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Autore: VenerediRimmel    23/10/2016    5 recensioni
Se dall’amicizia all’amore intercorre solamente la distanza di un bacio, dall’odio all’amicizia e poi dall’amicizia all’amore, la questione si fa un po’ più complicata: approssimando per logica, un bacio c’è di certo, ma anche qualcosa di più. Questo sarà quel qualcosa in più.
Harry, quindici anni, Grifondoro per scelta, seguendo Aritmanzia, avrebbe potuto calcolare un pronostico su che tipo di distanza ci fosse tra due persone che inizialmente si odiano, poi si vogliono bene e, infine, si amano.
Louis, diciassette anni, Serpeverde per lignaggio, supponente da far saltare i nervi anche al più paziente delle persone, come il suo migliore amico ad esempio, non avrebbe potuto calcolare tale distanza. Eppure supponeva che essa fosse una via di mezzo tra un pugno nello stomaco e un bacio a fior di labbra, e che questa strada fosse percorribile purché avvenisse nel momento giusto. Perché Louis crede nelle occasioni.
Due occasioni, quindi: una punizione col Professor Ruf e...il Torneo Tremaghi. Basteranno?
Dalla storia:Ma, appunto, fu inutile. Perché le loro labbra si schiantarono con la stessa potenza di uno Stupeficium.
[AU!Hogwarts - Harry/Louis - minilong di 62K parole]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Parte III

La distanza di un bacio
 
Friends don't treat me like you do
Well I know that there's a limit to everything
But my friends won't love me like you
No, my friends won't love me like you
 
 
Cinque anni durò la loro amicizia. O meglio, cinque furono gli anni di pace, prima che essa venisse messa in discussione da un altro tipo di sentimento. Ma di questo abbiamo già parlato, siete informati a sufficienza, quindi facciamo un piccolo riassunto.
Dopo la prima estate trascorsa praticamente insieme, Harry e Louis non ebbero problemi. Intendiamoci, non era tutto rose e fiori e sentimenti sbandierati ai quattro venti. Pft. Molto peggio: discussioni, litigi e sfuriate erano il loro modo di esprimere quanto si volessero bene, poiché quella era la natura del loro rapporto.
Harry non aveva più avuto incertezze su Louis: la prova era stata fin da subito accertata con i genitori di Louis, che non lo avevano ben accolto in casa, ai quali il Serpeverde aveva semplicemente detto che non era affar loro decidere chi potesse o meno essere suo amico; ma ne aveva avuto poi perfino l’indubbia conferma, a scuola, quando alcuni suoi compagni di casata avevano avuto da ridire sulla sua frequentazione assidua con lo sfigato ranocchio di Grifondoro, ai quali Louis aveva suggerito, prendendoli per il colletto e sbattendoli al muro: «Osate un’altra volta chiamarlo con quell’epiteto e non avrete più lì sotto gli attributi che vi qualificano come maschi, ma ben visibili qui sopra per essere ciò che siete realmente: un branco di coglioni». E, indietreggiando, poi, li aveva lasciati andare riferendosi con voce tranquilla a Harry con un «Andiamo, ranocchio?» mettendo in chiaro chi fosse l’unico a poterlo chiamare in quel modo.
«Non c’è davvero bisogno che tu mi difenda, ce la posso fare benissimo da solo» lo aveva rimproverato poi, Harry, seguendolo con piglio.
«Non mettermi in discussione, altrimenti perdo il loro rispetto» replicava di solito Louis.
«Non perderai il loro rispetto, ma senza ombra di dubbio non scamperai nemmeno a una mia fattura» ribatteva Harry, quindi.
E la conversazione si concludeva, il più delle volte, con Louis che, dopo aver pronunciato «Sei davvero un rospetto tenero quando tenti di minacciarmi, lo sai?», finiva per darsela a gambe, seguito a ruota dal Grifondoro con una bacchetta in mano pronto a fatturarlo.
In realtà, sembrò proprio che Louis avesse fatto le considerazione sbagliate in merito allo stringere amicizia con un Grifondoro. Avendo ipotizzato, come ben ricordiamo, che farlo avrebbe comportato notevoli difficoltà nella sua ambizione a diventare popolare, dovette ricredersi quando per tutto un anno, molti degli studenti non fecero altro che parlare e interessarsi all’insolita coppia che col tempo denominarono il duo Serpedoro, e questo perché fu forse la prima volta che un Grifondoro e un Serpeverde legarono così tanto finendo per diventare l’uno il migliore amico dell’altro.
Il realtà, a Louis non era potuto andare meglio di così. Soprattutto con l’andare avanti negli anni. Crescendo, entrambi si erano sviluppati in piccoli uomini, ottenendo l’approvazione soprattutto dalle ragazze, che iniziarono a interessarsi a loro in un modo tale che, anche per quei motivi, divennero ben presto tra i ragazzi più ambiti della scuola, nonché i più popolari.
 
Per quanto Harry si fosse legato a Louis, non smise di frequentare Niall e Liam. Nonostante i due avessero trovato diverse difficoltà ad accettare la presenza esuberante del Serpeverde, quando erano in compagnia di Harry, col tempo ci si abituarono istaurando con Louis una sottospecie di amicizia. O meglio, loro lo reputavano un amico benché Louis si appellasse a loro come agli amici del suo amico Harry.
Perché, in fondo, Louis restava un arrogante, bigotto, smistato per lignaggio in Serpeverde. Era quello che poteva ben accettare, dopo una lunga lotta con se stesso, un’amicizia con un Grifondoro. Ma un’amicizia con BEN due Grifondoro e un Tassorosso (punto esclamativo, punto esclamativo, punto esclamativo) beh, sì, era decisamente un problema al quale preferiva non pensare nemmeno.
Per fortuna, nessuno gli chiese di scendere a patti in questo. Quindi, non lo fece.
 
Saltiamo cinque anni di amicizia e, principalmente, di fluff perché il senso di questo racconto è analizzare come e quale distanza intercorre tra l’odio e l’amicizia – che abbiamo già fatto – e quale, invece, sia quella che passa dall’amicizia all’amore.
No, no. Andiamo, suvvia! Non siate così banali. Non è semplicemente una questione di bacio. Il bacio c’è, ma non è tutto. Originali, intesi? Pensate con originalità.
Quindi. Dove eravamo? Ah sì. Saltiamo questi cinque anni e giungiamo a un Harry quindicenne, che purtroppo non ha affatto cercato di porre rimedio al suo problema di “accecante curiosità”, il che, sul versante scolastico, lo rende ancora terribilmente secchione, forse il più secchione di tutta Hogwarts. In cinque anni è lievitato: le sue gambe lunghissime lo rendono un gigante tra i quindicenni, mentre gli allenamenti di Quidditch lo hanno formato nelle spalle larghe e nei muscoli di tutto il corpo ora ben poderosi. Ma il suo viso, beh quello si è fatto soltanto più grazioso: con quelle labbra rosse, rigonfie naturalmente e a forma di cuore, con gli occhi sempre più intensi, vivi e aperti sul mondo che ha ancora voglia di scoprire e con quel naso le cui narici ricorderanno sempre a Louis un tenerissimo rospo. La voce, invece, sempre nel suo tono nasale, si è fatta più profonda. Ora quando parla sembra sempre si sia appena svegliato.
Il diciassettenne Louis non è cresciuto poi molto, ma Harry giura che i tratti spigolosi del suo viso aristocratico si siano un po’ smussati, rendendo quella mascella squadrata più delicata, rispetto ai suoi occhi azzurri che sembrano ancora delle perfette stalattiti pronte a trafiggere qualsiasi cosa. E, beh, sì, Louis è ancora supponente da far schifo e, per giunta, ancora assolutamente convinto di voler diventare una leggenda, come Zayn Malik. (Piccola nota per i suoi fan: ha finalmente ottenuto la raccomandazione del professore di Storia della Magia, unendosi finalmente ai ricercatori storici della comunità magica. Ha lavorato con loro per tre anni, ma durante una “ricerca sul campo” si è ritrovato ad affrontare gloriosamente una “situazione complicata, archiviata come top secret”, per cui il Ministero della Magia lo ha proclamato Eroe, nonché arruolato come Auror. Zayn, che non ha rifiutato l’occasione, ha infine promesso in un’intervista alla Gazzetta del Profeta che non sarà semplicemente un eroe che combatte contro la Magia Oscura ma che, anzi, continuerà di certo a perseguire la sua più forte passione, ovvero quella di ricercatore storico).
Mannaggia, mi dilungo sempre troppo.
In sostanza, l’amicizia di Harry e Louis non poteva dirsi più vera e sincera di quella che li legò per cinque stramaledettamente fluffossisimi anni.
Nessuno, tantomeno loro due, avrebbe mai pensato di doverla mettere in discussione. O meglio, non proprio nessuno… perché ci siamo noi.
Da dove possiamo partire? Ma sì, abbiamo un po’ di tempo e un po’ di spazio perciò mettiamoci comodi e usiamo un incipit… poco originale.
 
