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Autore: MaDeSt    28/10/2016    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

MAGIC

Gli amici si guardarono terrorizzati mentre uno dei tre soldati prese il ragazzo e lo sollevò di peso dalla sella, per poi lasciarlo cadere a terra davanti agli altri tutt’altro che gentilmente. Susan lanciò un acuto e breve strillo mentre un paio di soldati battevano le mani ed esclamavano vittoriosi.
«Non è finita, i cavalli che abbiamo visto erano tre.» commentò aspramente il capo, poi s’inginocchiò davanti all’ultimo arrivato, il quale a fatica cercava di restare sveglio e tremava per il dolore, quindi si rivolse a lui: «Dove sono andati gli altri due?»
Cedric chiuse gli occhi e non rispose, allora l’altro gli prese i capelli dietro la nuca e spinse con forza il suo collo verso terra rendendogli difficile respirare, Susan squittì implorante di non fargli del male. Un paio di soldati al contrario sghignazzarono.
Il capo invece la zittì con un rapido gesto del braccio libero, poi tornò a concentrarsi su Cedric: «Qual era il vostro piano? Dove sono spariti? Chi è Nerkoull?» ma lui di nuovo non rispose e l’uomo ridacchiò piano: «Tu sei quasi adulto, vero? Quanti anni hai? Quindici? O proprio sedici? Perciò non dovrei sentire la coscienza sporca facendo... questo.» e nel dirlo gli sferrò un colpo allo stomaco facendolo gridare, e Susan a sua volta urlò terrorizzata, ma il soldato la ignorò. Anzi sembrò che avesse gradito il suo grido perché ghignò soddisfatto.
Provò a farlo parlare per diversi minuti, frustrato perché il ragazzo non cedeva, ma alla fine si vide costretto a smettere altrimenti l’avrebbe fatto svenire. Con un grugnito rabbioso si rialzò e si allontanò verso il fuoco, i suoi sottoposti lo guardavano ansiosi come temendo che avrebbe sfogato la rabbia su di loro. Susan piangeva sommessamente per non scatenare l’ira degli uomini attorno a lei e Andrew tremava visibilmente, scosso e impaurito.
Ci fu un lungo silenzio carico di tensione, nulla si muoveva eccetto il fuoco da campo e il capo dei soldati che camminava repentinamente avanti e indietro, forse pensando alla prossima cosa da fare. E intanto i demoni all’interno delle gabbie, qualunque cosa fossero, continuavano a produrre sinistri rumori tra cupi ringhi, soffi, grugniti e versi striduli.

Layla ed Emily, una volta certe che i soldati se ne fossero andati, uscirono dal loro nascondiglio tra due case e sgattaiolarono verso i campi dove avevano lasciato le due giumente. Montarono in sella e in tacito accordo le spronarono al galoppo. Attraversarono il villaggio, le cui strade erano ora affollate, procurandosi diverse occhiatacce e seguite dalle grida infastidite degli abitanti; nessuno le riconobbe, perché nessuno riusciva a guardarle abbastanza a lungo da distinguere altro che non fossero i capelli o il mantello di Emily.
Si fermarono solo quando giunsero vicine all’accampamento, dove videro del movimento, ma appena Layla distinse chiaramente uno dei soldati inveire contro Susan spronò nuovamente Nuvola a galoppare; quella vista l’aveva accecata dalla rabbia, come osava un uomo adulto prendersela a quel modo con una ragazzina con le mani legate, totalmente indifesa?
Il rumore degli zoccoli che calpestavano la neve fredda attirò parte dei soldati, ma non quello che stava per colpire Susan dritta in faccia con un guanto metallico, probabilmente perché non la smetteva di piangere. E Layla capì il perché appena vide Cedric e Mike davanti a lei, sdraiati sul loro stesso sangue.
Alcuni uomini urlarono vedendola, ma lei non ci fece caso. Fermò la giumenta che nitrì irrequieta, colta dall’ira tese la mano libera e gridò forte: «No!» sembrava quasi un ordine più che una disperata richiesta.
