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Autore: Happy_Pumpkin    19/05/2009    3 recensioni
Storia ambientata nell'Antica Roma, nel periodo di Crasso e Cesare. L'ambizione di un viaggio verso l'Oriente sconosciuto e la visita di un'Atene in cerca di se stessi, fino a che qualcosa non avesse cambiato il loro fato.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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La prima parte del viaggio si svolse via terra, in modo da giungere fino a Brundisium(*) da dove i due ragazzi presero una nave che, dopo svariati giorni di viaggio, li trasportò fino al porto del Pireo, ai piedi di Atene. Naruto si era trovato splendidamente bene in nave, lo stesso però non si poteva dire di Sasuke il quale stava aggrappato con le mani sul parapetto, tenendo il volto rigidamente contratto e gli occhi chiusi.

D'altronde non era un mistero che i romani fossero fatti per vivere sulla terraferma piuttosto che per mare: infatti non disponevano di una grande potenza marittima, ragione per la quale sarebbero rimaste realmente impresse nella storia solo le flotte dei passati rivali Cartaginesi e degli ateniesi di troppe Olimpiadi(*) addietro. Naruto, forte di quella consapevolezza, di tanto in tanto si affiancava a Sasuke guardandolo con un pizzicò di superiorità.
Quel tardo pomeriggio ormai erano prossimi alla loro meta e il sole iniziava a tramontare, immergendosi nel mare simile ad un bagnante prudente che temeva di tuffarsi all'improvviso.
“Bel panorama, vero?” chiese Naruto allegro. Lo pensava realmente e, nonostante tutto, non voleva  prendere in giro l'Uchiha per la propria condizione, anche se certo gli dava soddisfazione vederlo più debole del solito.
“Sta' zitto.” sbottò Sasuke, continuando a tenere gli occhi chiusi e le braccia conserte appoggiate alla balaustra in legno della nave; quest'ultima gemeva e cigolava ad ogni sferzata delle onde che si infrangevano contro, esplodendo in tanti spruzzi di schiuma marina, mentre il vento sospingeva quel guscio di legno che indefesso avanzava per le acque agitate. L'odore della salsedine si impregnava nelle narici e sui capelli dei passeggeri, incollandoli sulle fronti umidicce che – se leccate – avrebbero saputo di sale, come le migliori carni conservate per i viaggi più lunghi.
Naruto si asciugò la punta del naso con un palmo della mano e dopo aver scrutato perplesso Sasuke – dal volto cadaverico e le labbra inspiegabilmente bianche – ridacchiò divertito.
L'Uchiha parlò nuovamente, aprendo di qualche millimetro le palpebre per lanciargli un'occhiata di sbieco, mentre le labbra si assottigliarono rendendo la bocca simile ad una ferita:
“Ti diverte tanto tutto questo?”
Naruto fu sul punto di rispondere quando la sua attenzione venne deviata dall'avvistamento della terraferma. Sgranò gli occhi nel vedere in lontananza il porto del Pireo, le montagne a picco sul mare e alle sue spalle la polis ateniese; si mise dunque in punta dei piedi, sporgendosi più avanti col busto mentre indicò esaltato:
“Sasuke, guarda! Atene!”
Il giovane Purpureo aprì gli occhi di scatto e, ignorando la nausea costante, si sforzò di osservare quel lembo di terra che si stava svelando davanti a lui, come un animale fantastico uscito dalle nebbie di una foresta incantata. Non disse niente, troppo colpito da quell'apparizione dopo giorni di mare e acqua che circondavano completamente quel piccolo mezzo di trasporto.
Poi si voltò verso Naruto che, completamente teso in avanti ed esaltato come un bambino, si sbracciava, quasi sperando di richiamare mitologici figli di Poseidone dalle acque; allora Sasuke lo afferrò per un lembo della tunica esclamando:
“Stupido! Guarda che così cadi!”
Lo tirò indietro con forza, gesto che però venne amplificato dalla curvatura decisa del battello, così che per qualche istante Naruto si trovò traballante e suo malgrado si artigliò alla spalla di Sasuke, il quale – intontito dal viaggio – resse poco bene l'ulteriore peso.