Il vento settembrino gli scompigliava i capelli arricciati, nonostante se ne stesse supino sull’erba, sotto un albero in prossimità del lago. Guardava tra i rami rivestiti di foglie alla ricerca di quel poco di Sole capace di riscaldarlo. Avrebbe passato tutte le Domeniche in quel modo, assorto in un silenzio accomodante. Poi, Louis parlò e rimpianse la calma.
«Ho preso forse la decisione più importante della mia vita, ranocchio».
Il suo migliore amico, poco distante da lui, se ne stava seduto con la schiena appoggiata alla quercia che faceva loro ombra, con uno stelo di erba fra le labbra. Harry sbuffò una risata ironica, come a volerlo silenziosamente già beffeggiare.
«è quel forse che trae in inganno. Giusto la prima volta, poi ci fai l’abitudine» obiettò. Il silenzio del Serpeverde lo incoraggiò a continuare a parlare: «L’ultima decisione che hai definito “più importante della mia vita” è stata trasformare la biancheria intima da bianco ai colori della tua casata, come se dovessi ricordarti che sei un Serpeverde, ogni mattina, guardandoti il pacco» spiegò, mentre l’altro gli schiaffeggiava poco carinamente il capo, poco distante dalle sue gambe. «Non è per quello che ho cambiato il colore della mia biancheria- ma, taci, mi distrai! Dicevo: ho sicuramente preso la decisione più importante della mia vita!».
Harry sbuffò sarcasticamente un’altra volta, ricevendo – questa volta con una gamba – l’ennesimo colpo sul capo. «Oh, andiamo, Louis, non tenermi sulle spine. Voglio assolutamente sapere di cosa si tratta!» esagerò, fingendosi veramente impaziente di scoprire la novità – sicuramente un’idiozia – che il migliore amico voleva esporgli.
«Quest’anno ci sarà il Torneo Tremaghi. È per questo che abbiamo iniziato subito gli allenamenti di Quidditch ed è sempre per questo che le partite, invece di annullarle, le gareggeremo nei fine settimana di Settembre e Ottobre. Probabilmente si farà qui a Hogwarts, preferiscono sempre organizzarlo qui perché si ha più spazio per ospitare le altre due scuole… Insomma, ho deciso che metterò il mio nome nel Calice del Fuoco, ranocchio. Voglio essere il campione della nostra scuola che parteciperà al Torneo!».
Non era affatto una sorpresa. In cinque anni in cui Harry aveva condiviso molte notti e tantissimi giorni assieme a Louis, lo aveva sentito parecchie volte affermare il suo fortissimo desiderio di partecipare al Torneo Tremaghi. Spesso, lo aveva ascoltato raccontare le gesta dei più famosi campioni di quel Torneo, anche più di una volta. E Harry lo lasciava fare, perché era un Grifondoro paziente.
Tuttavia, quel giorno, con il Torneo Tremaghi effettivamente alle porte, Harry fu sorpreso. Si alzò per sedersi e guardarlo dritto in viso con cipiglio. D’un tratto, lo assalì la preoccupazione.
«E i M.A.G.O?» domandò. Ovviamente, non erano gli esami di fine anno a gettarlo nel panico, ma su qualcosa doveva pur basare le sue scuse. Louis fece spallucce: «Quale modo migliore di studiare e ripassare se non quello di prepararsi per il Torneo? Pensaci: tre prove. Una di forza e coraggio, una di intelligenza e un’ultima per mettere alla prova l’intraprendenza e più in generale le abilità magiche del campione» la sua voce delicata, di un tono decisamente troppo alto, esprimeva tutto l’entusiasmo di Louis. Harry lo sapeva distinguere da tutti gli altri atteggiamenti del Serpeverde, perché ormai lo conosceva come le sue tasche. Nonostante questo, non riuscì proprio a esprimergli la stessa smania.
«A me più che il metodo più efficace per ripassare, sembra proprio i tre passi ben studiati da Louis Tomlinson per diventare una leggenda». A quelle parole, Louis ghignò tronfio. Harry incrociò le braccia al petto, subito dopo essersi alzato per guardarlo dall’alto e sembrare più profetico che mai. «Dimentichi una cosa, Tomlinson».
Louis si alzò. Da un anno a quella parte, per guardare in faccia Harry doveva tenere leggermente il mento più alzato del solito. Una cosa che all’inizio era stata un duro affronto da mandare giù. Il ranocchio più alto di lui, puah.
«Ossia?» domandò, incitando l’altro, caduto in un assorto stato contemplativo della persona che aveva di fronte.
«Chi ha voluto come te diventare leggenda, lo è diventato nel momento in cui è MORTO! E molto più di quanto pensi, partecipando proprio al Torneo Tremaghi!»
Louis sbuffò, ridendo mentre si guardava attorno a sé. «Sei il solito catastrofico, ranocchio» disse, infine, prendendo la sua scopa e iniziando a camminare verso il campo da Quidditch. Harry fece le medesime azioni, più rapido, per poterlo raggiungere. Con la sua falcata, ci riuscì in pochi secondi.
«Sono realista» ribatté, guardandolo assiduamente mentre l’altro evitava anche solo di imbattersi nelle iridi verdi del Grifondoro.
«Non rompere. Ho detto che metterò il mio nome nel Calice del Fuoco, non è detto che mi sceglierà!»
Harry pensò che questo era vero, ma non bastava per calmarlo. Riaprì bocca per insistere su quanto fosse sbagliato intraprendere quel tipo di ambizione, ma Louis lo fronteggiò d’improvviso, bloccandolo con una mano sul petto: «Ne riparliamo dopo, okay? Ora abbiamo altro su cui concentrarci», Harry guardò la mano ferma sul suo torace tornito per poi rialzare gli occhi su Louis.
Louis aveva ragione. Perché se Harry e Louis erano migliori amici da cinque anni, c’era ancora un luogo dove potevano considerarsi due nemesi. E questo era il campo da Quidditch.
Come aveva detto Louis, le partite erano state anticipate in quei due mesi prima del Torneo Tremaghi, che avrebbe visto il suo principio la notte di Halloween con il Calice di Fuoco.
Ma prima di questo, avete bisogno di un’altra informazione che vi ho taciuto fino ad ora. Dopo l’estate tra il primo e secondo anno di Harry, trascorsa praticamente su una scopa volante, Louis convinse Harry che fosse sufficientemente bravo per provare le selezioni per la squadra di Quidditch. Per il secondo anno, Harry non entrò, comunque, nella squadra di Grifondoro, ma dal terzo anno, in assenza di un Cercatore, Harry iniziò a giocare a Quidditch come membro del Grifondoro.
Cercatore contro Cercatore. Louis fu veramente fiero di Harry, ma soprattutto contento di poter avere un avversario che riteneva essere suo pari – modestia a parte, eh, ma l’aveva allenato praticamente lui!
Harry, sconsolato, dopo un sospiro e una mano a scompigliare i suoi capelli arruffati, annuì visibilmente. Soltanto un secondo dopo, afferrò velocemente il polso di Louis per allontanarlo dal suo petto.
Sentì molto bene, con le dita sulle vene, scorrergli attraverso il sangue tutta l’adrenalina che doveva star provando. Per il Quidditch, ma soprattutto per il Torneo Tremaghi. Tenne quel polso tra le sue dita qualche secondo in eccesso, mentre si specchiava in quelle stalattiti ora fuse dal suo sguardo silvestre. E lo capì, che sarebbe stato arduo convincerlo diversamente da ciò che sosteneva, con tale ardore, con anima e corpo.
Doveva essere Harry, questa volta, a dover affrontare le sue paure. A scendere a patti.
 
