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Autore: emo_baby    11/05/2009    0 recensioni
Tutto ciò che avevo sempre sognato mi era stato concesso, in un certo censo, ma forse dentro di me avrei dovuto sapere che tutto prima o poi giunge al termine. Ogni cosa, pur bella che sia, finisce, lasciando un inesorabile delusione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I want to get away some place, but I don’t want to stay too long, I like the lights turned out and the sound of closing door. Finalmente le prime tre ore passarono molto velocemente, e la campanella segnò l’inizio della ricreazione. Mi affrettai a raggiungere l’atrio per incontrare la mia ciurma ma nell’intento uno stupido mise il piede nel posto sbagliato al momento sbagliato, persi l’equilibrio e caddi in avanti urtando una ragazza che aveva in mano una pepsi che di conseguenza andò a finire addosso… a una signora, una professoressa suppongo. Mi voltai per un millesimo di secondo verso il “piede inciampatore” e mi ritrovai i ghigni di Horky, lo fulminai con lo sguardo ma delle urla mi fecero sobbalzare «chi… è… STATO?» ok, era giusto un pochetto arrabbiata, feci qualche passo indietro e me la diedi a gambe. Arrivai in bagno, e lì c’erano Katy e June che se la ridevano «bella tolleranza che c’è tra amiche» sbuffai e mi appoggiai al pilastro posto sulla sinistra della piccola stanzetta «e dai non prendertela» disse June con la sua voce da peluche teneroso «si vede che non ci sta agli scherzi» sogghignò Mindy «no, era uno scherzo di cattivo gusto, rischiavo di andare dalla preside» risposi mettendo il broncio «sei tu che pensi a negativo, don’t worry be happy» disse dandomi dei colpetti sulla testa come si fa con i cani, la guardai di sottecchi e la incenerii «si tesoro! Ti voglio bene anch’io» e mi abbracciò ma io la scansai cercando di rimanere impassibile a più lungo possibile «io no, ti odio» mi guardò in modo superficiale, come le snobbette platinate «ne trovo quante ne voglio di amiche» la mia serietà cominciava a svanire, vedere quel teatrino era qualcosa di demenziale allo stato puro «bene vai dalle tue amiche» aggiunsi con un ghigno sulle labbra «June andiamo via di qui» la testa colorata prese a braccetto la peluchosa (non fate caso ai nomignoli xD) e si avviarono verso il corridoio principale, sapevo che non facevano sul serio perciò restai in bagno nell’attesa che ritornassero e facessero il fatidico “scherzetto!!”. Passò qualche minuto e di loro neppure l’ombra, traditrici. Uscii dal bagno per raggiungerle e dirgliene quattro, ma appena misi piede dopo la soglia della porta sentii «boooh» feci un balzo all’indietro e mi misi una mano sul cuore, cercando di stabilizzare i battiti. «Brutte zombie viventi! Questa me la pagherete!!» dissi a denti stretti «ops… SCAPPIAMO!!!» cominciai a rincorrerle per tutta la scuola ma una persona mi passo davanti e… praticamente gli saltai addosso. Ma perché tutte a me? Che cosa avevo fatto di male per meritarmi tanto? Proprio non capivo. Abbassai gli occhi e mi accorsi che era una persona conosciuta, John. «Sono tanto attraente che hai deciso di violentarmi?» le mie guancie si tinsero di una leggera tonalità di rosso «sorry» sussurrai, sarei voluta ritornare in bagno e mettere la testa nel water e scaricare fino a quando non avrei raggiunto le fogne, «sorry accettate». Due piedi che battevano sul pavimento attirarono la mia attenzione, alzai lo sguardo e vidi… la preside. «Mi dispiace interrompere la sua conversazione signorina, ma la pregherei di venire nel mio ufficio… SUBITO!» deglutii e mi alzai seguendo la figura che avevo davanti. Entrammo in una stanza molto piccola e ingombra di tante carte e documenti, al centro c’era una scrivania in mogano e alcune poltrone in pelle beige disposte oppostamente tra loro. Mi