Per una serie di coincidenze fortuite entrambi, prima di cadere rovinosamente sul pontile, ebbero la presenza di spirito di aggrapparsi alla balausta con una mano, in modo da rimanere dignitosamente in piedi. Si guardarono un istante, lanciandosi un'occhiata perplessa per via delle rispettive mani grazie alle quali si tenevano a vicenda e per l'identico sostegno che avevano trovato contemporaneamente.
Naruto allora scoppiò a ridere, con le lacrime agli occhi. Sasuke per qualche istante rimase muto poi, con maggiore riserbo, ridacchiò anche lui; nessuno dei due lasciò ancora la presa, dando l'idea che fossero stati incollati da resine speciali o qualche peculiare colla animale non identificata.
In un modo o nell'altro però finalmente sbarcarono. Mentre veniva calata la passerella, Naruto controllò di aver preso tutti i bagagli di Sasuke dalla cabina dove dormiva; invece lui si era accontentato di condividere la stiva con altri passeggeri, dai mercanti di passaggio a chiunque avesse qualche indeterminato traffico da portare a termine.
Una volta approdati sul porto i due si guardarono un istante attorno; Naruto con addosso i vari sacchi di tela e le armi di Sasuke, quest'ultimo con sottobraccio un rotolo di papiro, casomai avesse avuto necessità di appuntare qualcosa durante il viaggio. Fu il greco che, incurante del peso sulle spalle, questa volta trascinò il proprio padrone in un vorticare di persone, odori e chiacchiere.
Dialetti che confusamente si mischiavano in un intersecarsi di suoni e incomprensioni: il dorico che cercava di contrattare con un cretese, libici grassi nei loro abiti colorati intenti a pascersi mentre venivano scaricati carichi di prezioso legno, la vita che brulicava lungo le banchine del porto e poi, più all'interno, fino alle strade di Atene.
Quella tappa del viaggio non era stata organizzata rigidamente e Sasuke aveva rifiutato sin da subito l'idea di venire ospitato da qualcuno dei personaggi influenti della polis – non solo per la formalità che alla lunga lo avrebbe annoiato, ma anche perché non voleva che persone del genere cercassero in lui un ponte per Roma e i suoi politici. Così lasciò che Naruto lo guidasse presso una locanda che, oltre a delizioso vino greco da bere, offriva ai numerosi viandanti anche economiche camere collocate al piano superiore.
Ad un certo punto, nel mezzo della strada affollata, Sasuke iniziò a tossire; era da un giorno o due che la tosse lo infastidiva, per colpa dell'umidità presa in quella dannata nave. Naruto si voltò ma l'Uchiha gli disse bruscamente di proseguire; il greco lo ascoltò anche se rallentò comunque il passo, in modo che il suo padrone non dovesse affaticarsi troppo e rischiare di perdersi.
Finalmente però giunsero presso la locanda – apprezzata da quei viaggiatori di fortuna che, nei loro pellegrinaggi per il mondo, ne approfittavano per parlare bene di quel locale, straordinariamente pulito per i prezzi alla mano che venivano offerti. Oltretutto il vino, corposo e scuro, era quanto di meglio una taverna potesse offrire ai propri clienti che lo mescevano, a volte non rispettando propriamente le misure indicate: l'effetto era quello di trovarsi brilli molto più in fretta del solito ma la sensazione fruttata lasciata in bocca era impagabile.
Quando Sasuke mise piede nella sua stanza, piccola e senza pretese, si fermò sulla soglia storcendo il naso, ritrovando la respirazione regolare dopo aver fatto le scale.
Naruto lo fissò con un bel sorriso, poi chiese incrociando le braccia: “Allora? Che ne dici?”
“Dico che non è un palazzo, né tantomeno la residenza estiva(*).... – lasciò in sospeso la frase, scrutò Naruto che lo guardava corrucciato, infine accennò ad un sorriso e alzò le spalle – ma potrei accontentarmi.”
“Lo immaginavo. Mica credevi di fregarmi... ti conosco troppo bene, ormai.”
