NdA
Avviso: questo capitolo
contiene alcune immagini cruente.
Capitolo 3: Semnadtsat'
Un
tratto di
binario ferroviario è visibile in lontananza, spesso e nero
come
il corpo di
una vipera. Ci sono dei cavi sopra le loro teste, ridicolmente sottili
e
ondeggianti al passaggio del vento. Morita assicura che sono abbastanza
resistenti e se qualcuno degli altri ha dubbi in merito preferisce
non condividerli col resto del gruppo. Hanno un treno da prendere che
arriverà a minuti, mentre la neve
continua a cadere.
«Ricordi
quando ti ho portato sulle montagne russe a Coney
Island?» chiede Bucky, gli occhi fissi sui binari. Sente il
bisogno di
fare conversazione perché il piano è del tutto
folle e Cristo Santo, per arrivare
a fondovalle c'è un bel pezzo di discesa.
Steve
lo
asseconda, anche i suoi occhi sono fissi sui binari. «Sì.
Ho dato di
stomaco.»
«Ti
stai vendicando, vero?»
Un
angolo
della bocca di Steve si inarca per un istante. «Perché
mai dovrei farlo?»
Bucky
sorride e si aggiusta la giacca più stretta intorno al
corpo. Sa di non essere
l'unico a sentire freddo ma per qualche ragione sembra scavargli
dentro, a
fondo. Non sa perché, non ha un vero metro di giudizio in
merito, eppure è
abbastanza sicuro di essere diventato più sensibile al
freddo per colpa di tutto
quello che i dottori dell'Hydra1 gli
hanno iniettato. Non si è più sentito sul
serio al caldo da mesi e attribuisce la colpa a tutti gli esperimenti
che hanno
fatto su di lui.
Non
è solo
una sensazione superficiale. Il freddo penetra e gli si avvinghia
addosso,
cristallizza le sue molecole e fa diventare il suo sangue una
fanghiglia
ghiacciata. Pensa che se in qualche modo dovesse farcela e
sopravvivere, se
riuscisse a tornare dalla guerra, finirebbe per trasferirsi in
Arizona e vivere nel deserto.
La
conferma
a procedere arriva un minuto dopo: il treno si sta avvicinando. Zola
è a bordo e
la finestra di tempo per agire si rimpicciolisce man mano che si apre.
Steve è
il primo a lanciarsi, agganciandosi al cavo e buttandosi giù
dal dirupo. Bucky lo
segue subito dopo, scivolando lungo il cavo verso il treno che procede
a tutta
velocità.
C'è
un breve
momento di panico in cui sembra che la discesa sia troppo lenta, che
potrebbero
mancare il bersaglio e fallire, ma dopo qualche istante atterrano sul
tetto di
un convoglio in movimento e ogni cosa sembra surreale. Nonostante la
forza
d'inerzia sono in grado di muoversi con disinvoltura, passando da una
carrozza
all'altra fino ad arrivare a quella giusta.
Steve
scende
per la scala per primo; Bucky si tiene a poca distanza e tutti e due
entrano
nella carrozza vuota. L'elemento sorpresa è dalla loro parte
e se la fortuna
decidesse di giocare almeno una piccola parte in tutto ciò
forse potrebbero
catturare Zola senza dover sparare neanche un colpo. Certo, si tratta
più che
altro di una pia illusione.
Steve
lo
precede e avanza lungo la carrozza di qualche passo. È
sufficiente perché una porta
si chiuda all'improvviso tra di loro, separandoli: sono solo pochi
centimetri
di acciaio e vetro che comunque hanno l'effetto di un blocco di
cemento. Succede
tutto nel giro di un attimo e il piano va completamente a rotoli.
Si
sentono
le esplosioni dei fucili dietro di loro, un forte schianto dal lato
della porta
dove si trova Steve e Bucky si nasconde dietro una pila di casse per
evitare di
essere colpito. Non è sicuro di chi gli stia sparando, anche
se non ha alcuna importanza
- non ha intenzione di lasciarsi uccidere. Steve ha il proprio daffare
nell'altro
scompartimento, qualcosa di più imponente di un semplice
scontro a fuoco come
quello dalla parte di Bucky.
Una
sparatoria al chiuso non è mai preferibile ed è
anche
peggio quando il nemico
ha molte più munizioni di te. Bucky esaurisce gli ultimi due
proiettili e sente
un click che gli fa aggrovigliare le budella: il caricatore ormai
è vuoto e
inutile. L'altro uomo, chiunque lui sia, ha ancora quella che sembra
una scorta
interminabile di munizioni e non ci vorrà molto prima che
lui
venga costretto alla resa, nell'angolo in cui si è
rannicchiato.
Prende
un
respiro profondo e deglutisce, non c'è alcuna
possibilità
che stavolta riesca ad uscirne.
Pensa che potrebbe buttarsi addosso al cecchino, metterlo al tappeto e
fermarlo
prima che arrivi a Steve. È vero, morirebbe nel farlo, ma
almeno
sarebbe per una buona ragione. Si fa coraggio preparandosi alla
carica, pronto ad accettare il suo inevitabile destino.
In
quel momento la porta si apre per miracolo e Steve gli lancia una
pistola.
Bucky la afferra al volo e non ha quasi tempo di farsi domande su cosa
stia per
succedere perché Steve inizia a correre in direzione
dell'uomo col fucile come un toro
alla carica, lo scudo che protegge entrambi mentre i proiettili ci
rimbalzano
sopra con un tintinnio.
Sbatte
lo
scudo contro lo scaffale più vicino, facendo scivolare una
delle pesanti casse
addosso al cecchino e costringendolo a scansarsi di lato. Questo
dà a Bucky il
tempo di prendere la mira e sparargli un unico colpo nel petto; l'uomo
cade a
terra e nella carrozza torna ad esserci silenzio.
