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Autore: caleel    28/11/2016    2 recensioni
'Memorarum' racconta la storia di Nathan Zeller, un mago che ha perso la memoria e ritrova il suo vecchio diario dove, a partire dal suo primo anno a Hogwarts, sono raccolte tutte le sue esperienze e memorie. Nathan dovrà dunque leggere il suo diario per scoprire chi era, come ha perso la memoria, e soprattutto perché.
Gli anni a Hogwarts di Nathan sono in parallelo a quelli di Harry nei libri, quindi lui si ritroverà spesso a contatto con personaggi e situazioni già familiari nel libro, mentre queste si svolgono nel corso dell'anno, ma i personaggi principali saranno autentici e originali e avranno una loro storia completamente distaccata da quella dei libri, ma che semplicemente ha Hogwarts come sottofondo.
Questa storia nasce come webserie sul mio canale YouTube, e vi invito caldamente a seguirla direttamente lì, dato che i capitoli nuovi usciranno prima lì, e poi qui.
https://www.youtube.com/watch?v=wxY3gq_OTmk
Genere: Avventura, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 2) L’espresso per Hogwarts

-E’ semplice Nathan, tu ci dici dov’è, e noi chiudiamo un occhio su tutta questa facenda- intimò una voce fredda e calcolata.
-Ve lo ripeto per l’ennesima volta: non ho idea di dove sia!-
-Dicci dove si nasconde- chiese l’altra persona, insistendo.
-No! Fermi! Non potere farlo, NON POTETE FARLO!-
-Memorarum!-, la voce riecchegiò a lungo, perdendosi nello spazio e nel tempo.

Nathan si svegliò di soprassalto, e afferrò la bacchetta in automatico, tenendola dritta nella mando e guardandosi attorno.
Ma la stanza era deserta, della voce non c’era alcuna traccia.
Era stato solo un sogno.
Ansimando, le mani tremanti, si lasciò andare in un sospiro di sollievo, appoggiando la testa sulla scrivania con fare esausto.
Rimase così per qualche istante, riflettendo.
Poi, aprì il suo diario, lo sfogliò fino a trovare la pagina giusta, e cominciò a leggere.


Svegliarsi quel primo settembre non fu certamente difficile.
Non erano neanche le 6 del mattino che già ero in piedi nella mia stanza, a rovistare nel baule per accertarmi che ci fosse tutto. I libri, il calderone, il set di provette in vetro, la bilancia d'ottone, i vestiti, mancavano soltanto il telescopio e la divisa scolastica: il primo era ancora montato davanti alla finestra, dato che avevo passato le sere delle ultime 3 settimane ad ammirare il cielo e i campi che circondavano Timworth. La seconda, la stavo indossando in quello stesso momento.
In piedi davanti al grande specchio della mia stanza, saltellai allegro facendo ondeggiare le vesti nere, la bacchetta in mano, agitandola e puntandola vero i mobili della stanza facendo finta di scagliare incantesimi.
Mi mossi verso la finestra, e aggiustando il telescopio, lo puntai verso la finestra della camera di John, due case più in la. Ma le imposte erano ancora serrate, John era solito dormire fino a tardi.
Passai le successive ore ad osservare il mondo mentre si svegliava, appollaiato alla mia finestra, il telescopio tra le mani.
Occupato com'ero a smontarlo, non mi resi neanche conto della porta che si apriva e di mia madre che entrava nella stanza.
-Nathan, ti avevo detto di mettere tutto a posto l'altra sera-, disse sbuffando. -E già che eri in piedi, avresti per lo meno potuto vestirti-.
La guardai per un attimo confuso. -Ma, sono vestito-, dissi indicandomi.
-Non essere sciocco, non possiamo arrivare a King's Cross vestiti da maghi, attireremmo troppo l'attenzione, e già in troppi lo fanno. Rimettiti i jeans e prendi una felpa, fa fresco stamattina-, e uscì chiudendo la porta.
La sentii mentre andava a svegliare Tom, poi scese le scale e sparì.