Sasuke roteò gli occhi e si sdraiò sul letto fatto di paglia e lenzuola di un tessuto di bassa qualità, probabilmente intrecciato con la pungente canapa; Naruto accettò il letto un po' più malandato e senza troppa cura vi gettò sopra i vari bagagli, stiracchiandosi la schiena come un gatto rimasto inattivo troppo a lungo.
“Dai, non poltrire proprio adesso. Il sole non è ancora tramontato! Ti porto a vedere l'Acropoli, vedrai, rimarrai a bocca aperta!”
Sasuke lo sbirciò da oltre l'avambraccio che si era portato sopra la testa; accennò ad un sorriso quasi benevolo ma scosse il capo rispondendo:
“Oggi no. Sono stanco e ho la tosse, non me la sento proprio.”
Naruto sbuffò e si sedette di peso sul letto, che cigolò in maniera preoccupante, infine protestò:
“Ma dai! Alla tua età sei già stanco dopo un viaggio in una misera barchetta... Dovresti voler vedere il mondo, tu che hai la possibilità di avercelo ai tuoi piedi.”
Abbassò lo sguardo, osservando i propri, di piedi, ma anziché il mondo vedeva solo legno usurato, un po' come la propria vita che, scheggia dopo scheggia, veniva smussata e plasmata continuamente, fino a che lui – asse di legno malandata – non si fosse spezzato.
“Non...”
Ma Sasuke non continuò, iniziò a tossire così che fu costretto a girarsi col petto e portare una mano davanti alla bocca. Naruto scattò in piedi avvicinandoglisi, ma con l'altro braccio Sasuke gli intimò di stare lontano; dopo un po' l'accesso di tosse finì e il giovane ottimate lentamente si guardò il palmo della mano eppure la sua espressione, nonostante il pallore della pelle, rimase comunque indecifrabile.
“Tutto bene?” chiese il servo esitante.
“Sì. Sì... tutto bene.” confermò Sasuke, volgendo il torace verso il soffitto mentre si portò contemporaneamente un braccio sopra il cuore, che batteva impazzito.
“Scusa – ammise infine Naruto – non è mio diritto fare pressioni.”
“Basta, Naruto. Non sei proprio capace di fare la vittima.... a teatro non avresti molto successo.” ironizzò facendo però fatica a distendere la bocca in un sorriso, anche se fu sincero.
Il ragazzo dalla folta zazzera di capelli biondi non rise, non si arrabbiò, nemmeno provò a ribattere piccato come finivano sempre quegli strani battibecchi tra loro due. Annuì silenziosamente, contemplando quel volto stanco dagli occhi chiusi e un accenno di occhiaie; Sasuke era forte, determinato, insofferente ma anche tanto fragile: un frammento di ceramica dipinto con gusto ma malcotto all'interno e troppo poroso, così che non appena fosse stato immerso nella semplice acqua si sarebbe sciolto, tornando ad essere l'informe argilla della nascita.

Le giornate seguenti vennero impiegate dai due per iniziare ad intraprendere la visita della città: avevano solo pochi giorni di tempo per fare un giro decente, dato che il mercantile con cui avevano concordato un passaggio verso Antiochia sarebbe partito a breve. Così ne approfittarono per scoprire o guardare con occhi nuovi le meraviglie di quella città che aveva dominato a lungo sulle altre, generando non solo grandi politici quali Solone o Pericle ma anche filosofi, pensatori ed artisti.
Nel tardo pomeriggio si incamminarono sull'Acropoli dalla quale, oltre il teatro di Bacco, era possibile vedere il mare e il terreno frastagliato che scendeva a picco su di esso. Quell'arco della giornata era il periodo migliore per contemplare i bianchi marmi del Partenone, le cariatidi che instancabili sorreggevano l'Eretteo, le scalinate dei basamenti che rialzavano gli edifici: il sole era ancora presente ma non così forte da accecare; una mano benefica che rendeva più vive le pietre scaldate fino a farle rassomigliare a stelle.
Sasuke aveva fatto fatica a salire la rampa di scale, ansimando ad ogni gradino che percorreva mentre – come un anziano – si portava una mano al petto, sentendolo lacerarsi ad ogni respiro. Ma non si lamentò, né supplico Naruto di fermarsi per quanto questi lo guardasse visibilmente preoccupato; Sasuke lo sapeva: il greco stava scrutando i suoi occhi gonfi, il colorito spento della pelle, ogni suo singolo gesto veniva registrato da quei curiosi occhi azzurri.
