Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Midnight Writer    23/10/2016    0 recensioni
“Tu non sai quante cose ho fatto solo grazie a te. Tu non sai per quanto tempo ti ho amato in silenzio, beandomi di ogni tua parola e di ogni tuo atteggiamento, tentando però di reprimere questa sensazione in ogni maniera. E stavo sempre in silenzio e coglievo al volo ogni occasione buona per soddisfare la mia bellissima e tremenda assuefazione a te. Ogni tuo respiro e ogni tuo tocco erano come un alito di vita nuova per me. Tu... Tu sei la mia seconda possibilità. Sei la mia possibilità di redimermi e di scrollarmi di dosso questa tristezza opprimente. Sei la mia opportunità di credere ancora che la vita sia bella. Sei così tante cose che non posso nemmeno dirle a parole perché le sminuirei. Sminuirei ciò che tu mi fai sentire. Sei così importante e nemmeno te ne rendi conto. Sei tutto per me e pensi che nella mia vita ci possa essere spazio per amare qualcun altro come amo te. Sei davvero così cieco, Armin?”
[serie di appartenenza: "Alice's story"]
[prequel: "Hero"]
{Capitoli 7 e 8 in fase di riscrittura}
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alice's story'
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Anche se credo che siate tutti saturi di questa ragazzina che blatera sul tempo, la sua inesorabilità continua, purtroppo o per fortuna, ad incombere su di noi piccole e meravigliose creaturine.
Quella mattina mi svegliai con l'amaro in bocca, sapendo che non avrei più potuto vedere lui ancora addormentato e godermi questa visione, non avrei più potuto vederlo svegliarsi e guardare il suo petto venir leggermente e lentamente fuori dal lenzuolo quando lui si tirava quel poco che bastava su per potermi regalare un "buongiorno" dalla sua calda voce ancora impastata di sonno seguito da un bacio di durata indefinita, mentre io potevo poggiare una mano sulla sua calda pelle scoperta e sentire il suo cuore che batteva; routine che Armin si curava di ripetere ogni mattina poiché aveva presto imparato che ciò mi faceva letteralmente impazzire; non saremmo più occasionalmente finiti a fare l'amore alla sera, quando lui consapevolmente usciva dal bagno dopo aver fatto una doccia ancora tutto bagnato e con solo un'asciugamano a coprirlo, o quando la mattina presto mi sedevo innocentemente sul letto a disegnare (già, nonostante sia sorprendente, la più innocente e ingenua tra i due ero io, poiché non avevo imparato ancora quali miei comportamenti sviluppassero in lui quel tipo di pulsioni), con la solita maglietta gigante che usavo come pigiama e oltre a quella indosso solo l'intimo e una matita nei capelli utilizzata per raccoglierli, matita che Armin avrebbe ogni volta lentamente tolto piazzandosi dietro di me e nel frattempo lasciandomi piccoli baci sul collo; non avremmo più potuto prenderci in giro a vicenda per i nomi sbagliati sui bicchieri di Starbucks e non avrei più potuto pulire la glassa al cioccolato o alla fragola dagli angoli della sua bocca baciandolo e assaporandola con la mia lingua, dicendo poi ogni volta “Però! Buona, fammi assaggiare di più" per poi prendergli il mento tra le dita e baciarlo; non avremmo più potuto cenare seduti a gambe incrociate l'uno accanto all'altra da uno stesso vassoio rubandoci il cibo a vicenda; non avrei più potuto rannicchiarmi accanto a lui durante la notte, con le gambe intrecciate e la mia testa contro il suo petto, però poi svegliarci separati perché evidentemente le esigenze termiche avevano vinto; e talvolta svegliarsi vestiti e talvolta no, a seconda di come la notte prima era stata trascorsa.
Il nostro aereo sarebbe partito alle 12, per arrivare così a casa verso le 20.
