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Autore: alessandroago_94    12/12/2016    10 recensioni
Antonio Giacomelli è un ragazzo molto timido e introverso, a cui piace trascorrere i pomeriggi suonando il pianoforte. Vive una vita assolutamente normale fintanto che viene a contatto con una famiglia, la famiglia Arriga. E da quel fatidico momento, da quando ha modo di incontrarsi per la prima volta e di scontrarsi con uno dei suoi tre componenti, la sua vita cambierà per sempre, poiché sarà proprio quella stessa famiglia Arriga, assieme ai pesanti segreti che porta con sé, a sconvolgere e a cambiare la sua esistenza, tra immensi drammi e gioie inaspettate.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 38

CAPITOLO 38

 

 

 

 

 

 

Quella santa sera, quando feci ritorno al mio paesino, decisi di fare prima di tutto un saltino a casa, invece di recarmi subito da Jasmine. L’ultimo e unico treno era stato puntualissimo quella volta, e mi erano rimasti una ventina di minuti liberi prima dell’orario dell’appuntamento.

In quel giorno di festa, le strade erano vuote e i mezzi pubblici erano tutti praticamente fermi, e pure il mio paesino assumeva quell’aria spettrale che avrebbe saputo intimorire chiunque, se almeno non si fossero udite le voci festose che di tanto in tanto trapelavano fuori dalle abitazioni.

Solo in strada, ed immerso già nel buio, sfrecciai poco distante dalla casa di Jasmine, dirigendomi verso la mia, per poi raggiungerla in modo velocissimo.

Rincasai quindi quasi improvvisamente, e varcando la porta d’ingresso, quella che oltrepassavo ormai da tempo immemore, provai un discreto disagio. Avevo come il timore di trovarmi di fronte ad una madre dal muso lungo, o ad un Roberto depresso, oppure ad una problematica Stefania.

Avevo paura che quella dose incredibile di felicità che mi era stata innestata nella villa dei miei parenti paterni potesse sfumare tutta all’improvviso, per via della vita che si conduceva in casa mia, sempre se quella poteva chiamarsi più vita, a favore di ricordi degli anni passati e del bel tempo che fu, anche se magari sul momento era parso tutto cupo. Insomma, pareva che si fosse stato meglio quando si stava molto peggio.

Avevo ancora addosso la pura felicità dei miei parenti, che non mi aveva per nulla lasciato in dubbio su qualcosa, e mi ero deciso a fidarmi di loro, che grazie alle parole di Melissa e del nonno parevano già aver cominciato ad apprezzarmi e a considerarmi uno di famiglia, ed io ero ancora contentissimo. Ma in cuor mio fremevo e qualche pensiero mi faceva offuscare leggermente, di tanto in tanto.

Mi mossi istantaneamente verso la cucina, senza titubare oltre, poiché vidi fin da subito la luce accesa e potei udire alcune parole pronunciate da Roberto.

Appena mi affacciai sulla porta, trovai mia madre tutta sorridente e seduta sullo scomodo e vecchio divano che aveva fatto da letto a mio padre durante la sua clandestina permanenza in casa nostra, mentre il nostro inquilino si stava affaccendando attorno al tavolo, raccontando qualcosa che io, col mio ingresso, interruppi. Infatti, non appena varcai leggermente la soglia e i due mi intravidero, si stopparono immediatamente e rivolsero subito i loro sguardi verso di me.

‘’Roberto, così la vizi troppo. Lascia che sia lei a mettere i piatti in tavola!’’, sogghignai ironicamente, per cercare di far ritornare tutto come poco prima. Mia madre rise a quelle parole, e l’uomo sorrise, mentre continuava il suo lavoro.

‘’Oh, Antonio dovresti vedere quello che abbiamo cucinato! Abbiamo un inquilino bravissimo ai fornelli, e non lo sapevamo. Abbiamo preparato una cena coi fiocchi!’’, disse mia madre, tornando a sciogliersi.

‘’E’ bravo in tutto, credo’’, mi limitai ad aggiungere, titubando.

Roberto era stato fin troppo bravo anche a far tornare felice la mia mamma, nonostante il fatto che anche per lui quello fosse stato un periodo molto duro, ed io gli ero grato per averle risollevato il morale.

‘’Dai, non esageriamo’’, disse l’uomo, lusingato.

Solo in quel momento a mia madre parve tornare alla mente che io quella giornata non ero stato a casa, bensì mi ero recato a pranzare dai miei parenti.

