Shin era
quasi arrivato a casa. Non importava quello che era successo poco prima, “casa” era il posto sicuro, e lui non
poteva stare in altro luogo se non lì, con la sua mamma.
Ma dov’era,
la sua mamma?
Si ritrovò
disperatamente a sperare che anche il papà fosse già tornato.
Aveva
quattro anni, e semplicemente le cose brutte non succedevano mai, se non nelle
fiabe, e lì arrivava sempre qualche principe a salvare la signorina in
difficoltà. Quindi papà doveva essere tornato, oppure sarebbe stato lui il
principe della mamma.
E poi quel
signore cattivo sicuramente se n’era andato, non sentiva nessun rumore se non
quelli del bosco fitto che stava attraversando. Diede un’occhiata ai cervi,
erano due o tre quelli visibili, e notò che erano più lontani possibile da casa:
nonostante fossero cerbiatti e non potessero uscire ancora dal recinto si erano
comunque appiccicati al legno che delimitava il loro
rifugio.
Poi, un urlo
disperato a mandare in pezzi il silenzio.
Shin sapeva
che la mamma gli aveva detto di stare lontano da lì mille volte, che non era un
gioco, e che tutto ciò che contava per lei era che lui fosse al sicuro, ma
sapeva anche che quella era la voce della zia Sakura, e quindi il signore
cattivo era ancora lì.
E lui era il
principe azzurro che doveva salvare la mamma.
Il bambino
cominciò a correre in direzione della casa.
2°capitolo.
«Sakura,
cazzo, e sì che sei forte!» imprecò Tenten, sputando sangue e imbrattando il
proprio mento e il pavimento.
Sakura
scosse la testa, incapace di parlare. Le aveva lanciate al piano di sopra,
facendo sfondare il soffitto ad entrambe.
«Maledizione.»
sibilò Tenten, estraendo due kunai. «Non è molto, ma… qualcosa…» scosse anche
lei la testa, tentando di ragionare a mente lucida. Da quando erano nati i loro
figli l’una aveva smesso di andare in missione e lavorava soltanto in ospedale e
l’altra si era data alla casa e a qualche saltuario viaggio per portare
documenti e roba simile. Entrambe però non avevano mai smesso di allenarsi, per
quanto possibile.
Ma non era
abbastanza.
Tenten si
pulì il mento con una manica, e cercò di respirare più piano per non sentire
troppo dolore. Ogni singolo secondo si stava dilatando in ore, e allo stesso
tempo sembrava durare pochissimo ogniqualvolta si rendeva conto che lui era
troppo forte per loro, specie dal momento in cui le aveva prese di sorpresa e
aver quasi strappato un braccio a Sakura, che era la più potente tra
loro.
«Curati. Lo
distraggo.» suggerì Tenten a bassa voce.
Sakura la
guardò, sgranando gli occhi allarmati. «Stai attenta.» l’ammonì piano, cercando
di distendersi sulla schiena per curare il braccio e il resto del
corpo.
Tenten
annuì, e saltò nel buco del pavimento.
Si guardò
attorno, e sconcertata si rese conto di non vederlo. «Ino?» chiamò piano.
Ino non
rispose, appoggiata ancora al muro e con la testa reclinata. Il sangue sgorgava
copioso, troppo. Tenten strinse gli
occhi per mettere meglio a fuoco e supplicò gli dei che non le avesse tagliato
la gola mentre lei era di sopra, a cercare di non svenire. «Ino?» ripeté
tremante, senza riuscire a muovere un solo passo. Era
agghiacciata.
«E’ viva.»
dichiarò Tomoki alle sue spalle.
Il corpo di
Tenten reagì da solo, fortunatamente non aveva dimenticato le azioni
automatiche, e lei saltò via da lì in tempo per evitare un colpo probabilmente
avvelenato. Con due salti all’indietro riuscì a mettersi abbastanza a distanza
da concedersi di guardarlo. Fin’ora non erano praticamente riuscite a colpirlo,
eppure era un uomo normale e non conosceva jutsu particolari, se fossero
riuscite a ferirlo anche solo una volta…
«Siete solo
donne, non prendertela.» disse lui, e con sbigottimento Tenten si rese conto che
cercava non di sfotterle, ma di essere amichevole. Si era appena concesso
un’alzata di spalle. «Alla fine non mi importa di essere ucciso, ormai non ho
più ragioni di vivere, perciò…» continuò lui, e la kunoichi restò immobile,
sconvolta. Stava dicendo che poteva
ucciderlo?
