Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Clairy93    23/11/2016    5 recensioni
Ogni famiglia ha i suoi segreti.
Il modo migliore per nasconderli?
Ostentarli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mai giudicare un padre dalla copertina



Terminata l’intervista per il quotidiano locale, mi dirigo con sollievo, seppur risucchiata delle mie energie, nella mia stanza.
Qui ci trovo Micaela.
Abbandonata sul letto e con gli auricolari nelle orecchie, muove le dita in maniera frenetica sullo schermo del cellulare.
“Micaela?”
Nessuna risposta.
Ci riprovo.
“Micaela!”
Con un balzo le sono accanto e le strappo via le cuffiette.
La mia sorellastra compie un salto per lo spavento e i suoi occhi, dapprima strabuzzanti, si riducono in due sottilissime fessure pronte ad incenerirmi.
“Ma sei scema?!”
Incrocio le braccia al petto, infastidita.
“Ti ho chiamata per ben due volte e non mi hai risposto!”
“Forse perché non volevo sentirti!”
Micaela affonda la testa nel cuscino e s’infila nuovamente le cuffie nelle orecchie.
Tuttavia non demordo e gliele ritolgo.
“Ma sei proprio una stron…”
“Senti!” la interrompo senza troppi convenevoli “Devo dirti una cosa importante.”
“Se vuoi raccontarmi dell’intervista non mi interessa. Ho già visto abbastanza dal modo in cui ti ha trattato tuo zio…”

In effetti Micaela non ha tutti i torti.
Non è stata nonna Lavinia, come invece sospettavo, a remarmi contro.
Anzi, dalle sue espressioni contrariate mi è sembrato di capire che neanche lei avesse una gran voglia di sottoporsi a questa intervista. Credo non sopportasse l’insistenza del giornalista, un ometto assai ambiguo che forse contava di scoprire qualche dettaglio piccante nella smania di vedersi servito su un piatto d’argento un bel titolo da prima pagina.
E’ stato piuttosto zio Edoardo, la cui presenza deve aver colto di sorpresa persino nonna Lavinia, che si è intromesso e ha puntato i riflettori su di sé, sottolineando le sue mirabili doti gestionali e soffermandosi, più di una volta, sulla mia inadeguatezza tanto come erede quanto come nuova responsabile dell'impresa Montalto.

“No, non è questo di cui devo parlarti. Domani mattina il signor Viscardi, il collega di nostro padre, mi aspetta all’azienda. Ti va di accompagnarmi?”
Micaela prorompe in una risata beffarda.
“Non ci penso nemmeno!”
“Dai, Micaela!” mi siedo sul letto, supplicandola “Sei stata nominata anche tu nel testamento. Non puoi ignorare le volontà di papà!”
“Te l’ho già detto un milione di volte: io con mio padre non voglio avere nulla a che fare!”
“Ma non sei curiosa di sapere perché abbia scelto proprio noi due come sue eredi?”
Il mio tentativo di convincerla viene frenato dall’occhiataccia che Micaela m'indirizza.
“No.”
“Non vuoi capire in cosa consistesse il suo lavoro, perché non fosse quasi mai a casa?”
“No. Ora mi lasci in pace?”
Micaela sta per infilarsi gli auricolari alle orecchie ma io la blocco per i polsi.
“Almeno promettimi che ci penserai su.”
Mia sorella alza gli occhi al cielo, seccata, per poi scansarsi dalla mia presa.
“Allora me lo prometti?” insisto io.
Ma Micaela non mi risponde e alza al massimo il volume della sua musica.


Come volevasi dimostrare, Micaela non è venuta.
Perciò eccomi qui, fuori da questo imponente cancello in ferro battuto che, una volta aperto, mi condurrà verso la verità.
Oltrepassarlo significherà stravolgere la mia vita, tuttavia sarà l’occasione di cui ho bisogno per fare luce su alcuni tasselli del mio passato e per dare un’identità più nitida a mio padre.
Avvicino la mia mano tremolante al citofono, esercitando con l’indice una leggera pressione sul bottone.
Mi stringo nelle spalle, intirizzita dal venticello pungente di questa mattina e dalle ondate di ansia che mi assalgono a intervalli sempre più vicini uno all’altro.
Avverto un gracchiare indistinto provenire dall’altoparlante e, all’improvviso, uno stridente scampanellio sblocca la serratura del cancello.
Devo impiegare una forza non indifferente per aprire e richiudere l’inferriata, tra l’altro producendo un cigolio davvero assordante.

Mettere un pochetto d’olio, che dite?

