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Autore: Kodamy    12/05/2009    7 recensioni
E fu così che, dopo essersi chiesto più volte cosa si provasse a morire del tutto, Yu Kanda concluse che essere morti fa veramente schifo.
[LaviKanda] [LaviLenalee] [con sprazzi di MarieMiranda] [spoiler fino alla 186esima notte]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lenalee Lee, Miranda Lotto, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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{As death goes on}

{As death goes on}


Capitolo Due

“ quella traccia di nebbia che ti assomiglia ”

 

 

“Disponi riguardo alle cose della tua casa, perché morirai e non guarirai.”

(Isaia, 38, 1)

 

Kanda si era svegliato, e aveva distrattamente pensato di essere vivo.

Per un attimo, aveva maledetto quel Dio così distante dai suoi figli.
Poi, accorgendosi che tutto sommato il dolore di vivere s’era in qualche modo acquietato durante la notte, aveva chiesto scusa con riluttanza.

(pura prassi – Tiedoll diceva sempre che Dio perdonava tutti comunque)

Poi, accorgendosi che il dolore di vivere non avrebbe dovuto acquietarsi, aveva cominciato a sentire puzza di bruciato.

 

Aveva aperto gli occhi, e aveva trovato davanti il solito vecchio soffitto.

Aveva tentato di sollevarsi sui gomiti, e c’era riuscito. Era rimasto lì, seduto per un po’.

Qualcosa era andato storto, però. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato.

 

Ad esempio, la stanza era troppo poco floreale.

Neanche un fiore di loto  nel suo campo visivo. Un pensiero talmente irreale, che per un attimo si sentì mancare figurativamente il respiro.

Poi, aveva poggiato i piedi sul pavimento. Che non era né freddo né caldo, né ruvido né liscio, e se non fosse consapevole di essersi appena alzato in piedi, avrebbe giurato di star fluttuando.

 

Ah, che cosa ridicola.

 

Lavi lo avrebbe preso in giro. Sì, decisamente.

Qualcosa tipo: c’è qualcosa che si chiama forza di gravità, Yu-chan~ Con quella voce così zuccherosa e cantilenata che Kanda sarebbe riuscito a calmarsi soltanto pensando a tutte le cose di cui era colpevole questa fantomatica forza di gravità con la sua fantomatica formula che il giapponese si era rifiutato di imparare per principio, quando Lavi aveva tentato di insegnargliela.

Era la forza di gravità, che faceva sì che Lavi gli si gettasse sempre addosso e…

 

… e la sua mente tendeva a vagare un po’ più del solito, ecco di cosa si accorse.

Atmosfera irreale e mente cotonata e confusa.

Con-fu-sio-ne.

Sì, sì, i suoi pensieri non facevano che con-fondersi, fondersi insieme.
Sì, gli ultimi giorni erano come una grande sfumatura di colori e suoni e sensazioni e febbre alta e

 

Aveva messo il tutto nell’elenco di cose strane – appena sotto la dicitura ‘campo di fiori scomparso’ – e, cercando di affrontare il tutto a sangue freddo com’era solito fare,  s’era voltato verso il piccolo ripiano in legno massiccio. Dove, al momento del trasloco, aveva riposto la sua clessidra – quella che faceva ridere Lavi nonostante non ci fosse assolutamente niente da ridere, e citare la Bella e la Bestia e la teca e la rosa e ‘qual è la data di scadenza, ne? fino a quando ho tempo, Yu? fino a quando? tornerò, io, torneròtorneròtornerò’ - e il suo fottutissimo loto.

 

Ecco, bestemmiare lo aveva un po’ aiutato a recuperare presenza di spirito.

 

Servì a poco.

 

Il loto era completamente appassito del tutto.
Il che potrebbe sembrare ridondante, ma fu il primo pensiero coerente che la sua mente era riuscita a mettere insieme.

 

Completamente appassito del tutto.

 

Neanche un misero petalo ad arrampicarsi sugli specchi e tener lì ancorate le manine per non cadere giù.