«Perciò…» lo
assecondò lei, ancora incredula.
«Perciò
perché non prendi la tua amica dai capelli rosa e ve ne andate di qui? Mi basta
Ino.»
«Fanculo.»
sbottò Ino con voce rotta dal dolore, alzando appena la testa. Tenten poté
vedere che il sangue scivolava dalla testa anche lungo il suo viso, e dalla bocca, e da un occhio, che un
braccio era piegato in modo anormale, un
osso era visibile, mentre il resto del corpo era nascosto dalla vestaglia
strappata e dal sangue, anche lì. Le si rivoltò lo stomaco a quella vista.
«Vattene.» aggiunse, rivolta a Tenten.
«No.»
rispose automaticamente l’amica. Resistette all’impulso di lasciarsi cadere a
terra, stremata.
«Anche Sanae
l’avrebbe detto.» approvò Tomoki. Tenten non capì a chi si
riferisse.
«Dico sul
serio.» lo ignorò Ino. «Ten…»
«Non fare
l’eroina con me, Ino. Tanto ormai ci siamo dentro tutte.» le ricordò lei, e
incredibilmente sorrise. «Dai, bionda. Lasciami provare almeno, tutto questo è…
imbarazzante, ecco. Pensa al mio orgoglio.» scherzò, senza smettere di tenere
d’occhio ogni minimo movimento dell’uomo, che invece seguiva loro con
interesse.
Ino represse
un gemito a quel sorriso, che aveva amaramente riconosciuto. Erano passati anni
e anni, ma mai si sarebbe cancellata dalla memoria il giorno in cui Sakura per
la prima volta si era tagliata i capelli per sfuggire a Kin del suono e si era
lanciata in un attacco quasi suicida contro Zaku, per salvare Sasuke. Aveva lo
stesso sorriso, il sorriso di chi sta per morire ma perlomeno lo fa per qualcuno
e non si può contrastare. E lei invece era bloccata lì.
L’avrebbe
supplicata se necessario, ma all’ennesimo respiro le salì anche un po’, un bel po’, Ino, di sangue per la gola e
si ritrovò a tossire e a quasi vomitare.
Tenten non
la vide, vide solo Tomoki muoversi di scatto e si preparò a ricevere il colpo,
quando si accorse che non mirava a lei ma all’alto. Alzò la testa giusto in
tempo per vedere uno spiedo colpire Sakura ad un braccio, e Sakura sparire in
una nuvola di fumo.
Tecnica
della sostituzione, neanche a dirlo proprio come quella
volta.
Tomoki emise
un sibilo di disappunto, e cercò Sakura con lo sguardo. La colse proprio
all’ultimo momento e la colpì con un pugno, ma anche questa sparì in una nuvola.
Poi un potente pugno lo colpì alla spalla mentre si voltava, e finì con lo
sbattere contro il muro accanto, la spalla in frantumi. Con un simile urto
avrebbe potuto spezzargli il collo.
«Hai ragione
Tenten, sono ancora forte.» si compiacque Sakura, pur insoddisfatta
dall’incapacità di mettere tutto il chakra nel pugno, in quelle condizioni. Ogni
traccia di ilarità si spense scorgendo Ino, che ancora tossiva, chinata a terra.
Ino alzò
appena la testa, ed i loro occhi si incontrarono.
Grazie,
frontespaziosa. Sta attenta.
Non morire,
Ino. Davvero.
Tenten si
lasciò cadere in ginocchio definitivamente, mentre Sakura prendeva la
provvidenziale katana appesa al camino. La sfoderò e le parve abbastanza
affilata.
«Mamma! Dove
sei?»
Sakura
chiuse per un momento gli occhi. Come se
l’orrore non fosse abbastanza così.
«SHIN!» Ino
gridò con quante forze aveva ancora in corpo e anche di più, piegandosi in
avanti e comprimendo con una sofferenza terribile le ossa già rotte sotto il suo
peso. Ma niente contava, tanto meno il proprio dolore fisico, se il suo bambino
era in pericolo.
Tomoki
sorrise e fece per rialzarsi in quel momento, ma Sakura fu più veloce e,
abbandonando la spada, lo colpì con tutte le sue forze, facendogli sfondare il
muro e finendo in giardino.
«Mamma?» il
bambino si bloccò, a bocca aperta, alla vista della madre in simili
condizioni.