Non avevo intenzione di lasciar sfumare la mattinata così, dato che mi erano esattamente le 4:55, quindi decisi di essere produttiva, dato che il mio stupendo fidanzato era ancora nel mondo dei sogni. Ci eravamo ripromessi di preparare le valigie la sera prima, ma la foga e la disperazione dell'ultima notte insieme e i aveva abbastanza preso, risultando in valigie ancora sfatte, con l'aggravante dei vestiti del giorno prima sparsi per la camera (non credo di aver bisogni di spiegare il perché). Mi feci velocemente una doccia e misi addosso solo la biancheria intima e una felpa di Armin, e mi misi a lavoro rifacendo accuratamente entrambe le nostre valigie, curandomi di lasciar fuori dei vestiti da mettere quel giorno. Non appena ebbi finito  di ricontrollare vidi che Armin non accennava a svegliarsi, quindi decisi di essere ancora più produttiva e andare a comprargli quelle ciambelle che tanto adorava, che per grazia divina erano prodotte da una pasticceria vicinissima alla mia abitazione provvisoria e che era proprio concepita per i newyorkesi nottambuli affamati, come io ero stata innumerevoli volte negli anni scorsi, dato che era aperta dalle 8 di sera alle 8 della mattina dopo. Comprai le ciambelle e riuscii anche a trovare una meravigliosa rosa rossa, poi salii nella nostra camera e sistemai tutto in maniera carina su un bel vassoio, aggiungendo un cappuccino che avevo preparato appena tornata.
Le ciambelle emanavano un tale profumo di fragole e cioccolato che era impossibile resistergli; questo profumo si mescolava poi con quello leggermente pungente del caffè, e mi bastò sentirlo anche solo per un attimo per decidere che per me quello era decisamente il profumo di una splendida giornata.
“Odore di... Ciambelle...” Sentii dire ad Armin tra sonno e veglia, con gli occhi ancora socchiusi e la voce più assonnata del solito; stavolta fui io a fare il primo passo è a scivolare sotto il lenzuolo accanto a lui e a baciarlo in modo dolce ma al contempo leggermente costellato della passionalità residua dalla scorsa notte, e a sussurrargli all'orecchio un tenue 'buongiorno', per poi lasciargli un leggerissimo bacio sul lobo dell'orecchio.
Dopo averli dato un poco di tempo per svegliarsi, lo feci sedere sul letto e gli poggiai il vassoio sulle gambe dicendo:
“Dato che questa è la nostra ultima mattina insieme, ho pensato di renderla speciale solo per te.” Con un relativamente leggero rossore che si propagava ancora sul mio viso. Lo vidi gioire come un bambino, seppur mantenendo un lampo di tristezza pensando che a lui non era venuta in mente un'idea simile e vedendo che la colazione era solo per una persona; ma a me sinceramente non importava: era una cosa speciale soltanto per lui, che avevo fatto soltanto per avere in cambio la sua felicità sincera, e la possibilità di pulire la glassa dalla sua bocca con la mia.
Per qualche strano motivo quel giorno le labbra del mio innamorato mi sembravano più attraenti che mai, e la mia attrazione fu soddisfatta dato che mezz'ora dopo la colazione venne spesa soltanto in baci, baci e ancora baci: mille e poi altri cento, e poi altri mille e poi altri cento, per citare maldestramente le parole di un uomo più esperto di me in parole d'amore.
“Vado a farmi una doccia, Alice, tu aspettami pure qui.” Disse poi il biondo quasi fosse triste di interrompere quel nostro dolce contatto, al che io gli sussurrai
“Però esci già vestito per favore, non vorrai mica far tardi in aeroporto a causa della tua fidanzata che ti trova troppo bello"
Per poi ridere con gioia della splendida sintonia che avevamo.
La separazione con Felicya fu davvero tanto dolorosa, anche se persisteva la sicurezza di vedersi l'anno seguente, il che rendeva il boccone apparentemente meno amaro. Nulla degno di nota accadde durante il volo, quindi se mi è consentito passerei direttamente al nostro ritorno in Italia. Al momento di ritirare i nostri bagagli mi resi conto che la nostra separazione stava per avvenire, quindi sentii il bisogno di qualcosa di materiale che mi facesse pensare ad Armin, quindi finsi di avere freddo così da farmi dare la felpa che teneva legata in vita, che per ironia del,a sorte era quella medesima felpa azzurra che indossava durante il viaggio verso Firenze, la quale mi arrivava quasi alle ginocchia ed era a dir poco meravigliosa. Usciti dal ritiro bagagli della sezione non Schengen, che era davvero poco affollata, vidi subito gli scalpitanti genitori del bidoni che tenevano in mano un cartellone con scritto il nome del loro amato figlio a caratteri cubitali.