La donna si oscurò profondamente, e poi mi guardò con uno sguardo preoccupato, molto turbato. Non ci fu bisogno che mi chiedesse a voce cosa aveva fatto, per rabbuiarsi così, e non vidi il motivo per farle esprimere i suoi dubbi e fingermi sciocco.

‘’E’ andato tutto bene, mamma. Si sono comportati nel migliore dei modi, sono persone molto cortesi’’, le dissi, subito.

‘’Loro… sanno…’’.

‘’Lo sanno. Lo sanno tutti chi sono’’, sospirai.

‘’Mi avevi detto che non lo sapevano! Tu mi riempi di bugie, ti sembra questo il modo…’’, cominciò a sbraitare mia madre, alzandosi improvvisamente dal suo posto e cominciando a disperarsi.

Non sapevo che dire e neppure che fare; il suo modo di approcciarsi alla verità era catastrofico, e mi chiesi se forse fosse stato meglio dirle solo una mezza verità. O una mezza bugia.

Ad intervenire prontamente fu Roberto, che si avvicinò rapidamente a lei e le posò le sua mani sulle spalle, fissandola in modo quasi paterno.

‘’Maria, non devi preoccuparti. Devi lasciare che Antonio impari a cavarsela da solo, in certe situazioni. Non ha importanza se loro sanno o meno, ed in ogni caso prima o poi avrebbero scoperto tutto, ma l’unica cosa importante è che tutto sia andato per il meglio e che nessuno ne sia uscito ferito. Ferito nell’animo’’, disse l’uomo, calmo e pacato come sempre, senza lasciarsi sconfortare dalla reazione esagerata della donna, che dal canto suo parve calmarsi subito, dopo aver leggermente scosso il capo con un cenno affermativo.

Scoprii quindi che, nonostante tutte le difficoltà e le situazioni differentemente complicate che avevamo superato egregiamente nell’ultimo periodo, ed assieme, la mamma non era ancora riuscita a cacciar via o a mettere in un angolo quel suo lato così debole ed impressionabile. La grande vicinanza di Roberto si stava rivelando fondamentale per lei, lo potevo notare in modo chiaro, ma anche se l’apparenza ormai poteva ingannare, forse dentro di sé Maria era sempre rimasta la stessa.

‘’Hai ragione. E’ vero’’, mugugnò poi la mamma, tornando a sedersi sul divanetto, mentre il nostro inquilino tornava ad occuparsi delle faccende che aveva abbandonato qualche istante prima, certo che si fosse già tutto risistemato.

‘’Non devi preoccuparti, è tutto a posto’’, la rassicurai ulteriormente, mostrandole un timido sorriso.

‘’Questa sera…’’, tornò a chiedermi il mio genitore, cercando subito di passare sopra a ciò che era appena accaduto, senza voler continuare a pigiare su quel possibile screzio della sera di Natale.

In realtà anche quella volta non mi chiese nulla, ma cominciò la frase e mi lanciò un altro suo sguardo profondamente interrogativo.

‘’Devo andare da Jasmine. Sono a cena da lei, te l’avevo detto’’, risposi, senza attendere inutile tempo. Non avevo nulla da nascondere.

‘’Oh, giusto. Salutamela tanto’’, rispose la mamma, sfoggiando anche lei un tiepidissimo sorriso.

Feci poi due passi indietro, tornando sulla porta, ed accorgendomi che era praticamente quasi l’ora di andare dalla mia carissima ragazza, mi accinsi a svignarmela da quella casa, e a lasciare che i due adulti tornassero alla loro routine.

‘’Ora devo proprio andare. Buona serata, ci vediamo tra un po’ ‘’, salutai, accennando a muovermi verso la porta d’ingresso e il corridoio.

‘’E’ un peccato che tu non ti fermi con noi! Io e Roberto abbiamo preparato tanti manicaretti, ma davvero tanti’’, disse mia madre, ancora dal divano.

‘’Non ti perdi nulla, Antonio. Si tratta di una frugale cena qualsiasi, non c’è bisogno di continuare ad esagerare. Aspetta, ti accompagno fuori’’, mi disse invece l’uomo, lasciando di nuovo da parte le sue faccende e muovendosi verso di me, raggiungendomi con soli pochi passi. Non sapevo il motivo di tanta cortesia, ma decisi di lasciarlo fare.

Appoggiandomi amichevolmente una mano sulla spalla, mi seguì fino alla porta d’ingresso, per poi avvicinare il suo volto al mio orecchio sinistro.

