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Autore: Red_Coat    20/11/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Nove giorni dopo ...

Manimi Saitò, la dolce Manimi Saitò.
L'avevano chiamata in molti modi, nei suoi lunghissimi e felici 87 anni di vita: Mamma, figlia, moglie, nonna, bisnonna, tesoro e anche semplicemente Signora.
Ma il titolo che più di tutti continuava ancora a rimbombare nella sua mente era il primo.
Mamma.
Alla fine, continuava a rimanere questo, per la sua famiglia, per chi la conosceva solo di vista e anche per i clienti del meraviglioso ostello sul lago, ereditato dal suo primo marito che, nonostante le avesse donato cuore e anima, non era mai riuscito a farle scordare il ragazzo alla quale si era donata la prima volta, e che non aveva mai del tutto dimenticato in tutti quegli di matrimonio combinato, per quanto belli e ricchi di gioie fossero stati.
Si perché assieme a lui aveva avuto una splendida figlia, che tuttavia il destino beffardo aveva voluto portargli via come il suo primo amore. Di loro gli era rimasta una nipote, in tutto e per tutto identica a sua madre, che Mamma Manimi aveva cresciuto da sola fin dai suoi 8 anni, con tutto l'amore e tutta la premura di cui solo lei era capace.
Era ciò che la contraddistingueva, il suo essere sè stessa, e tutto ciò che aveva potuto regalare al mondo.
Ecco perché chiunque giungesse all'ostello finiva inevitabilmente per chiamarla con quel soprannome. Perché una volta suoi ospiti, si entrava per sempre a far parte di quella splendida e caparbia famiglia, di cui lei era ormai l'unica capostipite.
Forse anche per ringraziarla di questo suo essere buona e generosa, alla fine la vita le aveva restituito, dopo molti anni di vedovanza e proprio quando si era rassegnata a vivere nella solitudine e nei ricordi i giorni che le restavano, il suo primo e unico amore, in un modo così inaspettato per entrambi da riuscire a far provare loro le stesse identiche emozioni di quando si erano conosciuti, come una nuova seconda gioventù da vivere come se tutto quel tempo non fosse mai neanche esistito.
Erano stati belli, quei nuovi giorni.
Stupendamente meravigliosi.
Ma, purtroppo, come tutte le cose belle ora stavano per finire. E contro ogni aspettativa lei era pronta, a diventare solo uno splendido e dolcissimo ricordo.

\\\

Il piccolo Keichii era sveglio, quando sua nonna ebbe l'ennesimo mancamento. Sapeva, che qualcosa stava per accadere, e stretto tra le braccia di sua madre le carezzava i capelli, mentre lei dormiva serena.
All'improvviso la porta della stanza si aprì, e Yukio Fujita si avvicinò a loro e la svegliò, cercando di non far spaventare né lei né il bambino, che tuttavia fu il primo a parlare

<< È ppe la nonna? >> chiese, mentre Hikari ancora un po' insonnolita si metteva a sedere sistemandosi la leggera e lunga veste che aveva indossato per la notte.

A quella domanda, si fece improvvisamente seria e quasi terrorizzata guardò immediatamente il medico, che annuì trattenendo a stento le lacrime.
Non lasciò neanche che aggiungesse altro. Si alzò, indossò la vestaglia per la notte posata ai piedi del letto e scalza si fiondò dalla nonna, lasciando il piccolo alle cure dell'uomo.
Rimasero insieme per qualche minuto, giusto il tempo per rivestirsi e cacciare dal viso il sonno, poi insieme raggiungesero la donna, nella sua camera da letto, e restarono con lei fino all'alba, accoccolati tutti nel grande lettone matrimoniale.
Mancavano dieci minuti all'alba, Fujita e Hikari ai due lati del letto si erano addormentati. Keichii invece, continuava ad accarrezzare il viso dolce della nonna e stringersi a lei, stringendole forte la mano mentre sorrideva.
Manimi trascorse un lungo lasso di tempo in silenzio a fissarlo, chiedendosi cosa gli desse questa spensieratezza non ingenua, ma consapevole. Fino a che, spinta dalla curiosità e angosciata da quella stanchezza assurda che ormai sembrava davvero aumentare minuto dopo minuto, non si decise a chiederglielo

<< Keichii ... >> mormorò, sospirando

Il bimbo alzò la testa dal suo cuore stanco e la guardò, illuminando i suoi occhi