 

Quella vista lo aveva avviato verso una leggera – e quantomai nascosta – crisi di panico, che lo aveva lasciato ancorato lì. Piedi nudi, braccia a penzoloni e camicia aggrinzita – non aveva permesso a nessuno di cambiarlo, dopo che aveva deciso una mattina d’arrischiarsi in refettorio (ed era svenuto a metà strada verso le scale). Non ebbe neanche il tempo di processare il fatto che la camicia non avesse il pessimo puzzo di sudore che avrebbe dovuto avere, dopo tutta quella febbre.

 

Lavi era entrato nella stanza, e si era premurato di rincarare la dose di panico.

Al rumore dei cardini non-tanto-ben-oleati, Kanda si era voltato verso la soglia con un po’ troppa fretta. Movimento terribilmente inconsistente, e terribilmente facile e fluido e quasi… quasi…

 

Lavi non lo aveva neanche guardato in faccia.

Si era fermato un attimo sulla soglia, guardando il letto appena sopra la sua spalla. Con un’espressione quasi… intenerita, quasi
(--- oh, Dio, cosa diavolo era quell’espressione mentre guardava lui? l’avrebbe ucciso, oh, dio, se l’avrebbe ucci---)

Kanda aveva battuto giglio.

 

Poi, l’espressione di Lavi si era appena accigliata.

Anche quella di Kanda, quindi si era accigliata.
Senti, La---“ aveva esordito, un sibilo fin troppo simile ad una lama di ghiaccio.

 

Lavi aveva deglutito, e si era affrettato a passargli attraverso.

 

Passargli.

 

Attraverso.

 

Il cuore-che-non-c’è di Kanda aveva saltato un battito per pura inerzia, mentre il giapponese, in quella realtà completamente irreale, s’era appena girato d’un lato.

… vide che Lavi era accanto a lui.

Solo che non accanto al lui-che-stava-guardando-Lavi, ma piuttosto, accanto al lui-che-non-respirava-sul-letto.

 

Il cervello-che-non-c’è di Kanda aveva più o meno smesso di lavorare a quel punto, rifiutando di razionalizzare oltre la situazione.


E per un attimo, era stato come scomparire del tutto dal mondo.

 

Aveva smesso di pensare, e aveva smesso di esistere.
Una sensazione veramente orribile.

Era riaffiorato con la stessa foga di una vittima di naufragio.

 

Quando lo aveva fatto, Lavi era già corso via.
Il suo corpo già non c’era più.

 

Cosa? Quando?

 

E soprattutto.

 

Come?

 

Rabbia, astio, e rabbia ancora e quella sensazione di vuoto dovrebbe avrebbe dovuto esserci il suo cuore.

Essere arrabbiati invece che spaventati era così semplice, sul campo di battaglia.

Ed incredibilmente più produttivo, poi.

 

La clessidra e il loto appassito furono i primi, a cadere.

 

… l’ultimo, evidentemente, il destino aveva deciso sarebbe stato quel cassetto che aveva attaccato la fronte della donna piagnucolona che stava sempre appiccicata a Marie e che Marie sembrava sopportare più del dovuto.

Kanda non riusciva a ricordarne il nome, al momento. Forse si chiamava Marie anche lei. O Maria.

 

Non importava, davvero.

 

oOoOoOo

 

 

Il cassetto colpì Miranda, che cadde a terra con la medesima grazia di un sacco di patate buttato alla deriva.

Lavi non prestò attenzione a lei – che cosa orribile – perché c’era Marie ad occuparsene – tutte scuse – e s’affrettò invece ad entrare nella stanza di Kanda per la seconda volta dopo la morte del suo legittimo proprietario. Non sentì Marie deglutire alle sue spalle, e non lo vide accigliarsi, e non vide la sue espressione di sorpresa mentre, con l’accortezza di un cavaliere di tempi andati, si premurava di sollevare la povera donna maltrattata dal pavimento.