‘’Non prendertela per quello che ti ha detto tua madre. Lei ti vuole bene, e penso che ultimamente sia diventata iperprotettiva e un po’ gelosa. Sei il suo unico figlio, comprendila; ma non lasciarti ostacolare troppo dalle sue parole. Se una cosa ti senti di farla, falla e basta. Se sbagli, avrai poi modo o di rimediare o di imparare la lezione. È così che funziona il mondo degli adulti, e mi sembra giusto che anche tu cominci a fare le tue esperienze’’, quasi mi sussurrò, facendomi poi l’occhiolino quando gli dedicai un breve sguardo.

Gli rivolsi un sorriso.

‘’Ma certo, lo so. È solo che la mamma è sempre stata fatta così… da quando siamo rimasti soli al mondo, mi è sempre stata un po’ col fiato sul collo, quando poteva… anche in modo ingiusto a volte. Però ultimamente a tratti è peggiorata, devo dire’’, mi limitai ad aggiungere, sempre a voce bassissima, mentre mi preparavo ad aprire la porta d’ingresso.

‘’E’ solo un momento così… il problema è che ha ricevuto qualche batosta, di recente, e deve ancora riprendersi. In questi giorni la vedo già meglio, molto più tranquilla…’’.

‘’E questo grazie a te. Da quando siete soli assieme, ho notato che avete instaurato un bel rapporto’’, volli dire, proprio per affinare una mia curiosità e cercare una possibile reazione dell’uomo.

Roberto spalancò leggermente gli occhi, se ne stette un secondo in silenzio e, togliendosi gli occhiali, quasi come per voler guadagnare secondi preziosi, li pose delicatamente nella loro custodia, per poi rimettere tutto in tasca.

‘’E’ una brava donna. Stare in sua compagnia, e parlare del nostro passato e dei nostri problemi mi sta aiutando tantissimo. Mi sta aprendo un mondo nuovo, a me sconosciuto’’, quasi sospirò, per poi umettarsi le labbra e distogliere lo sguardo da me, puntandolo verso un punto indefinito.

Io lo guardai, leggermente sorpreso, poiché avevo inteso che tra i due forse stava cominciando a crearsi un legame più solido e profondo di quello che poteva esserci tra un inquilino e la padrona di casa, tra due semplici conoscenti quindi, e lì sul momento non seppi che altro dire.

Fu proprio Roberto a togliermi dall’impiccio dei miei perspicaci pensieri, che forse stavano andando decisamente oltre e potevano essere ritenuti fuori luogo, considerando tutti i drammatici eventi degli ultimi mesi, dato che l’uomo che avevo di fronte non è mai stato un sciocco. Il mio interlocutore, furbo come sempre, aveva previsto i miei ragionamenti logici, e con risolutezza e dolcezza, allo stesso tempo, tornò a guardarmi.

‘’Ehm, non dovevi andare?’’, mi chiese, impacciatissimo.

Gettai uno sguardo allo schermo del cellulare e gli diedi ragione.

‘’Ehm, sì’’, dissi, sorridendo in modo tremolante.

Pareva una di quelle scene da telefilm comico, di quelle che sempre più pullulano in tv.

Se non si fosse trattato di Roberto, ma di un qualsiasi altro soggetto, avrei pensato che stesse cercando di buttarmi fuori da casa mia, con tanto di battutina apparentemente ingenua e maleducata, ma dato che si trattava del mio ormai ben conosciuto inquilino non me la presi affatto. Anzi, la presi sul ridere.

‘’Buona serata. E fate i bravi’’, dissi, congedandomi con ironia ed uscendo effettivamente di casa.

L’uomo tornò a sorridere di nuovo.

‘’Non siamo più bambini, abbiamo una certa età. Fidati se te lo dico’’, rispose allo sberleffo, posizionandosi nel mezzo della porta d’ingresso spalancata.

‘’Eh, ma con l’avanzare dell’età possono insorgere tante patologie che rendono le persone meno affidabili. Basti pensare alla demenza senile…’’.

Non finii la mia ultima derisione, poiché non riuscii a trattenere una risata quando Roberto fece uno spergiuro, ovviamente anche lui ridendo.

‘’A dopo’’, conclusi, salutando.

Stavo seriamente rischiando di arrivare tardi al mio appuntamento, e fui costretto a spicciarmela per non dovere correre. Ho sempre odiato le persone non puntuali, quelle che fanno aspettare più di mezz’ora chi li attende, ogni volta.

Un ritardo di dieci minuti ci sta, ma più di mezz’ora è pari ad un’offesa, soprattutto se il ritardo così evidente viene più volte ripetuto e senza validi motivi. Non era quello il mio caso, naturalmente, ma me la spicciai lo stesso. Volevo spaccare il secondo, quella sera.

