CAPITOLO 38
Quella santa sera, quando feci ritorno al mio paesino, decisi
di fare prima di tutto un saltino a casa, invece di recarmi subito da Jasmine.
L’ultimo e unico treno era stato puntualissimo quella volta, e mi erano rimasti
una ventina di minuti liberi prima dell’orario dell’appuntamento.
In quel giorno di festa, le strade erano vuote e i mezzi
pubblici erano tutti praticamente fermi, e pure il mio paesino assumeva
quell’aria spettrale che avrebbe saputo intimorire chiunque, se almeno non si
fossero udite le voci festose che di tanto in tanto trapelavano fuori dalle
abitazioni.
Solo in strada, ed immerso già nel buio, sfrecciai poco
distante dalla casa di Jasmine, dirigendomi verso la mia, per poi raggiungerla
in modo velocissimo.
Rincasai quindi quasi improvvisamente, e varcando la porta
d’ingresso, quella che oltrepassavo ormai da tempo immemore, provai un discreto
disagio. Avevo come il timore di trovarmi di fronte ad una madre dal muso
lungo, o ad un Roberto depresso, oppure ad una problematica Stefania.
Avevo paura che quella dose incredibile di felicità che mi
era stata innestata nella villa dei miei parenti paterni potesse sfumare tutta
all’improvviso, per via della vita che si conduceva in casa mia, sempre se
quella poteva chiamarsi più vita, a favore di ricordi degli anni passati e del
bel tempo che fu, anche se magari sul momento era parso tutto cupo. Insomma, pareva
che si fosse stato meglio quando si stava molto peggio.
Avevo ancora addosso la pura felicità dei miei parenti, che
non mi aveva per nulla lasciato in dubbio su qualcosa, e mi ero deciso a fidarmi
di loro, che grazie alle parole di Melissa e del nonno parevano già aver
cominciato ad apprezzarmi e a considerarmi uno di famiglia, ed io ero ancora
contentissimo. Ma in cuor mio fremevo e qualche pensiero mi faceva offuscare
leggermente, di tanto in tanto.
Mi mossi istantaneamente verso la cucina, senza titubare
oltre, poiché vidi fin da subito la luce accesa e potei udire alcune parole
pronunciate da Roberto.
Appena mi affacciai sulla porta, trovai mia madre tutta
sorridente e seduta sullo scomodo e vecchio divano che aveva fatto da letto a
mio padre durante la sua clandestina permanenza in casa nostra, mentre il
nostro inquilino si stava affaccendando attorno al tavolo, raccontando qualcosa
che io, col mio ingresso, interruppi. Infatti, non appena varcai leggermente la
soglia e i due mi intravidero, si stopparono immediatamente e rivolsero subito i
loro sguardi verso di me.
‘’Roberto, così la vizi troppo. Lascia che sia lei a mettere
i piatti in tavola!’’, sogghignai ironicamente, per cercare di far ritornare
tutto come poco prima. Mia madre rise a quelle parole, e l’uomo sorrise, mentre
continuava il suo lavoro.
‘’Oh, Antonio dovresti vedere quello che abbiamo cucinato!
Abbiamo un inquilino bravissimo ai fornelli, e non lo sapevamo. Abbiamo
preparato una cena coi fiocchi!’’, disse mia madre, tornando a sciogliersi.
‘’E’ bravo in tutto, credo’’, mi limitai ad aggiungere,
titubando.
Roberto era stato fin troppo bravo anche a far tornare felice
la mia mamma, nonostante il fatto che anche per lui quello fosse stato un
periodo molto duro, ed io gli ero grato per averle risollevato il morale.
‘’Dai, non esageriamo’’, disse l’uomo, lusingato.
Solo in quel momento a mia madre parve tornare alla mente che
io quella giornata non ero stato a casa, bensì mi ero recato a pranzare dai
miei parenti.
La donna si oscurò profondamente, e poi mi guardò con uno sguardo
preoccupato, molto turbato. Non ci fu bisogno che mi chiedesse a voce cosa aveva
fatto, per rabbuiarsi così, e non vidi il motivo per farle esprimere i suoi
dubbi e fingermi sciocco.
‘’E’ andato tutto bene, mamma. Si sono comportati nel
migliore dei modi, sono persone molto cortesi’’, le dissi, subito.
‘’Loro… sanno…’’.
‘’Lo sanno. Lo sanno tutti chi sono’’, sospirai.
‘’Mi avevi detto che non lo sapevano! Tu mi riempi di bugie,
ti sembra questo il modo…’’, cominciò a sbraitare mia madre, alzandosi
improvvisamente dal suo posto e cominciando a disperarsi.
Non sapevo che dire e neppure che fare; il suo modo di
approcciarsi alla verità era catastrofico, e mi chiesi se forse fosse stato
meglio dirle solo una mezza verità. O una mezza bugia.
Ad intervenire prontamente fu Roberto, che si avvicinò
rapidamente a lei e le posò le sua mani sulle spalle, fissandola in modo quasi
paterno.
‘’Maria, non devi preoccuparti. Devi lasciare che Antonio impari
a cavarsela da solo, in certe situazioni. Non ha importanza se loro sanno o
meno, ed in ogni caso prima o poi avrebbero scoperto tutto, ma l’unica cosa
importante è che tutto sia andato per il meglio e che nessuno ne sia uscito
ferito. Ferito nell’animo’’, disse l’uomo, calmo e pacato come sempre, senza
lasciarsi sconfortare dalla reazione esagerata della donna, che dal canto suo
parve calmarsi subito, dopo aver leggermente scosso il capo con un cenno
affermativo.