<< Cosa c'è, nonna? >> rispose

La donna sospirò di nuovo. Non riusciva neanche più a respirare normalmente, ogni gesto era spaventosamente difficile e lento, da compiere. Eppure, cercò di assumere un'espressione quanto più serena e tenera, per non preoccuparlo ulteriormente

<< Tu lo sai ... quello che sta succedendo? >> domandò quindi

Il bambino annuì, senza spegnere la sua serenità

<< Cetto, nonna. >> ribattè << Ttai pe tonnare al pianeta. >>

La spiazzò. Davvero, all'improvviso non riuscì proprio a non sembrare sconvolta, mentre il bambino le faceva la domanda che invece avrebbe dovuto fargli lei

<< Hai paura, nonna? >>

Lo guardò rabbrividendo, e per qualche attimo non riuscì neppure a parlare. Poi però, il piccolo tornò a poggiare la testolina sul suo cuore, e stringendola le spiegò

<< No devi preoccupatti, è nommale. No setirai nulla, ti addommenti ed è come un sogno ... >>

Sorrise, e sentì un magone legarglisi in gola.
Si morse le labbra, resistendo alle lacrime, e scuotendo la testa rispose

<< Lo so, tesoro ... io ... non ho paura di questo. >> sorridendo e stringendolo di più
<< Allora ti dippiace ppe noi? >> ribadì lui, guardando il buio << Ppe me, la mamma e il nonno. Ti dippiace non vedecci più. >>

Stavolta ebbe davvero paura di non farcela. Tacque, perché la risposta sarebbe stata straziante. E lasciò che qualche lacrima le solcasse il viso, anziano e all'improvviso profondamente triste.
Anche se non la vide, Keichii seppe dai suoi sospiri e da quel silenzio ciò che era successo. E, continuando a sorridere e a guardare il vuoto pacifico di fronte a sè, riprese a spiegarle, con un vispo sussurro

<< No ze bisogno che piangi, sai nonna? Zi potemmo vedere accora, quando vorrai. Anche la mamma potà vedetti. E poi, quando sarà il nottrlo tunno, saemo di nuovo tutti issieme, ppe sempre. >>

A quel punto, si voltò e la guardò
Stava piangendo, e trattenendo i singhiozzi che spingevano prepotentemente per uscire.
Non ci fu più bisogno di nessun'altra parola. Keichii le sorrise di nuovo, poi senza aggiungere altro si mise in ginocchio sulle lenzuola e la abbracciò forte allacciandole le braccia attorno al collo.
Mamma Manimi lo strinse forte, affondando il naso nei suoi capelli e dando sfogo alle sue lacrime.
Infine, mentre lui gliele asciugava con le mani accarezzandola, lei gli sfiorò il nasino con un dito, e sorridendo lo ringraziò, per poi permettergli di tornare ad ascoltare il suo cuore.
Il tutto sotto lo sguardo commosso di Yukio, che dall'inizio della conversione aveva aperto gli occhi, e ascoltato senza disturbarli.

Alle nove e mezza del mattino, gli ultimi ospiti avevano iniziato a lasciare la casa.
Mentre Hikari, con la tristezza nel cuore, aveva raccolto gli ultimi spicci e le ultime condoglianze, Yukio si era occupato della moglie, e Keichii era rimasto fuori a giocare tutto il giorno, inseguendo animali, osservando il lago e raccogliendo foglie, arbusti e piante per il suo "catalogo erboristico", un quaderno su cui incollava i campioni raccolti e ci scriveva sotto il nome comune e quello scientifico.
Così stava imparando tutti i nomi delle piante e dei frutti. Ne aveva uno simile con gli animali, ma i soggetti in quel caso erano disegni di sua madre.
Poi, verso sera, aveva portato in casa i campioni e si era diretto alla grotta, la stessa in cui aveva visto per la prima volta lo spirito di quell'antica.
Era entrato, senza aver paura del buio, e coraggiosamente aveva iniziato a chiamarla, anche se non ne conosceva il nome