«Shin, Shin
devi andartene!» boccheggiò Tenten, costretta a camminare a carponi per
raggiungerlo. Allungò una mano tremante e la poggiò sulla spalla del bambino,
che fissava la madre imbambolato. «Piccolo, ti prego, vattene!» supplicò la
donna.
«La…
mamma…»
«La mamma
sta be-NO! Shin!» gridò quando questo si divincolò e corse verso la madre. Si
guardò attorno atterrita, certa che dal buco nella parete sarebbe ben presto
rientrato quel mostro.
Shin si
avvicinò alla madre, senza effettivamente capire quanto grave potesse essere
tutto quel sangue, essendo lei la mamma.
La mamma non
sta mai davvero male, è forte e c’è sempre come sempre c’è stata, questo per lui
era ovvio, quindi non
riusciva a collocare tutto quel rosso intorno a lei. Non era stupido, ma iniziò
a valutare le possibilità che non fosse sangue; del resto quando lui si era
fatto male da più piccolo non ne era mai uscito così tanto, e poi lei era la
mamma, punto.
«Mamma?» la
chiamò incerto. «Mami, sei… stai…?»
Ino represse
un altro conato e strinse gli occhi per qualche secondo, cercando di allontanare
ogni sensazione di dolore almeno per qualche secondo e apparire tranquilla. E
per farlo non doveva pensare al fatto che il suo, probabilmente, assassino fosse
in giardino a combattere con la sua migliore amica indebolita dai colpi, né
soprattutto al fatto che Shin fosse in pericolo lì davanti a
lei.
«Shin.»
disse, e la sua voce suonò dolce come sempre. Aprì gli occhi e sorrise. Per il mio bambino, tutto questo è per il
mio bambino. «Amore mio, devi andare via. La mamma ha… la mamma e la zia
stanno per vincere contro il signore cattivo, ma lui non ti deve trovare,
capisci?» spiegò con voce che diventava più tremante, resistendo all’impulso di
urlare “Vattene!” col rischio che
fosse controproducente.
«Io… Io sono
come un supereroe.» dichiarò improvvisamente il bambino.
Ino spalancò
gli occhi, e ancora immobile cercò velocemente di capire. Rinunciò.
«Cosa?»
«Lo dice sempre zio Naruto! Io sono un supereroe e devo difenderti.»
si impuntò il piccolo.
Le emozioni
che stava trattenendo cercarono improvvisamente di abbattere il muro dietro cui
le tratteneva, sfondandole quasi il petto attraverso il cuore. Si morse le
labbra, e tentò ancora una volta di aggrapparsi al proprio autocontrollo con
disperazione vera e propria. «Se vuoi difendermi va via.»
Il bambino
sembrò sconcertato, ed Ino sentì le lacrime pungerle gli occhi. «Ti prego… ti
prego… va via di qui, Shin. La mamma vuole solo questo. La mamma ti ama, Shin.
Lo sai, vero?»
Shin annuì,
e poi di punto in bianco scoppiò in lacrime. «T-ti fa male,
mamma?»
«Oh, Shin…»
Ino non aveva mai desiderato tanto in vita sua abbracciare suo figlio e cullarlo
tra le braccia, ma non poteva muoversi, né chiedergli di abbracciarla. Poté solo
piangere a sua volta, lasciando finalmente scivolare le lacrime giù per le
guance. «Amore… ascoltami bene: io sto bene, non mi fa male nulla. Non mi farà
mai male nulla se saprò che sei al sicuro. Hai capito? Ora devi andartene via di
qui veloce, velocissimo!» lo pregò, obbligandosi a non muoversi perché la voce
non divenisse un urlo, «Ti amo tanto, Shin. Amo te ed il tuo papà, e sono felice
sempre anche solo a pensarvi. Questo lo devi dire a papà, capito? Quando torna, devi
dirgli che lo amo tanto e che non sto soffrendo e soprattutto che non è colpa
vostra…»
«Ino!» la
richiamò con urgenza Tenten, fissando Tomoki che si rimetteva faticosamente in
piedi dopo aver atterrato Sakura.
Ino capì che
il tempo a loro disposizione era finito. «Shin, non c’è più tempo, obbediscimi.
E quando papà tornerà vi prenderete cura l’uno dell’altro, perché tu sei anche
il supereroe di papà.»
Shin la
guardava con terrore, singhiozzando e strofinandosi il viso con le mani. «E… e
tu?»