I suoi occhi ciechi guardavano il vuoto – e forse per questo la sua sorpresa sarebbe sembrata strana a non pochi.

 

Lavi non l’avrebbe trovata strana.
Ma Lavi non stava guardando Marie.

Lavi stava camminando verso il comodino abusato.

 

La stanza era vuota. Non c’era nessuno.

 

Lavi era leggermente deluso. Si fermò al centro della camera, a poco più d’un metro dal letto sfatto e disordinato e dalle lenzuola lacerate.


Proprio in quel punto, aveva piantato la sua sedia al capezzale di Yu-chan, quando lui s’era definitivamente ammalato di troppa vita.

 

La sedia era riversa contro il muro, ora, e sembrava non reggersi tanto bene su una gamba. Veniva da chiedersi come diavolo avesse fatto Miranda a dormire, quelle notti.

Sembrava davvero più stanca del solito, però.

 

Il pensiero vagò per poco più di qualche nanosecondo, per riprendersi dall’amara delusione di non aver trovato il colpevole.

Poi, però, fu interrotto dalla voce di Marie.

Che sembrava insicura, e suonava decisamente strano sentire il tono di voce dell’austriaco, così profondo e terso, suonare così terribilmente incerto.

 

Ma non fu tanto il tono, però, quanto la parola mormorata da Marie a fargli correre un brivido proprio lì, su per la schiena.

 

“… Kanda?”

 

Kanda.
La voce insicura di Marie aveva chiamato Kanda.

Per un attimo, non solo il cuore, ma anche il cervello – arma primaria di bookman – gli si bloccò sul posto.

Poi, Lavi scoppiò a ridere. Quella risata falsa, e frivola, e sembrava essere tornati a cinque anni fa, quando tutto – tuttotuttotutto - era falso e frivolo

(…Dio, col senno di poi…)

 

… e il nome di Kanda sembra per un attimo pesare sulla stanza, sul silenzio della stanza, su di loro come una spada di Damocle.

O come Mugen pronta a portare a termine una minaccia di morte particolarmente violenta.

 

Poi, per una qualche regola-fantasma, qualcosa che assomigliava a Kanda semplicemente sfumò nel piano dell’esistenza.
Un’ombra, poco più di un’ombra immobile fra Lavi e Marie.

Un’ombra priva di colore, di consistenza. Fioca.
Un’ombra che sembrava fatta di nebbia, che assomigliava a Kanda, ma da dietro poteva solo vedere i fili di nebbia sfatti che ne facevano i capelli sfatti dalla febbre, e i fili di nebbia delle mani che si contraevano lungo i fianchi, e i fili di nebbia che costituivano tutto e lasciavano ancora vedere Marie dall’altra parte, e il pavimento attraverso i piedi, e la porta attraverso il petto.

 

Lavi non ebbe neanche la presenza di spirito di gridare, o mostrarsi sorpreso.

Fu come se l’intero fottutissimo mondo gli fosse crollato addosso e, l’attimo appena successivo, quel peso enorme gli fosse stato immediatamente tolto dalle spalle.

Un’agonia così breve e così intensa gli riverberò nel cuore che non avrebbe dovuto sentire un bel nulla, seguita a ruota da un irrazionale barlume di gioia e speranza e… e roba talmente sbagliata da sentire che venne repressa più o meno nell’istante in cui si accorse di provarla.

 

Venne lasciato con un’incredibile apatia che gli fece paura. Non è così che funziona il cuore, Bookman, semplicemente non puoi…

La traccia-di-nebbia-che-assomigliava-a-Yu-chan si voltò verso di lui. Lavi vide lo sguardo di nebbia fioca brillare braccato, e il volto sciupato di Yu quando era morto, ed emozioni così vivide che il volto vero dello Yu vero non si sarebbe neanche mai sognato di mostrare.

 

Kanda sembrò diradarsi per un attimo.
Poi diventò appena più nitido.
Poi sembrò diradarsi ancora.