<< Hey! >> con la sua vocina squillante << Hey, ci sei? >>

Nessuna risposta. Fece qualche passo, quindi riprovò con più forza e grinta

<< Hey, signora! Sono Keichii, voglio pallatti! >>

Nulla. Neanche stavolta. Il piccolo si accigliò, chiedendosi come potesse fare per richiamarla. Ci pensò un po' su, incrociando le braccia sul petto e pizzicandosi il mento con le dita della mano destra. E finalmente dopo qualche minuto la sua espressione si accese in una illuminata.
" Ma certo! " si disse. Quindi cadde in ginocchio, chiuse gli occhi e abbassò la testolina. E, con le manine congiunte sul petto, iniziò a pregare.
In realtà non lo aveva mai fatto prima, quindi non aveva neanche la più pallida idea del come farlo. Ma, pensò, forse sé riesco a far si che i miei pensieri arrivino al centro del pianeta, lei mi sentirà dal lifestream.
Perciò spense ogni altro pensiero, schiarì la mente e iniziò a chiamarla, talmente tanto intensamente da ritrovarsi, dopo qualche minuto, talmente assorto da dimenticare perfino il tempo che scorreva, e le ginocchia che iniziavano a far male.
Solo allora, quando non fu neanche più consapevole del proprio corpo, la voce della donna tornò finalmente a chiamarlo

<< Keichii ... >>

Sorrise, eccitato. "Si!" esultò dentro di sé " Ce l'ho fatta, evvai!". Ma per paura di perdere il contatto, non si mosse ne aprì gli occhi, continuando a pregare fino a che la donna, apparsa alle sue spalle, sorridendo lo invitò ad alzarsi

<< Sono qui, Keichii. Non c'è più bisogno che continui. >>

Aprì gli occhi, si voltò, e vedendola esultò come solo i bambini della sua età sapevano fare, ovvero alzando le braccia al cielo ed esclamando, eccitato

<< Evvai, sei qui!! Ce l'ho fatta, yeeeeh! >>

Ifalna sorrise divertita, portandosi delicatamente una mano alla bocca, quindi si piegò sulle ginocchia fino a raggiungere la sua altezza e tenera aggiunse

<< Si, ce l'hai fatta. Sei stato bravo, veramente tanto sai? Davvero. >> sorrise di nuovo, poi tornò appena un po' seria << Ma adesso ... perché mi hai chiamato ? >>

Ora fu il bambino ad annuire ed assumere un'aria apprensiva e decisa

<< Si. >> disse, infine fece la sua richiesta << È ppe la nonna. No ze niente che posso fare ppe guarilla? >>

Ifalna si rattristò appena, e scosse il capo desolata

<< Purtroppo no, piccolo. >> quindi, alzatasi in piedi gli spiegò, comprensiva << La vita e la morte, sono entrambe figlie del nostro pianeta. È da lì che veniamo, ed è lì che tutti, inevitabilmente, dobbiamo tornare. >>

Fece una pausa e lo guardò, aspettandosi di vederlo intristirsi. Invece lo vide osservarla con molta attenzione mentre rifletteva su quel concetto

<< Come una ruota? >> chiese

Lei sorrise

<< Come una ruota, esatto. >> rispose, annuendo e avvicinandosi fino ad essere di nuovo in ginocchio di fronte a lui << Ed è per questo che, dopo la morte, la vita si trasforma in altra vita, e un po' di quella che è stata la nostra energia acquista nuova forma, diventando ancora una volta parte di questo mondo. >>

Keichii corrucciò la fronte, pensando a ciò che aveva udito. E per qualche attimo Ifalna temette di esser stato troppo poco comprensibile per un bambino di quell'età. Stava già preparando una spiegazione migliore, quando lui la sorprese con un'altra semplice e diretta domanda

<< Quindi, quando la nonna morirà una patte di lei sarà anche nell'ebba, ne lago, e nei bambini che nasceranno dopo di lei? >>

L'Antica sorrise

<< Proprio così, Keichii. >> disse, contenta che avesse capito << Ogni cosa viva su questo pianeta, avrà qualcosa di suo. E quando anche quella morirà, i nuovi nati ne erediteranno la vita, in un ciclo pacifico e senza fine. >>

Keichii sorrise

<< Chissà da chi ho ereditato la mia vita, allora. >> si domandò, ingenuo e curioso << tu lo sai? >>

Ifalna sorrise intenerita.
Se lo sapeva ... no. Ma poteva facilmente intuirlo.

<< No, piccolo. >> rispose con franchezza << Purtroppo non lo so. >>
<< Oh, peccato ... >> concluse lui, poi però tornò a sorridere, e ascoltò attentamente anche le ultime istruzioni che la Cetra aveva da dargli.