Ci fu una grande confusione dopo quella parola; un’esplosione di luce viola e bianca, un boato assordante, poi le grida di più uomini e il tonfo del metallo che cadeva a terra. Si sentì immediatamente debole e frastornata, confusa, quasi incapace di capire cosa lei stessa stesse pensando. Si afflosciò sul collo della giumenta sopraffatta mentre la luce svaniva rivelando ciò che era successo: i soldati, tutti quelli più vicini ai ragazzi, erano stati scagliati lontano da qualcosa d’invisibile, e ora erano sdraiati scompostamente a terra, le armi ancora in pugno.
A quel punto tutti guardarono verso lei, con occhi sgranati, un paio di soldati indietreggiarono boccheggiando d’incredulità. Gli altri che non erano stati sbalzati via invece le corsero incontro gridando.
Ma lei non ci fece caso, si sentiva debole, non capiva cosa stesse succedendo e non vedeva realmente quello che guardava. Non sentì Jennifer gridarle di galoppare via, e nemmeno si accorse dell’arrivo di Emily che la strattonò disperata cercando di riportarla alla realtà.
Approfittando della confusione che si era venuta a creare Cedric sussurrò: «Nerkoull.»
Solo Susan lo sentì, si piegò su di lui e domandò incredula: «Cos’hai detto?»
Lui si costrinse a parlare più forte: «Chiama Nerkoull.»
Non capì il perché di quella richiesta, pensò che la perdita di sangue gli stesse dando alla testa. Ma ugualmente prese coraggio e gridò il nome del drago adulto più forte che poté. Sembrò non succedere nulla, ma tutti i soldati del campo si erano immobilizzati e ora guardavano lei, mentre i versi dei demoni improvvisamente cessarono.
«Cos’è che hai detto?» esclamò un soldato iracondo.
Jennifer aveva gli occhi fissi su Layla, ancora imbambolata a fissare il vuoto davanti a sé, mentre Andrew guardava Susan alla sua destra con incredulità.
La ragazzina bionda ebbe un sussulto, capendo perché Cedric le avesse detto di chiamare il drago; evidentemente al contrario di lei, e di tutti gli altri, il ragazzo aveva ricordato che un drago poteva rispondere al proprio nome se veniva chiamato. Non aveva detto che anche per un umano sarebbe stato possibile chiamare un drago, aveva detto che il richiamo si usava tra draghi. Ma aveva anche detto che un drago poteva decidere se rispondere oppure no.
Uno degli uomini si stava avvicinando con passo pesante, l’arma sguainata pronta all’uso, e Susan temette di esserseli solo inimicata ancora di più. Inutilmente. Stava perdendo le speranze e tremava a ogni passo dell’uomo che si faceva più vicino; ora aveva il viso deformato da una smorfia d’odio, ringhiò ferocemente e alzò l’arma al cielo. Ma s’immobilizzò.
Un forte ruggito squarciò l’aria, annunciando l’arrivo del grande drago nero. I soldati si guardarono intorno e poi scrutarono il cielo, intravedendo una sagoma oscurare le stelle. Jennifer la vide e sussultò ritrovando la speranza perduta.
Qualcuno capì e, preso dal panico, gridò: «Nerkoull è il nome di un drago! Nerkoull è un drago!»
«E sta venendo qui! Lei l’ha chiamato!» completò un altro.
Un uomo tentò di spegnere il fuoco, come se al buio potessero sfuggire agli acuti occhi della creatura. Il soldato vicino a Susan imprecò guardandola negli occhi, ma il terrore ancora gli paralizzava gli arti, non riuscì a scappare per mettersi in salvo né a calare il colpo per porre fine alla sua vita. La ragazzina ricambiava lo sguardo atterrita e a bocca aperta.
Aveva funzionato davvero! Nerkoull stava arrivando in loro aiuto! Non riusciva a crederci. Presto sarebbero stati salvi. E avrebbe riabbracciato i genitori. Stavano bene! Era tutto troppo bello per essere vero.
I soldati al campo correvano da una parte all’altra frenetici, preparandosi ad affrontare un drago per la prima volta in vita loro; non ne avevano neanche mai visto uno, ne avevano solo sentito parlare nelle leggende. Non avevano idea di cosa gli stesse arrivando addosso.
Emily era anche lei paralizzata, come i genitori di Susan, guardava il cielo ora che aveva intravisto la sagoma di un drago muoversi. Non le parve tanto grande, ma era certa che si stesse avvicinando. S’ingigantiva sempre più, fino a oscurare una grande porzione di stelle e lasciarla senza fiato: dovette ricredersi, Nerkoull era enorme. Ed era dire poco.