 
Grifondoro e Serpeverde, quella seconda Domenica di Settembre, fecero una pausa dopo quasi due ore di gioco, lasciando la partita a vantaggio della Casata i cui colori verde e oro spiccavano assieme al serpente che primeggiava nello stemma.
Louis si era per tutte e due le ore mantenuto d’istante dal Cercatore di Grifondoro, nonché suo migliore amico, benché Harry avesse tentato di avvicinarsi più volte per riprendere il discorso dove l’avevano mollato. Ma chiaramente quello non era il momento giusto e per quanto Harry non volesse capirlo, Louis non dava segni di cedere alla sua insistenza e gli scappava via, dall’altra parte del campo.
Per questo motivo, durante la pausa, quando lo vide avvicinarsi a lui con impeto, la reazione fu quella di alzare gli occhi al cielo, assieme ad  una mano nella sua direzione per stoppare ogni suo tentativo di vomitargli addosso l’ennesima predica: «Harry, ti prego» piagnucolò con una smorfia seccata stampata in viso che raggelò l’espressione di Harry, ma non le sue intenzioni.
«Non puoi lamentarti, se non dai peso alle cose importanti né puoi seccarti se sono io a mostrarti l’importanza che hanno certe tue decisioni» lo rimproverò, cercando i suoi occhi azzurri. Li trovò appena finì di parlare, quando il viso di Louis scattò verso la sua parte per guardarlo con astio.
«Io do il giusto peso alle mie decisione, sei tu che esasperi tutto come se tutto fosse una questione di vita o di morte!» ribatté.
Harry sgranò gli occhi e alzò le braccia per urlare «MA SI TRATTA DI UNA QUESTIONE DI VITA E DI MORTE, IDIOTA!», attirando l’attenzione di tutta la squadra di Serpeverde.
Per fortuna, la voce amplificata di colui che raccontava per filo e per segno l’andamento della partita riacquistò l’attenzione di tutti, giocatori e spettatori.
«Stuuuuuudenti di Hogwarts. Professori. Mentre attendiamo l’inizio del secondo tempo della partita di Quidditch, che vede il Serpeverde in vantaggio sul Grifondoro, volevo presentarvi un intrattenimento davvero divertente. Avrete notato la novità di quest’anno, ovvero le telecamere sospese attorno allo stadio, che riprendono minuto dopo minuto la partita. Il loro utilizzo non è dipeso soltanto per aiutare l’arbitro a rivedere momenti salienti della partita e i comportamenti scorretti dei giocatori. (Oh no, per fortuna non servono solo a questo. Il cacciatore dei Serpeverde, Warrington, può tirare un sospiro di sollievo.) Sopra di me, poi, nella tribuna del preside e dei professori avrete notato anche la meravigliosa illusione ottica ottenuta sotto concessione della Preside McGranitt di uno schermo supertecnologico come quello che i Babbani utilizzano nelle partite di football, gioco ormai noto per essere molto simile al nostro Quidditch. Per ora lo schermo ha agito in funzione di tabellone, tenendo il punteggio delle due squadre ma, da adesso, e per tutta la durata della pausa, lo schermo ci darà la possibilità di vedere cosa riprendono le telecamere. Ritorniamo quindi alle premesse: vi avevo promesso un intrattenimento divertente, ed eccolo qui!»
Minerva McGranitt guardava il ragazzo, che parlava al microfono così animatamente, con disappunto. Come se non fosse del tutto convinta di aver fatto la cosa giusta. «Ecco, andiamo al dunque, Williams» lo riproverò, interrompendo la sua logorroica spiegazione. Williams ridacchiò dritto al microfono, stonando un po’ tutti quanti nello stadio. La risata fu attutita quando dallo schermo magico iniziò, accompagnata da una canzoncina melensa, la sigla di quell’intrattenimento ancora non spiegato.
«KissCam. È un semplice gioco, ragazzi, a cui tutti voi potrete partecipare. Le telecamere, ora, inizieranno a girare tra gli spalti di tutte le case e quando due persone verranno riprese da una di essa, saranno visibili direttamente sullo schermo, all’interno del cuore che ora state vedendo. Cosa dovranno fare le due persone? Semplicissimo: dovranno scambiarsi un innocuo bacio alla francese».
Gli spalti si animarono con un vociare ricolmo di sorpresa. La McGranitt ebbe la certezza che non avesse fatto la scelta giusta, ma non obbligò lo studente ad annullare tutto. Perché un po’ le piaceva quell’idea. E piacque molto anche a tutti gli altri professori che ridacchiavano commentando sottovoce con chi sedeva al loro fianco.
«Siete tutti obbligati a farlo, nel caso foste ripresi. La telecamera non smetterà di riprendervi finché non lo farete. Anche nel caso in cui non doveste conoscere affatto colui o colei che vi toccherà baciare. Ma ora basta cincischiare, telecamere a lavoro!» ordinò. E come se quest’ultime fossero sotto incantesimo dirette dal cronista, iniziarono a girare tra gli spalti.
Harry e Louis rimasero ad ascoltare fino all’ultimo. Louis, tra i due, sembrò interessato anche quando furono inquadrati i primi due malcapitati di Corvonero. Harry, invece, riteneva avesse altro di più importante a cui dare attenzione, così tornò a guardare Louis e riprese la sua opera di convincimento.
«Sto semplicemente cercando di farti ragionare. Fossi in te, prima di decidere se partecipare o no al Torneo, dovresti essere certo di essere in grado di sostenere una sfida che va decisamente oltre le potenzialità di qualsiasi mago ancora non diplomato. È pericoloso, andrai incontro a sfide pericolose e, soprattutto, a prove che metteranno a dura prova le tue paure. Louis, cazzo, mi ascolti?»
Louis aveva un ghigno stampato in viso, che nascondeva il disappunto che, alle parole di Harry, stava provando. Si sentiva particolarmente offeso dalla poca fiducia che il Grifondoro aveva su di lui e sulle sue capacità di mago. Lo guardò torvo, senza rispondergli, perché era talmente seccato da non avere nemmeno nessuna offesa da lanciargli contro. Così tornò semplicemente a guardare lo schermo, che inquadrava un’altra coppia, di Grifondoro, che sotto la stessa melodia melensa si appropinquava a scambiarsi un goffo bacio.
«Louis?» insistette Harry. «Sei il mio migliore amico e mi sembra ovvio che io ti faccia-»
«Harry» lo interruppe Louis, con occhi sgranati. Harry non diede peso al fatto che non lo stesse guardando, preso a fissare un punto davanti a sé. «Sì, lo so, sono troppo melodrammatico e mai ottimista ma-»
«No- Harry!» lo interruppe di nuovo il Serpeverde. Questa volta indicandogli lo stesso punto che stava fissando. Harry si accigliò. «Cosa…» iniziò, ma la voce gli divenne roca «…c’è-» e non suonò nemmeno come una domanda, quando guardando dove gli era stato indicato vide lui e Louis ripresi da una telecamera ed esposti direttamente sull’immenso schermo, sopra lo spalto dei professori, all’interno del cuore con quella terribile canzoncina melensa ancora a risuonare per tutto lo stadio.
In mente gli risuonò la voce del cronista di Tassorosso: KissCam. È un semplice gioco, ragazzi, a cui tutti voi potrete partecipare. Le telecamere, ora, inizieranno a girare tra gli spalti di tutte le case e quando due persone verranno riprese da una di essa, saranno visibili direttamente sullo schermo, all’interno del cuore che ora state vedendo. Cosa dovranno fare le due persone? Semplicissimo: dovranno scambiarsi un innocuo bacio alla francese.
Mandò giù il boccone amaro che gli si piantonò in gola e rimase a bocca aperta. Lo seppe solo perché dallo schermo si vedeva proprio la sua reazione.
Williams riprese la parola con entusiasmo: «ATTENZIONE, ATTENZIONE! La telecamera ha fatto proprio una bella scelta: per la KissCam di oggi: Louis Tomlinson, Cercatore di Serpeverde e Harry Styles, Cercatore di Grifondoro! E quando mai sarebbe potuta accadere una cosa simile? Tutti con me, aiutiamoli a prendere coraggio: kisscam, kisscam, kisscam»
A quella affermazione, gli studenti iniziarono diversi cori di incoraggiamento, visto che i due sembravano non volersi smuovere dalle loro posizioni scioccate.
E ben presto divenne per le orecchie dei due Cercatori come un ritornello sfiancante: kisscam, kisscam, kisscam
Louis si voltò a guardare Harry, che già lo stava fissando. Si osservarono contemplando chissà cosa e sembrò nuovamente che si parlassero senza dover per forza usare le parole. Per questo, come un déjà-vu, «Scordatelo, ranocchio» esclamò Louis, rimproverandolo.
Furono due, però, le cose che fecero andare diversamente le cose, rispetto alla prima volta. La prima, Harry era ancora quello che detestava lasciare le cose a metà, come aveva dovuto fare la notte di Halloween; e la seconda, le telecamere non sembravano voler schiodarsi da loro.
«So a cosa stai pensando e scordatelo, non accadrà mai» continuò Louis, guardandosi attorno piuttosto imbarazzato. I compagni della sua squadra ridevano fra loro guardandoli, così come stavano facendo quelli di Grifondoro.
Non accadrà mai. Louis ne era convinto. Fu Harry a non esserlo.
Pronto a tuffarsi d’istinto senza pensare alle possibili conseguenze, da buon Grifondoro, si avventò sul Serpeverde acciuffandogli il viso con entrambe le mani. E, sì, un po’ agì per impulso e un po’ anche per vendetta. Perché era arrabbiato con Louis, che non lo stava a sentire, e metterlo in imbarazzo in quel modo sembrava essere la giusta arma per guadagnarsi la sua rivalsa.
Louis, che sapeva ormai di cosa Harry fosse capace, si ritrovò comunque spiaziato. E quando le due mani di Harry lo afferrarono per il viso tentò inutilmente di ritrarsi incavando il collo verso l’interno, alzando inverosimilmente le spalle.
Ma, appunto, fu inutile. Perché le loro labbra si schiantarono con la stessa potenza di uno Stupeficium.
Durò mezzo minuto, ma fu il tempo necessario affinché la magia nel corpo di uno dei due – e non si seppe mai quale fosse fra quello di Harry e di Louis – si scatenasse al di fuori di esso senza l’utilizzo della bacchetta magica, in un modo così energetico da far tremare tutte le scope che si trovavano nei paraggi.
Un’emozione forte era in grado di scatenare naturalmente una magia così potente che perfino gli Uffici Misteri del Ministero della Magia erano ancora alla ricerca di una spiegazione ragionevole sulle cause scatenanti. Eppure quelle scope tremarono, scosse proprio da quella magia, per tutto quel mezzo minuto. E nessuno seppe spiegarsi il motivo, benché fosse palese.
Louis era tornato a una posizione normale, come una tartaruga che, dopo un forte spavento,  aveva tirato fuori nuovamente il capo fuori dal guscio. Mentre le mani di Harry si erano fatte meno prepotenti sul viso spigoloso del Serpeverde.
Gli spalti si erano ammutoliti, mentre le loro bocche si assaggiavano, ora, con più delicatezza. E dopo lo schianto, ci furono per loro gli ultimi dieci secondi di incanto. Come stregati da quella magia che faceva vibrare tutto attorno a loro e che sembrava aver fermato perfino il tempo, i pollici di Harry carezzarono dolcemente le gote di Louis che restava immobile, lasciando che le labbra piene di Harry avviluppassero le sue.
C’erano tante parole che avrebbero potuto usare per descrivere quel momento, ma nessuna sembrava essere adatta a spiegare il mistero di quel bacio.
«MOMENTO INDIMENTICABILE, QUELLO CHE ABBIAMO APPENA VISSUTO» anche il cronista si pronunciò con enfasi mentre il momento della KissCam passava a un’altra malaugurata coppia.
Harry si allontanò prima impercettibilmente dalla bocca del migliore amico, specchiandosi nelle iridi liquide di Louis, completamente assorto ancora dalla stregoneria di quel momento. Le scope erano tornate immobili, l’incanto svanì nell’etere in modo così improvviso da rendere drastiche le sue conseguenze. Harry e Louis non si dissero niente, ma Harry saltò all’indietro e Louis si guardò subito attorno, come se non sapesse più dove si trovasse.
Fu Harry a parlare per primo: «Torno dalla squadra, la pausa è quasi finita. Ne riparliamo dopo» disse, riferendosi al discorso che l’aveva condotto lì, eludendo palesemente il bacio. Louis annuì, scappando dagli occhi verdi che lo inchiodavano da quando le loro labbra si erano divise. «Sì, sì… Aspetta, di cosa dovremmo parlare dopo?» si riprese poi, spaventato all’idea che il Grifondoro volesse parlare di quanto era successo.
«Della tua decisione importante, Louis»
«Ah sì, sì»
Erano come scesi su un altro pianeta,  o meglio, era come se dopo cinque anni in cui avevano interagito parlando la stessa lingua, ora quel bacio li avesse impostati su due frequenze parallele, inconciliabili che non li faceva comprendere fra loro.
Erano scossi, frastornati dal dopo schianto e sarebbe stato difficile, per quel secondo tempo, ritrovare la concentrazione per giocare una buona partita di Quidditch.
 

Quando le due squadre tornarono sulle scope e la professoressa Bumb suonò il fischietto per dare il via al secondo tempo di quella partita, Harry e Louis salirono di parecchi metri rispetto a tutti gli altri giocatori. Ben distanti fra loro e consapevoli che tale distanza fosse abbastanza per potersi rimirare indisturbati, si fissarono senza pensare al Boccino D’oro, ponderando su quanto era appena accaduto a causa di un intrattenimento babbano.
Era stato strano, sia per Harry sia per Louis.
Ecco tutto. Non sapevano che altro dire, se non quanta stranezza avessero provato nell’assaggiare l’uno le labbra dell’altro. Entrambi pensavano che, sì, era stato veramente insolito, mentre si passavano ripetutamente la lingua sulle labbra come a voler riassaggiare i rimasugli di quanto quel bacio aveva lasciato impresso sulla loro pelle. Ma a restare, indelebile, era soltanto uno stato di incomprensione.
Perché non aveva fatto schifo a nessuno dei due, ed era strano. Stranissimo. In cinque anni Louis aveva avuto una mezza storia con una ragazza di Serpeverde e anche se Harry si era dimostrato meno interessato, aveva avuto anche lui delle piccole avventure.
Baciare il proprio migliore amico, sì, sembrava un’altra bella avventura. Spericolata, assurda, pericolosa… strana. Decisamente strana.
«Che cosa strana» farfugliarono entrambi più e più volte. Questo, fino a quando davanti agli occhi di Louis non comparve il Boccino D’Oro, probabilmente stanco dei due Cercatori che non sembravano avessero proprio voglia di andarlo a cercare per il campo di Quidditch.
Louis si ridestò come da un brutto sogno. Affilò lo sguardo, mentre si stringeva alla sua scopa. E come un riflesso di uno specchio, Harry fece lo stesso quando intercettò a pochi metri da lui il Boccino d’Oro. Svolazzava indisturbato, cercando la loro attenzione. E la ottenne, quando entrambi si lanciarono in avanti per andare ad afferrarlo.
Il cronista di Tassorosso commentò la corsa dei Cercatori come “l’inevitabile corsa allo schianto”, ma se lo schianto era avvenuto poco prima, durante la pausa, l’inevitabile non accadde. Non di nuovo. Per fortuna. E Harry e Louis a un passo dal sbattere l’uno contro l’altro, scesero in picchiata, verso il terreno, alla disperata corsa verso il Boccino.
Come premesso, in quei caso tornavano ad essere rivali. Nemesi, che si erano appena baciate. Strano. Ma dettagli.
Si spintonavano fra loro e calciavano cercando di disarcionarsi per avere la meglio sul Boccino.
Erano alla pari, perché entrambi arrivavano fino all’ultimo secondo di possibilità – prima di sfracellarsi sulla terra – per poi frenare e ritornare in volo. Quella volta, però, spintonarsi, toccarsi o anche solo guardarsi per lanciarsi qualche fugace frecciatina fu strano e per questo limitarono il tutto a poche spintonate. Stranissimo.
Ma dettagli. Beh, neppure troppi, due soltanto: perché quando Harry guardò Louis, si sentì nuovamente sotto l’effetto di uno schiantesimo. E quando Louis guardò Harry, invece, si sentì così confuso da dimenticare dove fosse diretto.
Perciò, quella volta, l’incontro con l’erba del campo da Quidditch, per uno dei due, fu inevitabile.
La scopa di Louis fu in mille pezzi, mentre il proprio corpo rotolava per il campo perdendo definitivamente la possibilità di acciuffare il Boccino. Harry, invece, frenando per il rotto della cuffia e avanzando con velocità a un pelo dall’erba, si voltò a guardare le condizioni di Louis, preoccupato inizialmente, ma poi subito pronto a riprendere concentrazione e acchiappare finalmente il Boccino D’Oro.
Grifondoro vinse contro i Serpeverde, quella Domenica di Settembre. Eppure fu come perdere, per entrambi i Cercatori.
Strano. Ma dettagli. Uno soltanto: con il Boccino ancora tra le mani, Harry corse verso Louis per soccorrerlo. E nonostante fossero ancora sul Campo da Quidditch, tornò ad essere il suo migliore amico. Oppure già non lo era più.
 
Louis passò una nottata in infermeria. E Harry, insonne, nel letto, la trascorse a toccarsi la bocca con le dita della mano, pensando che fosse tutto troppo strano.
 