Poi venne messo a fuoco.

Poi il suo sguardo incrociò quello maledettamente apatico di Lavi.
Si accesero, quegli occhi di nebbia.

E poi, si spensero del tutto.
Il fantasma di Yu Kanda – era quello che era, no? – scomparve con loro.

 

Lavi rimase lì, teso come una corda di violino.
Il controllo gli scivolò via dalle dita, e si ritrovò a tremare nuovamente di quelle emozioni così stupide e contrastanti e terribilmente egoistiche che avrebbero fatto terribilmente gola al conte, se questi fosse ancora vivo e Allen non fosse morto.

Grazie a Dio,
Grazie a Dio…

 

Marie ebbe la fortuna di trovarsi già inginocchiato per terra accanto a Miranda, quindi le sue gambe non cedettero.

“Era lui? Lavi, era lui?” stava chiedendo, con quel tono di voce così devoto e rispettoso e così turbato ed insicuro che per un attimo Lavi trasalì.

 

Non rispose.

Il suo occhio guardava il punto in cui Yu era apparso e scomparso.

Fantasma.

 

Un’impronta di Yu su questo mondo.

 

Dove sei, Yu-chan?

Ancora qui.

Ancora qui.

 

oOoOoOo

 

Erano rimasti lì, per un po’.
In piena notte, nella speranza che quella traccia di Kanda si facesse nuovamente viva.

Non accadde.

Lavi, scosso, si sedette sul letto sfatto e piantò le tende lì. Non rispose a Marie che gli chiedeva se ‘per favore puoi andare a riportare tutto a Komui, mentre porto Miranda in Infermeria? La sua testa…’

 

Marie sospirò. La sua voce tremante mormorò un ‘me ne occupo io’ e la sua mano tremante chiuse la porta.

Era davvero un’ottima persona. Doveva essere stato un ottimo compagno, per Yu.

 

Tuttavia, Lavi non rispose lo stesso.

 

Il suo occhio, con quella mania ossessiva che solo gli studiosi e gli scienziati e i pazzi possiedono, stava ancora fissando il punto esatto in cui Yu si era affacciato nuovamente al loro mondo.

 

Lavi aveva evidentemente piantato le tende lì.

 

Ora, bisogna tener conto che anche Kanda era stato più o meno costretto dalla sua nuova natura a piantarcele.

Lo aveva scoperto con le cattive, perché all’inizio era entrato nel panico perché passava attraverso le cose, e poi perché doveva concentrarsi veramente troppo per toccarle, e poi perché la maniglia non riusciva a toccarla comunque e tuttavia la porta non lo faceva passare dall’altra parte, e quando era stata aperta da chi investigava sul “vandalo”, quella fottutissima soglia non lo aveva lasciato uscire comunque. No, la dannatissima stanza lo aveva preso per il cuore, fra le tante altre cose, e lo aveva rimesso al suo posto. Lo aveva scaraventato, quella stanza, seduto sul letto.

 

Al diciassettesimo tentativo, persino Yu Kanda aveva capito di essere bloccato lì.

 

Ed ora, pareva costretto a stare lì con Lavi che per un attimo era parso pronto a scoppiare a piangere nel vederlo.
Lavi.
E piangere.
Kanda si sentiva intrappolato in una stanza con un Lavi capace di scoppiare a piangere.

 

Un incubo.

Oltre al danno, la beffa.

Pertanto, la cosa lo seccava da morire.
 

Lo seccava talmente tanto, che si chinò, volle prendere una scheggia di vetro da terra, avendolo voluto la prese, e la lanciò senza troppi complimenti contro l’altro occhio di Lavi, quello buono.

Che rimanesse pure cieco, l’idiota.

 

Incredibilmente – o forse per puro riflesso, o per la sua fottutissima vista a più di dieci decimi - Lavi riuscì a rendersene conto in tempo e scansarsi. Piuttosto impacciatamente, parandosi la testa con le mani. Kanda sentì vividamente la frustrazione – da quando si era svegliato, sembrava sentire un po’ tutto troppo vividamente – e finì per non tentare di colpirlo una seconda volta.

