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Autore: FairySweet    23/10/2016    3 recensioni
L'aveva lasciata andare o almeno ci aveva provato. Non poteva restare ancorato ai suoi occhi, non poteva vivere dei suoi ricordi perché altrimenti si sarebbe perso nel mare vuoto delle lacrime.
Ora però, in quel dipinto ancora mezzo vuoto, prendeva vita un volto d'angelo che costringeva il respiro a rallentare ...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                Lupi





Sorrise stringendola più forte a sé “Sei troppo bella per questo pover'uomo” sarebbe rimasto così per sempre, sdraiato in quel letto profumato con la schiena della sua sposa sul petto, il collo a pochi centimetri dalle labbra e le mani intrecciate alle sue “L'uomo che mi stringe ora non mi ama forse?” “E come dovrebbe ...” “Ami solo la mia bellezza?” domandò divertita ma lui scosse leggermente la testa “No?” domandò scivolando via ma le mani di Nils si strinsero con forza attorno a lei tirandola di nuovo verso di sé “State attenta duchessa, non tutti sono generosi e magnanimi come lo sono io” “Nemmeno l'ambasciatore?” Nils sbuffò alzando gli occhi al cielo “Che c'è?” “Non mi piace quell'uomo, è irritante e sciocco” “Non è per caso colpa del raggiro ai danni di tuo padre?” “No” la risata della giovane riempì il suo cuore riversandosi come acqua fresca sulle ferite “So cosa mi chiederà, stai tranquillo, la mia risposta è sempre la stessa” “Non giocare troppo con lui, è svelto di mente e abile nei raggiri” posò la mano su quella della giovane giocando con le dita affusolate “Non permettergli di vincere” “L'ho mai fatto?” un debole sorriso sfiorò le labbra dell'uomo “No, hai ragione amore mio” “Perché non chiede udienza a te?” “Non arriverebbe da nessuna parte, chissà per quale sciocco motivo, è convinto che la mia sposa sia più tenera e facilmente malleabile. Forse pensa che una tua parola possa smuovere mio cugino” “Ma cos'hanno questi uomini che non va?” domandò divertita voltandosi appena, le labbra sfiorarono le sue in un bacio dolcemente tenero “Nils, se non mi lasci ho idea che l'ambasciatore mi incontrerà svestita” “Non giocare con me” “Lo sai vero che sono svegli?” “È l'alba, troppo presto per i bambini, niente giochi all'alba” le labbra si unirono nuovamente chiudendoli in un mondo fatto di tenerezza “Profumi di pesca” “Davvero?” “Da quanto sei sveglia amore mio?” “Poco” “Bugiarda” la vide sorridere mentre le dita si intrecciavano nuovamente le une alle altre “Che c'è?” “Devo essere stata davvero molto buona in passato”sfiorò le labbra della giovane perdendosi nell'azzurro cristallino dei suoi occhi poi un altro bacio, più dolce del primo, più tenero “Sono svegli” “Allora ...” la mano scivolò sulla schiena di Helena fino alla coperta, le dita si strinsero attorno al tessuto nascondendo quel corpo meraviglioso alla luce del sole “ … dobbiamo porre rimedio a questa cosa, se non ci vedono non hanno alcun motivo per chiamarci” “Nils, sono svegli” “Io non credo di aver sentito nulla di …” la porta si aprì lentamente rivelando il faccino ancora assonnato di Erland.
I capelli scompigliati e la mano stretta a quella della sorellina “Come fai?” sussurrò Nils alzandosi appena “Ben svegliati angeli miei” Elin sollevò le braccia verso di lui lasciandosi cullare, il fratello si arrampicò sul letto rifugiandosi tra le braccia della madre “Hai dormito bene?” posò le labbra sulla testolina di Erland giocando con i suoi capelli poi la voce di Inga e il suo volto pieno di allegria.