«Io ci sarò
sempre per voi. Ora però corri via, sta arrivando!» lo incitò. Il bambino sembrò
indeciso, poi il suo sguardo cambiò e corse via. Ino si rese solo vagamente
conto, data la situazione, che era lo stesso sguardo che aveva avuto altre volte
in cui aveva tentato di fare il furbo. Se se ne fosse accorta lo avrebbe fatto
promettere, funzionava sempre con lui, ma la sua attenzione si focalizzò sul
buco nel muro all’angolo di cui stava appoggiata.
Tenten fissò
a sua volta le gambe di Tomoki cambiare bruscamente strada. «Sta andando nella
tua direzione.» sussurrò.
«Shin?»
«Non lo vedo
più da qui. Oddio.»
A quel
mormorio strozzato il cuore di Ino perse un battito. «Che altro c’è? CHE ALTRO
C’È?» finì con l’urlare istericamente.
Il viso di
Tenten perse ulteriormente colore nel vedere l’orribile scena di Tomoki, appena
entrato in casa probabilmente dalla finestra della cucina, in piedi davanti a
Shin, che reggeva con mano ferma la katana che Sakura aveva lanciato indietro
poco prima.
«Stai
attento!» disse Shin, e la sua vocetta suonò particolarmente infantile, quasi a
sottolineare la sua età. «Non ti avvicinare alla mia
mamma!»
«No… no…»
sussurrò Ino, la cui voce si rifiutava di uscire ad un atono accettabile. Cercò
di muoversi e scoprì che invece c’era ancora tutta, quando si trattava di urlare
per il dolore. «Tenten, fa qualcosa.»
Tenten si
era già alzata ed era ricaduta avanti, e, stringendo i denti, tornò a tirarsi in
piedi di nuovo, cercando qualsiasi arma.
«Tenten…»
ripeté Ino, come ipnotizzata. Vide l’amica preparare il colpo, armata solo di un
pezzo di legno. La vide sorridere senza neanche rendersene conto, di quello
stesso sorriso di poco prima, di chi sa che sta per morire e vuole fare le cose
per bene. E poi la vide fermarsi con la mano a mezz’aria. «Cosa…»
cominciò e si interruppe quasi subito.
Nessun
rumore dalla cucina, né dall’esterno. Si chiese perché Tomoki non avesse ancora
attaccato, ed in un terribile ed eterno secondo ebbe la certezza che l’avesse
fatto, e che fosse troppo tardi.
Fu solo un
secondo, poi tutto il dolore e la stanchezza la colpirono, e si accasciò sul
pavimento, perdendo
conoscenza.
Shikamaru…
Shin…
Shikamaru
non aveva mai corso così veloce in vita sua.
I suoi
compagni erano altrettanto veloci e silenziosi, rispettando la sua
preoccupazione che piano piano si stava tramutando in angoscia.
Alla vista
di casa propria ebbe la sgradevole sensazione che il cuore gli saltasse in gola.
Sentì subito
Ino urlare qualcosa, e non sembrò un grido di dolore. Erano i tipici strilli
della sua consorte, sicuramente.
Era ovvio,
sono partito stamattina presto, non è ancora successo niente, si ripeté
speranzoso.
«C’è un
odore di sangue orribile.» avvisò Kiba, arricciando il
naso.
Un altro
tuffo al cuore per Shikamaru, stavolta seguito da nausea.
Era
praticamente davanti alla cucina quando si accorse del muro sfondato e che per
terra, in giardino, c’era Sakura. Priva di conoscenza,
oppure…
«Sa…»
cominciò Naruto, e non aveva neppure alzato ancora la voce abbastanza perché
fosse udibile, quando sentirono un'altra vocetta, molto più
acuta.
«Stai
attento! Non ti avvicinare alla mia mamma!»
Shin.
Suo figlio,
il suo bambino di quattro anni, tanto coraggioso e dolce... in
pericolo?
La furia
cieca e violenta esplose nella testa di Shikamaru come mai prima di allora. Poco
dopo la morte del suo maestro si era sentito altrettanto pieno di rabbia, ma una
rabbia cieca che lo spingeva ad elaborare una strategia perfetta; stavolta
invece era soltanto la pura voglia di uccidere chiunque si fosse avvicinato alla
sua famiglia e avesse violato la sua casa.
Senza un
piano, senza aver studiato prima il nemico, con la sola voglia di cancellarlo,
disintegrarlo e raggiungere suo figlio e sua moglie, Shikamaru usò il controllo
dell’ombra quasi istantaneamente e senza pensarci. Come una marea questa si
spinse avanti velocemente, e incatenò quella leggera di Tomoki. Sentì Naruto
nello stesso momento sfrecciare alle sue spalle diretto verso la moglie, Neji
accanto a sé attivare il byakugan per trovare Ino e Kiba e Choji mettersi in
posizione di attacco.
