Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: MaDeSt    25/10/2016    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gruppo Facebook

Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

GONE WRONG

La prima ad andare nel panico per il mancato ritorno dei ragazzi per cena fu Moriel, che obbligò i suoi due figli a cercare il ragazzino insieme a lei. Ma venne presto a sapere che anche Gerida cercava sia Jennifer che Mike, ospite a casa loro da qualche tempo, e in un primo momento pensarono che si fossero fermati a dormire tutti insieme a casa di qualcuno. Si misero quindi a cercare per il villaggio accompagnate dai figli di Moriel, ma non li trovarono da nessuna parte, nemmeno a casa di Layla.
La ragazza origliò la conversazione dalla finestra di camera propria, e quando le due donne e i due giovani uomini se ne furono andati si preparò in silenzio, sapendo che probabilmente sua madre non l’avrebbe lasciata uscire in quell’occasione. Scese le scale scalza e si mise gli stivali solo davanti alla porta, scusandosi in un sussurro perché sapeva che il suo gesto avrebbe spaventato a morte la donna che al momento ravvivava il fuoco nel camino. Aprì piano la porta e altrettanto lentamente la richiuse senza fare rumore, si strinse nel mantello e sparì coperta dal buio della notte.
Era indecisa se andare a chiamare Emily oppure no, ma alla fine pensò che il suo aiuto, o anche solo la sua presenza, l’avrebbero aiutata a ragionare lucidamente e a rimanere tranquilla. Quindi si diresse verso casa dell’amica e bussò alla porta.
Ci mise un po’ ad aprirla, ma per fortuna fu proprio lei a presentarsi, così poté raccontare la verità invece che mentire a sua madre, e senza pensarci troppo a lungo Emily decise di accompagnarla.
Lungo la strada Layla le sussurrò, per non essere sentita: «Speravo di incontrare i draghi o Cedric, nel bosco. Sento che si sono cacciati nei guai quei testoni.»
«Già, e speriamo che non sia a causa di quei soldati, altrimenti chissà cosa gli faranno...» ribatté l’altra a mezza voce.
Se ne andarono in fretta dirette verso il bosco, sperando di trovare i piccoli draghi ad aspettarle alla tana e che non fossero anche loro prigionieri dei soldati.
Trovarono invece Cedric e Smeryld intenti a tornare verso casa di lui, il draghetto trascinava un cervo morto tutto contento e il ragazzo, stranamente, rideva allegro. Tutti e quattro si fermarono, sorpresi di essersi realmente ritrovati in mezzo a un bosco di notte, e Cedric domandò loro cosa ci facessero lì.
Dunque Layla, chiaramente sollevata per averlo trovato, gli spiegò i suoi dubbi e lui non tardò a incupirsi. Propose alle due ragazze di andare a prendere i cavalli per essere sicuri di poter sfuggire ai soldati nel caso in cui fossero coinvolti, dunque intimò a Smeryld di rimanere lì fermo con la scusa di dover badare alle loro prede, lasciandogli anche quelle che lui trasportava.
Il draghetto tentò una debole protesta ma il ragazzo ripeté inflessibile: «Resta qui!» e se ne andò di corsa insieme alle ragazze soltanto quando fu certo che gli avrebbe obbedito.
Prepararono in fretta Hurricane Nuvola e Tempesta, i quali fino a pochi minuti prima dormivano tranquillamente, poi discussero di dove questi soldati potessero essere accampati. Dal momento che non li avevano mai visti attraversare il villaggio tutti insieme per poi dirigersi dov’era morta Khraalzeh immaginarono che fossero accampati sulla riva est del fiume Rimer, a sud di Darvil.
Era una prateria a dir poco vasta, ma trottando qualche minuto verso sud alla fine giunsero abbastanza vicini al loro accampamento da vederne il fuoco centrale. Cedric fece loro cenno di rimanere ferme in sella, mentre lui smontò a terra e si avvicinò a piedi al campo improvvisato per fare meno rumore, con l’arco in pugno. Layla si agitò in groppa alla giumenta, in ansia per il ragazzo, ma mantenne la presa salda sulle redini e non scalciò sui suoi fianchi.