“Un regalo per voi altezza reale” “Un altro?” “Vostro padre teme di non essere stato un buon padre negli ultimi anni” “E gli anni passati non contano perché?” “Colpa mia” sussurrò l'uomo “Gli ho detto che la distanza spesso cambia la visione delle cose e delle persone. Sono passati due anni dal vostro ultimo incontro e ...” “Lo vedrò domani” “Conosci tuo padre Helena? Non si darà pace fino a quando non ti stringerà tra le braccia” Elin sbadigliò lasciandosi cullare dalle braccia del duca “Mio figlio?” “È sveglio da ore signor duca” “Sta svolgendo i suoi compiti?” “Non ho mai visto nessuno così diligente” mormorò orgogliosa la vecchina legando le tende.
La luce entrò limpida dai vetri costringendo Erland a nascondere il volto sul seno della madre mentre Inga osservava intenerita la scena.
Un padre e una madre e nulla di più. In quella stanza non c'erano duchi né duchesse, solo due genitori giovani, belli, legati da un amore che ora non aveva più ombre né segreti.
Giocavano con i figlioletti senza preoccuparsi della sua presenza, senza preoccuparsi delle cameriere che entravano e uscivano da lì “Dovreste vestirvi duchessa, tra qualche ora inizieranno le udienze” “Puoi fingere di non ridere?” domandò indispettita “Ci provo amore mio, ci provo davvero ma l'ultima volta che ti ho vista condere un'udienza ...” la risata nacque spontanea dal cuore e frammentando le parole.
Sua moglie odiava concedere udienze, più di una volta le aveva permesso di scappare via ma i nobili svedesi in Francia, desideravano incontrare quella duchessa tanto bella che i loro figli, nostalgici di una terra lontana, descrivevano come un dipinto vivente e forse, lei ad una di quelle ancelle impresse nella tela ci assomigliava davvero.
Osservava ogni suo movimento, le gambe che scivolavano di lato, le mani strette attorno al lenzuolo, la linea delicata della schiena.
Ogni muscolo si tendeva veloce rivelando ombre e disegni che aveva impresso a fuoco nella memoria.
La veste da giorno venne allacciata nascondendo ogni sprazzo di pelle.
Le mani della vecchina si mossero abili sollevandole i capelli, attorno a lei tre giovani volteggiavano silenziose prendendo nastri, gioielli, stoffe preziose.
Sotto la guida severa della governante ogni gesto venne eseguito all'unisono come se in realtà, a vestirla fosse una sola donna e non tre.
Il corpetto venne stretto leggero sul seno di Helena, la vide annuire, una risposta silenziosa a qualche sciocca domanda e poi muoversi seguendo il tocco di Inga.
Non c'erano stecche fastidiose né costrizioni, il suo corpo era semplicemente ciò che la natura le aveva regalato, quello che faceva impazzire suo marito e che lei era così orgogliosa di mostrare al mondo.
Le ragazzine strinsero i lacci dell'abito sollevandone le maniche, il tessuto vuoto si riempì di colpo modellandosi sulle curve del suo corpo.
Il guscio vuoto fatto di stoffa divenne improvvisamente uno scrigno segreto custode di battiti e respiri.
Inga sciolse i capelli di Helena prendendone tra le dita ciocche setose.
Ne intrecciava una all'altra giocando con sottilissimi fili di perle che avevano l'unico compito di renderla luminosa.
Un giro, un altro ancora fino ad ottenere una treccia stupenda che sciolta arrivava fino all'incavo della schiena ma che, nonostante la perfezione, non apparteneva alla moda francese.
Una donna con i capelli così acconciati a corte sarebbe stata scambiata per pazza, una sciocca priva di gusto proveninete da chissà quale landa selvaggia ma a lei non importava poi molto.
Abituata a vestire abiti pregiati che lasciavano al corpo libertà di movimento, non si curava molto delle chiacchiere né si preoccupava di sollevare quelle trecce complicate, lunghe e perfette che illuminavano il suo sorriso.
Ma per una volta soltanto, la libertà solitamente espressa nei gesti venne imbrigliata come l'acqua dalla pietra perché in quel mondo fatto di eleganza ed eccessi, viveva un generale dell'esercito di sua maestà poco avvezzo a tali cambiamenti.
Inga sfilò dal portagioie una spilla luminosa tornando a concentrarsi sul proprio lavoro.
Il diamante era stato tagliato da mani abili e l'argento che lo racchiudeva ne rendeva la luce simile più che mai ad una stella.