Roberto richiuse la porta dietro di sé, quasi sigillando quella parvenza di oasi felice che si era instaurata a casa nostra dopo la partenza dei più perfidi, mentre io uscivo dal giardino e mi riversavo in strada, dando un’altra occhiatina allo schermo del cellulare.

Inutile dire che quasi finii addosso ad un passante, che s’accingeva a ripercorrere i miei passi.

Sussultando, e fortunatamente evitando lo scontro all’ultimo, mi ritrovai davanti a Stefania.

‘’Antonio, sei ubriaco?! Procedevi a zig zag e a momenti mi finivi addosso’’, mi chiese, tra l’ironico e il serio.

‘’No, tranquilla… ero perso nei miei pensieri e stavo guardando il cellulare’’, le risposi, facendo definitamente scivolare il mio oggetto tecnologico nella tasca dei jeans.

Che figuraccia! Effettivamente, quando mi mettevo a paciugare col telefonino difficilmente stavo attento a ciò che mi circondava o a come camminavo, e questo non era affatto un bene.

Stefania mi sorrise, e tentò di superarmi per poi rincasare, quasi di certo. Mi tornò prepotentemente alla mente ciò che la ragazza avrebbe dovuto fare durante quel santissimo pomeriggio, e non potei non tornare a volgermi verso di lei, soffermandomi un istante in più.

‘’Com’è andata, poi?’’, le chiesi, educatamente. Ci stava, non potevo fare proprio la figuraccia del disinteressato, anche se sarebbe stata l’ennesima nel giro di un minuto.

Non c’era bisogno che chiedessi altro; la mia interlocutrice aveva capito tutto al volo. D’altronde, era pressoché impossibile che non avesse potuto capire subito.

Si volse di nuovo verso di me, bloccando la sua camminata maestrale verso il vicinissimo cancello di casa mia, a ormai sei o sette passi da lei, e mi rivolse uno sguardo rilassato, con le labbra leggermente piegate ai lati all’insù. L’abbozzo di un tremolante sorriso.

‘’Sono tornata dai miei, ho scelto di far… di far loro una sorta di sorpresa di Natale. Mia madre si è sciolta, mio padre è rimasto un pezzo di ghiaccio, ma alla fine hanno detto che sono stati… sono stati felici che io mi sia ripresentata a casa loro. Mi hanno trattato malissimo, un mesetto fa, ed ho dovuto calpestare un po’ la mia dignità di giovane donna pur di tornare a compiere questo passo. Ma ci sono riuscita.

‘’Tra di noi nulla è come prima, ma credo che ci siano buone possibilità che i miei accettino le mie scelte. In primis, quella di tenere il bambino anche se sono senza un uomo accanto e se ciò metterà di molto a rischio i miei studi’’, disse, quasi tutto d’un fiato, molto emozionata.

La ragazza pareva contenta mentre mi raccontava tutto ciò, i suoi occhi le brillavano, ed io intesi che tra lei e i genitori lo screzio si stava già appianando. A quelle parole, non potei far altro che mostrare un sincero sorriso.

‘’Che bello! Spero davvero che tutto tra voi possa tornare a posto. E credo che sarà così’’, le dissi, rasserenato. Finalmente, sembrava che un po’ tutto stesse ricominciando a prendere il giusto corso, come se dopo la partenza di Federico, di sua madre e di mio padre tutto potesse per davvero risistemarsi, e anche in un buon modo.

A quel punto anche Stefania si sciolse anch’essa in un dolce sorriso.

‘’Io lo spero, con tutto il mio cuore. Ho passato un periodo molto buio, ho avuto il timore di finire per commettere una pazzia, eppure ora sono già più serena. Sono serena anche senza Sergio, senza uomini a fianco. Mi sono sentita tanto sola, ma ora non più!’’, mormorò la mia interlocutrice, realmente sollevata.

Mi ricordai delle parole del nonno, pronunciate solo alcune ore fa, e i miei sentimenti presero a far capolino dentro di me, quasi vorticando.

Ci abbracciammo improvvisamente e in modo spontaneo, come fratello e sorella, sotto il cielo scuro e cupo di quella nottata sempre un po’ magica; io non provavo astio verso di lei, non la vedevo come una nemica, e le volevo sinceramente bene, così come penso che anche lei ricambiasse.

‘’Non sei sola. Non sarai mai più sola’’, le sussurrai, sicuro delle mie parole, prima di sciogliere il leggero abbraccio che ci eravamo donati a vicenda.