Mosse un piede avanti ma la vista si fece più debole; traballò incerto, come un bambino che impara a camminare, ma per lui in diciott'anni di vita sarebbe stata la prima caduta. Chiuse gli occhi: non avvertì la terra sotto i suoi piedi e allora trattenne il respiro, aspettandosi di cedere nel vuoto; finché non sentì una mano passargli sopra le spalle e lo fermò, con forza, come se quel sostegno fosse sempre stato lì.
“Ti aiuto io. Voi romani non sapete muovere un passo senza inciamparvi... non sarete mai atletici quanto noi greci.” asserì Naruto accennando ad un sorriso, che però aveva tutta l'aria di voler essere un incoraggiamento, una spinta invisibile per andare avanti.
“Non stavo inciampando – lo corresse Sasuke divertito – sei tu che mi stai sempre appiccicato.”
“Se vuoi ti lascio andare.” obiettò Naruto, studiandolo intensamente.
“No. – disse Sasuke calmo, continuando la risalita sostenuto dal suo compagno – Non farlo.”
Si guardarono un istante negli occhi; quelli scuri di Sasuke, stanchi, malati, emanavano tristezza.
“Contaci.”confermò.
Una volta giunti presso l'Acropoli ammirarono i fregi e le metope del Partenone, dedicato ad Atena, e contemplarono a distanza anche il frontone d'accesso che ritraeva la nascita della dea. Quei corpi così frementi di vita, dalla muscolatura che guizzava sotto i pigmenti dai colori vivaci (*), sembravano usciti direttamente dalle mani dello scultore che – simile ad un dio tra gli umani – li aveva plasmati e fatti vivere secondo sue personali direttive: si contorcevano per uscire dal mare di marmo, guardavano con occhi resi acuti dall'esperienza i visitatori che meschini li osservavano dal basso.
Quando il sole iniziò a calare Sasuke e Naruto si portarono ad una delle estremità della collina rocciosa, ritrovandosi come bambini con le gambe ciondolanti sul dirupo mentre la città viveva sotto di loro. In lontananza il mare si dipingeva di tonalità più scure anche se non era possibile vedere da quel punto il sole tramontare: andava bene così, aspettare che lentamente la giornata si oscurasse, come se loro fossero stati lenti giganti in attesa di chiudere poco a poco le palpebre vinti dal sonno.
“Tu credi negli dei, Naruto?” chiese improvvisamente Sasuke, appoggiando stancamente la schiena ad una roccia bianca.
Il greco sospirò e ammise: “Non ci ho mai pensato.”
Sasuke lo guardò storto replicando: “Ma che vuol dire? Tu devi sempre fare dei ragionamenti stupidi.”
Nonostante tutto però accennò ad un sorriso, dimenticandosi forse delle ciglia aggrottate che dovevano farlo sembrare severo.
Naruto alzò le spalle e raccolse una spiga gialla di una delle erbacce che, libere, crescevano lungo i margini rocciosi e ci giocò senza troppi pensieri, aspettando che i suoi semi si disperdessero al vento. Infine disse:
“Da un lato non ho avuto grande fortuna nella vita: nei miei viaggi mi sono ritrovato prigioniero di Roma, sono servo e il latino è una noia mortale. Dall'altro però riconosco che poteva andarmi davvero peggio: sarei potuto andare in una delle miniere che avete in Ispania, oppure finire a zappare l'ager publicus donato a gente ricca. Invece sono di nuovo qui... per poco forse, ma ci sono.
Quindi... perché non credere agli dei? Mal che vada non esistono ma tanto vale sperare che ti aiutino.”
Sasuke guardò i mercantili all'orizzonte, chiatte cariche di botti, oppure le grandi navi adibite al trasporto delle giare impilate con cura nelle loro pance bevitrici; si voltò improvvisamente verso Naruto e spiegò:
“Io non credo agli dei. Eppure mi piace pensare che da qualche parte possano realmente esserci le dee del fato: in fondo gli umani sono dei totali incapaci.”