\\\

C'era il sole, quel giorno.
Un bellissimo e splendente sole estivo, che riscaldava l'aria risvegliando con le sue mani dolci la vegetazione e la fauna affidamentata da quel lungo e gelido inverno, e infrangendosi sulle acque cristalline del lago espandeva con vivacità i suoi raggi di nuovo verso il cielo, rischiarandolo e donando a chi guardava dalla riva un giocoso e rilassante spettacolo di luci e specchi.
Tuttavia, neanche il risvegliarsi della natura riusciva a rifondare allegria e spensieratezza nelle poche, vecchie e stanche anime che abitavano il villaggio vicino e che ora, in segno di lutto e solidarietà, si erano chiuse in casa e avevano chiuso finestre e porte, lasciando di fatto il sole fuori, a rischiarare un villaggio che aveva di colpo perso tutti i suoi abitanti, diventando di fatto un deserto silenzioso e vuoto.
Non erano molti in realtà, solo qualche anziano contadino di cui soltanto uno aveva ancora a fianco sua moglie, e un paio di vedove, ma bastavano per fare la differenza.
Nella settimana appena trascorsa, c'era stato un lungo peregrinare e un susseguirsi di ospiti occasionali all'ostello. C'era chi aveva portato il meglio del raccolto o della pesca, chi si era offerto di dare una mano con i clienti e chi invece aveva prestato aiuto alla famiglia svolgendo qualche faccenda domestica, preparando i pasti o soccorrendo a qualsiasi altra evenienza potesse subentrare. Perfino qualche cliente, mosso a compassione, si era dato da fare.
Fino a che, la notte appena trascorsa, le condizioni della donna si erano aggravate ulteriormente costringendola a letto, e tutti non avevano capito che non c'era ormai più nulla da fare.
I clienti se n'erano andati tutti quella mattina, lasciando cospicue mance al momento di pagare il conto, e la promessa che sarebbero tornati non appena questo brutto momento fosse passato.
Era chiaro a tutti però, che oramai anche quel piccolo ostello aveva fatto i suoi tempi.
Pure se un briciolo di speranza rimaneva ancora, ma forse troppo minimo per poter pensare che fosse abbastanza.

Yukio Fujita scese di corsa le scale e si affrettò alla porta d'ingresso.
Quindi, affacciatosi al portico, iniziò a chiamare

<< Keichii! >>

Attese. Nulla. Solo il cinguettio degli uccelli mentre la luce si avviava al tramonto.
Sospirò.
Quel bambino, dove si era cacciato ora?
Proprio adesso ...
Aveva un peso sul cuore, grosso quanto un macigno e anche più pesante.
Manimi, la sua Manimi, l'unica donna che aveva amato, voluto e sognato in tutta la sua lunga e difficile vita, ora stava per morire.
Non erano stati molto insieme, appena una manciata di anni. Ma erano stati meravigliosi, per due che come loro si erano amati e cercati sin da giovani lungo tutta una vita, e alla fine avevano potuto coronare il loro sogno.
Lo sapevano entrambi, che gli anni da vivere ancora insieme sarebbero stati pochi.
Tuttavia ... non immaginavano così tanto pochi.

<< Keiichi! >> chiamò di nuovo, con fatica perché il fiato sembrava non voler neanche uscire dal petto

Si sentiva ... devastato.
Ma fino a che Manimi non se ne sarebbe andata e il suo ultimo desiderio avverato, non poteva ancora permettersi di piangere come avrebbe voluto. Doveva essere forte. Ce n'era bisogno adesso.
Sospirò di nuovo, quindi richiuse la porta dietro di sé e corse, più veloce che poté fino all'unico posto in cui ormai sapeva di poterlo trovare.
La caverna, al limitare del piccolo boschetto dietro casa.
Non sapeva spiegare perché, ma da quando la nonna si era ammalata, il bambino non faceva che tornarci.
E infatti, appena una cinquina di minuti dopo sulla strada lo vide, venirgli incontro di corsa a braccia aperte chiamandolo. Era allegro, come al solito.
Fujita si fermò e lo attese, col fiato corto, il viso rosso e accaldato, e il cuore che batteva a mille in petto a causa della corsa.