Con gambe vacillanti che a stento sembrano reggere il mio peso, percorro il vialetto costeggiato da un prato rigoglioso e verdeggiante.
Giunta davanti all'entrata, la grande porta a vetri scorre in automatico e mi conduce nel luminoso ingresso, un ambiente dallo stile minimal e molto sofisticato.
Non si vede anima viva.
Va bene che non mi aspettavo chissà quali calorosi striscioni di benvenuto, ma così mi pare proprio da maleducati…
Il dettaglio che trovo insolito in uno spazio tanto sobrio e raffinato e che, per tale motivo, attira la mia attenzione sono alcune fotografie in bianco e nero appese alla parete: ritraggono tutte mio padre.
La maggior parte lo immortalano insieme a quelli che, suppongo, siano i suoi dipendenti. Ma non solo: ci sono anche donne, anziani, addirittura bambini. L’aspetto singolare che riscontro in ogni scatto è la presenza nelle mani dei soggetti fotografati di…libri. Volumi di ogni tipo, forma e dimensione di cui però non riesco a leggere i titoli.
Scorrendo con lo sguardo le foto arrivo ad una scritta incisa su una preziosa targa dorata, ma non faccio in tempo a leggerla poiché una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare.
“Signorina Montalto, mi perdoni se l’ho fatta attendere!”
Mi giro e rimango un attimo spiazzata dall’impeccabile eleganza e dall’affascinante aspetto del giovane uomo che mi trovo di fronte.
Mi domando come ci sia finito un così bel ragazzo a fare il segretario in un’azienda: questo avrebbe assicurata la carriera da modello, altroché!
“E’ un piacere conoscerla.” il baldo segretario mi offre la mano “Io sono Alessio Viscardi.”

No, devo aver capito male.

“V-Viscardi?”
“In persona! Suppongo che il suo maggiordomo le abbia riferito della nostra telefonata di ieri.”
“Sì, infatti… Ma io credevo che lei fosse più…”
L’uomo reclina il capo, perplesso e allo stesso tempo incuriosito dalla mia evidente esitazione.
“…Più vecchio.”
Lui scoppia in una limpida risata.
“Oh, ora ho capito! C’è stato un malinteso: vede, io sono il figlio. Ruggero Viscardi è mio padre.”

Mi state dicendo che non dovrò rapportarmi con un vecchio bacchettone sentenzioso ma finalmente con un mio coetaneo e, particolare da non sottovalutare, pure di bell’aspetto?

“Mio padre è andato in pensione un anno fa ed io gli succedo nell’attività. Mi spiace se l’ho delusa, ma questo passa il convento.”
Alessio Viscardi m’indirizza una timida occhiata, accennando un sorrisetto adorabile.
“No, ma ci mancherebbe! Anzi, mi spiace se le sono sembrata una pazza ma in questo periodo sono circondata da persone… un po’ avanti con l’età ed è liberatorio parlare con qualcuno che non confonda un mp3 per una macchina del demonio.”
“Mi creda, la capisco molto bene. I membri più anziani del nostro consiglio amministrativo sono menti eccellenti, ma non le dico quante volte hanno rischiato di mandarmi fuori di testa!” ridiamo entrambi, poi lui prosegue “E poi per me è un vero onore conoscerla. Lei è la figlia di un uomo davvero geniale, a dir poco rivoluzionario!”
Il giovane Viscardi coglie subito il velo di titubanza sul mio viso.
“…Lei non sa di cosa si occupasse suo padre, mi sbaglio?”
“No, non si sbaglia. Lui non mi parlava quasi mai del suo lavoro.”
“Allora bisogna rimediare.” con gesto galante, Alessio mi esorta a precederlo.
Ed è così che l’amico Viscardi mi guida verso il cuore pulsante dell’azienda, scortandomi in questo labirinto di lunghi e silenziosi corridoi senza, però, proferire parola.
Questo suo atteggiamento enigmatico mi mette ancora più agitazione, perciò mi rivolgo al mio accompagnatore:
“Signor Viscardi?”
“La prego, solo Alessio.”
“Ehm… d’accordo. Può dirmi, Alessio, dove stiamo andando di preciso?”
“La porto nel posto in cui l’ingegno e l’impareggiabile estro di suo padre hanno espresso la loro massima potenzialità.”