Una folata d’aria gelida l’investì quando Nerkoull frenò e rimase sospeso a mezz’aria sopra al campo, i cavalli nitrirono terrorizzati mentre la neve sferzava violentemente i volti di umani e animali. Presto a tutti furono note le effettive dimensioni del drago, le cui scaglie e spine lucide scintillavano alla luce fredda delle lune. Il gelido vento provocato dalle sue grandi ali quasi spense il fuoco in mezzo al campo, fece volare i teli che coprivano le gabbie sui carri rivelando una famiglia di quelli che sembravano gatti, e quasi scoperchiò le tende dell’accampamento.
Nonostante fosse imbavagliata, Jelena lanciò un urlo strozzato cercando di allontanarsi, ma gli arti legati resero inutile ogni suo tentativo. I soldati erano ora pallidi e non distoglievano lo sguardo dagli occhi rossi del drago, il quale ringhiò ferocemente.
Non sputò fuoco, perché le sue fiamme sarebbero state visibili a centinaia di miglia di distanza durante la notte, perciò si limitò a usare un altro tipo di magia: ringhiò di nuovo e la bufera di cristalli di neve attorno a loro prese una forma più solida, andando poi ad aggredire i soldati come mossa da correnti d’aria che sfidavano quelle provocate dalle sue ali. La neve rincorse gli uomini, compattandosi a poco a poco attorno ai loro corpi: il fatto che fossero ricoperti di metallo, e quindi non caldi, rese più facile al gelo attecchire a loro formando strati di ghiaccio, fino a ricoprirli del tutto e soffocare le loro grida. Di quegli uomini non rimasero altro che cumuli di neve ghiacciata che presto si confusero col resto del paesaggio della prateria. Solo allora Jelena smise di gridare, comprendendo che l’enorme creatura fosse lì per aiutarli, e quindi non si trattasse di un pericolo per lei e la sua famiglia.
Tutti i superstiti, eccetto Mike e Cedric, ora guardavano il drago nero a bocca aperta e occhi sgranati. Lui comprese il loro sgomento e atterrò delicatamente poco lontano dal campo.
Parlò solo ai ragazzi amici dei giovani draghi: Questi erano i soldati di cui avete parlato?
«Sì!» gli rispose subito Susan, procurandosi le occhiate incredule dei genitori e di Emily che pensarono stesse parlando da sola «Grazie per aver risposto Nerkoull! Grazie infinite!»
Ho percepito il pericolo nella tua voce, non potevo rimanere indifferente. Non dovete ringraziarmi, ho fatto un favore anche... ai miei nipoti disse incerto, sicuro che in quel modo gli umani avrebbero compreso meglio Purtroppo non posso aiutarvi oltremodo, ma le creature rinchiuse in quelle gabbie potranno esservi d’aiuto. Lasciate che le liberi per voi.
Così dicendo di nuovo usò qualche tipo di magia, perché una lingua di fuoco si staccò dal falò tingendosi di un sinistro colore scarlatto e, come dotata di vita propria, volò verso il lucchetto che teneva chiusa la gabbia per poi esplodergli addosso in mille scintille rosse, liquefacendo il metallo.
E ora è meglio che vada, prima che qualcuno noti la mia sagoma nera sulla neve. Vi auguro di riprendervi in fretta. Buonanotte aggiunse all’ultimo spalancando le ali, poi prese il volo e se ne andò rapidamente verso la Foresta, seguito dagli sguardi di tutti.
Calò il silenzio, finché Emily si riebbe e scese in fretta da cavallo per liberare i ragazzini delle corde che li tenevano immobilizzati a terra. Appena fu libera Susan corse a liberare e abbracciare i propri genitori, mentre Jennifer corse da Layla e Andrew si affiancò a Mike e lo scosse preoccupato per accertarsi che fosse ancora cosciente, ma rimase deluso nel constatare che era svenuto da diversi minuti.
Le creature, o demoni come li avevano chiamati i soldati, finalmente uscirono dalla gabbia con passo felpato e si portarono vicino al fuoco per mostrarsi. Dunque tutte le attenzioni degli umani furono per loro.