fecce cenno di sedermi e io mi accomodai, prese posto dietro la scrivania e guardò tra i documenti che aveva «mmm… signorina Di Nardi non tollero questo comportamento nella mia scuola» presi un bel respiro e provai a trovare una giustificazione valida «mi scusi, ha ragione» abbassai lo sguardo imbarazzata «sei nuova?» mi sembra ovvio, che lo chiede a fare «emm si» risposi con la mia vocina da cucciolo pentito «bene, non proverrò con nessuna sospensione, ma come punizione dovrà occuparsi del servizio bar durante la festa dei talenti» appena avrei avuto sotto mano uno di quei scemi sarebbe morto. Annuii col capo e mi diressi verso la porta, percorsi il corridoio e mi affrettai a guardare l’orario, letteratura tedesca, che palle. Bussai alla porta e un «avanti» mi fece entrare, la professoressa sembrava appena uscita da un concorso di bellezza, aveva i capelli castani liscissimi e due occhi nocciola dal taglio particolare. Mi accolse con un sorriso e mi indicò un banco vuoto, alzai lo sguardo e notai Nicolas, finalmente avevo trovato un’ora che avevo in comune con qualche faccia conosciuta. Mi sedetti e fissai accigliato il mio boy che sogghignava, sbuffai «bel modo di proteggere la tua ragazza» mi sorrise e mi diede un bacino sulla guancia «gli avevo detto di non combinare nessuna cazzata ma devo ammettere che è stato divertente» misi il broncio «dai piccola, mica ti hanno sospeso!» lo fulminai «ci mancava molto poco, comunque durante questi pomeriggi dovrò restare a scuola e dare una mano e in più per punizione dovrò fare la barista alla “festa dei talenti”» dissi facendo il segno delle virgolette, mi guardò dispiaciuto «oh che peccato, volevamo che tu partecipassi» che? Volevo tornare indietro nel tempo e riascoltare ciò che aveva appena detto, come con un registratore «puoi ripetere?» gli dissi con la fronte aggrottata «volevamo che tu partecipassi, tranquilla abbiamo gia pensato noi ad iscriverti, chissà se però potrai esibirti visto che stai in punizione» ma perché a me degli amici tanto idioti? Ok ammetto che anch’io ero un po’ idiota e deficiente ma almeno non utilizzavo la mia stupidaggine con l’intento di far morire qualcuno, ok stavo esagerando ma a me la folla proprio non mi piaceva, specialmente quando i riflettori erano puntai sulla sottoscritta «ma sei pazzo?» gli dissi a voce un po’ troppo alta «Di Nardi segua la lezione» mi voltai stizzita verso Nicolas che si avvicinò al mio orecchio e sussurrò in un sospiro «si… sono pazzo di te» un brivido mi percorse la schiena ma ripresi subito il mio autocontrollo e provai a seguire la lezione. Le ore passavano e mi accorsi di avere in comune con Mindy la sesta ora, educazione fisica. Combinammo un casino, quella che in principio doveva essere una partita di pallavolo, si trasformò in una battaglia all’ultimo sangue. La campanella segnò la fine delle lezioni, non tutti però potevano tornarsene a casa, io sarei dovuta rimanere per scontare la mia punizione. Salutai Mindy e incontrai Stephan e June, sarei stata in loro compagnia poiché facevano parte del corpo studentesco. Mentre attraversavo il corridoio mi accorgevo delle ragazze che mi passavano accanto, ognuna sapeva chi era e cosa sarebbe diventata, erano tutte in fibrillazione e sicure di se stesse, e pensando a ciò mi venne naturale pormi una domanda, perché loro avevano una chiara idea sul futuro e io no? Lasciai i miei stupidi pensieri e mi dedicai ai preparativi. Dopo circa due ore di estenuante lavoro, salutai i miei due amichetti e mi diressi verso casa. Adoravo percorrere il tragitto di casa, mi infondeva una certa pace e avevo tutto il tempo di riflettere su ciò che accadeva. Raggiunsi il vialetto di casa, infilai le chiavi nella serratura e entrai «sono a casa!» un gomitolo bianco si precipitò a scodinzolarmi intorno «salve