«Tenten.»
disse senza pensarci Neji, sconvolto da ciò che vedeva.
«Kiba, porta
via Shin di lì, ora.» ringhiò Shikamaru, e Kiba non se lo fece ripetere due
volte.
Tenten lo
vide entrare e passare accanto ad un Tomoki immobile, troppo sotto shock per
credere che fosse reale. Poi, qualche istante dopo, sentì le braccia di Neji
circondarle il corpo e sussultò per il dolore e per l’enorme peso che le era
crollato addosso, al pensiero che forse, davvero, c’era la possibilità che fosse
reale.
«La mamma!»
balbettò Shin terrorizzato, lasciando cadere la spada a terra con un rumore
metallico mentre Kiba, incurante di essersi anche ferito, lo sollevava di peso
trascinandolo nel soggiorno.
Shikamaru
saltò in quel momento dalla finestra con Choji, facendo voltare Tomoki, e quando
lo riconobbe non ebbe bisogno di spiegazioni. «Tu…» disse solamente, ed in un
lampo ricordò la donna che avevano eliminato tempo fa, ed il pericoloso mukenin
fuggito. La donna si chiamava…
«Sanae.»
completò il suo pensiero Tomoki, digrignando i denti. I suoi occhi già spiritati
per la sorpresa si sgranarono, mentre un sorriso beffardo si faceva spazio tra
le sue labbra, conferendogli un’aria ancora più maniacale. «Tu hai preso lei… io
ho preso la tua.» disse, tetro come il rintocco di
una campana che annunciava morte.
Shikamaru
barcollò, colpito dalle sue parole, e l’attimo dopo gli fu addosso. Nessuna
tecnica ninja avrebbe potuto prosciugare la sua sete di vendetta dopo quelle
parole, se non il colpirlo a mani nude.
«Shikamaru!»
gridò Choji, sconvolto dal vederlo reagire in quel modo.
Tomoki
ringhiò come un animale, liberandosi con un pugno nello stomaco della presa
dell’altro, e lo mandò a sbattere contro i fornelli. Shikamaru era già in piedi
però, e lo stava colpendo con un calcio alla bocca, spezzandogli quasi il collo.
Si avvicinò, ed impietoso riprese ad infierire, finché l’altro non gli afferrò
la gamba, torcendola e facendolo cadere a terra con un lamento. Estrasse
velocemente un kunai, non aveva tempo per pensare, voleva solo la sua Ino, ora,
e lo affondò nel ventre dell’altro,
che quasi invece scoppiò a ridere.
«Eri molto
più… freddo, l’altra volta.» considerò Tomoki, e troppo tardi Shikamaru si
accorse che aveva appena estratto uno spiedo.
Per un
attimo il suo campo visivo divenne tutto bianco, poi si rese conto che quel
lampo era stato Neji, che aveva deviato il colpo. Choji si affrettò a separarli,
e Shikamaru si liberò della sua presa alle spalle con uno strattone, innervosito
dalle risate convulse dell’altro, che continuavano. Afferrò il primo coltello
trovato, e spinse via Neji.
«Shikama…»
«Fallo. Io
perlomeno ora la raggiungerò.» li interruppe Tomoki,
soddisfatto.
«E allora
perché cazzo non ti sei suicidato prima?» la voce di Shikamaru era a stento
riconoscibile, «E dov’è Ino?»
«Ino è qui.»
rispose per lui la voce di Kiba, dal soggiorno comunicante ma invisibile per via
del muro. Neji si morse le labbra, l’aveva vista anche lui del resto, all’angolo
della stanza.
«Allora?» lo
incitò Tomoki, tenuto a terra da un Choji che aveva appositamente gonfiato le
mani e da Neji, tornato a bloccarlo dopo lo spintone.
Shikamaru si
lasciò sfuggire un sibilo irritato. Ino è
viva, ovviamente. Sono stato troppo precipitoso. Ma quel
mukenin avrebbe meritato una tortura più lunga. Si maledisse per non essere in
grado di usare tecniche simili a quelle del mangekyo sharingan, per poterlo
bloccare in qualche altra dimensione, vivo e solo. Ucciderlo sarebbe stato solo
un atto di pietà, e lui non ne aveva a disposizione per
lui.