La treccia venne sollevata e raccolta su sé stessa fermandosi appena sopra il collo, un ultimo giro poi il diamante bloccò i nodi setosi “Siete perfetta” sussurrò la vecchina posando le mani sulle spalle della giovane “Una principessa perfetta” “Sono ben lontana dalla perfezione sai?” la vocina di Erland invase leggera il loro discorso “Padre, mi racconti una favola?” Nils strinse più forte a sé i bambini sorridendo “La notte è fatta per le favole, la mattina invece, per i giochi” “Niente giochi prima di colazione” sussurrò Helena chinandosi leggermente verso la piccola “Non è bella la mamma?” domandò divertito il duca “Indossa un'abito dai colori dell'ambra che nessun'altra al mondo ha il privilegio di possedere ...” le dita si strinsero teneramente attorno al suo polso costringendola a ridere “ … ha occhi di mare dipinti da Odino e la bellezza di Freija” “Mamma è un gioiello” “Esatto” esclamò divertito “La mamma è un gioiello” “Un gioiello prezioso che deve incontrare ospiti molto importanti” esclamò Inga tirando la giovane leggermente indietro “Dovete finire di prepararvi altezza” “Sono pronta” “Lo sarete quando lo dico io” “Ma non credo di dover ...” “Siete la stella più luminosa del firmamento, non crederete davvero che vi lasci uscire là fuori come una stracciona!” lottare con Inga era inutile, assomigliava in modo impressionante ad un muro di pietra invalicabile.
Fece un bel respiro sedendo di fronte allo specchio ma lo sguardo severo della donna non seguì i suoi passi al contrario, restò ben saldo sul volto del duca “Voi?” “Io cosa?” domandò confuso Nils giocando con la manina di Elin “Avete intenzione di alzarvi?” “Curioso, credevo di dover andare incontro a mia madre nel pomeriggio” mormorò ironico ma la vecchina non rispose, posò le mani sui fianchi costringendolo sospirare “In un'altra corte saresti stata punita” “Fortuna che sono nella vostra allora” “Inga, possiamo avere i tuoi biscotti?” “Certo principe però ora ...” aiutò il bambino a scendere dal letto ridacchiando “ … via di qui, vostro padre deve vestirsi” Elin seguì il fratello e prendendo la mano di una giovane cameriera, lasciò la stanza.
Un paravento finemente decorato venne fatto entrare nascondendo agli occhi delle serve il duca “Ecco il fastidio delle camere comuni” mormorò irritata la governante invitando gli attendenti ad entrare “Che bisogno avete di restare qui dentro giorno e notte?” “Mia moglie” Helena rise perdendosi qualche secondo nel sorriso di Corinne “Dico solo che se aveste dormito nella vostra stanza ora, non ci sarebbe questo problema” “Sei fastidiosa Inga, te l'ho mai detto?” un giovinotto dall'aria svampita si avvicinò al duca con una camicia candida tra le mani.
Ci mise pochi secondi a vestirsi e quando riapparve davanti alla governante, lo sguardo che lesse sul suo volto liberò una risata meravigliosa “E secondo voi siete presentabile?” “Quanto basta per raggiungere le mie stanze e vestirmi adeguatamente” “La camicia mezza slacciata, i capelli sciolti, a volte mi chiedo chi vi abbia allevato” “Diciamo solo che tu hai avuto ampio merito nella mia crescita” “Era un duca che speravo diventaste, non un orso di montagna privo di buone maniere” ma l'altro rise lasciando un bacio sulla guancia della donna “Ci vediamo più tardi amore mio” un debolissimo sì, un bacio leggero poi solo il silenzio attorno a lei.




I minuti passarono veloci, il via vai di cameriere cessò di colpo mentre e una donna bella ed elegante prese vita davanti allo specchio “L'ambasciatore è già arrivato?” “Si altezza reale” “Puoi andare Corinne, grazie” un debole inchino poi un sorriso leggero e il suono dei passi nel corridoio.
Camminava tranquilla con lo sguardo fiero di chi può piegare il mondo intero ai propri piedi e forse lei, questo potere l'aveva davvero.
La schiena dritta, le spalle rilassate, aveva perso da anni ormai il passo cadenzato dei soldati tuttavia, conservava nella postura l'imposta eleganza che rendeva ogni suo movimento leggiadro.