Con una smorfia, cominciai a cambiarmi, e rimisi la divisa a posto nel baule.
Feci per posarci dentro anche la bacchetta, ma all'ultimo cambiai idea e la infilai nella tasca dei pantaloni. Anche se non ero ancora capace di usarla, sentire quel peso premere contro la gamba mi dava un certo senso di sicurezza.
Scesi di corsa le scale ed entrai nella cucina illuminata dal sole del primo mattino.
Tom era già al tavolo intento ad imburrare una fetta di pane, mentre scrutava il retro della gazzetta del Profeta che mio padre reggeva penserioso tra le mani.
-Notizie dal Ministero?-, chiese mentre prendevo posto accanto a lui e afferravo la scatola dei cornflakes.
-Le solite, Caramell sta approvando un sacco di nuovi decreti legislativi-, rispose lui pensieroso girando pagina.
-Ed è un bene o un male?-, chiesi io. Non ne capivo molto di politica, ma cercavo sempre di partecipare ai discorsi tra mio padre e mio fratello.
-Beh, potrebbe essere entrambe le cose. E' un bene che Caramell si occupi di alcuni problemi nel sistema giudiziario e cerchi di sistemarli, ma se continua questa sua politica legislativa in futuro potrebbe arrivare ad avere troppo potere e ad emanare decreti come più gli pare e piace. Oh, no...Emilia...-, disse all'improvviso cupo, alzando lo sguardo verso di mia madre. -E' morto il signor Barnabey...-
-Oh cielo...-, mia madre si avvicinò e diede un'occhiata alla pagina del necrologio. -Infarto...almeno non ha sofferto-, disse mentre una lacrima le annebbiava gli occhi.
-Aveva 92 anni tesoro, prima o poi doveva andarsene-, mio padre le cinse la schiena con un braccio.
-Chi era il signor Barnabey?-, chiesi io lentamente, come temendo di disturbarli con la mia domanda.
-Era il nostro professore di incantesimi, quando frequentavamo Hogwarts, una persona davvero dedicata e gentile-, rispose mio padre sorseggiando il suo caffè.
-Una volta siamo rimasti svegli fino alle 4 del mattino affinché io imparassi l'incantesimo di appello. Continuavo a lamentarmi del fatto che era tutto inutile e che non ci sarei mai riuscito, ma lui non demordeva, dicendo che saremmo stati svegli anche fino all'alba se era necessario, ma che fino a che quel maledetto cuscino non sarebbe sfrecciato per la stanza, nessuno dei due avrebbe chiuso occhio-, raccontò allegro, e mia madre lo guardò sorridendo, probabilmente ricordando anche lei altri episodi. -Era sempre stato molto affezzionato ai suoi studenti, pochi insegnanti ad Hogwarts avevano la sua dedizione-.
Il resto della colazione fu tranquilla, i miei genitori continuarono a chiacchierare ricordando il professor Barnabey, mentre Tom spulciava il giornale.
Alle 10.30 eravamo tutti e quattro di fronte al camino del salotto, dove un allegro fuoco scoppiettava nonostante fosse ancora estate. Questa volta mia madre non aveva voluto sentire scuse, e aveva detto che avrebbe preferito correre il rischio di perdere i bagagli piuttosto che farsi di nuovo tutte quelle ore di viaggio in treno.
-Bene Emilia, andrai tu per prima con un baule, seguita da Tom e Nathan, e chiuderò io la fila portando il resto dei bagagli-, indicò mio padre.
Mia madre fece un cenno d'assenso con il capo, prese un pizzico di polvere scintillante, si avvicinò al fuoco e la gettò tra le fiamme. Una colonna di fuoco verde smeraldo s'innalzò all'istante, rischiarando tutta la stanza. Afferando il baule di Tom per la maniglia, saltò tra le fiamme gridando -Paiolo Magico- e scomparve.
Tom la seguì qualche istante dopo, e in un attimo era sparito anche lui.
-Ora, ricordati di tenere le braccia strette al corpo, e di parlare in maniera chiara, va bene?-, mi raccomandò mio padre porgendomi il vaso contentente la polvere.