«No, non ti
darò questa soddisfazione. Ti porteremo direttamente dall’Hokage.» rispose
irato. L’altro cercò di liberarsi, con una smorfia di
disappunto.
«Quelle tre
mi hanno fatto stancare…» si lamentò come se nulla fosse. Poi sorrise ancora.
«Specie Ino. Ha una cicatrice sul petto, vero?»
Shin,
acquattato accanto a Kiba che ascoltava i loro discorsi cercando di non sfiorare
Ino e al tempo stesso capire se respirava ancora, sentì chiaramente il sibilo di
qualcosa che fendeva l’aria, ed un suono soffocato. Poi lo zio Choji dire
qualcosa troppo a bassa voce perché potesse sentirlo, ma sembrava davvero
arrabbiato.
Kiba si
sporse, notando che effettivamente Ino aveva una cicatrice, visibile solo perché
la vestaglia era stata squarciata. Lo strappo però si fermava appena sotto il
seno, ed era praticamente sicuro che non fosse stata stuprata, ma che lui avesse
finto di averlo fatto approfittando di quella vista.
Se era
andata così, quel rumore sibilante era stato sicuramente Shikamaru a
farlo.
E così ce
l’ha fatta… si è fatto uccidere. Figlio di puttana…
«Zio Kiba.»
chiamò Shin, e il jonin si riscosse.
«Adesso ci
pensiamo noi alla tua mamma, Shin. Come nuova. Vedrai.» lo rassicurò, pur non
essendo sicuro che fosse la cosa giusta da dirgli. Davvero Ino sarebbe tornata
come nuova?
«Perché non
si sveglia?» domandò il bambino con voce tremante.
«Oh. Perché…
ecco… riposa.» cercò di spiegare Kiba, sentendo il bisogno di fargli compagnia.
Ino era una gran donna ed una grande amica, non meritava tutto
questo.
«Kiba,
dov’è…» Shikamaru tacque, trovandola in quelle condizioni. Spalancò gli occhi
scuri, spostandoli prima sul figlio, che lo guardava in lacrime, e poi sulla
moglie, seminascosta da Kiba inginocchiato a terra.
Ma il sangue
su entrambe le pareti e per terra, quello era visibile.
«E’…»
cominciò con voce strozzata, e Kiba capì subito a cosa si
riferisse.
«No!
Respira…» si affretto a dire, guardando poi la donna. Trattenne un “ancora” che non avrebbe giovato. Non
aveva avuto neanche il coraggio di voltarla, era ancora stesa su un fianco. «E
direi che non l’ha neanche sfiorata in…» ricordò che Shin era accanto a sé, «… sensi strani,
ecco.»
«Fermati!»
sentirono gridare a Naruto, mentre Sakura, barcollando, entrava aiutandosi con
le mani poggiate al muro.
Tenten, con
la schiena ancora poggiata alla parete che lei usava come sostegno, tentò di
mettersi in piedi per aiutarla, ma Neji fu subito su di lei, bloccandola perché
non si facesse male, senza dirle nulla.
Naruto entrò
subito dopo Sakura, sussultando alla vista di Ino.
«Io posso…
posso…» iniziò Sakura a fatica, lasciandosi cadere in ginocchio al fianco di
Shin.
«Zia…»
mormorò il bambino quasi senza voce.
Shikamaru si
mosse come un fantasma, arrivando alle sue spalle e sollevandolo, stringendoselo
al petto con forza e facendo qualche passo indietro. Avrebbe voluto chiudergli
gli occhi, nascondergli tutto questo, ma era vistosamente troppo tardi.
Probabilmente era lì fin dall’inizio, e neanche capiva come mai Sakura e Tenten
fossero lì.
Tutto ciò
che sapeva è che lui lì, quando
avevano avuto bisogno di lui, non c’era. E adesso Ino era in fin di vita. E lui
doveva proteggere Shin.
«No,
Sakura.» disse Naruto, scuotendo la testa e poggiandole una mano sulla spalla.
«Che ca…»
Shikamaru prese un respiro, «Lasciala fare.»
«No.
Sakura…» lo ignorò Naruto.
«Devo,
Naruto, devo…» cercò di dire lei, e non poté trattenere le lacrime a sua volta,
sfiorando il bel viso dell’amica.
«Sei
incinta, Dio! Non vedi in che condizioni sei? Finirà male!» esplose Naruto, e
tutti li guardarono increduli.