Le guardie schierate lungo il corridoio abbassavano lo sguardo al suo passaggio a.
Una porta, un'altra ancora poi gli occhi verdi di quel giovane irriverente che senza vergogna alcuna spiava il suo volto “Vi siete perso?” “Vostro marito desidera vedermi ma temo di aver sbagliato strada” chinò leggermente il capo indietreggiando di un passo ma la giovane sorrise “Mi dispiace lasciarvi solo ma ho delle udienze che mi aspettano e ...” “Da quando concedete udienze?” “E voi da quando fate domande così irriverenti?” Andrè socchiuse appena gli occhi studiando il suo volto.
Cercava di leggervi qualcosa di diverso dall'ironia che le colorava la voce ma non c'era nient'altro se non pura e semplice sfida “Mio marito al momento è occupato e credo lo sarà per le successive sei ore. Mi dispiace privarvi della sua compagnia ma ci sono questioni urgenti che richiedono la sua presenza. Tuttavia ...” si fermò qualche secondo giocherellando con la collanina “ … potete accompagnarmi se lo desiderate” “No, io non credo sia ...” “Opportuno? Consideratela una visione diversa sulla vita politica del paese, e inoltre, colmerete l'assenza di mio marito per qualche minuto” l'espressione su quel volto di perla divenne improvvisamente più delicata.
Forse era colpa sua, forse non era abbastanza forte ma era certo ormai, che nella sua voce, nei suoi occhi, nel battito di quel cuore non vi era più nulla di loro.
Era andata avanti, era stata più brava di lui e guardando al domani, aveva costruito una vita preziosa che si era cucita addosso come un abito pregiato.
Fece un bel respiro annuendo.
Fecero poca strada prima di fermarsi davanti al cerimoniere, le porte vennero aperte e la voce dell'uomo si sparse per la grande sala.
C'erano uomini in divisa, nobili, dame costrette in pesanti vestiti, i loro occhi inchiodati all'incedere elegante della giovane, le voci sussurravano, lodavano senza nemmeno preoccuparsi di quell'uomo sconosciuto che camminava pochi passi dietro di lei.
“Uno alla volta Julius” “Come vostra grazia desidera” attraversarono quel mare vivente fino ad una camera più piccola e decisamente più accogliente.
Le porte vennero chiuse e il silenzio invase di nuovo ogni angolo.
Al centro della sala una poltrona di velluto rosso che recava sullo schienale il simbolo della famiglia reale svedese e al suo fianco, due scranni più piccoli sui quali sedevano due uomini dall'aria altera.
“Altezza reale” mormorò uno di loro baciando la mano della giovane “Oggi siete uno splendore” “E voi siete troppo buono consigliere Aström” “Sciocchezze, è mio compito dirvi sempre la verità” lo sguardo dell'uomo si posò confuso sul volto di Andrè “Non preoccupatevi, è un amico di mio marito, è solo desideroso di conoscere il meccanismo che muove il complicato mondo delle udienze” “Sono sempre onorato di conoscere uomini assetati di conoscenza” Helena rise divertita da quell'attimo di imbarazzo che lo costrinse a trattenere le parole.
Sedette silenziosa posando una mano sul bracciolo, sembrava una di quelle dame altere che molte volte aveva visto nei quadri, con lo sguardo freddo, l'espressione infastidita da quella cerimonia che mal sopportava eppure, nonostante tutto, in quel mondo lei ci stava più che bene.
La voce del ciambellano irruppe nel silenzio “L'ambasciatore francese De Rembrant” “Di nuovo lui” sussurrò irritata “Di nuovo qui per voi” “Per le sue sciocche richieste vorrete dire. Mio marito è piuttosto contrariato dal suo comportamento, ho idea che il nostro ambasciatore durerà poco” il vecchio rise divertito mentre un uomo impettito si avvicinava alla giovane.
Era basso e sgraziato, indossava un abito troppo stretto di un colore strano, a metà tra la porpora e il rosa.