 
Harry non trovò un altro momento buono per parlare con Louis della sua decisione “più importante della vita”, ergo scrivere il proprio nome e gettarlo nel Calice del Fuoco. O meglio, Harry non trovò di proposito un altro momento per parlare con Louis. E il motivo non era tanto il fatto che si fosse ricreduto, quanto piuttosto il pensiero che quel tipo di discussione era direttamente riassociabile alla situazione strana – ormai così la definiva – accaduta loro durante la partita di Quidditch.
Ovviamente, per più di due mesi non si erano evitati pur di non affrontare il discorso. No, il loro rapporto d’amicizia era rimasto apparentemente immutato. Soltanto che, ecco, sì, non ne facevano parola. Di niente. Perciò nemmeno del Torneo Tremaghi.
Questo però non diede pretesto a Louis di ricredersi sulla sua decisione di partecipare come Campione al Torneo Tremaghi. Anzi, non era mai stato tanto convinto di qualcosa, in vita sua, come lo era in quei mesi.
La sua non era soltanto una decisione, non la vedeva affatto come tale. Per Louis era l’espressione meglio riuscita di tutte le sue ambizioni: e per conquistare ciò che aveva sempre desiderato sapeva che quella era l’unica strada.
Per la popolarità, sempre dritto seguendo l’indicazione “Per di qui: Torneo Tremaghi”.
 
Arrivò il giorno, dunque, in cui nessuno dei due ebbe più tempo per esitare. Harry avrebbe dovuto trovare il modo di convincere Louis a non iscriversi al Torneo e Louis, beh, avrebbe dovuto semplicemente ascoltarlo, facendo poi ciò che meglio credeva per se stesso. E questo accadde il giorno prima di Halloween, quando la McGranitt prese la parola, a cena, per comunicare l’evento tanto importante.
Iniziò introducendo le due scuole che, assieme al campione di Hogwarts, avrebbero partecipato al Torneo, le quali avevano fatto il loro arrivo durante quella stessa giornata. Entrarono prima gli studenti di Durmstrang. Tutti rigorosamente maschi. Harry non ne riconobbe nemmeno uno, ma Niall, seduto accanto a sé, si agitò con malcelata euforia quando gli studenti di Durmstrang gli passarono accanto, dimostrandosi interessato in particolar modo a uno di loro, e il perché, Niall, glielo spiegò all’orecchio: «Quello è Josh Krum! Il figlio del famoso Viktor Krum, hai presente? Lo chiamano “il Devine” perché alla sua età ha ottenuto risultati divini, anche migliori del padre! Sicuramente il Calice del Fuoco sceglierà lui, come Campione della loro scuola»
Harry lo guardò, mentre camminava per la Sala Grande, era molto basso di statura, con un corpo muscoloso che definiva la sua sagoma come quella di un tronco di un albero secolare – e il fatto che indossasse una casacca marrone, impellicciata, non migliorò quella sua impressione su di lui. Era castano, tratti tipicamente bulgari, sguardo fiero e apparentemente temibile.
Seguirono le studentesse di Beauxbatons. Eleganti e leggiadre come farfalle, sembrò volassero verso il lungo tavolo dei professori, dove al centro attendeva solennemente la Preside McGranitt.
Harry tentò di guardarle in viso, ma era difficile concentrarsi senza perdersi nei loro corpi così seducenti. Anche in quel caso, Niall sembrava un esperto. «Eleanor Calder, Barbara Palvin, Sophia Smith, Danielle Campbell, Cara Delevigne, Kendall Jenner…» e l’elenco delle bellissime ragazze si prolungò fino all’ultima ragazza, ma Harry tornò ad ascoltare la voce di Niall – distratto per un po’ da tutta quella femminilità che sembrò elettrizzare l’intera Sala Grande, attirando l’attenzione non solo dei ragazzi ma anche delle ragazze – soltanto quando il Grifondoro più grande di un anno gli spiegò perché le conoscesse così bene: «In Francia sono ormai famosissime, in tutto il mondo, anche quello babbano. Lavorano per Victoria’s Secret, hai presente? È forse la catena di lingerie femminile più famosa ed è anche la prima e unica prodotta dalla nostra comunità!»
Harry annuì, assorto e un po’ ammirato. Si spogliò di quell’insolita sensazione quando la McGranitt tornò a parlare dando ai nuovi arrivi il benvenuto. E rimase ad ascoltarla, passando per un fugace momento a controllare il Serpeverde, Louis Tomlinson, nonché suo migliore amico, seduto dopo la tavolata dei Corvonero.
Lo trovò con gli occhi verso la sua direzione, che gli sorrideva piccato nel suo solito ghigno. Harry abbozzò un sorriso in risposta, mentre Louis gli indicava con il capo e gli occhi fulgidi le bellissime ragazze di Beauxbatons.
«Quindi, ragazzi, come avrete ormai capito: Hogwarts è stata nuovamente scelta per ospitare l’evento leggendario, il Torneo Tremaghi! Ora, per quelli di voi che non lo sanno, il Torneo Tremaghi chiama a raccolta un solo campione per ciascuna delle tre scuole, per intraprendere una serie di competizioni di magia 1»
Harry fece uno scatto verso Louis, per guardarlo nuovamente. Ma gli occhi di stalattiti si erano persi, completamente assorti nelle figura parlante della Professoressa di Trasfigurazione.
Eterna gloria, ecco cosa attende lo studente che vincerà il Torneo Tremaghi! Ma per guadagnarsela questo studente dovrà superare tre prove, tre prove estremamente pericolose invero. 2
Harry ascoltava, ma non poteva fare a meno di guardare il viso di Louis che, mentre la McGranitt prometteva eterna gloria, si accendeva mostrando come un libro aperto il suo acceso desiderio. Sospirò, voltandosi nuovamente verso la tavolata dei professori. Vide entrare il Calice di Fuoco e ascoltò la professoressa presentarlo« Il calice di fuoco! Chiunque desideri proporsi per il Torneo deve solo scrivere il suo nome su un pezzo di pergamena e gettarlo nelle fiamme prima di domani sera a quest'ora. Non fatelo con tanta leggerezza: il prescelto non può tornare indietro! Chi è scelto se la vedrà da solo, e fidatevi se vi dico che queste gare non sono per i deboli di cuore»3.
Minerva McGranitt fu chiara nelle restrizioni, soltanto quelli del settimo anno avrebbero potuto scrivere il proprio nome e gettarlo nel Calice di Fuoco, ora acceso nella sua meravigliosa e affascinante fiamma blu.
L’annuncio della professoressa terminò come era sempre stato concluso negli anni: «E da questo momento il Torneo Tremaghi è iniziato!» accompagnato, quindi, da un applauso generale che coinvolse anche Harry, ma che forse fu il meno convinto di tutti.
I tempi per parlare con Louis erano veramente stretti e Harry non sapeva più se avesse davvero intenzione di farlo, perché alla fine non era una scelta che toccava fare a lui. Soltanto che… l’agitazione al solo pensiero che Louis partecipasse e che, di conseguenza, si imbattesse in innumerevoli pericoli lo faceva agire da incosciente senza volerlo.
Alla fine della cena, quindi, si alzò in direzione del tavolo dei Serpeverde. Louis lo salutò, non appena lo vide, con un enorme sorriso. «Ranocchio, vieni!» gli disse, invitandolo a sedersi accanto a lui, dove un posto vuoto sembrava attenderlo. Harry si guardò intorno, gli faceva sempre strano l’idea di sedersi alla tavolata dei Serpeverde. Fece una smorfia quando la fiamma luminescente del Calice incendiò i suoi occhi verdi. «Perché non andiamo a farci quattro passi?»
Louis ghignò, alzandosi senza fare troppe moine, seguendo Harry fuori dalla Sala Grande. Non potendo uscire al di fuori del castello, salirono fino al terzo piano, fermandosi sulla Torre dell’Orologio.
Già lungo il tragitto Harry aveva iniziato a parlare, facendo un discorso parecchio sconclusionato, che in parole povere si poteva riassumere con un “Louis, pensaci bene, secondo me non dovresti partecipare perché è troppo pericoloso”. Louis aveva ascoltato silenziosamente senza mai interromperlo, guardando le scale, alle quali piaceva ancora molto cambiare, nei loro mai calcolati movimenti. Giunti sulla Torre dell’Orologio, sulla quale gli unici rumori erano la voce nasale di Harry e il ticchettio delle lancette che segnavano precisamente l’ora, i due si arrestarono sulla ringhiera guardando i corridoi sui quali si affacciavano. «Poi quest’anno hai i M.A.G.O. potresti rischiare di non passare gli esami perché non hai avuto molto tempo per studiare. E, ancora, sei veramente sicuro che valga la pena rischiare così tanto per l’ambizione che ti sei messo in testa di diventare popolare?».
Louis negò velocemente, un po’ risentito per quell’ultima domanda. «Non lo faccio per la popolarità» replicò semplicemente, mettendo in chiaro le sue intenzioni. Harry lo guardò senza insistere.
«Sul serio, non è solo per questo. Io sento di doverlo fare, come se fosse ciò per cui esisto? Tu ci credi nel destino, ranocchio? – Harry fece spallucce, perché non lo sapeva – beh, io sì. Credo, soprattutto, nelle occasioni. E questa è la mia occasione, non posso perderla per paura. Ho provato involontariamente sempre tanta paura nella mia vita e sento che questa è la mia occasione per dimostrare che non sono un codardo, che ce la posso fare. È la mia occasione, capisci? Non posso perderla».
«Non hai bisogno di un Torneo per dimostrare che sei coraggioso, Louis» lo rimbeccò Harry in un sussurro. «Lo hai già fatto, diventando mio amico» continuò subito, sorridendogli dolcemente. Louis lo guardò di sottecchi, allungando un sorriso semplicissimo. Quello che Harry preferiva su tutti.
«Senti, Harry, se tu avessi diciassette anni e potessi, quindi, partecipare al Torneo Tremaghi, senza pensare alle conseguenze ma sapendo che hai la possibilità di dimostrare a te stesso quanto vali e soprattutto di vivere un’esperienza unica nella vita, che può formarti in quanto uomo e in quanto mago, cosa faresti? Da Grifondoro, esiteresti per pensare a cosa sia giusto o sbagliato o agiresti d’istinto?» domandò piccato.
Harry si morse un labbro, maledicendo l’astuzia di Louis Tomlinson che gli dimostrava, giorno dopo giorno, quanto ormai lo conoscesse meglio delle proprie tasche. Ma conoscere una persona non è sempre un bene: Louis lo aveva appena messo con le spalle al muro e Harry non poteva più continuare con i discorsi senza nesso logico pur di non ammettere che, sì, lui praticamente avrebbe partecipato al Torneo Tremaghi senza pensarci, d’istinto, ma se si trattava del migliore amico non poteva, proprio non ci riusciva, a pensare di pancia, annullando l’idea che Louis potesse rischiare la proprio vita… perché poi lui come avrebbe fatto a stare senza il migliore amico, se questo fosse morto?
«Ti odio tantissimo» borbottò, ammettendo la sua disfatta. Louis rise grossolanamente, prima di tornare serio con espressione beffarda: «Ancora, ranocchio? Dopo tutto questo tempo?4» lo beffeggiò sghignazzando.
Harry lo guardò torvo, prima di rispondere: «Sempre»4.
 