Io ne presi una mano abbondante facendo di sì con il capo.
Con un attimo di esitazione, scagliai la polvere nelle fiamme, che diventarono di nuovo smeraldine. Saltai dentro, e urlai -Paiolo Magico!-.
Ebbi la sensazione di essere risucchiato in un enorme imbuto, e tutto intorno a me cominciò a vorticare velocemente. Vidi una serie di immagini confuse scorrermi rapide davanti agli occhi, e scrutando attraverso le fiamme mi resi conto che erano camini. Dopo quella che mi parve un'eternità, riconobbi finalmente l'interno del Paiolo Magico attraverso una delle centinaia di finestre. Mi sporsi in avanti, e all'improvviso mi sentii cadere verso il pavimento di pietra del locale. Chiusi gli occhi, aspettandomi l'impatto, ma invece qualcuno mi prese per le spalle fermandomi all'ultimo.
-Ottimo tuffo, signor Zeller. Ha un po' mancato sull'atterraggio, ma un 8.7 ci sta tutto-, disse una voce familiare.
Alzai lo sguardo, e mi ritrovai un John raggiante davanti agli occhi.
Alan e Clarice Lane, i genitori di John, mi salutarono allegramente, e mia madre mi corse incontrò per assicurarsi che stessi bene.
Qualche secondo dopo apparve anche mio padre con il mio baule, e Alan gli corse incontro per abbracciarlo come se non si vedessero da mesi.
Bauli alla mano, finalmente uscimmo tutti quanti dal paiolo magico e ci incamminammo verso la stazione di King's Cross.
Era una fresca mattina di Settembre, e Londra sembrava più viva e allegra che mai.
Decine di famiglie recanti grossi bauli sormontati da gabbie contenenti gufi, gatti o rospi passeggiavano per le strade, tutti diretti verso la grande stazione.
King's Cross era più affollata che mai. Ovunque sui binari uomini e donne indaffarate scorrevano veloci, trascinandosi i bagagli dietro, chi passeggiando tranquillo, chi correndo. Io avevo occhi solo per i grandi numeri disegnati sulle placche che scorrevano veloci sopra la nostra testa.
3, 4, ancora qualcuno, 5,6, una donna schiamazzava urlando qualcosa contro una delle guardie, 7,8 la fila di carrelli scorreva davanti ai miei occhi, i più lontani scomparendo improvvisamente nel nulla, 9,10, finalmente, eravamo arrivati.
La parete di mattoni rossi svettava immobile tra i binari 9 e 10.
Io e John ci guardammo sorridenti, fremendo dall’eccitazione, mentre gli altri da dietro ci raggiungevano spingendo i carrelli carichi di bagagli.
-Alan, andate prima voi?-, chiese mio padre guardando il signor Lane.
-Come preferisci, vecchio mio-, impugnò saldamente il carrello con entrambe le mani, diede una rapida occhiata attorno per accertarsi che nessun babbano stesse arrivando, e dopo una rapida corsa era già sparito oltre il muro.
-Andiamo John-, disse Clarice prendendo il figlio per mano.
-Ci vediamo dall’altra parte-, mi disse con un gesto della testa, e qualche secondo dopo erano entrambi spariti.
-Posso andare per primo, per favore?-, chiesi girandomi verso i miei genitori.
Per tutta risposta, Tom mi poggiò una mano sulla schiena, trascinandomi con lui verso il muro.
Mio fratello cominciò ad aumentare il passo, sempre senza mollare la sua presa su di me, e io feci lo stesso. Chiusi gli occhi mentre la barriera si avvicinava al mio volto, sempre più veloce, sempre più vicina, ma non ci fu nessun scontro.
Sentì il suono del mondo cambiare bruscamente nelle mie orecchie mentre attraversavo il muro, come quando si immerge la testa sott’acqua e per qualche istante sembra che ogni rumore venga risucchiato in un enorme imbuto.
Ma fu questione di un attimo, e subito il silenzio rumoreggiante della stazione di King’s Cross mutò in un caotico vociare di ragazzi, genitori, e animali.