Sul naso aquilino portava un paio di occhialini buffi e tondi che mal si addicevano al suo volto“Vostra grazia è oggi più bella del sole stesso” “Oggi il sole non c'è, ambasciatore” l'uomo trattenne qualche secondo il fiato esibendosi in un profondo inchino “Il sole è sempre splendente anche quando le nubi lo avvolgono” “Siete qui per parlarmi del tempo?” “No vostra grazia, sono qui per parlarvi dell'accordo tra Francia e Svezia” Aström tossicchiò aprendo un libro dalle pagine ordinate “Di quali soldi stiamo parlando signore?” “Perché dovremo parlare di soldi?” “Se un'ambasciatore francese chiede un'incontro urgente con la mia signora, qualcosa vorrà pur dire non siete d'accordo?” “Siete a conoscenza del motivo per cui esistono questi pagamenti?” domandò Helena appoggiandosi dolcemente allo schienale.
Le mani giocavano lente con il laccio del corpetto e gli occhi scavavano profondi solchi nella mente dell'uomo che aveva di fronte, un uomo piccolo di statura, dall'aspetto goffo ma veloce di pensiero.
Conosceva bene l'ambasciatore francese, era noto per un'insolita capacità di raggiro che mal si accompagnava alla filosofia svedese “Non vorrete forse dirmi che la famiglia reale, così all'avanguardia nel modo di pensare, è in grado di portare rancore vero?” “Vi siete divertito ad aggirare con sciocchi trucchetti mio suocero, come potrei portarvi rancore?” “Sono passati due anni altezza reale” “Dunque è vostro desiderio vedermi approvare la richiesta che portate con voi?” “Se la maestà vostra ci concede questa grazia” “E perché dovrei farlo?” domandò gelida, Andrè trasalì stupito dalla freddezza della giovane.
Era svelta nelle risposte, abile e preparata, in qualche modo la copia esatta del generale dallo sguardo spietato che in passato l'aveva costretta a lunghi allenamenti con la spada “Siete al corrente della situazione che vive in Francia? Diciamo solo che la povera gente di Parigi ve ne sarà molto grata” “La povera gente di Parigi non ha motivo per ringraziare una duchessa svedese. La fame e la povertà che vivono nelle vostre strade è colpa di una politica scellerata che offre come risultato sprechi e miseria” “Quindi rinnegate la contessa francese che una volta viveva in voi? Questo non me lo sarei mai aspettato da un colonnello delle guardie reali” Helena sorrise e nei suoi occhi apparve l'ombra leggera dell'ironia “Come potrei rinnegare il sangue che mi scorre nelle vene? Sono orgogliosa del mio passato” le mani caddero dolcemente nel vuoto mentre la dama dagli occhi di ghiaccio, si alzava lenta dal suo trono.
Un lupo in caccia, un lupo che non temeva il giudizio né il confronto, camminava verso l'ambasciatore incurante dei suoi sguardi fin anche troppo spinti, incurante di ogni cosa.
Un passo, un altro ancora “Ma ho sposato un duca svedese, un granduca per l'esattezza. Il cugino del re, così vicino al sovrano da considerarsi prossimo nella linea di successione al trono se il nostro re lo desidera” “Si, sono al corrente di tali informazioni” la giovane annuì elegantemente muovendosi leggera attorno a lui “Siete allora al corrente della mia posizione ambasciatore” “Avete l'aria confusa giovane signore” sussurrò l'anziano consigliere avvicinandosi ad Andrè.
Nei suoi occhi c'era allegria e orgoglio in quel sorriso freddo quasi quanto l'inverno “Come ci riesce? Come riesce ad oscurare perfino i suoi pensieri? Non riesco a capire come ...” “Si che lo capite, voi la conoscete bene” “Cosa ve lo fa credere?” “Gli occhi non mentono ragazzo. Vi conoscete da tempo perché nello sguardo della mia signora c'è tranquillità, una pace data dall'avere accanto un amico di lunga data e non un semplice conoscente del marito” “Non siamo più così amici signor consigliere” “No è vero, ma vi sorride il cuore quando ascoltate le sue parole” “Veramente, mi aspetto di vederla trapassare da parte a parte il corpo di quel pover'uomo” “Le parole tagliano più di una lama” seguì lo sguardo del vecchio tornando ad incontrare quella scena confusa.