<< Nonno! >> lo accolse, stringendosi alle sue gambe

Un altro sospiro

<< Keichii, dove sei stato adesso? >> rispose lui buttando all'indietro la testa, sollevato << Anzi, facciamo così me lo dici dopo, okkey? >> concluse sforzandosi di sorridere

Il bimbo annuì, lasciandosi prendere in braccio. Nonostante i tre anni di età non era molto alto, fattore che aveva ereditato da sua madre, e neanche tanto pesante visto il fisico mingherlino e appena un po' pasciuto.

<< La nonna vuole vederci? >> chiese di rimando poi, lasciando il medico interdetto a fissarlo mentre sorrideva tranquillo
<< ... si. >> rispose semplicemente Fujita, chiedendosi appena un po' inquietato, come avesse fatto a saperlo
<< Okkey! >> concluse felice, lasciandolo ancora una volta interdetto << anniamo allora. Dommiamo sbigacci! >>

E senza aggiungere altro Yukio accettò il consiglio, anche se non poté fare a meno di pensare a come l'avrebbe presa quando tutto sarebbe finito. E se quel sorriso vispo e ingenuo avrebbe continuato ad esistere, dopo il faccia a faccia con la morte.

\\\

Tramonto.
Uno splendido, meraviglioso tramonto che infuocava l'orizzonte e si rifletteva sulle rive placide del lago, spandendo la sua luce dorata sull'erba verde della prateria, e penetrando, gentile e docile, fin dentro le ombre del sottobosco e delle case, le poche che ancora avevano le ante delle finestre spalancate.
Nella stanza dove la vecchia Manimi riposava, regnava il silenzio e l'armonia, una calma pacifica fatta di malinconia e bei ricordi, quelli che Hikari dipingeva con le dita sfiorando l'aria e sforzandosi di sorridere, sebbene la tristezza gravasse ormai palese nei suoi occhi.
Manimi la guardava serena, annuiva e ogni tanto con le sue vecchie mani stanche le rispondeva, sforzandosi di non cedere.
Aspettavano.
E ormai l'attesa si era ridotta davvero all'osso.
Ad un tratto la porta si aprì, e sulla soglia apparvero Yukio e Keichii, quest'ultimo in braccio all'uomo che non perse tempo e lo fece scendere, avvicinandosi quindi alla consorte e lodando il cielo che fosse ancora viva, mentre inginocchiato al suo capezzale le strinse le mani.
Manimi sorrise, godendosi quel tocco forte e caloroso e quel bacio morbido che succedette, sulle sue ossa ormai fragili.
Poi sollevò gli occhi, e li osservò.
Nessuno di loro, neanche Keichii, per quanto si fosse sforzato era riuscito a resistere alla tristezza. E lei ... adesso sentiva di non poter più rimandare a lungo il momento.
Prese quindi la mano di sua nipote, e stringendola la guardò con un sorriso negli occhi. Hikari tremò, ma continuò a sorridere.
Le accarezzò la guancia come faceva quando era piccola, quindi si voltò di nuovo, e fece segno a Keichii di avvicinarsi.
Yukio restò in disparte a guardare, gli occhi bassi e gonfi di lacrime mentre aspettava. Sapeva già quale sarebbe stato l'argomento di quella loro ultima conversazione, ne avevano parlato assieme.
E purtroppo, il momento di farla era alla fine arrivato

<< Piccolo ... >> iniziò flebile e gentile la donna, posando la mano libera su quella del bimbo, adagiata sulle lenzuola fresche << ti manca davvero tanto papà? >>

Il bambino s'illuminò all'improvviso, eccitato. Hikari sgranò gli occhi, ma continuò a non fare nulla.

<< Si, nonna! Tantissimo! >> rispose

L'anziana sorrise, sghignazzando appena. Quindi concluse

<< Allora, penso sia arrivato il momento di andare da lui. >>

Stavolta, Hikari non poté non singhiozzare, dopo aver spalancato la bocca per la sorpresa, portandosi una mano di fronte al viso per tentare di coprirlo.

<< Nonna, davvero?? >> esclamò felice il bambino << Davvero possiamo annare da papà? L'avete trovato? >> e nel chiederlo spostò eccitato lo sguardo da lei a Yukio, che non riuscì a sorridere stavolta, gravato dalla tristezza

Manimi invece continuò a farlo. Strinse la mano della nipote, che stava già piangendo senza sapere se di felicità o angoscia.