Lui riuscì ad avvicinarsi abbastanza da doversi nascondere dietro una tenda per non essere visto, rimase sufficientemente distante da non innervosire i cavalli legati lì vicino, due che trainavano i carretti e diversi altri, tra cui quelli dei ragazzi, legati a dei pali. Sentì degli strani versi che lo fecero rabbrividire, poi con cautela sbirciò da dietro la tenda e vide tutti i loro compagni sdraiati su delle coperte, un soldato lì accanto, e più avanti i genitori di Susan con gli occhi puntati sulla figlia.
Sentì un soldato gridare un allarme e infine comparve nel suo campo visivo, stava indicando a nord; probabilmente aveva scorto le sagome dei tre cavalli stagliati sulla neve. Quasi andò nel panico quando sentì l’intero accampamento mobilitarsi mentre i soldati indossavano le armature e preparavano i cavalli. I ragazzini si destarono e si guardarono intorno con rinnovata speranza.
Cedric si allontanò silenziosamente e appena fu lontano corse più veloce che poté verso il cavallo facendo cenno alle ragazze di galoppare via.
Emily colse al volo, vedendo del movimento frenetico all’accampamento, e disse subito a Layla: «Andiamocene.»
«Ma...»
«Subito!» esclamò, e così dicendo spronò Tempesta al galoppo.
Layla guardò Cedric preoccupata, poi seguì Emily augurandosi con tutto il cuore che lui facesse in tempo a raggiungere Hurricane prima dei soldati.
«Dove andiamo?» gridò Layla.
«A casa! Lasciamo i cavalli nei campi in modo che i soldati non sappiano chi li stesse cavalcando, e poi andiamo a casa!» le rispose l’amica.
Layla annuì e si guardò alle spalle: avevano centinaia di piedi di vantaggio su Cedric, e ancora di più sui soldati. Ne distinse tre staccarsi dal gruppo per seguirli al galoppo e altri due girare intorno all’accampamento per essere sicuri di non essere colti di sorpresa o attaccati da altre direzioni. Di sicuro i soldati li avrebbero seguiti fino al villaggio, non c’erano altri posti dove tre ragazzini potessero fuggire, ma era certa che anche il ragazzo si sarebbe trovato d’accordo con lei ed Emily: non aveva senso che tutti e tre facessero da esca, lui li avrebbe attirati dietro di sé e loro avrebbero cercato un altro modo per risolvere la situazione.
Anche Cedric decise di spronare il suo cavallo a galoppare più veloce che poteva fino a Darvil; era piuttosto tardi e la gran parte degli abitanti era già in casa a riscaldarsi davanti ai fuochi o a dormire. Attraversò di corsa il ponte, gli zoccoli dell’animale battevano violentemente il legno schioccando come nacchere, e pochi secondi dopo sentì gli schiocchi provocati dagli animali dei cavalieri. Non fermò la corsa del cavallo, galoppò dentro il villaggio lungo la via maestra fino alla piazza principale, senza incontrare nessuno. Un cantastorie lo guardò severamente, interrompendo la propria lettura alla luce di una fiaccola.
Giunto lì fece arrestare l’animale e scese con un balzo quasi inciampando nella fretta, poi corse in un vicolo per nascondersi alla vista dei cavalieri; si disse che chiedere aiuto in giro per il villaggio fosse inutile: per lui ben poche persone avrebbero alzato la voce contro i soldati.
Anche quelli fermarono gli animali, ma solo due di loro scesero per cercarlo; Cedric non aveva lasciato molte tracce, dal momento che la neve c’era ma le sue orme non erano le uniche presenti, i soldati dovevano seguire quelle poche tracce che avevano e cercarlo nei dintorni.
Il ragazzo si precipitò in un vicoletto tra due case in cui persino lui faticava a infilarsi, e sbucò dall’altra parte dove sapeva esserci una grata malferma che conduceva a uno di quei luoghi in cui gli altri soldati tempo prima lo avevano rinchiuso per avvelenarlo. Anni addietro anche adulti e bambini si erano divertiti più volte a chiuderlo dentro lasciandolo lì per giorni.
Scacciò con forza i brutti ricordi, smosse la grata e strisciò all’interno, era un salto di quasi un braccio e per poco nella fretta non si ruppe entrambi i polsi per attutire la caduta, rotolò su un fianco e si rialzò subito per richiudere la grata, indietreggiò fino a poggiare la schiena alla parete opposta, e attese, le orecchie tese pronte a cogliere ogni rumore appartenente ai soldati.