Si vedeva l'emozione nei loro occhi, anche se non bisognava essere tanto osservatori per capire che non vedevano l'ora di abbracciarlo. Gettai lo sguardo oltre: non c'era nessuno ad aspettare me, guardai velocemente più e più volte, cercando qualcuno per me, finché, quando mi ero ormai attesa all'evidenza, vidi timidamente sbucare una figura in pantaloni e giacca nera e camicia bianca, dagli occhi di tempesta e i capelli corvini, che reggeva un foglio con su scritto “Alice Sweets”.
Mi guardò, lo guardai, la nostra espressione si assimilò in una timida ma eloquente conversazione di sguardi nascostamente carezzevoli e di labbra leggermente inarcate verso l'alto. Poco prima di entrare in contatto con la folla gli promisi silenziosamente che sarei stata da lui quanto prima, e lui capì.
I genitori di Armin erano sprizzanti di gioia da tutti i pori e come sempre molto logorroici, dato che continuavano a porci una domanda dopo l'altra senza nemmeno darci modo di rispondere.
Ad un certo punto il padre di Armin interruppe la madre e noi due per chiedere con tono tra le scherzoso e il serio, ma comunque estremamente allusivo
“Ma allora, avete concluso?”
Lanciai un velocissimo sguardo al mio professore che aveva sentito tutto e adesso squadrava Bruce Arlert dicendo tra sè e sè ‘ma guarda questo che non si sa fare i cazzi suoi e si impiccia della vita della mia bambina’, poi al padre e alla madre di Armin che erano seriamente ansiosi di sentire la nostra risposta, anche se non compresi se erano ansiosi che fosse un sì o un no, poi io e Armin ci guardammo e subito diventammo paonazzi e cominciammo a impastare malamente scuse di non so qual sorta, per poi ricevere vigorose pacche sulle spalle da entrambi i genitori con svariati complimenti.
Subito dopo mi scusai e mi dileguai velocemente verso il mio professore.
“Bentornata, Alice.” Disse con quel tono che era impossibile non riconoscere, e al quale come risposta diedi un fortissimo abbraccio che egli ricambiò, cosa che faceva solo con me.
“Ceniamo insieme?” Mi chiese durante l'abbraccio
“Ok” risposi “ma a casa mia: io ho i videogiochi e lì mi posso addormentare quando mi pare e posso essere maleducata.”
“Ma non avrai un cazzo nel frigo.”
“C'è un superamento aperto 24 ore su 24 qui vicino, però cucini tu.”
“Affare fatto ragazzina.”
E dopo questa breve conversazione l'abbraccio si sciolse, e dopo un suo sguardo di approvazione tornai dal mio fidanzato, mentre sentii una conversazione con i suoi genitori che non avrei dovuto sentire ma che mi fece capire quanto effettivamente fosse prezioso
“Alice resta a cena da noi stasera” chiesero loro
“No,“ rispose Armin “per stasera vedo che ha già altri programmi. E poi... Avevo intenzione di portarla a cena in un bel posto domani.”
Ciò che mi rese davvero felice di che in nessuna parte di ciò che lui aveva detto si sentiva tristezza, bensì solo tenerezza e felicità, e ciò mi fece innamorare ancora di più di lui, ammesso che ciò fosse possibile.
La spesa e la cena con Levi trascorsero secondo i nostri criteri di normalità, con varie chiacchiere riguardo a NYC.
Solo, mentre stavamo giocando ai videogiochi lui chiese dal nulla
“Oh ma quindi tu e Arlert avete concluso sì o no?” Aspettandoti chiaramente un no, tuttavia io dissi la verità con nonchalance
“Oh sì che abbiamo concluso, e anche parecchie volte.”
   
 
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