Aprì gli occhi, e con un sentimento misto di gioia e timore, mi ritrovai davanti il grande espresso scarlatto. Sul suo muso torreggiava a grandi lettere dorate la scritta ‘Espresso per Hogwarts’, mentre un perlaceo filo di vapore usciva dal cunicolo centrale.
-E anche più grande di quanto mi ricordassi…-, dissi io assente.
-E anche più grande di quanto mi immaginassi-, rispose John a bocca aperta.
Mi ero scordato che John, non avendo fratelli, non era ancora mai stato sul binario 9 e 3/4, a differenza di me che ero venuto ogni anno ad assistere alla partenza di Tom.
-Vi consiglio di salire subito e cercarvi un compartimento, se non volete passare il viaggio in piedi-, disse Tom trascinando il suo baule verso una delle porte.
-Tuo fratello ha ragione Nathan, andate ad esplorare, ci occupiamo noi dei bagagli-, disse tranquillo mio padre.
Io e John non ce lo facemmo ripetere due volte e ci dirigemmo di corsa verso una delle porte dell’espresso.
Nonostante mancasse ancora un quarto d’ora alla partenza, il treno era già affollatissimo. Ragazzi e ragazze correvano ovunque. Molti erano ancora in vestiti babbani, ma c’era anche chi non aveva perso tempo e si era già cambiato nelle vesti da mago. Ovunque c’erano guizzi di luce colorata e piccole esplosioni, mentre gli studenti davano sfogo a tutti gli incantesimi repressi in quei due mesi lontani dal castello.
Come aveva previsto Tom, molti dei compartimenti erano già occupati. I gruppi di amici si stavano già riunendo, ognuno prendendo residenza nei vari compartimenti. Arrivammo davanti ad uno che a prima vista pareva vuoto, ma che ad un secondo sguardo rivelò un ragazzino del primo anno con i capelli disordinati e degli occhiali aggiustati con lo scotch sugli occhi.
Lo guardai per un attimo incuriosito: indossava dei vestiti babbani, i quali erano però ovviamente di qualche taglia più grossi, e sembravano ricadergli addosso come una strana coperta.
Stavo per entrare, quando John mi chiamò da qualche metro più avanti. Mi avvicinai e mi mostrò tutto soddisfatto un compartimento deserto.
Ci sedemmo entrambi di fianco alla finestra, uno di fronte all’altro, e ci guardammo soddisfatti.
Ci sporgemmo dalla finestra, osservando la frenesia che sembrava pervadere il binario.
Non avevo mai visto così tanti ragazzi insieme, ed era curioso pensare che da quel giorno li avrei visti quotidianamente, e perché no, ne avrei anche conosciuti alcuni.
I gufi si chiamavano l’un l’altro dalle gabbie appollaiate in cima ai carrelli, e la folla rumoreggiava del vociare di centinaia di persone.
-Dai, Lee, un’occhiata soltanto!-
Notai una piccola folla che circondava un ragazzo dai capelli ricci. Questi sollevò il coperchio di una scatola che teneva tra le braccia e qualcosa, da dentro, sporse una lunga zampa pelosa. Quegli che gli stavano attorno cominciarono a gridare.
-Tutto bene lassù?-, il padre di John si avvicinò a noi dal binario, seguito dal resto dei nostri genitori.
-Oh si, alla grande, ancora 5 minuti, e non dovrò più vedervi per qualche mese-, gli rispose John con un sorriso.
-Cercate di non cacciarvi in troppi casini voi due-, ci apostrofò mio padre. -Sopratutto tu, Nathan. Confido nel fatto che tu segua il buon esempio di tuo fratello-.
-Mhh, sì, certo-, bofonchiai io. Tom era sempre stato uno studente modello, adorato da tutti i professori e soprattutto dai miei genitori. Nessuno si era stupito quando quest’estate aveva ricevuto la spilla da Prefetto, e nessuno si sarebbe stupito se fosse diventato caposcuola fra qualche anno.