Sakura voltò
appena il viso indietro, per poter osservare il viso del marito e perché lui
potesse vedere il suo. «Naruto…» disse lei piano, mentre un’altra lacrima
scivolava sulla sua guancia ed i suoi occhi gridavano di lasciarla e di
perdonarla al tempo stesso, «È la mia Ino-chan.» sussurrò con voce
flebile.
E Naruto
capì.
Il suo
Sasuke e la sua Ino, qualcosa che entrambi avrebbero dovuto fare ad ogni costo,
come se fossero nati per questo, anche se inutile. C’erano soltanto loro, dopo
anni, dopo vite, sempre e solo loro. E Ino, perlomeno, avrebbe fatto lo
stesso.
La mano
scivolò dalla spalla di Sakura al suo braccio, e lui si chinò dietro di lei,
rafforzando la stretta per dirle che le dava fiducia. Sakura fece un sorriso,
flebile quanto la sua voce, e tornò a guardare Ino.
«Hyuga-san!»
esordì uno voce estranea dall’esterno. Neji si scostò da Tenten solo quel tanto
che bastava per vedere.
«E’ della
casata cadetta. Deve essere stata Hinata a mandare tutti
qui.»
«Io sono
scappata da zia Hinata.» spiegò debolmente Shin, perfettamente udibile nel
silenzio spettrale rotto solo dallo sfrigolio del chakra e dal respiro affannoso
di Sakura, Tenten e Shikamaru.
«Ho bisogno
che ci mandiate più dottori possibile, velocemente!» ordinò allora Neji,
tornando a rivolgere la sua attenzione a Tenten. La moglie fissava la schiena di
Sakura e i bei capelli biondi di Ino, ora rovinati, sparsi sul pavimento.
«Ehi…»
sussurrò, e la donna spostò impercettibilmente lo sguardo, smettendo di vederle.
Infine si arrese, voltando il viso.
I loro occhi
si incontrarono, ed i due si parlarono in silenzio finché Neji non le poggiò una
mano sulla guancia graffiata, accarezzandola lievemente. Tenten reagì subito,
sporgendosi in avanti e sfiorando le labbra con le sue, per poi riappoggiarsi al
muro con le poche forze rimaste. Neji la guardò ancora, poi annuì e le poggiò
una mano sulla testa, avvicinandosi a lei per farsi sentire vicino, un ginocchio
a terra al suo fianco e la schiena piegata per poterla abbracciare meglio,
aiutandola a rilassarsi mentre aspettavano aiuto.
Sakura
iniziò a vedere troppo sfuocato per i suoi gusti, e strinse gli occhi, cercando
di rimettere tutto a fuoco.
Spinse con
delicatezza il corpo dell’amica, facendola distendere sulla schiena, e comprese
che la situazione era peggiore di quello che aveva immaginato. Kiba si trattenne
a stento, gli odori lo colpivano crudelmente, poi si alzò e andò direttamente
alle scale, al bagno di sopra. Choji invece semplicemente si sedette a terra,
con gli occhi offuscati dalle lacrime.
Shikamaru
strinse inconsciamente più forte Shin, che poté soltanto ricambiare stringendo
le manine gelide sulle braccia che gli circondavano il petto. Ricordandosi solo
allora di averlo ancora in quella posizione scomoda lo mise giù, e lo fece
voltare per poi abbracciarlo stretto.
«Papà…»
pigolò il bambino, solleticandogli il viso col codino
alto.
«Mh?» riuscì
soltanto a rispondere Shikamaru, privo di voce. Temeva che quel groppo che aveva
in gola si sciogliesse e non poteva permetterselo. Non
ancora.
«Mamma non
sta male, vero? Mamma ha detto che non stava male…»
Shikamaru
ebbe l’impressione che qualcuno gli stesse torcendo il cuore, e si schiarì la
voce due volte. «Quando?»
«Prima. Ha
detto che non stava male.» insistette Shin, «E che ci ama tanto, e non è colpa
tua. Perché ha detto che non è colpa tua? Certo che non è colpa tua, è colpa del
signore cattivo.»
Shikamaru
finì col piangere a sua volta, come Sakura, sin da piccolo, non aveva mai visto
l’utilità di trattenersi, ed era certo che sarebbe scoppiato di lì a poco.
Accarezzò la schiena del bambino con le mani, annuendo piano. «Mamma dorme, non
sente niente.» confermò, con voce spezzata. Vide Choji chiaramente mentre
nascondeva il viso tra le mani a quelle parole, e Naruto voltarsi appena a
guardarlo, con la compassione dipinta in volto.