Sperò di non essere nel torto dando per scontato che quelli non l’avrebbero cercato nello stesso tipo di posto in cui avevano provato a ucciderlo. Ansimava per la paura che aveva avuto di non riuscire a nascondersi in tempo, ma ugualmente riuscì a origliare una conversazione.
A porre la domanda fu sicuramente uno dei soldati che lo cercavano: «Avete visto un ragazzino correre qui intorno? Alto, vestiti scuri.»
«A quest’ora i ragazzini non girano per il villaggio.» rispose un anziano.
«Infatti, lo stavamo inseguendo.»
«E perché mai?»
«Ha... una cosa che ci appartiene.»
«Oh, un ladruncolo? No, mi dispiace, non ho visto né sentito nulla. Sarà la vecchiaia?»
Cedric non era certo che quel vecchio lo stesse coprendo consapevolmente, ma volle essere ottimista. Si lasciò scivolare a terra sfregando la schiena contro il legno umido e coperto di muschio, e lì attese immobile e intimorito finché il soldato e il vecchio non se ne andarono. Ma attese anche oltre, per essere sicuro che non fossero più nei dintorni. Sapeva che ancora lo stavano cercando, e anche che non potevano essere tanto lontani.
Si maledisse per aver lasciato il cavallo nero in mezzo alla piazza; oltre che a essere in bella vista annunciando la sua presenza nei paraggi, se se ne fossero impossessati non se lo sarebbe mai perdonato.
Infine si decise ad azzardare la sua prossima mossa, si alzò e si arrampicò fino ad arrivare all’altezza del terreno, spinse la grata di metallo con cautela e con uno sforzo, ma cercando di fare meno rumore possibile, si trascinò fuori. S’infilò nello strettissimo vicolo per tornare a sbirciare la piazza principale. Il suo cavallo era ancora lì fermo, trattenne un sospiro di sollievo e immediatamente dopo vide l’altro soldato, quello rimasto a cavallo, parlare con il cantastorie.
«Non ne ho idea, casa sua non è da queste parti. Ma ditemi, prima che apra bocca, perché lo cercate?» stava dicendo l’uomo con voce arrochita strofinandosi il naso adunco.
«Dobbiamo parlargli.»
«Oh, capisco. E di cosa?»
«Affari che non dovrebbero riguardare né voi né lui.»
L’uomo fece un verso con la gola, dubbioso: «Degli uomini armati si presentano qui nel nostro villaggio, ci perseguitano con domande riguardo la guerra e danno la caccia ai nostri ragazzi, il tutto senza che noi possiamo pretendere delle risposte. Da dove venite?»
«Da est.»
Il cantastorie stava per aprire bocca, quando incontrò lo sguardo di Cedric. Il ragazzo si riscosse e fece disperatamente cenno di tacere, di sviarlo, di non consegnarlo a quell’uomo. L’anziano scosse la testa come riprendendosi da un sogno e tornò a guardare il soldato pensando a cosa fare.
«Beh, non è una risposta esaustiva.» disse infine, scegliendo di coprirlo.
«Ma è tutto ciò che dovete sapere. Dove abita il ragazzo?»
«Non è andato a casa, ve l’ho detto, abita altrove.»
«E gli altri allora? C’erano tre ragazzi a cavallo, dove sono gli altri due?» insistette l’uomo in armatura cominciando a spazientirsi.
«Non ho visto nessun altro in groppa a un cavallo, a parte voi s’intende!»
Cedric ringraziò il cantastorie con un cenno del capo, poi tornò indietro, infilandosi di nuovo in quello stretto vicolo per sfuggire a occhi indiscreti tra le ombre delle case, e si chinò per richiudere la piccola grata che nella fretta aveva lasciato aperta.
Ma appena si rialzò qualcuno lo afferrò stretto alle spalle e gli cinse il collo con un braccio d’acciaio, quello bastò a fargli capire di chi si trattasse.
«Eccoti qui.» disse infatti la voce del soldato a piedi che aveva parlato col vecchio poco lontano dal suo nascondiglio, il suo alito puzzava di alcol.
«Lasciami andare.» gli disse freddo, faticava a parlare con quel braccio stretto saldamente al suo collo.
«Altrimenti? Chiami il tuo piccolo drago?» il ragazzo fece un verso, come a dire che ci stava facendo un pensiero, ma entrambi sapevano che la creatura era troppo distante «Forza, cammina.» e lo spinse con forza costringendolo a muovere qualche passo.
