutto d'un fiato. 
Schwartz la guardò per poi sospirare. 
"Non sai quanto ti sbagli." Elisabetta sembrava non capire, lo guardò attentamente come per capire ma lui non diede spiegazioni.

E fu in quel momento che accadde l'impensabile. Lui si spostò davanti a lei e in un attimo si chinò su di lei e le posò la mano dietro il collo.
"Questo è quello che voglio fare ora." Replicò solo ora l'ufficiale a bassa voce e senza darle modo di rispondere le sue labbra andarono a trovare quelle della giovane donna.
Quelle dell'uomo, audaci, cercavano di farsi spazio su quelle della ragazza che impassibile lasciava fare al tedesco. 
Solo ad un certo punto sembrò risvegliarsi, si diede una spinta coi piedi e spostò indietro la sedia alzandosi in piedi.
"Lei..." mormorò attonita al tedesco che solo ora probabilmente si rese conto di cosa aveva davvero fatto, visto come la guardava incredulo.
"Elizabeth vai a casa." Disse solo, ancora sconvolto al pari della ragazza che non se lo fece ripetere due volte e spalancò la porta uscendo fuori di corsa.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: HeyAM