“Di gestire la propria vita?” chiese Naruto tenendo le gambe pigramente incrociate, mentre gettava all'aria la spiga raccolta, lasciando che venisse cullata sino a che un giorno non fosse annegata nel mare.
“No – lo corresse Sasuke – incapaci di gestire la loro morte.”
Naruto stranamente rimase muto.
Improvvisamente chiese, portandosi le mani dietro la testa così da appoggiarsi all'incavatura delle rocce che fungeva da sostegno:
“E tu ne saresti in grado?”
“Per niente – ammise diretto come sempre – per questo credo che il fato esista.”
“Le tre dee... – mormorò perplesso Naruto, alzando gli occhi verso il cielo brunito – Cloto tesse il filo, Lachesi lo misura e...”
Fece per dire un nome ma improvvisamente non si ricordò quale fosse la terza divinità.
Sasuke venne in suo aiuto: “E Atropo lo taglia. Così decide la durata della nostra vita e il momento della nostra morte.”
Tossì. Naruto lo sorresse, guardandolo silenzioso mentre continuavano quegli attacchi convulsi che segretamente lo spaventavano: temeva che, da un momento all'altro, non ci sarebbe più stata aria da espellere oltre quella bocca inaridita. Il Purpureo si tolse la mano che aveva portato alla bocca ma, prima che potesse ritrarla bruscamente, Naruto lo afferrò per il polso e vide il sangue sul palmo, sangue che presto sarebbe stato velocemente asciugato su un panno nascosto.
“Che cosa significa?” chiese il greco improvvisamente senza respiro.
Sasuke girò lo sguardo, cercando di fuggire freddamente verso il mare, pur sapendo di non potersi muovere:
“Nulla.” mentì.
Ma quella bugia non voleva essere svelata. Rimaneva lì, a galleggiare sopra di loro, per quanto segretamente entrambi l'avessero denudata, simile alla più bella e seducente delle meretrici che subdolamente li ingannava. Loro, stanchi, lasciavano che lo facesse.
“Vuoi tornare alla locanda?” chiese Naruto sforzandosi di sorridere.
“Resto ancora qui.”
“Allora ti faccio compagnia.” rispose convinto, incrociando le braccia per darsi più importanza.
“Già, in fondo sei pur sempre il mio servitore.” constatò con una traccia di ironia.
“Sono anche tuo amico. Che tu lo voglia o no.”
Sasuke lo guardò un istante negli occhi azzurri, rimanendo stupito da quella determinazione, da quell'energia vitale che per contro lo faceva sentire più stanco di quanto non fosse. Credeva di superarlo, in quanto ricco, acculturato, acuto, ma in quei giorni si era reso conto che era accaduto l'esatto contrario: Naruto si rivelò nettamente migliore, come persona e come modo di affrontare la vita; con quella solarità che invece a lui, chiuso nelle sue biblioteche, da sempre mancava.
“Grazie.” borbottò a bassa voce, serrando gli occhi.
“Come?” chiese Naruto portandosi una mano all'orecchio.
Aveva sentito benissimo ma avrebbe voluto che il giovane ottimate lo gridasse al mondo intero.
“Nulla. Tu sei pazzo, senti le voci.” commentò Sasuke non degnandosi di aprire le palpebre.
“Sì, certo...” sbottò mettendo il broncio.
Ma alla fine rinunciò e chiuse a sua volta gli occhi; entrambi attesero che gli ultimi residui di luce li accompagnassero in quel sonno un po' scomodo e senza tante pretese, raggi simili alla lucerna ad olio della locanda che – una volta esaurito il combustibile – si spegneva lasciando i due ospiti immersi nell'oscurità.
Loro però si erano già addormentati da tempo prima che potessero accorgersene.

Ben presto venne il giorno della partenza. Salparono sulla nave di un mercante fenicio nella primissima mattinata, con il carico dei pochi bagagli appartenenti a Sasuke e il papiro che egli aveva redatto come resoconto del suo viaggio, anche se l'ultimo giorno di permanenza aveva chiesto a Naruto di scrivere al posto suo, seppur con reticenza.