Finse di assecondarlo per qualche iarda, ma appena vide un altro vicolo stretto, con tutta la forza che riuscì a trovare provò a lanciarvisi dentro, sapendo che il soldato – dalla corporatura più robusta e ingigantito dall’armatura – sarebbe rimasto indietro, fermato dal legno delle case. Cogliendolo alla sprovvista riuscì quasi a sfuggirgli guidandolo verso il vicolo. Il metallo dell’armatura cozzò contro il legno producendo un forte rumore, l’uomo non sembrava voler mollare la presa sul suo collo e strinse tanto da impedirgli di respirare.
Dimenandosi e lottando con tutte le sue forze alla fine riuscì a sfuggirgli, perché il cavaliere poteva far passare un solo braccio nel vicolo, ed era in svantaggio. Cedric cadde a terra quando all’improvviso fu libero della sua presa. Lo spazio era così stretto che per avanzare era costretto a proseguire con la schiena rivolta a una parete; era sdraiato su un fianco, sollevato su un gomito, e sia il gomito che la spalla – che aveva attutito il colpo – gli facevano male. Fece appena in tempo a rialzarsi pronto a correre dall’altra parte, quando sentì un dolore lancinante al fianco destro, esposto al cielo.
Si lasciò sfuggire un urlo e ricadde a terra incapace di reggersi sulle gambe, gli girava la testa e aveva cominciato a tremare, ansimava e il fianco bruciava, gli sembrava che lo stessero ustionando con un ferro rovente. Ebbe la forza di guardarsi alle spalle e vide il soldato rinfoderare una lunga spada per poi afferrargli una gamba sorridendo soddisfatto. Reagì scalciando nonostante lo spazio bastasse a malapena per sollevare la gamba, e tutti i suoi muscoli protestarono per lo sforzo. Si ritenne fortunato tuttavia: la faretra che aveva ancora al fianco aveva in parte deviato il colpo.
Le sue grida avevano però allertato il vicinato e gli altri due soldati; gli ultimi accorsero per primi, ma poco dopo alcuni abitanti uscirono dalle proprie abitazioni con torce o candele accese tra le mani e cominciarono a guardarsi intorno in cerca del pericolo. Trovarono i tre soldati, di cui uno mezzo infilato nel vicolo, e cominciarono a fare domande pretendendo una risposta.
Cedric dal canto suo continuava a lottare con quel soldato, finché alla fine l’uomo perse la presa e si rialzò, pronto ad aggirare le case per aspettarlo dall’altra parte, ma i cittadini lo placcarono, impedendo a tutti e tre di allontanarsi, inveendo sempre più numerosi e chiedendo spiegazioni.
Dolorante e tremante il ragazzo si rialzò e uscì dallo stretto vicolo a malapena riuscendo a vedere qualcosa, ma subito cadde non riuscendo a tenersi in piedi senza appoggiarsi a una parete. Faceva il possibile per contenere versi o grida che avrebbero potuto tradire la sua posizione, sapendo perfettamente che non aveva molto tempo; prima o poi i soldati avrebbero minacciato la gente di smetterla di coprirlo, magari sfoderando le loro armi per spaventarli.
Si allontanò più in fretta che poté trascinandosi e incespicando tra una stretta via e l’altra, finché non si ritrovò di nuovo nella piazza principale. Ma il suo cavallo non c’era più. Imprecò a mezza voce e si costrinse a rialzarsi per camminare, aveva intenzione di tornare a casa e nascondersi, avrebbe dovuto attraversare una zona senza case ed era certo che avrebbe fatto una fatica terribile anche solo a reggersi in piedi.
Sentì i soldati riprendere a cercarlo, ignorando le grida arrabbiate dei cittadini, e cominciò a correre cercando di non pensare al dolore della ferita e delle botte appena prese. Poco dopo aver passato il ponte vide il cantastorie dirigersi verso casa sua, con le redini del suo cavallo in mano. Si fermò barcollando davanti a lui e ricadde a terra ansimando.
L’uomo si spaventò e imprecò, a sua volta spaventando il cavallo: «Ti senti bene?» gli domandò poi.
Lui scosse la testa e disse a fatica: «Grazie per aver portato qui il cavallo, ora me ne occupo io.»
«Serve una mano?» chiese, stringendosi nel mantello consunto.
«No. Grazie anche per avermi coperto.»