Sembravano gatti, ma due di loro erano grossi quanto cani da guardia, gli altri due erano più piccoli e sembravano dei cuccioli. Avevano occhi scintillanti, ognuno di un colore diverso; giallo e verde i due adulti, rosa e rosso i due più piccoli. Avevano lunghe orecchie e zanne scoperte, troppo grandi per stare nascoste. I due felini guardarono gli umani dritto negli occhi, e quelli ricambiarono lo sguardo sudando freddo dalla paura.
Il felino dagli occhi verdi e il pelo nero e lucente come la notte tremò, poi sfiorò le loro menti fino a potergli parlare e con una strana voce, che suonava stridula ma nello stesso tempo antica, melodiosa, gentile e femminile, disse loro: Il vostro aiuto è gradito, il vostro cuore è gentile. Avete la nostra riconoscenza, Amici dei Draghi.
Erano ormai abituati a sentire voci che solo la mente poteva cogliere, ma la coscienza della gatta era molto diversa da quella dei loro draghi; pareva in egual modo intelligente, ma era indubbiamente molto più vecchia e sapiente. I ragazzi si chiesero quanti anni avesse, ma era impossibile capirlo sia dall’aspetto che dalla voce.
«Grazie, ma cosa... cosa siete?» balbettò Andrew.
Emily lo guardò confusa e sentendosi esclusa capendo che come i piccoli draghi quei gatti evidentemente parlavano col pensiero, poi tornò a fissare i cosiddetti demoni.
Gatti Ferali, tra i pochi rimasti al mondo. Per questo motivo consideriamo rimarchevole il vostro gesto, da quest’oggi sarete anche nostri Amici. Non dovrete mai più temere la nostra ombra, anziché aggredirvi camminerà al fianco della vostra. Yzah è il mio nome, Kalle è il mio compagno. Ani e Geish sono la nostra preziosa prole.
«Avete dei... poteri magici? Perché questi soldati vi volevano?» domandò Susan, ormai ritornata alla realtà.
È così rispose Kalle, dagli occhi gialli e il pelo rossiccio, scosse un orecchio e riprese: Quelli che voi chiamate poteri magici per noi non sono altro che un Dono, un Dono che ci distingue dai comuni gatti. A volte intorno a noi accadono cose che voi direste essere strane. Magia. Agisce quando vogliamo, e anche quando meno ce l’aspettiamo.
Yzah prese nuovamente parola: Alcuni di noi nascono dal grembo di una normale gatta, con occhi luminosi e zampe lunghe, e vengono abbandonati, non riconosciuti dai propri genitori. Ma la Magia ci aiuta a sopravvivere, provvede a noi come noi provvediamo ai nostri cuccioli, e non ci lascia mai soli.
«C’è un motivo per cui la magia vi... sceglie?» domandò Jennifer, non del tutto sicura che fosse la parola giusta.
Se c’è un motivo, non ci è dato saperlo disse il maschio con voce suadente e allo stesso tempo indifferente Il Dono ha scelto noi, e noi non domandiamo. Lo accogliamo.
«Succede lo stesso ai draghi?» domandò Andrew incuriosito.
Non lo stesso, non esistono creature al pari dei Draghi prive di Magia. Loro sono ciò che sono da sempre, dalla nascita del Mondo e della Magia stessa. Storie di tempi lontani raccontano che la Magia è nata coi Draghi, e i Draghi sono nati con la Magia, fanno parte gli uni dell’altra, non si possono separare.
«E quindi dopo la nascita di draghi e magia sono nate creature come voi?»
Così forse è stato, nessuno può dirlo; sono tempi così lontani da essere ormai null’altro che leggenda miagolò Yzah con voce ipnotica.
Jennifer scosse la testa e tornò al mondo reale, fece ai Gatti una timida riverenza e disse in fretta: «Vorrete scusarmi, ma due nostri amici stanno male, e un’altra è quasi svenuta...» quindi dopo averli guardati un’ultima volta tornò a rivolgere le sue attenzioni a Layla ed Emily, la quale nel frattempo aveva fatto scendere la prima da cavallo e l’aveva fatta sedere a terra.