 
Il giorno dopo, il 31 Ottobre, non fu proprio una Domenica come le altre e non perché Harry scese per colazione in Sala Grande molto tardi rispetto ai soliti giorni di lezione. Fu il soffitto incantato a ricordargli che fosse Halloween, addobbato con zucche, pipistrelli e quant'altro a tema per quella festività, ma non era nemmeno quello, perché furono gli studenti stranieri a fargli tornare alla mente la stranezza di quella Domenica.
Con l'aria assonnata si sedette vicino a Niall, che giocava a scacchi insieme a Liam, e iniziò a mangiare quello che c'era e a trangugiare avidamente il succo di zucca che tanto gli piaceva.
Si ricordò del Torneo, quando inquadrò lì, dove l'aveva visto l'ultima volta, il Calice di Fuoco, immacolato con la sua luce blu.
La linea di Età che lo circondava incuteva timore a chiunque passasse di lì, ma nessuno era stato in grado di provare a sfidare quel tipo di magia per imbrogliare.
Harry sbuffò mangiando pigramente. Si chiese se Louis avesse già messo il biglietto col proprio nome nel Calice ma scacciò il pensiero per evitare di incupirsi. E per distrarsi, alla fine, si mise ad osservare i due amici mentre si sfidavano con gli scacchi.
Durante le partite, Niall si era lasciato andare ai suoi attacchi di eccitamento logorroico. Harry, dopo un po’, per il puro gusto di prenderlo in giro, aveva perfino iniziato a contare quante volte ripetesse “Josh”, “Josh Krum” o il “Devine”, perché seriamente il suo cervello sembrava non riuscire a pensare ad altro. O meglio, ci riuscì, quando un piccolo gruppetto di studentesse di Beauxbatons saltellò sinuosamente verso la loro parte facendogli credere che volessero parlare proprio con lui.
Harry ridacchiò quando, delusissimo, lo vide afflosciarsi come un fiore a cui non si è più prestato alcuna cura per poi guardare Liam con una smorfia risentita.
Ridacchiò anche Liam che: «Sei proprio un povero illuso se hai creduto che fossero interessate a due come noi» aggiunse, esortandolo con un gesto del capo a fare la sua mossa. Harry si accigliò, ma fu Niall a parlare per lui: «Perché escludi sempre Harry da questo tipo di discorsi?»
Liam guardò Harry, studiandoselo da capo a piedi per poi guardare Niall come se quell’occhiata spiegasse implicitamente il perché, ma Niall, testa dura, non sembrava voler capire. E nemmeno Harry, a voler essere sinceri.
«HARRY!» La voce di Louis li fece sviare da quel discorso, anche se Harry sentì Liam, con un filo di voce dire a Niall: «Eccoti il perché».
«Buongiorno» lo salutò Harry, sorridendo cordiale. Louis era entusiasta, saltellò fino a raggiungere il trio soltanto per ignorare i due ragazzi del sesto anno, concentrandosi con un sorriso sghembo nella direzione di Harry: «Puoi venire con me un attimo?»
Harry, mentre Niall e Liam alzavano una mano per fare segno a Louis che ci fossero anche loro e rinunciando all’impresa con un mesto «Ciao anche a te, Louis», lo interrogò prima di alzarsi: «Dove?».
Louis sbuffò. Avrebbe potuto rimproverarlo per tutti gli scrupoli che si faceva ogni volta, quando gli chiedeva qualcosa, perché quando invece si trattava del contrario lui, le incertezze, non se le poneva mai; ma alla fine rinunciò. Era troppo eccitato quella mattina per bisticciare con il Grifondoro.
«Lì» bofonchiò, quindi, indicando alle sue spalle verso il tavolo dei Serpeverde. Harry guardò Liam e Niall, poi ancora Louis. Ripensò alle parole di Liam e indicandogli il posto accanto a Niall, di fronte a sé, lo invitò a restare esattamente dove erano.
Liam sogghignò, erano ormai tre anni che non temeva più Louis Tomlinson. Aveva preso coscienza che se aveva fatto amicizia con Harry, andando oltre i pregiudizi, non doveva essere poi così temibile, né tantomeno orribile. Era stato ottimista, certo, ma la paura si era smaterializzata senza più far ritorno.
Louis si sentì in forte imbarazzo, ma non perché avrebbe dovuto condividere il tavolo dei Grifondoro assieme, per giunta, a un Tassorosso, bensì per i motivi per cui era andato alla ricerca di Harry per tutta la mattinata.
Alla fine, sconsolato, si sedette senza fare storie.
Niall guardò Harry domandandosi se stesse usando una delle maledizioni senza perdono per esortare Louis a fare ciò che voleva, Liam guardò Louis e gli sorrise mentre in un sussurro irrisorio: «che onore che ci fai, Louis. Cosa ti rende così mansueto, quest’oggi?» gli domandò. Louis lo guardò di striscio con malcelata diffidenza, e non gli rispose. Ma fu Harry, dopo aver ridacchiato, a replicare: «è Halloween, il vampiro è sempre più… festoso nella sua giornata di libertà» scatenando la risata fragorosa di Niall che gettando il capo all’indietro attirò l’attenzione di parecchia gente.
«Ma la finite di fare i coglioni?» li riproverò Louis, mentre i tre continuavano a sghignazzare. «Ohi, Liam! Ho capito cosa volevi dire! Guarda, ora le studentesse di Beauxbatons ci stanno guardando!»
Liam si schiaffeggiò il viso, cercando le parole giuste per spiegare che non erano espressioni di ammirazione quelle che le suddette ragazze stavano riservando al quartetto, ma quando Harry e Louis si voltarono a guardare dalla loro parte e queste sorrisero ad entrambi, Liam comprese che in parte Niall aveva ragione, quindi si rassegnò ad annuire al migliore amico.
«Certo, Niall anche se sono piuttosto certo che tu faresti prima ad attirare l’attenzione di uno inarrivabile come Krum, piuttosto che anche solo una delle ragazze di Beauxbatons» concluse, indicandogli verso il tavolo dei Serpeverde dove Josh Krum li stava fissando ancora piuttosto scioccato per la risata di Niall che aveva poc’anzi udito.
Niall si voltò a guardare dove Liam gli aveva indicato e sussultò, nell’incrociare gli occhi del Devine: «Oh mio dio, ora sa che esisto» esclamò iperventilando.
Liam ridacchiò, raggelato poi dal tossicchiare nervosamente di Louis che li obbligava, quanto meno Harry, alla sua attenzione.
«Non ti ho cercato per tutta la mattinata per sprecarla ascoltando stupide scimmiottate dei tuoi amici» affermò serafico. Dopo un «E bentornato al buon vecchio Louis» di Niall, ammutolito poi da un’occhiataccia di Louis,  che portò lui e Liam a ritornare sugli scacchi, Harry fissò Louis con cruccio, infastidito dal modo in cui si era espresso su quelli che considerava essere anche amici di Louis, che lui lo volesse o no.
Louis, a quel punto, sbuffò e «Sì, okay, ho esagerato. Scusa…» farfugliò, Harry lo guardò ancora più assiduamente. «Sì, okay, chiedo scusa a tutte e due».
Liam e Niall annuirono, guardando Harry piuttosto ammirati per come era riuscito a rendere mansueto il caratteraccio di Louis. Ma Harry sapeva che la gentilezza di Louis e la sua disponibilità voleva significare ben altro. Perché, se era vero che Louis conosceva bene Harry, lo era ancora il viceversa. E ognuno usava quella conoscenza come meglio credeva.
«Ora posso parlarti?» insistette il Serpeverde. Harry annuì, dando modo a Louis di alzarsi di scatto.
«Sì, ma qui» replicò celere. Louis si risedette sconsolato, sbuffando pesantemente. Guardò Niall e poi Liam, un po’ in imbarazzo, sapendo che, seppur concentrati sulla partita degli scacchi, le orecchie di entrambi erano ben pronte ad ascoltare qualsiasi cosa avesse da dire a Harry.
Louis sbuffò ancora, per poi afflosciare le spalle e dichiarare la propria sconfitta in quella battaglia. «D’accordo» con gli anni, per Louis era diventato più facile scendere a patti. Ma di fatto lo riteneva ancora piuttosto snervante.
«Devo gettare la pergamena col mio nome nel Calice di Fuoco, entro oggi» esordì così, guardando con la coda dell’occhio verso il Tassorosso e il Grifondoro, che sedeva al suo fianco, mentre Harry lo ascoltava concentrato senza mai distogliere gli occhi altrove. «Così, stavo pensando» tossì, infastidito dal dover dire quella cosa di fronte ad altre due persone, perché per quanto lo volesse, era già fin troppo imbarazzante doverlo dire a Harry.
Serrò la mascella e tirando fuori pergamena e piuma dal mantello, che aveva indossato per andare a cercare il migliore amico fuori dal castello, lo passò al ragazzo che gli sedeva di fronte.
«Pensavo che potresti scrivere tu il mio nome. Sai, come porta fortuna» concluse parlando velocemente, finendo col guardare Niall e Liam che, immobili, avevano guardato con occhi bassi il passaggio della pergamena dal Serpeverde a Harry.
Louis avvampò, perché sapeva che i due non avrebbero taciuto ancora per molto.
Guardò Harry, mentre sentiva di scoppiare, e si sgonfiò quando lo vide sorridere dolcemente verso il foglio bianco.
Fu Niall, depositando il gomito sul tavolo e il viso nel palmo della mano a esclamare: «Ma che dolce!» e Liam a seguirlo a ruota: «Che cosa terribilmente carina!» beffeggiando il Serpeverde.
Harry guardò i due amici, sorridendo ancora come un idiota. Louis, semplicemente, scoppiò istericamente nella reazione che tutti si stavano aspettando da un bel po’: «NON SONO DOLCE Né CARINO! DOVRESTE AVERE TIMORE DI ME PERCHé IO SONO PERICOLOSO E ANCHE PIUTTOSTO INCAZZATO, ORA!».
Inutile dire che le ragazze di Beauxbatons si voltarono nuovamente dalla loro parte.
Niall sospirò in scherno per ripetere: «Sei proprio un amore» ridacchiando assieme al migliore amico. Harry rise piano, negando con la testa bassa, mentre afferrava la piuma e con disinvoltura scriveva il nome e cognome di Louis.
Non si interrogò del perché il cuore avesse preso a battergli così forte a tal punto da sentirlo nelle orecchie, né perché trovasse veramente bello il gesto che Louis aveva compiuto. E ignorò la reazione stizzita di Louis che, sedendosi un po’ più lontano da Liam e Niall e ignorando la loro esistenza, attese che Harry finisse di scrivere per accompagnarlo a gettare la pergamena nel Calice. 
 