 

Lavi si azzardò a sollevare appena il capo. Sembrava ancora combattuto. Il suo corpo era teso – lo si vedeva chiaramente, dai muscoli del collo, e la mascella contratta e…

 

“Sei… arrabbiato con me, Yu?” mormorò, con quella voce così priva di equilibrio.

 

Ma dai, Sherlock – voleva rispondere Kanda. Ma non lo fece.

 

Ma come?

Arrabbiato?
Con lui?
Chissà perché, poi.

 

oOoOoOo

 

Purtroppo, Komui era in Infermeria da Lenalee, quando Marie portò dentro anche Miranda.

Marie lo vide seduto con la sua uniforme bianca, e con un’aria pensierosa, stanca, ed assonnata. Talmente stanca ed assonnata, che l’esorcista dovette schiarirsi la voce per farsi notare, mentre poggiava la tedesca sul lettino asettico accanto a quello di Lenalee. Dietro di lui, la matrona li seguiva a ruota, borbottando.

Marie non aveva trovato veramente la forza ed il cuore di dirle cos’era successo – e, Dio, cosa stava ancora succedendo – considerando com’era andata a finire la questione dell’ultimo fantasma residente nell’Ordine.

 

Tuttavia Komui era saltato sulla sedia, quando Marie si era schiarito la voce.
Per poco, non era caduto sul letto dove la cinese era distesa, ben composta fra le coperte come una qualche imitazione di Biancaneve nella bara di cristallo.

O come la bella addormentata nel bosco adagiata casualmente fra i rovi.

Lo sguardo di Komui vagò su Marie, interrogativo – vi persistette un attimo, prima di tornare su sua sorella.

Facendosi appena preoccupato.

Marie sentì tuttavia le variazioni di respiro nell’altro, ed attese.

Sentì anche dal respiro di Lenalee, che la ragazza era perfettamente sveglia.
Forse, fingeva di dormire.

 

Non avendo il cuore di dire “non voglio parlarne”, fingeva di dormire.
Tipico di Lenalee.
Tipico di Kanda, anche.

 

“Sta bene?” indagò Marie, voce abbassata a poco più d’un sussurro per non svegliarla.

Le labbra del Supervisore si piegarono appena all’ingiù, involontariamente. “Ha avuto un crollo. Ieri notte. Stava…” qualunque cosa stesse facendo Lenalee, quando aveva avuto il crollo, non era dato saperlo. Komui si interruppe lì, facendo spallucce. “L’hanno dovuta mettere a dormire, per farla calmare.”

Sembrava così stanco.
Forse avrebbero dovuto mettere a dormire anche lui.

“Incubi?”

“Forse. Non me lo dirà mai,” ammise Komui, stringendo appena le labbra quasi stesse ingoiando un rospo particolarmente viscido.

“E’ cresciuta,” ragionò l’esorcista.

Ha visto la guerra. Logico che è cresciuta.

“Non posso più continuare a trattarla come una bambina, eh?” mormorò l’altro, e per un attimo la voce sembrò amareggiata. Tuttavia, le labbra si erano piegate in un piccolo sorriso, solo nel guardarla.

 

Sembrò prendersi un attimo, quasi a farsi forza. Poi, vedendo che Marie indugiava accanto al lettino di Miranda senza andar via, Komui dedicò del tutto la sua attenzione all’austriaco.

“Cos’è successo a Miranda?” domandò, quel piccolo sorriso abbarbicato sulle labbra.

“E’ stata colpita… dallo spigolo di un cassetto,” mormorò l’altro, e l’intera assurdità della situazione sembrò crollargli addosso più o meno in quel preciso momento.