A sua insaputa, prima Yzah, poi i cuccioli, e a chiudere la fila Kalle, si avvicinarono con passo silenzioso e misurato. Susan e Andrew si scambiarono un’occhiata perplessa, poi camminarono dietro i quattro Gatti, e dietro di loro s’incamminarono anche Jelena e Deren che non sentendo le voci dei due felini chiesero spiegazioni alla figlia in un sussurro appena udibile.
«Non si è ancora ripresa?» domandò Jennifer preoccupata, e la ragazza accanto a Layla, che la stringeva a sé per non farle toccare terra, scosse la testa.
Ha involontariamente usato la Magia, è molto debole disse Kalle, e Jennifer trasalì, mentre Emily osservò stupita tutta la comitiva che a uno a uno comparve nel suo campo visivo Non sapeva ciò che faceva.
Ha rischiato molto convenne la femmina, si avvicinò a Layla e le sfiorò la fronte col muso, la folta coda tremò, e dopo qualche secondo di attesa finalmente la ragazza aprì gli occhi.
«Layla!» sussurrò Jennifer sollevata, sentendosi felice come non lo era da ore.
Lei si guardò intorno e domandò confusa: «Cos’è successo?»
«Dicono che hai usato la magia!» esclamò Andrew animato.
«Magia... Io?» fece lei incredula.
Sei legata a un drago, la Magia vive dentro e con lui, più tempo passerete insieme, più la Magia farà parte anche di te le rispose Yzah con voce pacata, e Layla la fissò con occhi sgranati mentre Susan di volta in volta bisbigliava ai genitori le parti di dialogo che non potevano sentire.
«Ma io... io non sapevo nemmeno che esistesse la magia! Come ho fatto?»
Un gesto involontario e pericoloso, se avessi usato più Magia di quanta potessi sostenerne con le tue forze, ora saresti morta le disse Kalle con sguardo severo, dopo quelle parole calò un silenzio irreale.
«...Morta?» sussurrò Layla dopo un po’.
Con essa è meglio non giocare. Non usare questo Dono se non sai ciò che fai.
«Ma è stato involontario...» protestò Andrew.
Yzah annuì e miagolò: Lo è stato, e il vostro legame coi Draghi vi aiuta a controllarla, ma anche vi mette in pericolo perché ve lo permette, e voi non siete pronti ancora.
«Potete insegnarci?» sussurrò Cedric debolmente alle loro spalle, e tutti lo guardarono assumendo un’aria preoccupata.
Noi non siamo in grado di insegnare una simile pratica, noi usiamo il nostro Dono e nient’altro disse il felino ricambiando l’occhiata del ragazzo, poi si mosse per affiancarsi a lui, gli sfiorò il petto con la punta del muso, e come per Yzah poco prima la coda rossiccia tremò mentre tutti lividi e le ferite che il ragazzo riportava scomparivano grazie alla magia.
Lui trattenne le grida quando sentì ogni taglio bruciare, ma alla fine guardò il grande gatto e con un debole sorriso lo ringraziò. Dopodiché il felino passò a Mike, il quale borbottò qualcosa nel sonno mentre si sentiva pizzicare la gamba dove era stato ferito. Ma non si svegliò.
«Cos’ho fatto di preciso? Involontariamente.» domandò Layla quando lo spettacolo fu finito.
«Beh, io ho visto tutto... è come se i soldati avessero sbattuto contro qualcosa d’invisibile che li ha sbalzati all’indietro! Poi c’è stata una luce fortissima, e quel rumore... e quando la luce si è spenta i soldati erano a terra!» esclamò Susan, nuovamente animata.
«E poi sono svenuta.» concluse la ragazza, guardò Kalle e disse: «C’è un luogo dove possiamo imparare, se non col vostro aiuto?»
Non sappiamo molto di civiltà, ma pare che nella vostra capitale ci sia una scuola. Gli studenti potrebbero non essere visti di buon occhio per diversi motivi; primo tra tutti perché non sono molti gli Umani toccati dal Dono, inoltre coloro che non possono usufruire della Magia potrebbero ritenere pericoloso chi la pratica.
Sappiamo per certo, tuttavia, che gli Elfi la studiano e la praticano regolarmente, e questo potrebbe fare di loro ottimi maestri aggiunse la Gatta Ma dobbiamo avvertirvi, si tratta di una razza molto schiva e diffidente, e potrebbero non parlare la vostra lingua.
«Elfi!» esclamò Layla senza fiato.