La giovane camminava serena attorno all'ambasciatore, il volto leggermente sollevato dall'orgoglio, le labbra schiuse nel sorriso irrisorio più bello del mondo “Mio marito è un uomo potente, un uomo che tollera male i ricatti, specialmente se questi sono fatti a suo padre” “Per questo manda voi? Si nasconde dietro al volto d'angelo della sua sposa pur di evitare il confronto” “Non ho alcuna intenzione di lasciar cadere quel beneficio ambasciatore. Riferite pure ai vostri sovrani che l'alleanza con la Svezia ha un costo e che diciassette anni fa, per mano del duca Choiseul fu redatto tale contratto” “Condannate il popolo alla fame così facendo” “Perché venite da me? È con sua altezza Gustavo che dovete parlare, io non ho alcun potere al riguardo” si fermò davanti a lui “Non posso sciogliere un regio decreto lo sapete bene” “Avete ragione ma vedete, sappiamo entrambi che l'unico modo che ho per restituire un po' di respiro al popolo, è la vostra parola con il sovrano svedese” “Perché dovrei farlo?” “Entrambi sappiamo che il re non è insensibile alle vostre richieste” “Vi prego di ricordare ambasciatore che è con una granduchessa che parlate ...” strinse più forte le labbra cercando di trattenere la rabbia “ … non con un'amante del re” due guardie si mossero rapide portandosi al suo fianco ma ad un cenno del capo, indietreggiarono di nuovo riponendo le armi.
“Voi desiderate una parola buona con il mio sovrano? Ebbene, ecco il patto” il consigliere accanto ad Andrè sospirò portandosi una mano alle labbra.
Giocava con i lunghi baffi candidi mormorando qualcosa in una lingua a lui sconosciuta, un gesto semplice eppure intriso di preoccupazione “Scioglieremo il beneficio annuale di mezzo miliore di lire ma l'esercito svedese riterrà sciolto con esso anche il patto tra i nostri sovrani” “Non potete farlo, abbiamo bisogno dei vostri uomini per ...” “Per cosa? Forse le loro altezze reali non sono in grado di difendersi con il proprio esercito?” André trasalì cercando un motivo, anche una stupida scusa per comprendere quelle parole.
Oscar era sempre stata molto legata alla regina Maria Antonietta ed ora, quella tenera amicizia nata nell'adolescenza, appariva come una scialba immagine di un ricordo senza più alcun valore “Il popolo è affamato, i bambini muoiono per le strade e nessuno ha più un soldo nemmeno per curarsi. Quanto pensate possa durare ancora?” “Le scelte di sua maestà Luigi XVI sono ponderate e prese con il massimo rispetto nei confronti del popolo” “E sua maestà sa cos'accade al di fuori delle mura sicure della sua casa?” sbottò irritata avvicinandosi di un passo “Non si governa con la frusta né si sfrutta il popolo fino alla fame. Una nazione, una grande nazione come lo è la vostra ambasciatore, merita dei regnanti capaci, sovrani in grado di comprendere la paura che ora si insinua per le strade” “E che ne sa una granduchessa svedese della paura? Avete tradito la vostra nazione, avete disonorato il nome di vostro padre sposando un uomo che non ha mai tollerato qualsiasi cosa provenga dalla Francia!” “Se questo vi infastidisce allora forse dovreste parlarne con mio padre ma vi avverto ...” si fermò qualche secondo mordendosi il labbro “ … è piuttosto suscettibile al momento, non tollera molto bene i richiami e mal sopporta discorsi che riguardano le sue scelte” “Voi non avete la minima idea di cosa ...” “Questo è l'accordo ambasciatore, se siete pronto ad assumervi tale responsabilità allora prego, firmate senza rimorso alcuno” allargò leggermente un braccio, un giovane vestito con abiti raffinati si avvicinò a lei.
Reggeva tra le mani un libro dall'aspetto pesante, in esso vi erano custoditi documenti e decreti importanti per lei, per il bene della Svezia.
Nella mano sinistra una piuma d'oca e un calamaio, Helena inspirò a fondo tornando a cercare gli occhi dell'ambasciatore “Se fossi in voi, prenderei un po' di tempo per comprendere le conseguenze che tale scelta può portare” lo vide trasalire, indietreggiare di un passo “Non è così semplice vero? Eppure, avete fama di essere un uomo retto, un uomo capace di scegliere solo il meglio per la Francia. Coraggio allora, fate la vostra scelta” ma l'altro non rispose “Avete un giorno di tempo ambasciatore, un giorno appena al termine del quale, riterrò nulla la mia proposta e non vi verrà concessa una seconda udienza” e senza più aggiungere una parola, tornò sui propri passi mettendo fine a quell'incontro.