Per la prima volta in cinque anni, quella sera Harry vide la Sala Grande gremita di studenti sparpagliati tra i quattro tavoli senza prestare attenzione al tipo di casata di appartenenza. Si era seduto vicino a Louis per l’occasione, mentre Niall e Liam, nel tavolo di fronte al loro, si erano uniti ad alcuni amici Tassorosso del loro stesso anno.
Louis era agitatissimo.
Come saprete benissimo, il Calice è un giudice imparziale, e sceglie chi considera essere il migliore studente di ogni scuola. Harry, guardando verso Louis, ebbe il pensiero che il Serpeverde stesse proprio avendo il timore di non essere lui, il migliore della scuola. Cosa assolutamente insolita, visto che Louis si era sempre sentito il migliore di tutti. Sorrise, toccandogli il braccio per tentare di rassicurarlo. Louis saltò sul posto, guardò la mano di Harry per poi salire sui suoi occhi. Harry gli sorrideva: «Hey, non hai nulla da temere».
Louis fece una smorfia, prima di negare e ridacchiare nervosamente. «Tu non capisci cos-»
«Io so meglio di chiunque altro cosa significhi per te, Louis» si premurò a ricordargli. Entrambi, poi, furono assaliti dai ricordi e si sorrisero, ripensando a tutte le volte in cui Louis aveva occupato interi pomeriggi, se non giornate, a riempirgli la testa delle sue ambizioni.
Annuì. «Hai ragione, ma se non dovessi…»
«Hey» lo fermò nuovamente. «Ho scritto io il tuo nome e il Calice non potrà fare a meno di scegliere quella pergamena» lo rassicurò, e nonostante quelle basi avessero poca logica Louis sorrise, annuendo, e «Hai ragione, ranocchio» concluse.
Quando la McGranitt si avvicinò al Calice del Fuoco, quella sera, dopo un breve discorso rivolto ai prossimi Campioni del Torneo, tutti gli studenti erano troppo concentrati sulla voce della donna e sulla sua figura austera, per rendersi conto che la mano di Harry, scivolata lungo il braccio, si era intrecciata a quella di Louis e che, nascoste tra le loro gambe, rimasero legate a quel modo fino a quando la McGranitt, acciuffando una delle pergamene sputate fuori dal Calice del Fuoco: «Louis Tomlinson» gridò, seguita dagli applausi di tutta Hogwarts che per quell’anno aveva avuto il suo Campione.
 
 
Harry, al suo fianco non appena venne fuori dalla riunione con i professori, ci tenne a trattarlo con i guanti, aspettando che fosse l’altro a parlargli di tutto quello che era successo, piuttosto che insistere per farselo raccontare.
La notte di Halloween rimasero insieme a parlare sulla Torre dell’Orologio, dove il custode raramente andava alla ricerca di studenti fuori dalle proprie sale comuni, e lo fecero fino all’alba, nonostante il giorno dopo ricominciassero le lezione.
Louis, che gli aveva raccontato per filo e per segno le indicazioni che aveva avuto durante l’incontro con gli altri due campioni, che per intenderci erano stati Josh Krum per Durmstrang ed Kendall Jenner per Beauxbatons, ma ciò che lo angosciò, subito dopo che la paura di non essere scelto da Calice fu dissolta nel vento, era ben altro.
«Devo allenarmi, prepararmi per le prove ed essere al meglio di Josh Krum, che è praticamente il migliore in qualsiasi cosa e della Jenner che non sembra aver timore di nulla! Quando diavolo posso allenarmi se la maggior parte del tempo lo spreco a lezione e se non ho nemmeno un posto riservato dove stare?»
Harry riprese subito parola, anche se non aveva una risposta ai suoi dilemmi. «Sicuramente Josh Krum è migliore in tante cose, Louis, ma se ha ripreso dal padre, non può essere di certo il migliore nell’astuzia. E, poi, se anche fosse vero che la Jenner non ha paura di nulla, fidati che questo non va a suo vantaggio! Per questo tipo di prove, bisogna avere paura. Chi non è ha è solo un folle che va bendato verso alla morte. Tu sei astuto, Louis, e se hai paura, almeno sai contro cosa vai incontro».
Louis si sentì di poco consolato a quelle parole. Non annuì, ancora un po’ incerto. «E poi ci sono io. E insieme troveremo un modo e un posto per farti allenare. Ma tu ricordati che non sei solo, okay? Ci sono io» che non ho assolutamente intenzione di farti morire.
A quelle parole, Louis sorrise con un pesetto in meno depositato sul cuore. Non seppe perché, ma il pensiero che Harry fosse lì, accanto a lui, a sostenerlo ed aiutarlo, anche se effettivamente non aveva i mezzi a disposizione per farlo, lo rincuorò.
Ora che sapeva fosse così facile sentirsi meglio grazie alla voce e alle parole di Harry, immaginò fosse dipendente dal suo sostegno.
E lo capì, Louis, soltanto dopo essere diventato Campione del Torneo Tremaghi, soltanto quando, di nuovo, la mano di Harry trovò la strada per stringere la sua mano.
Senza Harry, difficilmente avrebbe potuto farcela a uscirne vivo. Con Harry, invece, facilmente, avrebbe potuto farcela a stringere la Coppa del Torneo Tremaghi.
 
 
Necessitavano di un luogo affinché Louis potesse allenarsi.
I giorni a seguire furono parecchio movimentati. E l’agitazione di Louis non si placò, anzi, se possibile divenne molto più intensa e frustrante. In assenza di un luogo dove stare in pace senza essere disturbato, Louis si era messo a studiare gli altri due Campioni del Torneo e spesso se ne stava da solo, sulle rive del lago, sotto l’albero secolare che spesso li aveva accolti per pomeriggi interi, mentre Harry faceva programmi di ripasso, per evitare che Louis corresse pericoli per i M.A.G.O. di fine anno, e mentalmente elucubrava su un possibile posto dove Louis potesse allenarsi senza occhi indiscreti a spiarlo.
Josh Krum e Kendall Jenner non parevano soffrire il fatto che non avessero un luogo privato e questo probabilmente perché, benché non lo dessero a vedere, un posto lo avevano, l’uno sulla nave incantata che li aveva traghettati fino ad Hogwarts e l’altra nelle carrozze che, probabilmente, dentro erano più grandi e ospitali di ciò che davano a vedere dall’esterno.
Louis, invece, che era nella propria casa, si sentiva ridicolizzato a non avere lo stesso privilegio e lo sfogava con risposte fredde e inacidite che lanciava a chiunque avesse l’insensatezza di rivolgergli parola.
Harry ebbe modo di mettere alla prova la propria pazienza, indole che Louis aveva sempre distrutto negli anni ma che, anzi, in quei momenti sembrava ben preparata a mantenersi salda per il bene della loro amicizia. Così, se Louis aveva bisogno di qualcuno con cui prendersela, Harry gli si offriva generosamente, sapendo di essere l’unico a durare di più.
L’epifania giunse a Harry, in una giornata di pioggia che aveva costretto Louis a rimanersene dentro le mura del castello, chiuso nella propria sala comune.
Scene nei sotterranei assieme a un Serpeverde trovato in Sala Grande. Il Serpeverde, che sicuramente doveva girargli bene considerata la disponibilità, andò a reperire Louis dentro la sala comune per farlo uscire.
Louis venne fuori con due occhiaie terribili a consumare maggiormente il suo viso smunto. «Cosa ti è successo?» lo salutò Harry con occhi sgranati, ricolmi di preoccupazione. Louis roteò gli occhi, seccato, e «Cosa vuoi?» replicò, esulando la domanda che gli era stata posta.
Harry incrociò le braccia al petto e «Stai dormendo la notte, almeno?» domandò ancora. Louis evitò il suo sguardo indagatore e sbuffò: «Continueremo ancora per molto a fare domande alle quali nessuno dei due ha intenzione di rispondere?»
Harry sorrise beffardo, quando «non saprei, tu che dici, continuiamo?» lo pungolò. Louis strinse gli occhi a due fessure, pronto a sbraitargli contro. Ma non era giornata perché la notte non aveva chiuso occhi e giunto al pomeriggio si sentiva veramente troppo stanco.
«Harry, piantala. Ho di meglio da fare che perdere tempo in qualsiasi cosa tu stia cercando di fare» disse, infine, dandogli le spalle pronto a rientrare nella sala comune, dove avrebbe continuato a crogiolarsi con l’idea di essere uno sfigato Campione del Torneo Tremaghi prossimo a fare la peggior figura di merda del secolo.
Ma si piantonò al suolo quando alle sue spalle, Harry replicò: «Ciò che stavo cercando di fare era dirti che ho trovato un posto dove potresti prepararti per le prove. Ma se hai di meglio da fare, okay. Peggio per te, stupido Serpeverde».
Louis scattò a guardarlo, una speranza riaccese i suoi occhi azzurri. Harry sorrise, contento di esserne il benefattore. «Non mi stai prendendo per il culo, vero?» commentò Louis, mettendosi di nuovo di fronte a lui. Harry mostrò le grandi mani aperte a un palmo dai visi di entrambi.
«Direi di no, sto facendo di tutto tranne che prenderti per il culo, Louis. Potrei farlo, se proprio insisti, ma non mi sembra il momento adatto, questo» rispose vispamente. Louis, che non aveva molta pazienza come il Grifondoro, scansò bruscamente quelle sue manacce con le proprie, e lo fissò in volto, serio: «Harry».
Quest’ultimo, subito dopo aver sbuffato una risata, si fece strada con un semplice: «D’accordo, seguimi».
Più volte, salendo moltissime scale e diversi piani, Louis chiese «Dove stiamo andando?» senza ricevere risposta. E tantissime volte, poi, camminando per il settimo piano del castello, richiamò il migliore amico: «Harry», ma il Grifondoro sembrava concentratissimo e alla ricerca di chissà cosa, insomma, troppo indaffarato per spiegargli cosa stesse cercando di trovare.
Aveva bisogno di concentrazione, Harry, e di pensare nitidamente a una frase concisa ma chiara, mentre passeggiavano ripetutamente lungo i corridoi del settimo piano.
Quando, al trentesimo: «Harry!» di Louis, questo aprì gli occhi incenerendolo con lo sguardo, Louis fece lo stesso, pronto a fargli del male fisico se non avesse avuto immediatamente dei chiarimenti su quello strano comportamento dell’amico.
«Se non mi dici immediatamente cosa stai cercando di ottenere passeggiando inutilmente per questi corridoi, mi istighi a cruciarti senza troppi ripensamenti»
«Non stiamo passeggiando inutilmente e se sei più ottuso di Barnaba, il Babbeo bastonato dai Troll che hai alle tue spalle, non è colpa mia!» replicò, tornando subito dopo a camminare, ad occhi chiusi, con un cipiglio ad aggrottare la sua fronte e quella frase ripetuta nella mente.
Per quanto questo stupido testone non se lo meriti, ho davvero bisogno di una stanza dove Louis si possa allenare per il Torneo. Per quanto questo coglione non si meriti nulla, ho davvero bisogno di un posto dove lui si possa esercitare. Ho davvero bisogno di posto per questo cretino, perché ne va della mia pazienza ormai agli sgoccioli. Ti prego, se non si è capito, ho davvero bisogno di un luogo privato dove il mio migliore amico possa-
«HARRY, BASTA. Ne ho abbastanza del tuo comportamento, IO HO LA NECESSITà DI PREPARARMI PER IL TORNEO TREMAGHI E TU MI STAI FACENDO PERDERE TEMP-» urlò nuovamente Louis, prima di ammutolirsi al «shhh» che Harry gli esclamò voltandosi a guardare la parete di fronte a loro.
Louis scattò in avanti per raggiungerlo, pronto a tirargli un pugno quando Harry: «Ci sono riuscito! L’HO TROVATA, LOUIS!» esclamò, indicando la parete dalla quale una porta – comparsa dal nulla – si stava ingigantendo piano, piano.
Louis, a quel punto, comprese. E il suo sguardo si illuminò nuovamente. «Ranocchio…» esclamò emozionato, senza sapere cosa altro dire.
Harry si girò a guardarlo, tronfio come mai prima di allora: «Allora? Chi era il lurido mezzosangue che vale meno di niente? Eh, Louis? Eh?» esclamò, colpendolo sovraeccitato su una spalla con diversi pugni scherzosi che non fecero una piega sullo sguardo esterrefatto di Louis.
Il Serpeverde fissò la porta apparsa dal nulla, che dava la certezza ai suoi occhi che la Stanza delle Necessità esistesse davvero, e poi si voltò verso Harry, guardandolo con un sorriso compiaciuto.
Fece un passo verso la porta, sorpassando Harry di pochissimo e si arrestò, mentre un’energia gli saliva d’impeto come un vomito che, però, si fermò al cuore, nel quale iniziò a pomparsi, come una furia pronta a sgorgare fuori in maniera imprevista.
Harry stava per seguirlo ed aprire la porta, ma si fermò anche lui quando Louis si voltò per fronteggiarlo e abbracciarlo velocemente senza dire nulla. Era il suo turno, dopo quella sorta di salvataggio, di ringraziarlo.
Harry, pietrificato, se ne rimase con le braccia aperte e l’espressione scioccata mentre il viso di Louis si nascondeva nell’incavo del suo collo, solleticandogli col respiro la pelle, in quel punto molto sensibile. Rabbrividì, mentre anche il suo cuore esplodeva di meraviglia. Come sciolto da un incantesimo di pietrificazione, alla fine, avvolse Louis con entrambe le braccia.
Sospirò un «Prego» anche se non c’era stato nessun esplicito grazie da parte del Serpeverde, perché, per quel giorno, quella dimostrazione sarebbe valsa molto più di mille parole.
E dopo cinque anni, Harry capì il significato dell’espressione che Louis aveva usato per spiegare i suoi atteggiamenti: “è quel che è”. Non che non lo avesse capito fino ad allora, perché, insomma, è quel che è ma sicuramente non è difficile. Soltanto che quel dì lo percepì nel suo lato positivo e ne fu felice.
«Wow, questo sì che è un colpo di scena» esclamò con sarcasmo. Louis borbottò qualche maledizione, allontanandosi di scatto e dandogli le spalle. Un suo colpo di tosse, mentre Harry continuava a sghignazzare contento, e replicò: «Entriamo a dare un’occhiata, ranocchio»
 