-Fate i bravi, e impegnatevi. A Hogwarts non ci sarà nessuno a preoccuparsi del fatto che voi facciate i compiti o meno, quindi per favore, cercate di essere responsabili-, ci ammonì mia madre seria.
-Tranquilla ma', tanto ci sarà sempre Tom a starci con il fiato sul collo. Sperò solo di non finire in Corvonero, non potrei sopportare altri 3 anni insieme a lui-, dissi io con una smorfia.
-Nathan!-, mia madre sembrava arrabbiata, ma mio padre ed Alan ridevano entrambi.
-Beh, qualunque cosa succeda, una cosa è certa: nessuno separerà voi due-, disse Alan sorridente.
-Se finiamo in Serpeverde, io risalgo sul treno e me ne torno dritto a casa, sappiatelo-, esclamò John serio.
-No, non lo farai. Non fatevi preconcetti sulle case, ragazzi, sono mondi che dovrete scoprire da voi, come imparerete nel tempo-, spiegò mio padre.
Stavo per ribattere, quando un lungo fischio annunciò l’imminente partenza del treno.
Sentimmo le porte sbattere con un tonfo sordo, e il vagone cominciò lentamente a vibrare.
Le nostre famiglie ci fecero le ultime raccomandazioni mentre il treno prendeva piano piano velocità. Sporgendo dalla finestra, salutammo agitando le mani entusiasti, finché l’espresso per Hogwarts non girò a destra, e il binario 9 e 3/4 scomparve dalla vista.
Chiudemmo il finestrino, e ci sedemmo uno di fronte all’altro.
-E così, finalmente, ci stiamo andando per davvero-, dissi io tutto sorridente.
-Hogwarts, è solo, cosa, tutta la mia vita che aspettavo questo giorno?-, rispose John sarcastico.
Scoppiammo entrambi a ridere, ma tutto ad un tratto John diventò serio.
-Cosa c’è che non va?-
-E se succede davvero?-, chiese lui pensieroso.
-Se succede cosa?-
-Se finiamo davvero a Serpeverde?-.
Lo guardai un po’ sorpreso, colto alla sprovvista da questa domanda. Ovviamente ci avevo pensato anche io, negli ultimi mesi, in che casa sarei finito.
-Sinceramente, mi sembra impossibile che tutti i Serpeverde siano cattivi. Credo sia solo uno stupido luogo comune-, spiegai io semplicemente.
-Beh, ma…-, John abbassò lo sguardo. -Tu-sai-chi era un Serpeverde-.
Sbuffai. -Ma sarebbe potuto anche essere un Tassorosso per quel che ne sappiamo, e sarebbe finito probabilmente nello stesso modo. E poi-, aggiunsi abassando la voce. -Non è che Azkaban sia popolata solo da Serpeverde eh, c’è luce ed oscurità in tutti noi-.
-Wow-, disse John divertito.-Se la carriera da mago ti va male, potresti sempre finire a dirigere la sezione delle poesie del Gazzeta del Profeta-.
-Oh, finiscila-, dissi facendogli un gestaccio con la mano.
All’improvviso la porta dello scompartimento si aprì, ed un ragazzino alto e magro dai  capelli neri apparve sull’uscio.
-Ehm, scusate-, disse imbarazzato.-Tutti gli altri vagoni sono pieni e mi chiedevo se…-
-Ma certo!-, disse John ancora prima che potesse finire la frase, indicandogli il posto accanto a se.-Accomodati pure-.
Il ragazzo sospirò sollevato e si lasciò cadere nel posto indicato.
-Piacere, sono Nathan Zeller, e questo è John Lane-, ci presentai io tendendogli la mano.
-Samuel Edge, ma tutti mi chiamano Sam-, si presentò lui a sua volta.
-Hai fratelli o sorelle ad Hogwarts, Sam?-, chiese John curioso.
-Oh no…-, Sam lo guardò per un attimo, sembrando quasi in imbarazzo. -A dire il vero, neanche sapevo dell’esistenza di Hogwarts fino a qualche mese fa-.
-Ohh-, esclamammo all’unisono sia io che John.