«Elfi?» le fece eco Deren stranito.
Tre diverse culture si trovano ora a Dargovas disse Kalle Gli Elfi del Sole, cui si proclamano Figli della Luce, popolo orgoglioso e guerriero, devoto alla loro Divinità e null’altro. Gli Elfi delle Lune, Figli della Notte, amanti del silenzio e abili combattenti. E gli Elfi delle Foreste, detti anche Ninfe, un popolo devoto alla Natura, amanti di pace e armonia.
«Potremmo andare da queste Ninfe!» disse Andrew eccitato all’idea di incontrare dei veri elfi, che fino ad allora aveva creduto solo leggenda. Come anche i draghi, dopotutto.
Siamo in buoni rapporti con questi popoli, sono amici dei Grandi Felini e si legano a loro. Ma temo che gli Elfi delle Foreste siano pressoché impossibili da rintracciare: l’unica città elfica in cui siamo certi se ne trovino alcuni è Hayra’llen, abitata anche dai Figli della Notte disse Yzah.
«E sono pacifici... vero? Altrimenti i Figli della Foresta non avrebbero accettato di vivere con loro!» disse Susan speranzosa, le mani giunte in grembo.
In genere, sì rispose Kalle vago Ma gli Elfi sono creature dalle menti antiche e imprevedibili, persino per noi. Se siete disposti a compiere un lungo viaggio, potremmo accompagnarvi.
«Sarebbe meraviglioso!» esclamò Jennifer entusiasta, applaudendo felice.
«No, aspetta, no! E le nostre famiglie?» esclamò Susan contrariata stringendosi a Jelena che aveva appena ritrovato dopo tanto tempo e terribili angosce.
Jennifer la guardò e sorrise: «Beh, siamo Amici dei Gatti Ferali ora! Immagino che l’invito di accompagnarci dagli elfi sarà valido anche quando saremo tutti adulti! Ma ci pensi Susan? Magia!»
Non si può aspettare disse Kalle, facendo svanire il sorriso sul volto di lei Più tempo passate assieme ai Draghi, maggiori sono le probabilità che usiate la Magia, con o senza l’intenzione. Potrebbe accadere per una piccola cosa, come spostare un oggetto da un tavolo, ma potreste nuovamente trovarvi in pericolo e usarla inconsapevolmente per salvarvi. La Magia non è un Dono con cui sia permesso scherzare.
«Lo trovi ancora magnifico?» la rimbeccò Layla con una smorfia di disapprovazione.
Andrew scosse la testa ed esclamò con enfasi: «Maledizione non possiamo! Potreste lasciarci del tempo per organizzarci, o per pensarci?»
Il tempo che volete, noi non insisteremo disse lei Ma dovete tener conto del rischio che correte lasciando passare più tempo del dovuto. Potrebbe non succedere nulla, o potreste morire. La scelta resta vostra, e del vostro tempo siete voi a decidere cosa fare.
«Ma... i draghi non ci possono aiutare a imparare?» domandò Susan titubante, spaventata sia dall’idea di partire per imparare a usare la magia che dal rimanere e usarla per sbaglio rischiando la morte.
Credo che per i Draghi sia lo stesso che accade a noi. Loro sono la Magia, non imparano a usarla, è semplicemente parte di loro rispose Yzah.
«Dobbiamo rifletterci su.» ribadì Andrew guardando i due felini adulti negli occhi uno alla volta.
Kalle mosse la testa in un inconfondibile assenso e disse: Se mai avrete bisogno di noi, saremo nella Foresta. I vostri amici Draghi saranno in grado di trovarci, non ci spingeremo troppo lontano.
«Va bene, grazie.» disse Layla in un sussurro, per nulla convinta di volerli rivedere perché avrebbe significato partire per abbandonare Darvil.
Yzah e Kalle li salutarono con un profondo ed elegante inchino e infine voltarono loro le spalle per abbandonare l’accampamento, diretti dritti verso la lontana Foresta seguiti dal cucciolo nero dagli occhi rosa e in seguito da quello con occhi rossi e pelo striato di diverse tonalità di grigio.
Susan guardò i propri genitori con le lacrime agli occhi, quella rivelazione l’aveva spaventata soprattutto perché dopo aver provato cosa volesse dire vivere senza di loro non voleva che qualcos’altro li separasse. Deren le rivolse un sorriso triste e le sussurrò che ne avrebbero riparlato l’indomani, poi l’abbracciò teneramente e la ragazzina ricambiò nascondendo il naso nella sua camicia.