«L'avevo
messo alle corde,» mormora senza fiato, la pistola puntata
sul nemico
esanime. La sua mano trema appena e Steve è abbastanza
indulgente da
trattenersi dal farglielo notare.
«L'ho
visto,» lo riassicura.
Qualsiasi
cosa Bucky stesse per dire viene interrotta, perché la porta
si
apre di nuovo e Steve
gli urla di abbassarsi. Riesce solo a intravedere il rapido movimento
dello scudo, poi l'intera carrozza è scossa dal contraccolpo
di
una deflagrazione.
Steve
finisce lanciato per aria e una delle pareti di metallo esplode verso
l'esterno, il vagone diventa un vuoto gelido in un istante. Una voce
ordina di sparare un'altra volta ma Steve è sempre fuori
combattimento, lo scudo accanto a lui, così Bucky prende una
decisione.
Raccoglie
lo
scudo perché è il suo turno di proteggere Steve,
bloccando i colpi e creando un
diversivo. Raccoglie lo scudo perché altrimenti lui e Steve
verrebbero uccisi e
non può lasciare che accada. Raccoglie lo scudo
perché il soldato dell'Hydra che li ha attaccati sta
ricaricando
la propria arma e non c'è altra
scelta.
Lo
sparo è
abbastanza potente da proiettarlo all'indietro e fargli mancare l'aria
dai
polmoni. Sente una ventata d'aria fredda sulla pelle e cerca un
appiglio
qualsiasi alla cieca, le sue mani si stringono intorno a una maniglia
che ormai dondola a causa dei danni subiti.
Steve
sta
gridando il suo nome, gli sta dicendo di resistere, di afferrargli la
mano. È troppo lontano da lui - in verità
soltanto alcuni millimetri che però si trasformano
in miglia tra di loro. Bucky non può arrivarci, sa che non
può, ma ci prova lo
stesso. La lamiera oscilla con un cigolio ferroso, Steve si sporge per
raggiungerlo, Bucky si allunga a propria volta…
Il
metallo
cede all'improvviso e lo fa precipitare nel nulla, tra il ghiaccio e la
neve. Riesce a vedere Steve che grida ancora il suo nome, gli occhi
spalancati e terrorizzati
mentre lo guarda cadere. Anche lui sta urlando ma Steve quasi non
riesce a
sentirlo per via del vento e del nevischio che gli sferzano il viso. Il
treno,
i binari, Steve…
tutto scompare in
lontananza.
Il
vuoto sotto
di lui si trasforma in roccia in un baleno. Il primo impatto
è il peggiore,
perché atterra sulla spalla sinistra e il braccio si spezza
come un ramoscello.
L'urto col suolo lo fa rotolare e rimbalzare quasi fosse una bambola di
stracci, rompendo altre ossa e lacerando la pelle; le costole vengono
schiacciate da un lato, i polmoni si riempiono di aria e sangue con un
gorgoglio disgustoso. Il cranio colpisce qualcosa
di duro e solido e per un momento il mondo si tinge di nero.
Ricade di
schiena nella neve, spezzato, sanguinante e morente. C'è
sangue nei suoi occhi,
nella sua bocca, sangue che continua a scorrergli sul viso. Perde
conoscenza ma
ogni tanto sembra tornare in sé, giusto per un minuto o per
una manciata di secondi.
Cerca di prendere fiato e i polmoni non collaborano, bloccandogli ogni
respiro
in un rantolo. Sente un suono ansimante, acuto, e gli serve un po' di
tempo per
realizzare che viene da lui.
Il
dolore è indescrivibile,
peggiore di qualsiasi cosa abbia mai provato, talmente intenso da farlo
svenire
svariate volte. Se gli capita di riprendere i sensi lo assalgono nuove
ondate
di agonia e geme con lamenti pietosi che non sembrano neanche umani.
Prova
a
muoversi o a girarsi in un tentativo di mettersi in piedi,
perché restare
sdraiato lì significa senza dubbio morire. Non funziona; con
le costole
frantumate, una gamba rotta e quello che con molta
probabilità è un trauma cranico,
non c'è davvero molto che sia in grado di fare.
La
sua
spalla sinistra sembra andare a fuoco, a dispetto del freddo, e si
sforza di
sollevare il braccio per controllare i danni. Peccato che non ci sia
più un
braccio: è stato tranciato via poco al di sotto della spalla
e sulla neve si
allarga una chiazza di sangue rosso vivo. Di fronte a quello spettacolo
torna a perdere
conoscenza.
Quando
apre di
nuovo gli occhi si sta muovendo. In effetti lui
non sta muovendo un muscolo, qualcuno lo sta trascinando in mezzo alla
neve.
Non sa chi l'abbia trovato o come, gli sembra di capire che parlino
russo. Il
moncherino insanguinato lascia dietro di sé una lunga scia
cruenta e uno strato
di neve sporca si è congelato intorno alla carne maciullata
e all'osso esposto.
Gli si offusca la vista e si rende conto di non riuscire a respirare. Pensa che dovrebbe essere in preda al panico ma perde i sensi prima di poterci riuscire; la testa ciondola all'indietro e con la coda dell'occhio cattura l'immagine di un orologio al polso di uno degli uomini che lo stanno trascinando.
11:17.
Socchiude le palpebre, sputa un'ultima boccata di sangue e smette di respirare. James Buchanan Barnes muore alle undici e diciassette del mattino.
1. L'autrice ha scelto di utilizzare questa versione del nome, anche se di solito in ambito MCU viene scritto tutto in maiuscolo. [NdT]
Capitolo originale dell'autrice
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