Entrambi ci stavamo liberando di alcuni pesi e di alcune paure, e nonostante il fatto che sapessimo che il peggio sarebbe ancora potuto venire, almeno in quel momento stavamo relativamente bene. E questo, in fondo, era importante, così come lo era gustarsi il presente.

‘’Grazie… grazie…’’, continuò a dire la ragazza, commossa. Gli occhi le brillavano.

Stefania stava tornando a vivere in modo più sereno, com’era giusto che fosse, mentre il suo ventre pareva crescere leggermente ogni giorno in più. Lei e la vita che portava in grembo erano davvero molto forti.

Ci salutammo poi, e ripresi a procedere rapidamente per la mia strada, consapevole di rischiare il ritardo. Ed io ho sempre odiato giungere in ritardo ad un appuntamento importante, come mi ripetevo continuamente. Quindi, cercai di togliere la commozione da dentro alla mia mente, e di spingermi invece a camminare più spedito; la mia Jasmine mi stava aspettando.

 

Ci sono giorni che sono destinati ad essere realmente speciali e a restare fissati nel cuore e nella mente per tutta la vita. Quel Natale fu uno di quelli, per me.

Giunsi da Jasmine in perfetto orario, per fortuna, e lei e i suoi genitori già mi attendevano per la cena. Non avevano parenti, ed erano felicissimi che io mi fossi aggregato a loro per quella santa festività.

Personalmente non avevo ricevuto regali, ma ero felicissimo così, d’altronde era stato mio desiderio non riceverne affatto, però notai fin da subito che la mia amata invece ne aveva ricevuti parecchi. Scarpe e magliette a volontà, e persino una cover nuova tutta brillante. Ero davvero felice per lei. Ma io, personalmente, avrei voluto donarle solo tutto il mio affetto.

Mangiammo e cenammo assieme, noi quattro, e fu davvero come se fossimo stati una grande famiglia, passando una gran bella serata.

Ammetto che non parlammo molto io e Jasmine, ma più che altro i suoi genitori, che raccontarono un gran sacco di loro ricordi, ma non fu affatto sgradevole ascoltarli, anzi. Entrambi avevano fatto tante esperienze diverse, e soprattutto in realtà differenti, e stare ad udire come rievocavano il Natale più speciale della loro vita era un vero piacere, di quelli anche dal retrogusto esotico e lontano.

Io non avevo assolutamente nulla da aggiungere, poiché il mio Natale più importante e speciale lo stavo vivendo proprio in quel momento.

La mamma di Jasmine aveva preparato un pasto a base di pesce, tutto condito e preparato in modo da rispettare almeno in parte i sapori dell’Africa subsahariana, e il sapore di spezie e l’odore di condimenti a me ignoti e sconosciuti seppe avvilupparmi ed incuriosirmi. Inutile dire che tutto quanto era buonissimo e gustosissimo, un mix unico di più culture.

Dopo un’oretta e mezzo circa, non appena concludemmo la cena, neppure la mia innata e ancora ben radicata timidezza poté impedirmi di fare i miei più sinceri complimenti alla cuoca, che li accettò con umiltà unica, e quasi si emozionò troppo. Ma a quel punto, temevo che fosse già tutto finito, e che quella giornata magica avrebbe avuto termine.

Magari sarei dovuto rincasare, proprio come ben sapevo che avrei dovuto fare prima o poi, ma in quel momento proprio non mi andava e non volevo neppure pensarci a quell’opzione. Non avevo altre alternative, però.

Per fortuna a togliermi da quel problema fu proprio Jasmine, la mia amata, che poco prima che mi decidessi a congedarmi si allungò verso di me e mi afferrò il polso, dolcemente.

‘’Ti va di fermarti ancora un po’? O sei stanco?’’, mi chiese, tentennante.

‘’Posso fermarmi. Lo farò con grande piacere’’, le dissi, indicibilmente sollevato.

Non sapevo cosa attendermi da lei; so solo che ad un certo punto si congedò definitivamente dai suoi genitori, e mi fece cenno di seguirla. Lo feci, e mi portò al piano superiore della sua dimora, dove non avevo mai messo piede fino a quel momento. Ma non si fermò.

Jasmine cominciò a percorrere una ristrettissima scala a chiocciola che portava ancora più un altro, ma chissà dove; ero certo che la casa, almeno vista da fuori, dimostrasse di possedere solo due piani, e non volevo proprio credere che la ragazza mi volesse portare in soffitta, così, senza alcun motivo.

 

Dal lucernario entrava la luce della luna.

Quella era una delle rarissime sere invernali in cui la nebbia non offuscava ed avvolgeva tutto.