<< È da un po' che sappiamo dove si trova. >> le spiegò, quando riuscì a farsi guardare negli occhi << Circa un anno. Ma quando Yukio lo ha curato non sapeva fosse il nostro Victor. E poi ... >> s'interruppe, per prendere fiato

Gli ci volle un po', adesso. Molto più delle altre volte. Sospirò profondamente, lasciò che Yukio le facesse bere dell'acqua e nel frattempo supplicò il cielo di concederle ancora solo qualche istante in più.
"No." pensò "Non adesso ti prego. Ancora ... qualche attimo, ancora. "
Si sforzò, strinse la mano al consorte e, finalmente, lottando contro sé stessa riuscì a riprendere il discorso

<< Non stava affatto bene, tesoro. Lui ... ha lottato contro la morte, e ne è uscito distrutto. Per questo ... >> guardò di nuovo Keichii, che la ascoltava attento e rapito << dovete andare da lui. Avevi ragione, tesoro >> gli disse, accarezzandogli una guancia << Lui ha bisogno di voi adesso, e voi ... avete bisogno di lui. Yukio vi porterà da lui, vi spiegherà il resto. Siate una famiglia, una famiglia ... felice. Vi chiedo ... soltanto questo. Siate felici, non desidero altro. >>

E senza poter più resistere, Hikari le si legò al collo, scoppiando a piangere.
Sorrise, la strinse e le carezzò piano i capelli. Infine, quando la giovane riuscì a riaversi, la guardò negli occhi e le chiese, dolce

<< Me lo prometti, piccola mia? >>

La giovane annuì, ancora in lacrime ma tornando a sorridere. Allora la donna guardò Keichii, che le osservava con un sorriso appena accennato in quei suoi occhietti vispi

<< E tu? Mi prometti che ti prenderai cura della mamma, e anche del papà? >>

Lui annuì sorridendo

<< Cetto nonna! >> rispose vivace << Saremo felici, come una famiglia vera. Te lo pometto! >>

Quindi la abbracciò, accogliendo il suo invito.
Per ultimo, chiese a Yukio di aprire la finestra, e poi che tutti si sedessero di nuovo nel lettone, abbracciati assieme a guardare il tramonto fino alla sua fine.
Keichii tra le braccia di Hikari, la giovane stretta a lei, e lei legata a Yukio, la testa poggiata sul suo cuore e la mente finalmente libera, che nella luce del tramonto corse ai giorni stupendi vissuti fino a quel momento, e quelli che sarebbero venuti. Li avrebbe visti, anche se non più da quel mondo. Ma ci sarebbe stata comunque e forse anche più di prima, proprio come aveva detto Keichii.
E poi, non vedeva l'ora di riabbracciare la sua bambina!
Così, col battito del cuore del suo amato come ultimo suono da lei udito e col calore umano delle persone a lei più care strette tra le sue braccia.
Così se ne andò per sempre Manimi Saitò, anzi Mamma Manimi. Dopo una vita lunga, intensa, bella e vissuta fino all'ultimo giorno.
E quando il suo corpo si dissolse, Yukio Fujita sentì il cuore frantumarsi in mille pezzi e riuscì finalmente a piangere, stringendo a sé sua nipote e il suo bambino, mentre il buio della notte aveva ormai spento da tempo anche l'ultimo bagliore del tramonto più bello che avesse mai avuto modo di vedere in tutta la sua vita.

\\\

Erano da qualche minuto passate le ventuno a Midgar, quando la vecchia Manimi se ne andò.
Victor stava sonnecchiando sdraiato sul letto di suo nonno quando di colpo si senti mancare, e riapri gli occhi mettendosi immediatamente a sedere e reggendosi al materasso.
Proprio in quel momento sua madre si affacciò alla porta

<< Tesoro ... >> lo chiamò, sussurrando

Victor tremò, senza rendersi pienamente conto del perché. E voltatosi le rivolse un lungo sguardo inquietato e vacquo, prima di accorgersi di quello preoccupato di sua madre che allora chiese, appoggiandosi allo stipite