Alla faccia! Questo tipo aveva davvero una profonda stima verso mio papà!
Sembra che ne sappia molto più lui di me…


Giungiamo davanti ad un’anonima porta in legno massiccio che Alessio apre con una certa eccitazione, spalancando le imposte e incitandomi ad ammirare la colossale e ricchissima biblioteca che percorre le quattro pareti della stanza.
“Questo era l’ufficio di suo padre, signorina Nadia.”
Non so bene cosa dire. O fare.
Mi fa strano pensare mio padre nella veste di serio lavoratore ma, allo stesso tempo, credo che non potrei immaginarlo in un ambiente diverso da questo.
Riesco a vederlo seduto su quella poltrona di velluto rosso, dietro la sua scrivania pulita ed ordinata in maniera quasi maniacale, chino a scrivere o a sfogliare alcuni di questi volumi.
“Venga, le faccio vedere una cosa.”
Alessio mi fa cenno di seguirlo proprio verso la scrivania.
Sulla destra scorgo due eleganti cornici e, non appena mi avvicino, devo mordermi il labbro per trattenere un'inaspettata ondata di lacrime.
In una fotografia ci sono io da piccola, la chioma rossa e (come di consueto) spettinata, in braccio a mio padre; le punte dei nostri nasi si sfiorano.
Nell’immagine accanto vedo un’altra bambina sulle ginocchia di mio papà: porta delle adorabili treccine bionde e mi osserva con due meravigliosi occhioni blu. E’ Micaela.
“Abbiamo lasciato tutto com’era.” mi assicura il bel Viscardi.
Afferro la cornice e accarezzo con il pollice il profilo di mio padre, forse nella speranza di sentirlo un po’ più vicino.
“Il signor Montalto vi adorava.” continua lui, con tono affettuoso “Tutto ciò per cui ha lavorato lo ha fatto per voi, per garantire un futuro più solido alle sue figlie e alla sua famiglia.”
Senza rendermene conto, una piccola lacrima sorvola la mia guancia per poi approdare sul vetro della fotografia.
Davanti ai miei occhi spunta un fazzoletto di stoffa.
“Lo tenga.” si affretta ad aggiungere Alessio, rivolgendomi un sorriso incantevole, di quelli che ti fanno scogliere come una noce di burro sul pane caldo.
Tento di dissimulare il mio rossore con scarsa maestria e mi limito, a causa del mio imbarazzo, a proferire solo un biascicato “grazie”.
“E sua sorella?” mi domanda Viscardi “Micaela, giusto? Non è potuta venire oggi?”
Scuoto la testa.
“No, Micaela non è interessata...”
“Mi dispiace.”
“Già, anche a me…”
Dopo un breve momento di silenzio che mi consente di riprendere un minimo di autocontrollo, mi volto con fermezza verso Alessio.
“Senta, io vorrei… anzi, devo saperne di più: di cosa si occupava mio padre?”
L’uomo mi fa gesto di attendere: raggiunge la libreria, ne sfila un volume e torna da me.
“Durante la seconda guerra mondiale, la Contea di Montalto era una zona davvero povera e disagiata. Si viveva di stenti, la gente moriva letteralmente di fame. La contea, inoltre, non era ancora ben collegata alle grandi vie di comunicazione, i rifornimenti tardavano ad arrivare, sempre se arrivavano, e i sanguinosi scontri tra italiani e tedeschi durante la Resistenza non facevano altro che accrescere la paura, le difficoltà e il numero di vittime. Fu così che il signor Montalto ebbe un’idea…”
Alessio si avvicina e apre il libro.
“…Per dare un aiuto concreto alla popolazione di Montalto, il Marchese escogitò dei piccoli volumi nei quali nascondeva, tra due facciate lievemente incollate tra loro, delle banconote.”
Afferra una pagina tra pollice e indice, la sfrega delicatamente finché non si separa in due fogli e nel mezzo riconosco una banconota da 10.000 lire con l’effige di Alessandro Volta impressa sulla superficie.
“Se si fosse scoperto lo stratagemma, suo padre sarebbe stato ucciso. Il rischio in cui incorse fu immenso, ma ciò non lo dissuase dalla possibilità di soccorrere economicamente i suoi compaesani.” Alessio ripone il libricino nello scaffale per prenderne subito un altro “Quando la guerra finì, il signor Montalto cominciò a realizzare libretti in edizioni semplici e a poco prezzo, pensati soprattutto per il popolo illetterato. Tutti avrebbero finalmente avuto l’opportunità di imparare a leggere e scrivere, riducendo così la grave piaga dell’analfabetismo.”
Alessio Viscardi mi porge il piccolo volume.
I nostri sguardi s’incrociano, forse ad una distanza troppo ravvicinata.