 
La Stanza delle Necessità aveva dimostrato quanto più di ciò che entrambi si aspettavano. Fece trovare al suo interno un ampio spazio in cui esercitarsi nella pratica, senza dimenticare l’importanza che avrebbe avuto la teoria – tanto cara al Grifondoro – lasciando a disposizione un piccolo angolo dell’immensa sala, confortevole e riscaldato da un camino sempre acceso con divani e un tavolino basso su cui ogni tanto compariva qualcosa da mangiare o qualcosa di caldo da bere.
Senza nemmeno dirselo, Harry e Louis incominciarono da quel giorno e in tutti i momenti liberi dagli impegni scolastici a incontrarsi al settimo piano, vicino all’arazzo di Barnaba, il babbeo bastonato dai Troll, dove compariva per loro la Stanza delle Necessità.
Eppure quel giorno, Louis aspettò Harry più del dovuto. E quando lo vide arrivare fu subito pronto a rimproverarlo per essersi fatto attendere così tanto: così si alzò in piedi in un balzo, al suono del suo passo, inconfondibile con quello di qualcun altro, e si girò attorno per incrociare il suo sguardo; aprì bocca pronto a qualche maledizione – per fortuna – innocua ma la richiuse senza far uscire alcun suono, accigliato da ciò che vide.
«Cosa sono quelli?» chiese retoricamente.
Harry si guardò la pila di libri che aveva fra le mani e «Lo sai che non mi stupisce affatto che tu non sappia cosa siano questi?» disse con ironia malcelata. «Libri, Louis» continuò, sillabando lentamente mentre il Serpeverde sbuffava dandogli le spalle. «Li usano le persone per leggere e apprendere nuove nozioni» aggiunse, fiancheggiandolo.
Louis lo guardò di sbieco quando tentò «Piantala, idiota» di ammutolirlo. Ma questo permise soltanto a Harry di sghignazzare mentre la porta della Stanza delle Necessità compariva di fronte a loro.
Entrarono e solo in quel momento Louis riprese parola: «Intendevo, a cosa ti servono qui dentro tutti quei libri?».
Harry sbuffò mentre si dirigeva verso i divani e l’accogliente angolino che preferiva rispetto a tutto il resto della sala. «Non è ovvio? Dobbiamo studiare per prepararti alle prove del Torneo».
Louis lo seguì con un bel cipiglio ad aggrottare le sue chiarissime sopracciglia. «Come, scusa? Studiare? Io devo fare pratica per le prove del Torneo, non studiare» specificò, fronteggiandolo.
Harry strinse di più i suoi libri addosso, guardandolo in cagnesco. Lo faceva spesso, quando si sentiva contestato da chicchessia, ma soprattutto da Louis.
«E, di grazia, come vorresti fare pratica se sei un ignorante come un Troll?» rispose con tono da maestrina. Louis lo guardò bieco. «Non sono ignorante-»
«Significa che ignori la conoscenza di una determinata cosa, non è-»
«Lo so che significa, sta zitto! Ma nelle tre prove, Harry, non ti fanno domande per testare la tua intelligenza. Ti mettono alla prova facendoti rischiare la pelle, io devo…»
Harry roteò gli occhi al soffitto e sbuffò spazientito: «Ma per affrontare le prove ti serve un modo intelligente precedentemente studiato. Non puoi andare alla cieca perché di fronte non avrai dei burattini sui quali funzionerà qualsiasi incantesimo. Devi esaminare caso dopo caso, fare ipotesi e trovare una o più soluzioni. Perciò bisogna studiare».
Louis grugnì fastidiosamente, dandogli le spalle e camminando furibondo per la stanza. In quei momenti sembrava un piccolo cucciolo di drago con il fumo a fuoriuscire dalle orecchie, perché impazientito dal fatto di non riuscire ancora a sparare fuoco dalla bocca. Harry fece un sorriso sghembo sapendo di aver avuto la meglio su quella diatriba. Ciò nonostante, Louis non gliela diede vinta.
«Tu studia pure, allora, io faccio come mi pare» esclamò infatti avanzando verso il centro della stanza, dove diversi fantocci di legno attendevano passivi di essere molestati dagli incantesimi di Louis Tomlinson.
Fu il tempo di Harry di indispettirsi. Con un tonfo sordo fece cadere la pila di libri sul piccolo tavolino. Fu talmente inaspettato che Louis saltò sul posto, sorpreso, girandosi a guardare nella direzione del Grifondoro. «Benissimo, allora non hai bisogno di me, qui» disse Harry, quando gli occhi di Louis lo misero a fuoco.
Si incamminò verso la porta senza lasciarsi scappare un cedimento per guardarlo e vedere la sua reazione. Fu quasi sul punto di credere che, davvero, per quella sera si sarebbe ritrovato a rimuginare sul malumore causatogli da Louis nella sala comune dei Grifondoro, ma poi il Serpeverde arpionò il suo polso, quando lo raggiunse con passo veloce, e lo tirò indietro.
«Non è vero che non ho bisogno di te, qui» disse semplicemente, con la mascella serrata e l’apparente assenza di qualsivoglia imbarazzo che quella dichiarazione potesse fargli provare.
Una capriola, sulla bocca dello stomaco di Harry, fu la reazione che causò quella confezione. Poi, irrigidendo la bocca per impedirsi di sorridere, annuì semplicemente guardando verso il divano. Il polso fu libero dalla presa di Louis che gli permise di ritornare sui suoi passi. Si sedette vicino al caminetto e prese il primo libro dalla colonna inquietante sul tavolino e nascose il suo sorriso soddisfatto, in mezzo a quelle pagine, quando Louis, deposte le armi e ceduto alla verità dei fatti, gli si sedette accanto.
Iniziarono così a studiare, per allenarsi come Harry credeva fosse il modo corretto.
 
 
Le settimane passarono, facendo inesorabilmente avvicinare la prima prova, ma le azioni del duo Serpedoro non cambiarono. O meglio, cambiarono piuttosto lentamente.
Ciò che bisogna quindi appuntare di quei momenti fu soltanto qualche d’uno dei dialoghi che si scambiarono.
 
Dopo qualche settimana, per il piacere di Louis, passarono ad esercitarsi sulla pratica. Louis non lo ammise mai, ma dopo un bel approccio alla teoria, sembrò avere più senso ciò che riportarono nelle esercitazioni. Iniziarono con la trasfigurazione.
Harry non sembrò allarmarsi quando trasfigurarono oggetti, ma fu un tantino preoccupato quando si trattò di trasfigurare proprio lui.
«Ti prego, dimmi che sai ciò che stai facendo» lo pregò, quando posti l’uno di fronte all’altro, Louis sembrava concentratissimo e pronto ad agire.
«So che cosa sto facendo» rispose, infatti, con nonchalance. Harry, però, non lo era tanto.
Quindi insistette: «Ti prego, dimmi che sai ciò che stai facendo. Senza mentire». Louis lo guardò dritto negli occhi, esasperato.
Poi replicò: «Ora pretendi troppo, ranocchio»

 
«Feritum»
Quando Harry fu tramutato in furetto fu terribile solo per la mezzora dopo, spesa in diversi tentativi del Serpeverde a trasfigurarlo nuovamente in uomo.
«Ora almeno so in cosa si tramuterà il Molliccio nel caso in cui ne incontrassi uno»
«In un furetto?» chiese Louis, divertito e sollevato per essere riuscito a trasfigurarlo di nuovo.
«No. In te, che vuoi farmi cose…».
 

Poteva essere qualsiasi cosa a distrarre il Serpeverde, ma spesso il motivo furono un paio di occhi.
«Puoi smetterla di distrarmi?»
Harry rimase esterrefatto ogni volta che si sentiva sotto accusa e, sempre, replicò innocentemente: «Ti sto solo osservando…»
«Esattamente, e mi distrai» lo ammonì furibondo. «Leggi uno di quei cosi, e lasciami in pace»
Harry sbuffò, allora, infastidito e «Libri, Louis» concluse. «Te l’ho già spiegato cosa sono e a cosa servono, questi “cosi”» specificò, accontentandolo e iniziando a leggere, parecchio indispettito.
 
 
Altrettanti, furono i suoi sbalzi d’umore.
«CHE COSA HAI COMBINATO?» gli urlò Louis se nella Stanza delle Necessità trovava qualcosa fuoriposto.
«Dal tono – isterico – della tua voce, presumo di aver fatto un casino»
Ma Harry aveva imparato a farsi beffa di lui, piuttosto che indispettirsi tutte le volte.
 
 
Furono tanti i momenti in cui Louis cedette alla disperazione. E tante le volte in cui esclamò di rinunciare. Per fortuna, Harry era lì, sempre pronto a fare il suo lavoro. Senza mai dimenticare di essere sincero, ovviamente.
«Non puoi rinunciare, ora».
La disperazione di Louis non era non solo nell’atteggiamento, bensì anche nella sua voce «Perché no?» e, soprattutto, nei suoi occhi algidi che sembravano liquefarsi quando si incontravano con quelli verdi del migliore amico.
«Perché ti conosco, e non mi perdoneresti mai se non ti obbligassi ora a non mollare».
 
 
Quando poi Louis riprendeva animo e ritornava a ragionare, forse lo faceva anche troppo sconfinando nella follia. Che Harry non gli risparmiava mai di fargli notare: «Tu sei pazzo!» esclamò quando Louis gli espose l’idea di voler usare su di lui una serie di fatture.
«Lo so, e non è grandioso?»
Ovviamente, Louis non riuscì a convincere Harry e, quindi, sulle fatture si accontentò dell’approfondito lavoro teorico.
 