 

A Tiedoll gli si sarebbe spezzato il cuore, per la terza volta.
Pensò distrattamente che Daisya si sarebbe arrabbiato da morire, nel sapere che Kanda lo aveva battuto spezzando il cuore del Generale ben due volte con la sua sola morte.
Daisya era riuscito a spezzarglielo una volta sola – maestosamente, tuttavia.
Il fiume di lacrime era dilagato lo stesso.

 

Pensieri sciocchi. Non era una gara.

(anche se per Daisya e Kanda tutto lo era)

 

Marie portò la mano possente al viso, e pizzicò l’attaccatura del naso.

 

“Lo spigolo di un cassetto?” stava intanto ripetendo Komui, appena stralunato.

 

“Lo spigolo del cassetto che Kanda ha lanciato,” spiegò l’uomo, e la sua voce si incrinò appena.
Un po’ sotto il peso dell’affermazione, un po’ per il beneficio del dubbio.

 

“Ah,” il Supervisore si lasciò sfuggire un suono divertito. “Tipico di Kanda.”

 

Marie battè ciglio, nonostante non ne avesse bisogno.
Passò qualche momento.

L’espressione di Komui si incupì.

 

“… Kanda?” ripetè, quindi, occhi appena sgranati verso Marie. Non che servisse a molto, dal momento che Marie non poteva vederli. Tuttavia, colse benissimo il cambiamento di ritmo nei battiti cardiaci.

E non solo quello di Komui.

 

Anche quello di Lenalee, sembrava voler farsi strada nella cassa toracica della ragazza.

 

oOoOoOo

 

Deve andare avanti, Lenalee,” si ritrovò Komui a spiegare, più tardi, a sua sorella.

Sua sorella che aveva finalmente smesso di fingere di dormire, ma non l’aveva ancora guardato in volto.

Neanche lui la guardava in volto, posando piuttosto la sua attenzione sui pugni magri che stringevano, quasi spasmodicamente, le lenzuola. Le aggrinzivano con vigore, come se le avessero fatto un torto imperdonabile.

 

Povere, innocenti, lenzuola.

 

“Dobbiamo aiutarlo ad andare avanti,” ripetè il Supervisore, con quel tono di voce vagamente sorpreso di quel che lui stesso va dicendo. Il tono di voce di chi non ha ancora avuto il tempo di digerire il tutto.

 

Lenalee, da qualche parte nel suo puzzle di cuore, sapeva perfettamente che era quella la cosa giusta da fare.

 

Ma questo non implicava che volesse---

 

Andare avanti.

Come quel povero fantasma di quella povera vittima – povere vittime? – di esperimenti, alla vecchia torre.

 

Andare avanti.

 

“Pensi che a Kanda piacerebbe stare così?

 

No.

 

Mio fratello vuole bene a Kanda.

(voleva bene? vuole?)

Anche io gli voglio bene.

 

Andare avanti.

 

Andare avanti.

 

Dovrebbe essere la cosa giusta. Ma Kanda è ancora lì, è ancora lì e…

 

… andare avanti.

 

Non è…

… non è questo, ne?

 

… non è questo, che anche Allen vorrebbe?

 

Lenalee finì per soffocare la sua frustrazione nel cuscino.
Komui, dal canto suo, soffocò la sua in un sorriso preconfezionato.

Troppo poco, ormai.

Non basta più, per farla sorridere di rimando.

 

 

Fine Capitolo Secondo

 

 

 

 

A/N: Scritto alle tre di notte. Quando l’ispirazione chiama, si risponde – purtroppo ._.