<< Va tutto bene? >>

La sua voce gli giunse come ovattata. Ma non fece in tempo a rispondere, perché il telefono di casa squillò e Yoshi la richiamò, dicendole che era Yukio Fujita per lei.
Durò poco la conversazione, e anche se la distanza gli permetteva di ascoltare più o meno tutto, non riuscì a capire nulla perché la sua mente, i suoi sensi, sembravano come intorpiditi. Si sentiva ... come sott'acqua, ma con una grossa paura di affogare.
Per questo continuava ad annaspare, e per tornare a respirare fu costretto ad alzarsi e aprire la finestra, nella speranza che almeno un filo d'aria fresca per i suoi  polmoni ci fosse ancora.
Faceva veramente caldo, quella sera. Ma ... stranamente ... lui continuava a tremare, e non per i suoi nervi stavolta.
Tornò a sedersi, prese la coperta ai piedi del letto e se la mise addosso, senza riuscire a trovare sollievo.
Una carezza lo risvegliò, facendolo sobbalzare di nuovo. Sua madre era tornata, e ora gli stava accanto

<< Hai freddo? >> chiese dolce, toccandogli la fronte

Sospirò pesantemente, annuendo. Gli sembrò che il fiato gli si gelasse in gola, e non riusciva ancora a respirare normalmente

<< Sto gelando ... >> riuscì a mormorare

Poi, chiudendo gli occhi alle lacrime, appoggiò la testa sulla spalla della donna e la lasciò fare, quando lei lo abbracciò forte permettendogli anche di iniziare a piangere.
Così, senza un apparente motivo.
Durò a lungo, forse una ventina di minuti. Alla fine si ritrovarono sdraiati sul letto, in un abbraccio tenero, e fu proprio Victor a rompere il silenzio, chiedendo con voce ancora tremula

<< Cosa voleva il dottore? >>

Erriet sorrise, e scosse la spalle

<< Oh, solo sapere come stavi. >>

Lui sorrise. "Sempre il solito".
Ma non disse nulla, anche perché fu sua madre a continuare, informandolo

<< Domani sarà a Midgar per una visita di routine ad un paio di pazienti >> gli disse << purtroppo però abitano dall'altra parte della città e lui non avrà il tempo di passare da qui. Mi ha chiesto di dirti se potevate incontrarvi alla stazione, giusto per un saluto e due chiacchiere veloci. >>

Victor si rimise a sedere, scrollandosi la coperta di dosso. Ora stava decisamente meglio, anzi sembrava come se tutta la tristezza e il malessere profondo che lo aveva colto mezz'ora addietro non fosse neppure esistito.
Ci pensò un po' su, quindi sorrise e annuì

<< Okkey. >> rispose << a che ora è il treno? >> voltandosi a guardarla

La donna si alzò, sorrise anch'ella e stampandogli un bacio sulla guancia concluse

<< 11: 35 circa. >>

Quindi, dopo avergli dato la buona notte e un abbraccio forte, lasciò la stanza lasciando aperta la porta, come le aveva chiesto lui.
Victor Osaka si alzò dal letto, e avviandosi alla finestra inspirò profondamente un paio di volte, prima di fermarsi ad ammirare lo spettacolo delle mille luci della città riflettendo su ciò che era appena accaduto.
"Chissà come sta sua moglie?" si chiese, ricordandosi all'ultimo minuto di ciò che si erano detti durante il loro ultimo incontro.
Poi però lasciò andare la curiosità, rinchiuse la finestra e spogliandosi dalla maglia a mezze maniche che indossava andò a letto, restando soltanto con i comodi pantaloni di una vecchia tuta nera mai usata e che ora gli era tornata utile per la notte.
E prima di addormentarsi decise, stringendo il ciondolo a forma di cuore,  che domani sarebbe stato il giorno perfetto per tornare da lei e non andarsene mai più.
Finalmente.


 

NdA: Già, finalmente!! *-*
Ragazze ci siamo, siete pronte? Ora è tutto pronto, e dopo tanto tempo finalmente Victor e Hikari si reincontreranno!!
Ho scritto questo capitolo piangendo, mi è dispiaciuto tanto per Manimi e per Fujita, ma è così che doveva andare e non ho potuto evitarlo. Ora però, si entra nella fase più dolce e romantica della storia, e vi farò sognare ve lo prometto.
Non vedo l'ora, giuro. Sono emozionata come una bimba  >_<
Fatemi sapere che ne pensate nel frattempo, e grazie per il sostegno che mi state dando.
Siete curiosi di sapere cosa ha detto Ifalna a Keichii? E come la prenderà Victor quando saprà che ha un figlio?
Appuntamento al prossimo capitolo, allora. Vi amo <3 =3 ^-^ e non voglio farvi aspettare più di tanto <3

Project G

   
 
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