Io e Jasmine eravamo sdraiati, l’uno a fianco dell’altra. Non c’eravamo scambiati altro che un bacetto, fino a quel momento, e pure casto, e l’unica cosa che avevamo fatto era stato sdraiarci sulla pavimentazione in legno di quell’angolo di soffitta, bassa ma ampia.

‘’Vengo spesso, qui, la sera. D’estate fa troppo caldo, si soffoca, ma durante l’inverno, quando non ci sono nubi o nebbia, e il cielo è terso, si possono vedere tante stelle, e la luna…’’.

Jasmine aveva lo sguardo perso al di là di quel vetro che non era poi più di tanto distante dalle nostre facce, ma che pareva volerci separare irrimediabilmente dalla volta celeste, come volesse creare una barriera invalicabile. L’imperscrutabile era sopra di noi, e ai miseri umani restavano i sogni per potersi aggiudicare una parte di esso, seppur in modo fantasioso.

‘’E’ un bel posto’’, mentii relativamente. Non mi ero ancora rilassato lì, come invece era accaduto alla mia amata, che sembrava così tanto persa nei suoi pensieri e con lo sguardo da non riuscire neppure più a vedermi. Mi dava quell’impressione strana.

‘’Non è un bel posto, so che mi stai mentendo. Ti conosco un po’ ormai, e so quando dici una bugia solo per farmi contenta. Non sei bravo per nulla a dirle’’.

Sorrisi, alle parole per nulla adirate della mia cara interlocutrice.

‘’Non essere così…’’.

‘’Non ha importanza, non devi scusarti di nulla. Capisco’’, si limitò ad affermare di nuovo, non lasciandomi dire nulla.

Per un attimo, credetti che da lì a poco avremmo avuto il primo screzio della nostra relazione, e lasciare che tutto s’incrinasse solo per una situazione sciocca di quel genere mi fece quasi innervosire. Poi, però, decisi di lasciarmi andare anch’io, come se la magia del Natale fosse riuscita ad entrare dentro di me e a farsi uno spazio tutto suo.

L’imperscrutabile, ciò che si nascondeva dietro a quell’invernale volta celeste, forse si stava manifestando anche dentro di me.

‘’Sono così stanca, Antonio’’, sussurrò Jasmine, dopo parecchi minuti di fragoroso silenzio.

‘’Di cosa?’’.

Temetti quasi che stesse parlando di me.

‘’Di tante cose. Non mi va più nulla, ultimamente. Sono sempre un po’ triste, ma per fortuna molte volte ci sei tu. Anche solo se ti penso mi sento nuovamente piena di energie, non so se mi capisci’’.

‘’Ti capisco. Giuro’’.

‘’Grazie per esserci sempre. So che fino ad ora sono stata spesso molto fredda con te. Mi dispiace, ma proprio faccio fatica a sciogliermi, forse l’amore non fa per me. Però so cosa provo per te, e so che è amore. Sei un ragazzo eccezionale’’.

Tutti quei sussurri erano stati pronunciati lentamente, mentre la ragazza continuava a tenere lo sguardo fisso verso l’alto, senza mai roteare il volto o gli occhi verso di me. Era totalmente assorbita dall’infinità profonda del cielo.

‘’Grazie per queste belle parole’’, mi limitai a dirle, impacciatamente, senza avere il coraggio per aggiungere altro.

‘’A volte sogno di diventare una scrittrice’’.

‘’Cosa?!’’, quasi sobbalzai, sorpreso da quella frase pronunciata quasi con circospezione, ma comunque con sicurezza.

Stavamo parlando di tutt’altro ed ecco che la mia Jasmine decise di cambiare repentinamente argomento. Fu come se lei mi stesse cercando di dimostrare che aveva voglia di parlare del suo futuro, dei suoi sogni, e questo mi spinse a desiderare che continuasse ad esprimersi, magari con maggior chiarezza.

‘’Non stupirti. È un mio sogno, e ringraziami per il fatto che te l’ho svelato’’, mi riprese, subito dopo.

Mi rilassai e sorrisi, tra me e me. La mia solita Jasmine sapeva essere una dolce caramellina e un pezzo di ghiaccio allo stesso tempo, quando voleva.

‘’Rilassati. E grazie per avermi detto qualcos’altro di te’’, le dissi, dolcemente, afferrandole una mano con delicatezza.

Di fronte a quel gesto, la ragazza parve sciogliersi e rilassarsi.

‘’Solo chi scrive può conoscere la libertà, a questo mondo’’, quasi sospirò, gli occhi opachi e velati sempre puntati verso l’altro e le stelle.