«Cosa vogliono quegli uomini? Perché prendersela con te?»
«Non lo so.» mentì, si rialzò e salì in groppa all’animale con uno sforzo di cui si pentì «Ma non c’è molto tempo, devo andare. Grazie ancora.» e detto questo prese in mano le redini e lo spronò al galoppo.
Gli dispiacque abbandonare quell’uomo e lasciarlo in mezzo al nulla confuso, con mille domande per la testa, ma non c’era tempo da perdere e non poteva raccontargli la verità. Galoppare gli faceva quasi più male che correre, casa sua non distava più di un minuto a quella velocità, ma bastò a farlo lacrimare.
Giunto davanti alla porta smontò da cavallo e letteralmente si lasciò andare contro il legno sbattendo di peso contro la porta, si accasciò a terra e bussò da seduto, ma era già tardi e nessuno rispose. Non poteva immaginare che la porta fosse chiusa solo a chiave, senza l’asse a bloccarla; erano abituati diversamente, di solito doveva aspettare davanti a casa che Jorel uscisse per andare a lavoro per poter rientrare dopo aver cacciato. Lo chiamò senza poter alzare troppo la voce per non essere sentito dai soldati, bussò più forte alla porta, lanciò della neve contro le finestre. Ma ancora nessuno rispose.
Credeva di avere almeno un lieve vantaggio sui soldati, soprattutto perché non sapevano dove fosse andato, ma senza accorgersene, né tantomeno volerlo, alla fine svenne pur non essendosi mosso.
Si riebbe dopo poco in realtà e solo perché sentì i soldati gridare. Si guardò intorno confuso e li vide avvicinarsi a lui, ora silenziosi per non destare chi in casa stesse dormendo. Dopo un poco realizzò di aver combinato un disastro e col cuore in gola cercò di rialzarsi per salire in sella al cavallo nero, ma uno dei tre soldati scese a terra e lo afferrò per i capelli costringendolo poi a inginocchiarsi, quasi senza sforzi, per poi disarmarlo.
Quando gli parlò Cedric riconobbe che era uno dei due soldati che già tempo prima aveva cercato di metterlo fuori gioco, la sua voce pareva un ringhio divertito: «Finalmente sei nostro, piccolo bastardo.»

La situazione si faceva più tesa ogni minuto che passava, il capo dei soldati continuava a marciare avanti e indietro davanti a loro con passo pesante, le braccia incrociate e il viso contorto in un’espressione grave. Un soldato stava invece affilando da un po’ la sua lunga spada; quel gesto ripetitivo e lo sgradevole rumore della lama che strideva contro la pietra fece rabbrividire i ragazzi, e Jennifer non poté fare a meno di chiedersi perché lo stesse facendo, temendo che stesse solo aspettando che gli altri tornassero per sgozzarli tutti e poi prendersi i piccoli draghi indifesi.
Dopo aver atteso in silenzio per diverso tempo, uno dei soldati sbottò: «Oh andiamo! Perché non cominciamo a interrogare questi qui, che importa se non ci sono tutti?»
«Importa, il nostro obiettivo non è interrogarli.» ribatté il capo severamente.
«E cosa volete fare?» domandò Andrew ingenuamente.
Tutti lo fissarono, i ragazzi preoccupati.
Poi Jennifer lo assecondò, decisa a prendere tempo: «Già, che volete? Dovete ucciderci? Vi manda qualcuno?»
I soldati risero e il capo rispose: «Sì ragazzina, ci manda qualcuno. E no, potremmo decidere di non uccidervi, se collaborerete. Altrimenti...» diede due sonore pacche al suo fianco, da cui pendeva una spada ancora più lunga di quella che il soldato prima stava affilando. Susan tremò alla vista dell’enorme arma dalla lama curva che pendeva inerte al fianco dell’uomo e a tutti loro venne naturale guardare Mike, ancora steso sulle coperte che mormorava qualcosa d’incomprensibile ogni tanto, forse privo di coscienza di sé e sul punto di svenire.
«Però chi ci vieta di fargli qualche domanda lungo il tragitto? Non ci è stato detto nulla a tal proposito.» disse un altro.
«Portarci dove? Perché?» intervenne Susan, sperando di distrarli.
«Non vi è dato saperlo.» rispose il capo, fece per rispondere agli altri due soldati.