Cedric si riprese l’arco e decise di portarsi dietro anche i due cavalli da traino e gli otto stalloni da guerra dei soldati, che non avendo più proprietari l’unica alternativa sarebbe stata lasciarli liberi, ma erano degli animali davvero ben curati e nel pieno delle forze. Quindi i ragazzi lo aiutarono legandosene due ciascuno alla sella e trascinandoseli dietro al proprio cavallo. Caricarono Mike su Thunder e si avviarono verso nord per riportare gli animali nella stalla – eccetto il baio che concordarono avrebbe potuto riaccompagnare Mike che ancora dormiva fino a casa di Jennifer.
Arrivati davanti alla stalla rimisero dentro tutti gli animali, che ora numerosi com’erano a malapena ci stavano, alcuni li dovettero lasciare in due in un recinto, ma erano abbastanza spaziosi. Dopodiché si separarono e si diedero la buonanotte, Jennifer prendendo il grande animale per le redini e trascinandoselo dietro.

Layla non mancava da molto a casa, quindi quando tornò e la madre l’accolse preoccupata le bastò dire che era andata a tirare fuori alcuni amici da un pasticcio. La donna capì che quegli amici dovevano essere come minimo Mike, Jennifer e Andrew, perché Gerida e Moriel si erano presentate a casa sua chiedendo se sapesse dove fossero spariti i tre ragazzini.
«Di’ a quegli incoscienti dei tuoi amici di fare più attenzione, contano troppo su di te per uscire dai pasticci!» esclamò Alena sbuffando infastidita.
Layla ridacchiò trovandosi d’accordo; se solo l’avessero ascoltata e avessero rinunciato ai giochi coi draghetti anche solo per un giorno niente di tutto quello sarebbe successo. Forse, però, nemmeno sarebbero venuti a sapere del grande problema che ora gli si parava davanti: la magia.
La madre non avrebbe mai potuto immaginare la pericolosità del pasticcio dal quale li aveva tirati fuori, rischiando la vita lei stessa. E nemmeno l’avrebbe mai saputo, perché non fece domande e quindi la figlia non si sognò di spiegarle alcunché.

Jennifer trovò la porta di casa aperta ed entrò annunciandosi. La guaritrice schizzò fuori dalla stanza delle medicazioni veloce come un fulmine, guardò la figlia per alcuni secondi con aria incredula, poi l’abbracciò forte cominciando a ricoprirla di saluti e domande. Per il momento Jennifer riuscì a evitare di risponderle, ma solo perché la donna non la smetteva di parlare, non lasciandole tempo di aprire bocca.
Riuscì a cavarsela dicendo di avere bisogno d’aiuto a portare Mike in camera, che si era addormentato senza preavviso e aveva dovuto riportarlo a casa a cavallo. Naturalmente era una menzogna per coprire il fatto che fosse svenuto, probabilmente per mancanza di sangue, e sperò vivamente che sua madre non si sarebbe accorta dell’odore né dei panni bagnati.
La donna le rivolse un’occhiata incredula ma comprese che non si trattava di una balla appena vide il grande stallone davanti alla porta, col ragazzino in sella. Lo prese in braccio e lo trascinò dentro mentre la ragazzina legava il cavallo a un palo lì vicino, per poi rientrare e aiutare Gerida a trascinare Mike su per le scale.
La situazione bizzarra fece dimenticare a sua madre d’interrogarla, perciò si limitò ad augurarle la buonanotte ed entrare in camera per lasciarsi finalmente andare al sonno accanto al marito.
Jennifer sospirò sollevata appena si fu chiusa in stanza: evidentemente Gerida non aveva fatto caso al sangue perché aveva dato per scontato che le braghe del ragazzino fossero bagnate dalla neve, la quale ne aveva probabilmente anche nascosto l’odore. Il giorno seguente avrebbero fatto in modo di passare da casa di lui a prendere un nuovo paio intatto e pulito senza che nessuno se ne accorgesse.