Avrebbero veleggiato lungo tutto il Mediterraneo, facendo tappa lungo le città costiere fino a che non fossero giunti presso Biblo; da lì avrebbero proseguito a cavallo verso l'interno dell'Oriente, così da raggiungere le truppe di Pompeo che nel frattempo avevano iniziato a stanziarsi, aspettando trepidanti di ingrossare le loro fila con altri soldati simili a Sasuke.
Quest'ultimo era visibilmente dimagrito e gli intervalli tra un attacco di tosse e l'altro si erano fatti più frequenti ma, nonostante tutto, non aveva voluto rinunciare alla propria missione. Non si sarebbe mai perdonato di tornare a casa coperto di vergogna, senza aver reso onore a Roma e alla propria famiglia: lui aveva salde questioni di principio anche se, più che per esse, lo faceva per il proprio smisurato orgoglio.
Naruto in un primo momento aveva obiettato, considerando quel gesto ostinato stupido, ma poi aveva riflettuto meglio, arrivando alla razionale conclusione che lui – al posto di Sasuke – avrebbe fatto esattamente lo stesso. Così l'unica cosa che poteva fare per il suo amico era seguirlo fin dove gli sarebbe riuscito, anche perché il padrone altrimenti non avrebbe avuto nessun altro a cui appoggiarsi.
Sasuke non si era diretto in cabina, aveva vacillato lungo il ponte fino a sedersi sul pavimento di legno, per poi appoggiare la schiena sulla parete così da vedere il mare davanti a lui, indipendentemente le interferenze date dalla balaustra. Non gli importava in fondo.
Naruto depositò il bagaglio nella cabina ma lasciò che il giovane Uchiha tenesse in mano il rotolo, nonostante rischiasse di bagnarsi dalle gocce di spuma marina; guardò Sasuke che rantolava, i suoi occhi gonfi come di chi avesse appena pianto rimanevano chiusi. Eppure quell'ostinato ragazzo dai capelli scuri non aveva mai pianto in vita sua.
Sospirando Naruto gli si sedette accanto, mentre le gambe divaricate mostravano trionfalmente i piedi scalzi, dando prova dell'indifferenza totale alla prospettiva di bloccare un eventuale passaggio; le braccia erano mollemente appoggiate a terra mentre quelle di Sasuke rimanevano intrecciate sul ventre che, lentamente, si dilatava al ritmo della respirazione difficoltosa.
“Cosa farai tra le truppe di Pompeo?” chiese improvvisamente il greco.
Il vicino obiettò lucidamente: “Naruto... lo sai anche tu che non arriverò mai in Oriente. Morirò qui, su questa barca.”
“Che stai dicendo?!” esclamò pieno di rabbia e di frustrazione, anche se non era rivolta a quel malato accanto a lui, quanto alla sua impotenza totale.
Sasuke lo guardò intensamente, con quel volto superficialmente gelido che in realtà serviva per nascondere la sua fragilità, la paura che gli altri potessero scoprire troppo di lui.
Improvvisamente osservò:
“Mi invidierai.”
Accennò ad una risata. Naruto aprì leggermente la bocca, non capendo a cosa si riferisse, ma non parlò: non lo trovava utile né tantomeno giusto.
Così Sasuke soddisfatto continuò: “Morirò come è morto Alessandro: privo della gloria del campo di battaglia. Non ci saranno lance, frecce o daghe a trapassarmi, solo una morte invisibile.”
“Stavolta sei tu a dire stupidaggini. Piantala.” intimò serio Naruto.
In realtà era spaventato. Lui che credeva di poter vincere le sfide della vita andando avanti, lottando, esultando... ora aveva paura perché aveva davanti qualcosa che non poteva superare senza cozzarci inevitabilmente contro.
“A te è sempre piaciuto perderti in tante parole, ma va bene anche così. Ora raccontami ancora la storia di Alessandro. Parlami: voglio percepire la polvere sollevata dai carri della battaglia di Isso, voglio annusare l'odore di chiuso del tempio di Zeus-Ammone... sì, trasportami nella montagnosa Bactriana e fammi sentire la pioggia torrenziale dell'India.”
Sorrise, intimamente soddisfatto della sua richiesta.