Ma Jennifer parlò prima di lui: «Temo di sì invece, dopotutto noi abbiamo i draghi dalla nostra parte.»
L’uomo la guardò con crescente antipatia: «Tristemente vero, ed è per questo che ora, appena gli altri torneranno, verrete con noi.»
«Tenerci prigionieri non vi farà guadagnare la nostra simpatia.» osservò lei.
«Ma ci garantirà la vostra collaborazione. Non potrete reagire con le mani legate. Ma potete parlare, e ammetto che si sta rivelando fastidiosa la cosa. Quindi, perché non dite qualcosa di utile, invece di infastidirci?»
Ma Jennifer fece un’altra domanda: «Cosa sono questi versi?»
«Demoni.» rispose il soldato vicino alla mola «Chiusi in quelle gabbie laggiù.» dunque indicò una gabbia su un carro.
Il capo si avvicinò a loro e guardò Susan dall’alto: «Allora, torniamo a noi. Da dove arrivano i draghi?»
«Dalle uova, che domanda idiota!» esclamò Jennifer.
«Da dove vengono quei draghi?» ripeté il capo incollerito.
«Dalle uova.» ripeté Andrew con decisione.
«Da dove vengono le uova?»
«Lo volete proprio sapere? Beh, funziona più o meno come per gli uomini, solo che a partorire è stata una dragonessa...»
«Smettetela di giocare! Sappiamo benissimo come funziona! Come avete fatto a impossessarvene, come avete fatto a convincere dei Draghi ad allearsi con voi?»
«Non l’abbiamo mai fatto.» disse Jennifer, rise per provocarli, ma Susan le diede un colpetto col piede per farle capire che fosse meglio non farlo.
L’uomo afferrò Susan per i capelli, lei gridò e gli altri insorsero, ma lui continuò imperterrito: «Rispondi alle mie domande.»
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi, sapeva perfettamente che non aveva il coraggio di giocare a guadagnare tempo, ma doveva farlo. Quindi rispose con voce flebile: «Quali domande? Hanno già risposto loro.»
Il capo sospirò a fondo e un soldato aggiunse: «Abbiamo a che fare con degli stupidi ragazzini, nulla più. Sarà più facile trasportarli, ma sarà una scocciatura. Ignoriamoli.»
«O possiamo direttamente sgozzarli e cercare le uova, o i draghi se sono nati.» disse un altro.
«Nerkoull vi ammazzerebbe.» disse Andrew d’impulso. Quando tutti i soldati lo guardarono si fece piccolo sotto i loro sguardi e aggiunse con voce tremante: «Beh, non potete ucciderci, abbiamo un accordo con lui.»
«Davvero?» fece il capo, lasciò Susan e si diresse verso lui, Andrew tremò evidentemente a disagio «Che tipo di accordo?»
«Non possiamo parlarne con nessuno...» balbettò.
«Nemmeno su minaccia di morte?»
Scosse la testa: «Come ho già detto, no. E non potete ucciderci.»
«Se non collaborate...» sguainò la spada e la puntò contro Andrew.
Susan gridò d’impulso: «Per qualsiasi cosa dobbiamo rivolgerci a lui! È questo il patto!» tutti gli uomini la guardarono «Quindi,» aggiunse «se ci portate via con la forza lui prima o poi lo verrà a sapere! Che ci abbiate uccisi o meno. E verrà a cercarvi, trovandovi quindi coi cuccioli. Non vi conviene torcerci nemmeno un capello!»
Uno dei soldati rise: «Mente solo per salvargli la pelle.»
«Può darsi.» commentò un altro «Ad ogni modo questo Nerkoull comincerà a cercarci magari tra due mesi, e non potrà seguire le nostre tracce.»
«Già, non abbiamo nulla da perdere, facciamoli fuori.» assentì il soldato più lontano da loro.
«Noi abbiamo bisogno dei draghi, non di questi marmocchi. Eravamo qui per trovare solo le uova, non ci è stato detto di portarci dietro anche eventuali amici dei draghi, ci servono loro soltanto, non un gruppetto di ragazzini che pretende di essergli amici.»
«Non hai torto.» disse il capo.
Si sentì un rumore di cavalli al galoppo che interruppe la loro conversazione e tutti guardarono verso nord, dove poco dopo i tre soldati che avevano inseguito Cedric entrarono nel cono di luce emanato dal grande fuoco, con il ragazzo e il suo cavallo nero.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: MaDeSt