«Ed è colpa
del signore cattivo. Sì.» ma io vi ho
lasciati soli. «Stara bene, quindi sta tranquillo.»
sussurrò.
«Dov’è il
signore?» domandò ingenuamente Shin, e stavolta Shikamaru non dovette chiedere
nulla a Kiba, che era appena tornato giù pallido in viso, e neanche a Choji, che
scattò in piedi, ed entrambi si diressero in cucina per spostare il cadavere
prima che Shin avesse la malaugurata idea di guardarsi
attorno.
«E’ andato
via e non tornerà mai più.» promise.
Il piccolo
Shin si separò da lui, e lo guardò negli occhi. Shikamaru si rese conto che
aveva capito molto di più di quello che lasciava intendere, dato che i suoi
occhi erano gli stessi del Naruto bambino che aveva
conosciuto.
«Non era un
brutto sogno, papà.»
«Lo so. Ora
lo so. Mi dispiace tanto.»
Sakura si
lasciò sfuggire un ansimo di sorpresa, quando si ritrovò a guardare gli occhi di
Ino.
«Ino?»
chiamò sconvolta.
Ino represse
a malapena un urlo di dolore, chiedendosi dove diavolo fosse e perché soffrisse
tanto.
«Mamma!
Mamma!» gridò Shin, staccandosi da Shikamaru e correndo verso di lei, seguito
dal padre.
«Ino!»
esclamò Shikamaru, e il mondo di sollievo che lo stava avvolgendo fu miseramente
distrutto da un’occhiata di Sakura, che gli diceva che non era ancora al
sicuro.
Ino si
lasciò investire dal calore del chakra curativo, che non era poi così piacevole
quando si occupava di bloccare le emorragie, e si concesse qualche secondo per
osservare attentamente il corpo del bambino.
«Sta bene.»
si affrettò a dire Naruto, «E quello
è morto. È finita.»
Ino sorrise,
sentendosi tirare il viso dolorosamente. Ma niente riusciva a spegnere quel
sorriso al sapere che Shin era sano e salvo. Poi i suoi occhi andarono a
Shikamaru, traboccanti di amore. Se quello era un addio, voleva sentire solo
felicità e amore al momento della fine.
Sakura sentì
una prima fitta, e tentò di ignorarla senza che Naruto se ne
accorgesse.
«Sei tu a
tenermi in vita, vero?» sussurrò Ino, che invece aveva colto un cambiamento nel
flusso di chakra, e istantaneamente era stata peggio.
«Il tuo
cuore si stava fermando, hai perso troppo sangue. Ma adesso stanno arrivando i
dottori, basta aspettare. Solo un po’.» la voce di Sakura sembrava una supplica,
e non era che una conferma.
«Sakura,
devo darti il mio chakra?» si preoccupò Naruto.
«Non
riuscirei ad accettarlo, ho già il chakra del bambino.» negò Sakura, sentendo
un’altra fitta, e subito dopo un’altra ancora. Gemette.
«Sakura!»
supplicò Naruto, non sapendo cosa chiederle.
Ino tornò a
guardare Shikamaru e Shin, sorridendo ancora.
«Perché
sorridi così?» non riuscì al trattenersi dal chiedere Shikamaru, che non ne
aveva alcuna voglia.
«Perché voi
state bene. È tutto ciò che conta.»
«Non tutto.» ribatté Shikamaru, angosciato.
Shin riprese a singhiozzare.
«Shin, non
piangere. Non vuoi che la mamma sia serena?» mormorò Ino,
dolcemente.
Shin si
strofinò subito il viso con le mani, annuendo
freneticamente.
«Ino.»
pronunciò poi la donna.
Tutti la
guardarono senza capire, anche Kiba e Choji, appena rientrati in
casa.
«Sakura,
chiamala Ino. È un nome forte. Come
lei. Ce la farà.»
Ed un
sorriso scherzoso, ma con uno sguardo orribilmente consapevole, fu l’ultima cosa
che Sakura poté vedere prima che una fitta lancinante le togliesse le forze e la
facesse cadere svenuta contro le gambe dell’amica.
Ino, ancora
sorridendo, chiuse gli occhi e ascoltò l’ultimo battito del proprio cuore
stanco.
«MAMMA!»
«NO! Ino!
Apri gli occhi, ti prego!»
«Sakura!
Ino!»
Dopo secoli,
e sono ancora alla ricerca dell'epilogo perduto. Ringrazio tutti coloro che
hanno commentato questa storia, che stavo per abbandonare causa
perdita-pc.
Ora manca
solo l'epilogo!