“Come servo?” chiese Naruto mordendosi un labbro.
L'Uchiha scosse la testa: “Come amico. Il migliore. Sbrigati, o potrei anche cambiare idea.”
Non l'avrebbe mai fatto: la sua era un'idea che a dire il vero persisteva da parecchi mesi.
Il ragazzo biondo scherzò: “Anche se stai male continui ad essere insopportabilmente arrogante.”
Sasuke guardò le onde serio, inspirando la salsedine.
Allora Naruto cominciò a narrare delle gesta di Alessandro: il mare disteso in fronte a loro era diventato tutto quello che essi desideravano. I porticati del palazzo a Pella si mischiarono trasformandosi in città, terre, popoli... le acque si convogliarono nel fiume Granico mentre le gocce bianche di schiuma divennero tanti soldati: Macedoni, Traci, Peoni e barbari caricavano i Persiani dotati di invincibili arcieri. Ci furono battaglie davanti ai loro occhi, spedizioni e mondi nuovi: la sfarzosa Babilonia dagli scintillii dorati, le fiamme asfissianti di Persepoli i cui fumi si elevavano in cielo, fino alle umide giungle dell'India con immensi alberi piegati dalle sferzate d'acqua.
Sasuke iniziò a chiudere gli occhi proprio mentre il sole stava sorgendo e lui, ottimate ancora senza gloria, già iniziò a sentirsi l'Alessandro che avrebbe potuto essere mentre immaginava di tagliare il nodo di Gordio e profetizzare sulle sue origini divine.
Per una volta soltanto, era così semplice cullarsi nell'illusione quando si era troppo deboli per vivere.
Quando lo vide con gli occhi chiusi il servo si interruppe e chiese:
“Sasuke, vuoi che mi fermi? Devo...”
L'interpellato però lo anticipò bruscamente: “No, vai avanti – sospirò per poi mormorare – E' solo che... sono davvero tanto stanco.”
Lentamente appoggiò la testa bruna su di una spalla di Naruto, il quale si morse un labbro, chiudendo a sua volta gli occhi. Perché sapeva.
Ma nonostante tutto continuò, mentre Sasuke taceva e il suo respiro smetteva di parlare assieme a lui. Sentì ancora per poco dei sogni di gloria di Alessandro, dei matrimoni, dei figli e degli eredi... ma andava bene ugualmente.
Quando ormai il sole spuntò alto nel cielo Naruto, suo malgrado, non aveva più niente da raccontare: Alessandro era morto nuovamente; allora chinò il capo verso Sasuke che aveva cessato di rantolare, perfetto come la più bella delle statue di Prassitele.
Cauto, diversamente dalle sue abitudini, Naruto soffocò il pianto e prese il papiro dalle mani di Sasuke, assicurandosi di non smuoverlo troppo; lentamente lo srotolò scoprendo che al suo interno vi era un quadrato più piccolo, ma non per questo di manifattura migliore.
Quando lesse il suo breve contenuto si portò una mano alla fronte, come se fosse all'improvviso divenuta troppo pesante da sorreggere. Richiuse il documento, facendo lo stesso anche per il foglietto custodito internamente, e soffocato dal dolore guardò Sasuke che immobile si era addormentato per sempre.
Era proprio nel suo spirito indipendente e intollerante alle soggezioni andarsene quando il sole si trovava all'apice della gloria.
“Atropo ha reciso il tuo filo, Sasuke. Ma, credimi, l'ha fatto solo perché invidiosa: il tuo era un filo d'oro, così prima che lo concedessi a qualcun altro la dea ha preferito tagliarlo, tenendolo tutto per sé.”

Continuò ad ondeggiare su quella barca: una volta che fosse sbarcato sul primo porto si sarebbe occupato coi sesterzi rimanenti di spedire i resti di Sasuke alla sua famiglia, la quale forse avrebbe finto una morte in battaglia che non ci sarebbe mai stata. Naruto avrebbe viaggiato ancora, fino a non rientrare in Macedonia, la sua patria.