-Sei un nato babbano?-, chiese lui.
-Esatto, è stata un po’ una grande sorpresa per i miei quando abbiamo ricevuto la lettera. Mia madre stava per avere un colpo quando un gufo è calato dalla finestra nella cucina-, raccontò ridendo, e io e John lo ascoltammo divertiti. -Per me è stato un grande sollievo, avevo cominciato a fare cose strane che non riuscivo a spiegarvi e pensavo di star impazzendo. Una volta, ero seduto sul divano e non avevo voglia di alzarmi per prendere un libro, e questi si è alzato a mezz’aria ed è volato verso di me!-
-Un semplice incantesimo di appello-, commentò John con aria da saccente.
-E una volta, ho per sbaglio accesso un fuoco nel giardino. Quella volta mi ero spaventato davvero, temevo di essermi trasformato in un qualche mostro. Quindi è stato tranquilizzante ricevere la lettera che mi spiegava che ero un mago, mi ha fatto capire un po’ di cose-, disse sollevato.-Poi, c’è stata una volta quando…-
Ma la frase di Sam fu interrotta a metà dalla porta che si apriva e dall’entrare di un ragazzino basso dai capelli color sabbia.
-Grandioso, anche questo è occupato-, borbottò lui. -Scusate-, e fece per andarsene.
-Qui abbiamo abbastanza posto, siediti pure se vuoi-, dissi amichevole indicando il posto di fianco a me.
-Ohh, ti ringrazio-, disse lui richiudendosi la porta alle spalle. -Non avete IDEA di quanti vagoni ho già passato. Quelli più grandi snobbano completamente i piccoli, e ho provato a infilarmi in un gruppo del primo anno ma fra poco mi prendevano a pugni, un ragazzino pallido dai capelli biondi mi ha praticamente scagliato contro i suoi due amici che vi giuro, se esistessero dei troll umani, assomiglierebbero a quelli-.
-Cosa sono i troll?-, chiese Sam curioso.
-Come cosa sono i troll?-, il ragazzino dai capelli biondi lo guardò come se cercasse di capire se lo stesse prendendo in giro o meno.
-Sam è un nato babbano-, spiegò John. -Non conosce ancora bene il mondo magico-.
La bocca del ragazzo si raccolse in una perfetta O di stupore. -Mio padre mi aveva detto che esistevano maghi che provenivano da famiglie babbane, ma pensavo mi stesse prendendo in giro!-.
Sam abbassò lo sguardo, di nuovo in imbarazzo. Il ragazzo lo notò e si rese conto solo allora di come la sua frase era suonata.
-Ohh, perdonami, non era detto in modo negativo, e solo che non mi era mai capito prima d’ora di parlare con qualcuno che non fosse cresciuto in una famiglia di maghi. Ho sentito dire che hanno inventato un sacco di cose incredibili per rimediare all’assenza di magia, è vero?-.
-Si, la nostra tecnologia è molto più sviluppata, per esempio non ho visto niente di elettrico a Diagon Alley-, spiegò lui. Sembrava che parlare del mondo babbano lo facesse sentire più a suo agio.
-Cosa diamine è un ‘elettrico’?-, chiesi io confuso.
Sam ci parlò a lungo del mondo babbano, e di tutti i loro modi di fare e dire, e noi gli spiegammo lo stesso del mondo magico. Scoprimmo che il ragazzo biondo si chiamava Ernest Macmillan. Aveva dei modi un po’ pomposi e non ero ancora sicuro se mi piacesse o meno come persona, ma sapeva anche essere simpatico quindi per il momento non me ne preoccupai molto.
Mentre eravamo intenti a chiacchierare, dal corridoio sentimmo provenire un vociare confuso, e dopo qualche minuto una donna sorridente apparve alla porta.
-Desiderate qualcosa dal carrello, cari?-
Tutti e 4 scattammo in piedi e ci avvicinammo al carrello strapieno di dolci e dolcetti. Noi tre eravamo abituati a quelle cose, ma Sam guardava tutto con un misto di sorpresa e confusione. Io e John gli spiegammo cosa erano le varie cose, illustrandogli le gelatine tutti giusti+1, le cioccorane, le bacchette magiche alla liqurizia, le gomme bolle bollenti, i zuccotti di zucca, i ciococalderoni, e molte altre.