Non dissi nulla ma le strinsi con più calore la mano tra le mie, sempre con dolcezza. Le nostre mani erano così diverse, parevano destinate a non sfiorarsi mai. Eppure, ciò era ugualmente accaduto; non aveva avuto importanza che le sue fossero più scure delle mie, che le sue dita fossero più affusolate, che le sue unghie fossero ben fatte e più curate, mentre le mie erano schifosamente larghe e in alcun modo belle alla vista.

Il nostro contatto era splendido, perché a sfiorarsi non era solo qualche dito o due mani, ma la diversità e la voglia estrema di conoscersi meglio. Tutto ciò mi sembrava magnifico.

‘’Se scrivi, puoi crearti il tuo mondo. Insomma, ti rendi conto del potere della scrittura? Lo scrittore diventa una sorta di divinità implacabile per i suoi personaggi e protagonisti, e può addirittura deciderne la vita o la morte. La sua scrittura diventa una sorta di mondo parallelo dove anche altri possono entrare in punta di piedi, e con il più grande strumento che sia mai stato offerto all’essere umano, ovvero la mente e la sua fantasia’’, proseguì Jasmine, notando il mio evidente silenzio.

‘’Anche la scrittura in fondo è un gioco, come la vita reale’’, mi venne da buttare lì, senza riflettere troppo.

‘’Come?’’.

Non mi sarei mai aspettato che lei fosse così curiosa di approfondire quella mia frase. Mi misi a riflettere, per non fare la figura dello sciocco.

‘’La vita è come un gioco, se ci pensi, in fondo. Come ci ha fatto superficialmente notare più volte Roberto, il mio inquilino! Ciascuno di noi è quasi una sorta di pedina, che si muove su una scacchiera grande come il nostro mondo, e nel suo piccolo, perché sarà sempre immerso nel suo piccolo, sarà costretto a fare scelte per condurre al meglio la propria vita. Non so se mi hai compreso. E lo scrittore fa la stessa cosa coi suoi personaggi; li schiera, li mostra al lettore, li fa entrare un po’ per volta nello scacchiere del racconto, e poi magari li fa uscire in qualche modo… insomma, scrittura e vita reale sono molto simili’’, tentai di dire, sfruttando la mia profondità del momento.

‘’E’ la vita che si riflette nella scrittura. Siamo umani, no? E allora… l’uomo copia il vero gioco della vita all’interno delle sue opere’’, aggiunse la ragazza, facendosi ancor più pensierosa e riflettendo amabilmente su ciò che le avevo appena detto.

‘’Tu saresti un’ottima scrittrice. Lo vedo dai tuoi occhi, così presi da tutto ciò che li circonda, così attenti. E poi serve molta interiorità e forza di volontà, per portare a termine un libro o un racconto scritto; e tu, fidati, le hai. Hai tutte le carte in regola’’.

La mia amata sospirò alle mie parole, e prese a ricambiare la mia gentile stretta sulle sue mani. Anche i prolungamenti dei nostri arti si stavano intrecciando un po’ come la trama di un racconto, mentre le nostre dita giocherellavano le une contro le altre.

‘’Tu vedi sempre l’aspetto positivo di tutto. Sarò mai all’altezza? Finora ho scritto solo qualche poesia, ma vorrei scrivere un racconto vero e proprio. Di quelli articolati, a più capitoli, e con un inizio e una fine’’.

‘’Ce la puoi fare. Sul serio, sei in gamba’’.

Guardai il suo viso, illuminato dal chiarore della luna, e notai che la mia interlocutrice stava sorridendo.

‘’Sarebbe un sogno’’.

‘’Il bello dei sogni è che, se lo vuoi davvero, essi sanno diventare realtà’’, quasi completai la frase.

‘’Per me sarebbe davvero stupendo realizzare questo sogno, ma prima vorrei andare all’università, una volta finite le superiori. Così potrei approfondire le mie conoscenze! E poi…’’.

Jasmine non riuscì mai a completare quella frase. Il suo cellulare emise bruscamente uno squillo, ed interruppe irrimediabilmente il nostro momento di catarsi interiore. Mi dispiacque tantissimo, anche perché non eravamo mai giunti ad avvicinarci così tanto, quasi riuscendo ad afferrare a vicenda le nostre agitate anime.

La ragazza non attese tempo, ovviamente, e con grande curiosità lanciò la sua mano alla ricerca dello strumento tecnologico.