Wow, non avevo notato quanto fossero belle quelle pagliuzze dorate nei suoi occhi…

Chiniamo all’unisono il capo, impacciati.
“Insomma, l’attività del Marchese decollò.” prosegue Alessio, schiarendosi la voce con qualche imbarazzato colpetto di tosse “Anni dopo aprì quest’azienda, dando impiego a decine e decine di persone e offrendo un alloggio ai più poveri e alle loro famiglie. Libero Montalto è stato l’artefice della rinascita della Contea di Montalto della Leonessa.”
Alessio mi passa un vecchio articolo di giornale: in prima pagina, datata 11 ottobre 1958, spicca una fotografia in bianco e nero che ritrae proprio mio padre all’entrata dell’azienda, attorniato da una schiera di dipendenti dagli ampi sorrisi.
“Ecco perché non era mai a casa...” mormoro io, assorta “Papà ha messo tutto se stesso in questo lavoro e ha salvato la vita di centinaia di persone.”
“Sa cosa ripeteva mio padre quando tornava a casa la sera?” mi dice Alessio “Il Marchese era l’uomo più devoto alla famiglia che avesse mai conosciuto. Il suo lavoro era fondamentale, ma tutto ciò che aveva costruito fu solamente per il benessere dei suoi cari. La forza che ogni giorno ispirava il signor Montalto, signorina Nadia, era sapere che quest’attività un giorno sarebbe passata a sua figlia. E, come suo padre, anche lei avrebbe compreso che tutto questo era molto più di un semplice mestiere. Aiutare il bisognoso, collaborare, porre l’altro prima di se stessi… Sono valori rari, ma suo padre è riuscito a racchiuderli nel suo lavoro e sono sicuro che abbia visto in lei la persona più adatta per portare avanti il suo volere.”
Le parole di Viscardi appaiono alle mie orecchie come una raffica di colpi dritti nel petto che mi scaraventano in uno stato di fulminea agitazione.
“Io non sono sicura di essere pronta per questo incarico, Alessio.” ammetto, in preda al più totale e debilitante sconforto “Mio padre era molto più che un filantropo, era amico della gente: le persone, in questa fotografia, sorridono perché gli sono grate, perché riponevano fiducia in lui. Mio papà era un eroe, io invece sono solo una qualunque che si è trovata qui per caso. Con che coraggio potrei accettare questo impegno se è evidente che lo conoscevo a malapena?!”
Alessio appoggia una mano sulla mia spalla.
“Non deve decidere adesso, Nadia. Ha accumulato davvero tante informazioni oggi, si prenda il suo tempo per metabolizzarle. Diciamoci la verità: siamo ancora giovani, ma in fondo neanche più così tanto. Ci troviamo in quella terra di mezzo in cui è giunto il momento di assumerci delle responsabilità, ma farlo ci spaventa a morte perché significa
a tutti gli effetti diventare adulti. Sarò felice di riaverla qui se vorrà ulteriori informazioni. Inoltre, non deve affrontare tutto questo da sola: farò di tutto per essere un fedele assistente.
Passo con fatica una mano tra i capelli aggrovigliati.

Che gran confusione ho in testa!

Mi manca il fiato e cerco di ignorare le macchie colorate che cominciano ad annebbiare la mia vista.
“E’ meglio che io vada...”
“Nadia, è sicura di stare bene?” mi chiede Alessio, apprensivo “Mi sembra un po’ pallida. Posso offrirle un caffè o una tazza di tè?”
“Oh no! Va tutto bene… Sono solo un po’ stanca…”
“Lasci almeno che le chiami un taxi.” insiste lui.
“No, no! Sto benone…”
Le ultime parole famose: compio giusto un passo e le ginocchia decidono di abbandonarmi.
Se non fosse per la presa vigorosa e solerte di Alessio, sarei già finita con il fondoschiena sul parquet.

Mmh, sarà forse la conseguenza di non aver mangiato nulla a colazione?

Ma come avrei potuto?! Per colpa dell’ansia questa mattina avevo lo stomaco che definirlo chiuso è un eufemismo!
“Venga, si accomodi qui.”
Il giovane Viscardi mi fa sedere sulla poltrona.
“Ha proprio un buon profumo.” penso tra me e me, mentre mi allontana delicatamente dal suo petto.
“Davvero non posso offrirle qualcosa, Nadia? Ho un’ottima camomilla. Salvo che non voglia qualcosa di un po’ più… forte. In quel caso non potrei farle compagnia, non è molto professionale bere sul luogo di lavoro.”
La voce pacata e rassicurante di Alessio ha il potere di ridarmi un poco di lucidità.
Tuttavia sento il respiro ancora affaticato e le gambe tremanti.
“Beh, magari una tazza di camomilla la prendo volentieri.”


Angolino dell'Autrice: Ciao biscottini alla cannella!
Mannaggia a me, è da troppo tempo che non aggiorno!
La mia vita ha preso una piega inaspettata in questo ultimo mese e sto cercando di rientrare nei ritmi.
Io vi ringrazio immensamente perché, nonostante i miei ritardi e la mia sbadataggine, ci siete sempre per infondermi tanto affetto e supporto.
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Clairy93