Alla fine lui comprò una grande confezione di gelatine e qualche cioccorana, e rimase decisamente colpito quando aprendole una di questa cominciò a saltellare per tutto il compartimento.
Eravamo intenti a mangiare quando la porta si aprì per l’ennesima volta ed un ragazzino dal volto rotondo entrò.
-Scusate, avete per caso visto un rospo?-.
-No, ma se vuoi qui ho una rana-, rispose Sam alzando la cioccorana.
-Oh…grazie comunque…-, ed uscì tetro.
-Voi avete portato degli animali?-, chiese Sam. -Io a casa avevo un pastore tedesco, ma la lettera non diceva che si potessero portare cani a Hogwarts-.
-Mhh io no, ma mio fratello Tom ha un gufo-, risposi io pensieroso. -In effetti un po’ mi pento di non averne chiesto uno anche io-.
-Tranquillo, se avrai bisogno di un gufo posso sempre prestarti Hesper-, disse John mordicchiando una bacchetta alla liqurizia. Hesper era la sua civetta.
-A cosa servono esattamente i gufi?-, chiese Sam.
-Beh, essenzialmente consegnano la tua posta-, spiegò Ernest.
-Ah, pensavo fosse una cosa che si faceva solo per le lettere di Hogwarts-, spiegò lui.
Il pomeriggio prosegui tranquillo, tra chiacchiere e risate. Ernest cominciò a vantarsi di come conoscesse già decine di incantesimi, ma quando gli chiedemmo di mostrarcene qualcuno, disse che aveva dimenticato la bacchetta nel suo baule.
Sam ci mostrò un album di fotografie ritraente la sua famiglia, dove le immagini stavano ferme anzichè muoversi come avrebbero dovuto fare.
La sera stava calando, e le montagne e le foreste si stagliavano contro il cielo arancione. Il treno stava lentamente rallentando.
Tutti e quattro ci togliemmo le giacche ed infilammo le tuniche nere, mentre una voce risuonò per tutto il treno: ‘Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente’.
Io e John ci guardammo emozionati, mentre il treno finalmente si fermava.
Ci accalcammo fuori nel corridoio insieme alla marea di studenti, che procedeva a spintoni verso gli sportelli, e poi sul marciapiede buio.
Rabbrividì nel freddo della notte e mi strinsi nella veste, quando all’improvviso una luce si accese sopra le nostre teste.
Una voce grossa tuonò -Primo anno! Primo anno da questa parte!-.
Un uomo enorme torreggiava sopra tutti loro, il faccione peloso che sorrideva in un groviglio disordinato di capelli e barba.
-Coraggio, seguitemi…C’è qualcun altro del primo anno? E ora attenti a dove mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!-
Scivolando e incespicando, seguimmo l’omone per quello che sembrava un sentiero stretto e ripido. Tutto attorno a noi il buio ci avvolgeva, e la lanterna dell’uomo era l’unica fonte di luce in quella oscurità.
-Fra un attimo: prima vista panoramica di Hogwarts!-, annunciò l’uomo parlando da sopra la spalla. -Ecco, dopo questa curva-.
Svoltammo l'angolo, e ci fu un coro di ‘oooooh’!
Lo stretto sentiero si era aperto all’improvviso dando sul bordo di un grande lago nero. In lontananza, appollaiato in cima ad una montagna, il castello di Hogwarts si stagliava contro il cielo puntellato da migliaia di stelle. Le numerose torre e torrette si innalzavano verso l’alto, e le finestre scintillavano dorate nel buio della notte.
John mi diede un colpo sul braccio mentre ammiravo a bocca aperta lo spettacolo.
-Ci siamo-, mi disse tutto sorridente.
-Ci siamo-, ripetei io altrettanto raggiante. -Siamo a Hogwarts-.

 

   
 
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