Princess» salutai la mia cagnolina e mi diressi in cucina. La scena era molto divertente, Michelle tutta sporca di farina, con i capelli neri corvini – ormai bianchi – legati, ma con alcuni ciuffi ribelli che le ricadevano sul viso «che buon profumino, che si festeggia?» dissi assaggiando l’impasto del dolce «cerco di distrarmi, domani viene a farti visita tua madre» rispose in tono nervoso, ma poi si voltò e mi sorrise, ricambiai il sorriso e le chiesi «agitata?» si riconcentrò sull’impasto «un pochino» ammise «e perché?» le dissi aiutandola a mettere nel forno la torta «ho paura… che possa portarti via, mi sono affezionata molto a te» feci una piccola risatina «nessuno mi trascinerà fuori di questa casa» il suono del campanello interruppe la nostra conversazione «vado io». Arrivai nell’atrio e sentii chiaramente le parole strozzate della canzone “going under” degli Evanescence, aprii la porta e Mindy mi saltò addosso cantando a squarcia gola «I’M DYING AGAINNNNNNNNN I’M GOING UNDERRRRRRRR» me la scrollai di dosso «e stai un po’ zitta! Non sai cantare» si zittì e mi guardò scettica «eh già abbiamo la cantante qui» le tirai un pizzicotto sul braccio, stava per farmene anche lei uno come contrattacco ma la bloccai «NO!» aggrottò la fronte «che?» disse «se mi tiri un pizzico mi fai male» alzò lo sguardo al soffitto esasperata «anche se ti sfioro tu dici “ahia”» sbuffai e bofonchiai «non è vero, e poi ho la pelle delicata» si fece strada «sese certo» posò l’i-pod su un mobile in soggiorno e fece capolino nella cucina «ehilà Michelle» la ventisettenne la guardò e le sorrise «Mindy che bella sorpresa» ci sedemmo e Michelle ci diede alcuni biscotti da sgranocchiare «allora domani è il grande giorno!» disse entusiasta Mindy, come la invidiavo, non aveva mai preoccupazioni e prendeva tutto alla leggera «eh gia» rispose la nera con tono rassegnato «ma ditemi com’è andato il primo giorno di scuola?» oh no! Meglio sorvolare l’argomento! «molto bene direi, non è così Ju?» mi guardava sogghignante «siiiiii certo» annuii con veemenza, forse un po’ troppa, infatti Michelle fece una piccola risatina. Passammo qualche ora a chiacchierare e poi Mindy tolse il disturbo e andò via. Finalmente per quella sera papà era a cena, si era preso l’intero giorno di domani libero, anche lui aveva i nervi a fior di pelle, ma non lo dava a vedere. Finita la cena diedi la buonanotte e salii di sopra nella mia stanza, assieme a Princess, mi coricai nel letto e chiamai a Katy. «Pronto?» disse la sua voce cristallina dall’altra parte dell’apparecchio «sono Julia» le dissi dolce, erano due settimane che non ci sentivamo e tra qualche giorno sarebbe stato il suo compleanno, avrebbe compiuto i fatidici 18 anni «amoreeee come stai?» era felice, ma nella sua voce avvertivo sempre una nota di malinconia «tutto bene, a te e i ragazzi?» ci fu un attimo di silenzio, sapeva cosa intendevo quando dicevo “ragazzi”, John. «Io sto bene… John un po’ meno» mi allarmai all’istante «è successo qualcosa?» un’altra pausa «ha scoperto tramite i messaggi sul mio cellulare che io e te ci sentiamo, e ci è rimasto male, perché qualche volta non lo chiami?» ero vigliacca, non ne avevo il coraggio, erano passati due maledettissimi anni e non ero ancora pronta a sentirlo «non mi sembra la cosa più sensata» le dissi. «Comunque ha intenzione di partire, dice che questa città lo fa stare male… non lo capisco uff» mi faceva pena, era sola ad affrontare tanti problemi ed io non ero accanto a lei «io vado a nanna ti voglio bene» «ok ti ricordo che tu mi hai fatto una promessa, notte ti voglio bene anch’io» già… la promessa, a 18 anni sarei dovuta tornare a Venezia. Not like other girls who always feel so sure of everything they are of what they’re going to be.
  
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