Il volto rubicondo dell'uomo si colorò di un bianco ceruleo, lo sguardo smarrito e le mani tremanti, il cerimoniere si avvicinò a lui sussurando qualcosa, forse un congedo.
“Siete stata brava” mormorò Aström chinando il capo “Si, devo ammettere che mi sono piaciuta” “Non è stata affrettata come decisione?” “Non firmerà” “Ne siete sicura?” gli occhi di cielo scattarono veloci infuocando il volto di Andrè “Voi rinuncereste a migliaia di uomini ora che il popolo minaccia una rivolta?” “Io non credo di ...” “Pomposi burattini senza nervo!” esclamò irritata costringendo il giovane a trattenere le parole.
Il volto leggermente arrossato, il respiro accelerato dalla rabbia che mal celava “Come si permette? Viene qui, in casa mia e … l'ho detto più di una volta alla regina, le ho detto che era sbagliato, che affamare il popolo era ...” “Vi ha chiesto solo un po' di respiro per la povera gente” “Conosco bene il secondo fine di questa richiesta e la mia risposta è no Andrè!” il cielo e il mare si incontrarono di nuovo fondendosi assieme.
C'era rancore nel cielo, sprazzi di nostalgia ben legata alle nubi che vi correvano dentro, nubi che nemmeno il mare era in grado di disperdere ma poco importavano i sentimenti, lei non apparteneva più alla Francia, non apparteneva a nessun'altro se non a sé stessa.
La vide sospirare, chiudere gli occhi qualche secondo nel tentativo di ricacciare indietro la voglia folle di urlare.
Un respiro lento, profondo, il petto si mosse dolcemente seguendo il tenero canto della natura “Basta così” sussurrò infine cercando il volto del consigliere “Cancellate ogni altra udienza” “Siete sicura di ...” “Che vadano a piangere dai loro sovrani i dispiaceri della vita, sono stanca di ascoltare sempre e solo lamentele” “Come vostra grazia desidera” “Fate passare gli ambasciatori svedesi affinché io possa respirare un po' d'aria pura” “Li ricevete subito?” “Nella sala della musica, Ulek!” lo sguardo di Andrè si mosse rapido seguendo quello della giovane.
C'era un uomo nascosto nel buio.
Appoggiato alle colonne se ne stava immobile a mangiucchiare un pezzo di legno.
L'aveva già visto in passato, gli uomini svedesi erano soliti masticare piccoli rametti o legnetti dal profumo pungente.
Ricordava il primo incontro con lui, il volto scuro, gli occhi come carboni ardenti che bruciavano la pelle e poi quelle cicatrici sulla guancia, sul collo.
Lo vide annuire appena avvicinandosi silenzioso alla duchessa “Se till att alla kommer ut. Nionde protester tillåts” "Nu ska jag skicka mina män för att utföra dina order" “Subito!” l'altro annuì chinando rispettoso il capo.
“Cos'è appena ...” mormorò confuso ma il vecchio al suo fianco scosse mesto la testa “La duchessa non ama giocare con la politica” “Non le è mai piaciuto a dire il vero” “Tuttavia, la sua mente è dotata di una sorprendente capacità di reazione. Riesce a leggere nei cavilli delle parole rendendo il complicato improvvisamente semplice” “Per questo è arrabbiata?” “Ci sono ragioni dietro a determinate scelte, accordi che non possono essere sciolti per capriccio né per gioco. È arrabbiata con il mondo falso che la corte di Parigi ha creato” “Sembrate dimenticare che anche la vostra signora appartiene a questo mondo” “A quanto ne so ...” chiuse il libro invitandolo a seguire i propri passi “ … la mia signora era tutto fuorché un'insipida dama invischiata nella politica” un debole sorriso sulle labbra e la consapevolezza di avere davanti una donna adulta, libera nelle proprie scelte, libera di mostrare ciò che più gradiva.
  
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