Per la prima volta fu orgoglioso di non essere come Alessandro: perché lui, a differenza sua, non era mai tornato alla sua casa natale. Invece Naruto lo avrebbe fatto da vincente, impugnando in mano quel foglio quadrato di papiro che, con brevi righe e un sigillo, lo dichiarava nuovamente uomo libero – anche se dentro di sé lo era sempre stato.
Già.
Ora lui sarebbe divenuto Naruto, liberto di Sasuke Uchiha Purpureo.
E amico, ma in quel caso non serviva alcun documento per certificarlo.


Brundisium: Nome romano di Brindisi.

Olimpiadi:
La prima Olimpiade venne svolta nel 776 a.C. E' il sistema di datazione greco, che prende appunto avvio dalla prima Olimpiade.

Residenza estiva:
I romani facoltosi erano soliti avere una residenza presso la quale soggiornare nei casi in cui volessero allontanarsi dalla vita romana o semplicemente trovare svago e riposo. Molto spesso in letteratura è rappresentata come momento di riflessione ed intimità assieme alle persone care, nonché momentaneo disinteresse dagli intrighi politici.

Pigmenti:
I marmi del Partenone sono erroneamente considerati come bianchi fin da quando vennero creati - questo a causa di studiosi del settecento come Winckelmann che hanno inculcato i propri concetti di classicismo nella didattica. In realtà le sculture, come le decorazioni, erano ricoperte di pigmenti dai colori vivaci, in particolar modo tonalità che andavano dal rosso all'azzurro: davano maggiore realismo e vita alle statue. Indagini chimiche hanno effettivamente rilevato le tracce di pigmentazione a riprova di quest'usanza.


Sproloqui di una zucca

Ecco finalmente la seconda parte della storia che spero possa risultare gradita, per quanto triste. Sasuke è tisico, anche se non rispecchio propriamente il decorso della malattia, ma portate pazienza e concedetemi questa piccola finzione letteraria: supponiamo che sia fulminante e chiudiamo un occhio, và.
Altra precisazione stupida: Purpureo. No, non avevo fatto abuso di droghe quel giorno: mi sono semplicemente rifatta ai tria nomina romani, il praenomen, il nomen e il cognomen. Quest'ultimo riflette una caratteristica peculiare della persona, io ho adottato Purpureo come semplice riferimento allo sharingan, un omaggio - finissimo e superprofesscionàl - a quei bravi ragazzi degli Uchiha.
No, Itachi non compare e nemmeno lo nomino, come del resto tutta la famiglia, non per mancanza di rispetto nei confronti di quest'uomo che io venero, ma semplicemente perché non mi serviva - già, questa è l'amara verità ^^
Bene, ora potrete finalmente decidere se considerare tutta questa storia come un inutile racconto che poteva benissimo finire tra gli originali - scelta della quale non mi pento - oppure un qualcosa di più, in grado di trasmettere determinate sensazioni.
Sasuke e Naruto come amici, stretti da quel legame di solidarietà e comprensione indipendentemente dalle differenze sociali e di mentalità *O*

Hiko_Chan: *______* Mia cara, ti ringrazio come sempre per i tuoi commenti. E' bello trovare qualcuno che possa apprezzare l'ambientazione storica, soprattutto dopo che mi sono fatta un tombino tanto di anni di studio per arrivare a scrivere qualcosa di coerente e non parlare di un Sasuke Uchiha generico che nel 66 a.C. guarda l'orologio da polso XD Hai reso splendidamente il rapporto tra Sasuke e Naruto, cogliendo anche perfettamente l'idea della rivalità tra i due che sfocia nelle diverse culture e patrie. Quindi non saprei davvero cos'altro aggiungere, hai centrato perfettamente quanto volevo trasmettere con il loro profondo legame d'amicizia. Ora ecco a te il finale, nel bene o nel male: spero di averlo reso bene, senza cadere in troppe banalità. Come al solito sarai tu a dirmi cosa ne pensi a riguardo ^^ Un grande bacionissimo, Ile! Grazie davvero per esserci sempre, non sai quanto mi faccia felice *O*

berlinguer: Grazie mille ^^ Diciamo che la scelta decisionale non è molto ampia: questo era l'ultimo capitolo, dopodiché vedrai se ti è piaciuta o meno la storia.


   
 
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