 

 

Rebychan: Bentornè~ Kanda è DECISAMENTE un fantasma incazzoso, direi. Poverino, è frustrato e neanche accenna a voler ammetterlo. Ed i poveri mobili neanche gli hanno fatto niente, poi! Bah, che maleducato >_<” Miranda è un personaggio che sto riscoprendo adesso, come divertente da scrivere – devo ammettere che per lei mi baso molto su quelle che sarebbero le mie reazioni. Si, purtroppo son più paranoica di lei. Ma perlomeno, me la rende abbastanza facile da scrivere – e poi, usarla come sfogo comico è troppo divertente. E Marie è un po’ come un grande gargoyle buono. Un grande orso in pietra di quelli che si trovano a Berlino, ecco – mi vien voglia di cercare di saltargli al collo X°D Lavi si sta rivelando quello più difficile da gestire, al momento. Ed è tutta colpa di Freud, dei suoi desideri inaccettabili e delle sue repressioni. Mi ci son drogata, in questo periodo. Lentamente la confusione svanirà – d’altronde, dovrà pur ricordarsi che è LUI, quello intelligente. Non Kanda.  E per quanto riguarda il rapporto… ahn, vedremo u.u {fa la preziosa}. Lenalee purtroppo finisce per ridursimi sempre così, ogni volta che scrivo. Ma non è tanto la morte di Kanda in sé, credo, ma la naturale reazione alla morte di Allen. Kanda ha solo dato il colpo di grazia sulla sua fragile psiche, ecco. Per quanto riguarda lo stile, grazie ancora~ Da una certa soddisfazione sapere che qualcuno che non è incline a leggere un determinato tipo di storie, riesce comunque a seguirla con piacere. Anche se non parlerei affatto di lacune nel tuo stile XD Vorrei avere metà della tua chiarezza nello scrivere le situazione. Mi basterebbe anche metà della tua fantasia XD

 

Lalani: ero molto indecisa sul tenere o meno il titolo. Purtroppo – ed è una cosa veramente deleteria –mentre scrivo questa fic non riesco a smettere di ridere. E’ seriamente un problema serio. Quel titolo l’avevo messo lì tanto per fare, per occupare lo spazio invece di scrivere “titolo qui” mentre preparavo l’impaginazione. E invece… invece ho deciso che stava bene con l’atmosfera della fic in generale, e son contenta che tu abbia apprezzato *_* {Talmente contenta che zampetta sulla sedia}. Lavi è sempre il solito problema. Lentamente si scioglierà da quella reazione, quindi non preoccuparti. E poi, i particolari del loro rapporto verranno dispensati lungo la fic XD Alleeeen… Ti dirò la verità. Non. So. Scriverlo. Quel dannato non so scriverlo! >_<” Quando c’è lui nelle mie fanfiction, ci metto il triplo del tempo ad aggiornare. Per colpa sua perché non so scriverlo! Quindi, uh… ho incorporato la sua scomparsa nella storia >_>” E’ già ostica di suo, senza inserirci il personaggio che non so scrivere, ecco XD E, by the way… spero che Kanda il fantasma di Canter—coff, coff, ehm, il fantasma amico sia stato di tuo gradimento *_*/

 

Ermellino: ma salve! Ehm, sì, veramente il capitolo l’ho interrotto lì per necessità. Sarebbe dovuto essere unito a questo, ma sarebbe stato un capitolo di dimensioni epiche. Cerco di evitarli, quelli, perché quando ricontrollo tutto ci sono seeeempre cose che mi sfuggono se son troppo lunghi. Per il seguito più allegro, uh… non posso garantire. Purtroppo, ecco, non sono geneticamente capace di scrivere cose allegre. Le uniche cose comiche che riesco a scrivere hanno comunque a che vedere con la tortura di qualche personaggio ç.ò” [che poi, cosE comiche. Ne ho scritta una-una contata X°D]

 

_NaNa_: grazie mille~ spero di non averci messo troppo tempo >_<” La scuola mi fa perdere obiettivamente troppo tempo che potrei usare altrimenti è_é”

 

bulma90: la LaviKanda diventerà sempre più evidente, ora che Kanda si è deciso a fare una capatina dall’oltretomba XD Con annessi i riferimenti alla relazione passata che sussisteva tra i due. … dei, quanto li adoro >_< Devo smetterla di adorarli così, finiranno per farmi diventare ossessionata >_<” Cercherò di aggiornare il più veloce possibile, signora ~ <3

 

 

  
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