Andrew invece ebbe qualche problema. Appena tornato a casa la madre gli fu addosso ricoprendolo di domande, parlava così veloce che a malapena si potevano distinguere le parole, e la sua voce era acuta – il ragazzino sapeva che era un chiaro segno di isterismo, dovuto al fatto che l’aveva fatta preoccupare molto e per lungo tempo.
Ma mia madre diventa ansiosa e isterica anche per un taglietto pensò girando lievemente gli occhi mentre ascoltava la sua ramanzina solo per metà Sempre la solita storia...
Ma non la interruppe, lasciò che si sfogasse per bene, e intanto pensò a come poter rispondere alle sue domande senza che le venisse un infarto per la paura, sebbene ormai lui fosse tornato a casa sano e salvo.
Quando venne il tempo di darle spiegazioni, prima pensò di dirle la verità, cambiò subito idea rimembrando di avere davanti sua madre, e non una qualsiasi donna perfettamente sana di mente. Cercando di non sembrare né vago, né annoiato, né impaurito, raccontò che quei soldati l’avevano trattenuto insieme ad altri ragazzi per fargli delle domande, disse che li avevano tenuti più a lungo del necessario, ma che poi li avevano lasciati andare e non li avevano più visti.
«Siamo tornati tutti ora! Stiamo bene! Sto bene! Non sei contenta?»
«Ma che domande fai, certo che sono contenta...» disse un po’ più tranquilla, tuttavia guardandolo storto «E così quei cafoni vi hanno trattenuti solo per qualche domanda, eh? E perché non ci hanno avvertiti prima? Perché vi hanno trattenuti senza dire nulla a noi o al villaggio?»
«Non lo so.» disse con una scrollata di spalle.
«Forse volevano rapirvi!»
«Mamma, ci hanno lasciati andare!» sbuffò, non vedeva l’ora che la finisse di fare la paranoica, ma temeva che sarebbe andata avanti così per giorni.
«E quello zuccone voleva anche unirsi a loro! Rapire bambini da un villaggio! Chissà, forse cercano con dei criteri precisi e voi non li rispecchiavate! Potrebbe essere stata solo fortuna.» Andrew fece per ribattere ma Moriel gli puntò un dito contro e lo ammonì: «Non voglio che tu esca di casa per qualche giorno.»
Rimase a bocca aperta, subito pensando ad Umbreon: «Ma...»
«Niente ma! Poteva andare peggio! Per fortuna ti hanno trattenuto solo una notte...» gli si avvicinò e lo abbracciò stretto.
Andrew si divincolò in fretta, offeso, nella mente solo il pensiero del suo piccolo draghetto nero che non poteva sapere il motivo per cui non andava a trovarlo. Di nuovo. Andò direttamente in camera sua senza più una parola, lasciandola attonita; non era un comportamento usuale da parte sua. Solo in seguito, a mente lucida, si rese conto che in fondo sua madre era solo preoccupata per la sua salute, e per farle credere che i soldati fossero ancora in circolazione – come lui aveva detto poco prima – e che non fossero morti, decise di fare come voleva. Umbreon avrebbe capito.

Susan tornò a casa propria insieme ai genitori spiegando in un lieve sussurro tutta la questione dei draghi, delle uova e dei soldati. Li abbracciò stretti di nuovo e si scusò per averli cacciati in quel pasticcio, ma al momento i due adulti parevano troppo felici di riaverla tra le braccia per rimproverarle qualsiasi cosa. Spiegò anche di aver trasferito cibo e vestiti in casa di Cedric, e che quindi sarebbero andati a riprenderli l’indomani quando Jorel fosse stato a lavoro.
Né Jelena né Deren in realtà compresero appieno tutta la storia, ma dissero di essere molto curiosi di conoscere i sei piccoli draghi e Susan non poteva certo negarglielo, dopo quello che era successo a causa delle creature. Annuì e disse loro che li avrebbe condotti alla tana l’indomani mattina. Dal canto loro ancora non se la sentivano di raccontarle la loro parte della storia, anche se alla fine non se l’erano vista così brutta come invece tutti quanti si sarebbero aspettati.
Quella notte la ragazzina dormì nel letto matrimoniale in mezzo ai due, abbracciata da entrambi, si addormentò con un largo sorriso tanto serena che nemmeno venne disturbata dal suo stomaco che gorgogliava per la fame, ed ebbe un sonno privo di incubi.

  
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