‘’Non ho idea di chi possa essere. Questa sera non doveva farsi sentire nessuno, tantomeno mandarmi messaggi. Chi mi abbia scritto, proprio non lo so’’, quasi si scusò, cercando di mantenere una parvenza quieta mentre le sue mani agitate la tradivano, dopo essere fuggite improvvisamente dalla mia pacata stretta.

Non appena afferrò il cellulare, estraendolo dalla tasca laterale dei suoi classici jeans attillati e femminili, fece illuminare subito lo schermo e s’irrigidì.

Non potendo sapere altro, io mi limitai a restare ad osservarla, mentre lei, sempre più pensierosa ed agitata, leggeva quello che doveva essere un lungo messaggio scritto. Mi limitai ad attendere pazientemente e cortesemente che lei avesse finito, poi mi capitò d’incrociare fin da subito il suo sguardo, per la prima volta volto verso di me da quando eravamo in quel lucernario, e mi donò un sorriso, di quelli quasi increduli.

Io sostenni il suo sguardo ed assunsi un’espressione interrogativa, di fronte a quella reazione non proprio consona al momento.

‘’Oddio, Antonio. Mi viene quasi da piangere dalla gioia’’, disse all’improvviso, lasciando trasparire ancor più evidentemente le sue emozioni.

‘’Ma… cos’è successo?!’’, sussurrai, cominciando ad agitarmi senza motivo.

‘’Alice, Antonio. Alice. Sua madre mi ha appena mandato un messaggio in cui m’informa che la ragazza si è risvegliata e sembrerebbe stare bene. È sotto osservazione e resterà ancora per un bel po’ ricoverata in ospedale, ma parrebbe che tutto abbia intenzione di rimediarsi, almeno in parte.

‘’Da quel che ho capito si è risvegliata alcuni giorni fa, ma il suo stato era molto precario, e solo ora i medici hanno fatto sapere che ci sono ottime possibilità che la ragazza possa riprendere, nei prossimi mesi, a vivere normalmente… ed inoltre pare, al momento, fuori immediato pericolo. Certo, per lei sarà comunque un’esistenza dolorosa, purtroppo, e le difficoltà ci saranno, ma almeno… almeno si è risvegliata. La nostra cara amica lotterà con tutte le sue forze per vincere questa grande battaglia, ne sono certa!’’, e dopo quella lunga serie di parole colme di speranze e di felicità allo stato puro, Jasmine si rotolò in un attimo verso di me e mi abbracciò forte, stringendomi a sé.

Senza parole, felice anch’io e speranzoso, ricambiai la sua stretta euforica.

‘’Sono certo che ce la farà. Quando tornerà a casa andrò a trovarla ogni giorno, non la lascerò mai più sola. Mai più…’’, continuò a ripetere la ragazza, mentre ancora ci abbracciavamo.

‘’Ne sono certo’’, le assicurai, sfiorandole i capelli ricci ed ispidi con le mie mani, per poi tornare a stringerla con vigore a me e a darle un rapido bacio sulle labbra. Ma la mia amata era perduta nella sua felicità. La felicità offertale dal fatto che forse la sua amica si sarebbe potuta salvare da quel male che l’aveva condotta a pochi millimetri dalla morte.

Anch’io ero molto felice, per quella notizia. In un certo senso, mi sentivo un po’ sollevato da quel peso opprimente che dalle settimane precedenti pareva non avere intenzione di darmi tregua.

Sono tutt’ora convinto che quel Natale fosse stato davvero magico, impregnato di forze benigne, e lo ricordo ancora in un modo molto nitido.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

 

Carissime lettrici e carissimi lettori, siamo giunti quasi alla fine!

Come ormai ben saprete, lunedì prossimo pubblicherò l’epilogo di questo racconto.

Personalmente, non so ancora cosa pensare di esso. So solo che a modo suo è stato una sorta di amico, che mi ha fatto compagnia nei momenti vuoti e smorti di questi ultimi nove mesi.

Spero solo che a voi, che mi avete seguito fino a questo punto(e non era facile farlo, quindi mi complimento davvero tantissimo con chiunque sia giunto fin qui), la vicenda abbia saputo offrirvi un modesto intrattenimento, e che abbia saputo passarvi un pizzico di speranza. In fondo, lo scopo ufficiale dell’intero racconto era proprio questo, ovvero tentare di mostrare che, anche quando sembra che si stia toccando il fondo, esiste pur sempre un domani. E in un domani, anche imminente, il sole tornerà sempre a sorgere di nuovo.

Grazie a chi ha continuato a sostenermi fino a questo punto! Lunedì prossimo vi ringrazierò ancor più approfonditamente.

Grazie di cuore a tutti, e buona giornata! A lunedì prossimo.

   
 
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