 
Furono diverse le cazzate che vennero in mente di fare a Louis, ma Harry non perse mai la sua curiosità: «Cosa stai facendo?» di chiedere cosa avesse in mente per quel giorno.
E più di una volta, ricevette da Louis la medesima onesta risposta: «Qualcosa di estremamente stupido».
 
 
Come tanti furono i momenti in cui era facile trovarsi in disaccordo. E il più delle volte, il due Serpedoro finiva col discutere.
«Non sono mai stato tanto insultato, in vita mia!» lo rimproverò sdegnante Louis. Harry, allora, rise beffardo, mentre con fare saccente: «Tu non presti molto ascolto a ciò che dico, è diverso» rispondeva.
 
 
Ogni tanto, però, anche il Serpeverde ritrovava il modo di intrattenersi in goliardiche conversazioni.
«Non posso esserti di alcun aiuto durante le prove, Louis» gli smontò, Harry, il favoloso piano che gli aveva appena esposto.
«Da furetto, nella mia tasca, potrei usarti come esca!» esclamò sorridendo piccato. Harry lo guardò torvo.
«Non sei divertente» replicò allora col broncio.
Louis ghignò, impugnando la bacchetta: «E chi ha detto che stessi dicendo per scherzo?».
 
 
Ci impiegò moltissimo, Louis, a ottenere una capacità impeccabile negli incantesimi silenziosi. E fu perché Harry insistette tanto, lo torchiò chiedendogli sempre di meglio, anche quando ci impiegava pochissimo tempo. Perché per il Grifondoro doveva essere ineccepibile, il che lo rendeva un bravo coach.
Bravo, tanto quanto snervante. E Louis, che non aveva peli sulla lingua, glielo faceva notare non appena poteva: «Sei davvero fastidioso quando ti ci metti».
Harry, permalosissimo, gli rispose soltanto con un «Senti chi parla». E per quanto si sentisse sfiancato dal comportamento pressante di Harry, con quel suo broncio di disappunto stampato in viso, Louis lo trovò incredibilmente tenero. Così, smussata la stanchezza, sorrise incrociando le braccia: «Ma io lo sono sempre, qual è la tua scusa invece?».
E così, alla fine, Harry, che per fortuna non aveva alcuna capacità negli incantesimi silenziosi, ripeteva spesso crucio nella propria mente, incenerendolo con lo sguardo, e sorridendo poi quando, sempre nella sua immaginazione, vedeva un Louis agonizzante che lo pregava di smetterla.
 
 
Nella Stanza delle Necessità ci trascorsero parecchio del loro tempo, spesso sparendo anche alla vista dei loro amici e spesso rinunciando perfino alle visite fuori le mura del castello.
Niall e Liam, però, non si perdevano nemmeno un’uscita da Hogwarts, soprattutto se si trattava di andare a Hogsmeade. Così Harry chiedeva a Niall di comprare anche per lui qualcosa da Mielandia.
«È una bacchetta alla liquirizia che hai nelle tasche?» gli domandò Louis, quando si presentò al settimo piano, di fronte alla parete dove da settimane si trovavano aspettando che la Stanza delle Necessità si mostrasse a loro.
«Oppure sono solo felice di vederti…» lo prese in giro Harry, senza perdersi la faccia sconvolta che gli si palesò in risposta, prima di crucciarsi in un’espressione seccata: «No, stupida rana, è una bacchetta alla liquirizia. Dammela».
 
 
C’era una moda che aveva influenzato gli studenti di Hogwarts. Quella della bromance. Grifondoro, Tassorosso e Serpeverde che si salutavano “Bro” e “Bro” come fossero i nuovi “Ciao”. No, i Corvonero se lo risparmiarono come la maggior parte delle mode momentanee. E questa malattia sopraggiunse, in modo veramente imbarazzante, anche tra i Serpedoro.
In un momento di pausa, in cui il freddo aveva attraversato il castello prendendo posto assieme alle persone che lo abitavano, fu Harry a ringraziare il gesto – insolitamente carino – di Louis nell’offrirgli una cioccolata calda: «Grazie, bro».
Gli occhi algidi di Louis saettarono sul volto di Harry, chiedendogli con una sola espressione scioccata se stesse facendo per davvero. Poi, contento dei buoni risultati che stavano ottenendo, seguì il momento imbarazzante con qualcosa di ancor più imbarazzante: «Cos’è? Una Bromozione?»
Harry sbuffò una risata e quasi si versò la cioccolata caldissima addosso. Fu il suo momento di guardare scioccato Louis che gli sorrideva nervosamente. Sì, era solito fare battutine, ma mai di uno squallore così… pessimo. Quello piuttosto era Harry che, difatti, non si risparmiò, rispondendogli: «Brobabilmente».
Negarono entrambi, ridendo come due idioti. E Louis fu certo, in quel momento, di star risentendo fortemente della pessima influenza di Harry.
 
 
I libri erano sacri per il Grifondoro. Tant’è che quando Louis gli diceva di non distrarlo e Harry iniziava a leggere qualcosa, poi succedeva che si perdeva lasciando che il tempo trascorresse senza che lui se ne rendesse conto.
Lo ridestava, spesso, Louis con un «Ti sono mancato?» che gli diceva, con un sorriso sornione, sdraiandosi con la testa sulle gambe del Grifondoro, quando ritornava da una passeggiata fuori dalla Stanza delle Necessità.
«Perché eri andato via?»
L’orgoglio di Louis, tutte quelle volte, fu messo a dura prova.
 

Spesso Louis gli proponeva esercizi al limite dell’assurdo. Nonché pericolosissimi.
«Suvvia, qual è la cosa peggiore che potrebbe succederci?»
Harry sbatté le proprie mani contro i fianchi e gli rispose con malcelato sarcasmo: «Che ne so, una cosa a caso: tipo morire!».
Louis sghignazzò e fece spallucce: «Ma dai, come se questa eventualità ci abbia mai fermato, prima d’ora!»
Harry si schiaffeggiò il viso, allora, esasperato.
«Ho creato un mostro».
 

Così, diverse volte si ritrovarono a rischiare la pelle. Soprattutto Harry, che diventava vittima degli esperimenti pratici di Louis. Diventare un furetto divenne presto una cosa da niente.
Il Serpeverde credé, dopo un brutto schiantesimo silenzioso che fece volare Harry dritto contro una colonna, di averlo ammazzato perché il Grifondoro, dopo essere crollato a terra, privo di sensi, non aveva dato alcun segno di ripresa.
Gli era per questo corso incontro, prendendolo tra le braccia e scuotendolo ripetutamente per ridestarlo. «Harry»
«Ranocchio!!»
«Harry!»
«Harry!»
«Ranocchio…» Gli sentì il battito e, poi, anche se dalle narici tonde percepisse il suo respiro. Era sul punto di rianimarlo con la respirazione bocca a bocca, ma Harry aprì gli occhi, come risvegliatosi da un brutto incubo, proprio quando il viso di Louis gli fu a pochi centimetri di distanza.
Per imbarazzo, allontanandosi appena, la prima cosa che gli chiese Louis fu: «Non sei morto?»
E la risposta di Harry, con voce roca e una smorfia dolorante fu: «Credevi di riuscire così – tossì ancora – facilmente a liberarti di me?»
 
 
Ebbe la certezza – di aver creato un mostro – quando durante un duello Louis: «Ma non pensarci più, ti ho detto di mirare! Spara! Spara! Spara dritto qui!» gli gridò indicandosi il petto, come a voler incitare Harry a spaccargli il cuore.
Harry, che aveva impugnato la bacchetta e puntata contro il Serpeverde, distese il braccio verso il basso guardandolo con cipiglio: «Louis, hai per caso ascoltato della musica dal mio mp3?» congegno babbano per il quale Louis aveva sempre gridato a gran voce di non volerci avere nulla a che fare.
Eppure l’imbarazzo del Serpeverde gli diede una risposta affermativa.
 
 
Harry e Louis, infine, lasciarono che accadesse. Il tempo trascorso in quella stanza, col mondo al di fuori di essa, aumentava sempre di più; sebbene agli inizi avessero avuto il coraggio di chiudere una giornata e ritornare ognuno nella propria sala comune, dopo qualche settimana, poi, divenne sempre più difficile. Tant’è che per tornare nei propri letti, in orari notturni veramente improbabili, rischiavano sempre di incrociare il custode e finire in guai seri.
Così, rinunciarono al rischio e fecero quello che più gli tornò comodo.
Uno sbadiglio fu il principio di quella decisione.
«Vai a dormire, Harry, si è fatto tardi». Louis alzò lo sguardo dal quaderno di appunti dal quale stava ripassando le varie deduzioni sulle papabili prove che gli sarebbero potute capitare durante il Torneo e sorrise, intenerito dalla faccia da sonno di Harry che, seduto accanto a lui, ascoltava Louis ripetere.
Louis lo vide negare e poi: «Starò qui anche tutta la notte, se dobbiamo» gli disse Harry.
Sorrise più ampiamente, annuendo semplicemente e riprendendo a leggere.
Quando Harry, poi, gli si appoggiò con la testa su una spalla, già addormentato, Louis non si ritrasse né lo svegliò per cacciarlo con le forze da quella che ormai era diventata una vera e propria tana per loro.
Chiuse il quaderno, piuttosto, e si stropicciò gli occhi con la mano non imprigionata dalla figura di Harry; con uno sbadiglio, si accoccolò sul divano per stare più comodo ma Harry non lo toccò, lasciandoselo addosso. Aveva un buon profumo, era come un balsamo per la sua anima che, tranquillizzandosi e privandosi di tutto lo stress, gli permetteva di addormentarsi pacificamente.
Aveva bisogno di Harry, anche per dormire.
Fu la prima volta, quella. Poi accadde sempre più spesso. Così tanto, che alla fine la Stanza delle Necessità intuì il bisogno di entrambi e gli fece trovare perfino un letto.
Uno solo, perché Harry e Louis si addormentavano sempre su uno dei due divani.
Un solo letto, sì, perché Harry e Louis si risvegliavano sempre incastrati l’uno nell’altro come pezzi di un puzzle. E di due letti non ne avevano bisogno, quindi.
 
Friends just sleep in another bed
 

1, 2, 3 citazioni a Harry Potter e il Calice di Fuoco
4 citazione a Severus Piton, che spero non tornerà a torturarmi sottoforma di fantasma, con tanto di capelli unti, per aver osato usare la sua famossisima dichiarazione d'amore.

 
Angolo VenerediRimmel
 
Non so voi, ma ho adorato tantissimo scrivere questa parte della storia e ora che mi sto appropinquando con le tre prove del Torneo quasi la rimpiango. Le ultime scene finali sembrano sbrigative ma in realtà sono nate proprio così, con l’intento di far passare il tempo e imprigionare solo alcuni spaccati di quelle giornate. Spero abbiate gradito il fluff e spero che le aspettative non siano state ancora deluse!
Ci sentiamo presto per l’ultima parte – sì, giuro che la quarta sarà l’ultima!
E se vi va, scrivetemi pure qualcosina nel riquadro qui in basso oppure su Twitter. Mi farebbe veramente piacere.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto e quelli che hanno preferito/ricordato/seguito questa storia. GRAZIE, senza di voi, non so come camperei!
 
Un abbraccio,
VenerediRimmel
   
 
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