Scoprii quindi che, nonostante tutte le difficoltà e le
situazioni differentemente complicate che avevamo superato egregiamente
nell’ultimo periodo, ed assieme, la mamma non era ancora riuscita a cacciar via
o a mettere in un angolo quel suo lato così debole ed impressionabile. La grande
vicinanza di Roberto si stava rivelando fondamentale per lei, lo potevo notare
in modo chiaro, ma anche se l’apparenza ormai poteva ingannare, forse dentro di
sé Maria era sempre rimasta la stessa.
‘’Hai ragione. E’ vero’’, mugugnò poi la mamma, tornando a
sedersi sul divanetto, mentre il nostro inquilino tornava ad occuparsi delle
faccende che aveva abbandonato qualche istante prima, certo che si fosse già
tutto risistemato.
‘’Non devi preoccuparti, è tutto a posto’’, la rassicurai
ulteriormente, mostrandole un timido sorriso.
‘’Questa sera…’’, tornò a chiedermi il mio genitore, cercando
subito di passare sopra a ciò che era appena accaduto, senza voler continuare a
pigiare su quel possibile screzio della sera di Natale.
In realtà anche quella volta non mi chiese nulla, ma cominciò
la frase e mi lanciò un altro suo sguardo profondamente interrogativo.
‘’Devo andare da Jasmine. Sono a cena da lei, te l’avevo
detto’’, risposi, senza attendere inutile tempo. Non avevo nulla da nascondere.
‘’Oh, giusto. Salutamela tanto’’, rispose la mamma,
sfoggiando anche lei un tiepidissimo sorriso.
Feci poi due passi indietro, tornando sulla porta, ed
accorgendomi che era praticamente quasi l’ora di andare dalla mia carissima
ragazza, mi accinsi a svignarmela da quella casa, e a lasciare che i due adulti
tornassero alla loro routine.
‘’Ora devo proprio andare. Buona serata, ci vediamo tra un
po’ ‘’, salutai, accennando a muovermi verso la porta d’ingresso e il
corridoio.
‘’E’ un peccato che tu non ti fermi con noi! Io e Roberto
abbiamo preparato tanti manicaretti, ma davvero tanti’’, disse mia madre,
ancora dal divano.
‘’Non ti perdi nulla, Antonio. Si tratta di una frugale cena
qualsiasi, non c’è bisogno di continuare ad esagerare. Aspetta, ti accompagno
fuori’’, mi disse invece l’uomo, lasciando di nuovo da parte le sue faccende e
muovendosi verso di me, raggiungendomi con soli pochi passi. Non sapevo il
motivo di tanta cortesia, ma decisi di lasciarlo fare.
Appoggiandomi amichevolmente una mano sulla spalla, mi seguì
fino alla porta d’ingresso, per poi avvicinare il suo volto al mio orecchio
sinistro.
‘’Non prendertela per quello che ti ha detto tua madre. Lei
ti vuole bene, e penso che ultimamente sia diventata iperprotettiva e un po’
gelosa. Sei il suo unico figlio, comprendila; ma non lasciarti ostacolare
troppo dalle sue parole. Se una cosa ti senti di farla, falla e basta. Se
sbagli, avrai poi modo o di rimediare o di imparare la lezione. È così che
funziona il mondo degli adulti, e mi sembra giusto che anche tu cominci a fare
le tue esperienze’’, quasi mi sussurrò, facendomi poi l’occhiolino quando gli
dedicai un breve sguardo.
Gli rivolsi un sorriso.
‘’Ma certo, lo so. È solo che la mamma è sempre stata fatta
così… da quando siamo rimasti soli al mondo, mi è sempre stata un po’ col fiato
sul collo, quando poteva… anche in modo ingiusto a volte. Però ultimamente a
tratti è peggiorata, devo dire’’, mi limitai ad aggiungere, sempre a voce
bassissima, mentre mi preparavo ad aprire la porta d’ingresso.
‘’E’ solo un momento così… il problema è che ha ricevuto
qualche batosta, di recente, e deve ancora riprendersi. In questi giorni la
vedo già meglio, molto più tranquilla…’’.
‘’E questo grazie a te. Da quando siete soli assieme, ho
notato che avete instaurato un bel rapporto’’, volli dire, proprio per affinare
una mia curiosità e cercare una possibile reazione dell’uomo.
Roberto spalancò leggermente gli occhi, se ne stette un
secondo in silenzio e, togliendosi gli occhiali, quasi come per voler
guadagnare secondi preziosi, li pose delicatamente nella loro custodia, per poi
rimettere tutto in tasca.
‘’E’ una brava donna. Stare in sua compagnia, e parlare del
nostro passato e dei nostri problemi mi sta aiutando tantissimo. Mi sta aprendo
un mondo nuovo, a me sconosciuto’’, quasi sospirò, per poi umettarsi le labbra
e distogliere lo sguardo da me, puntandolo verso un punto indefinito.
Io lo guardai, leggermente sorpreso, poiché avevo inteso che
tra i due forse stava cominciando a crearsi un legame più solido e profondo di
quello che poteva esserci tra un inquilino e la padrona di casa, tra due
semplici conoscenti quindi, e lì sul momento non seppi che altro dire.
Fu proprio Roberto a togliermi dall’impiccio dei miei
perspicaci pensieri, che forse stavano andando decisamente oltre e potevano
essere ritenuti fuori luogo, considerando tutti i drammatici eventi degli
ultimi mesi, dato che l’uomo che avevo di fronte non è mai stato un sciocco. Il
mio interlocutore, furbo come sempre, aveva previsto i miei ragionamenti
logici, e con risolutezza e dolcezza, allo stesso tempo, tornò a guardarmi.
‘’Ehm, non dovevi andare?’’, mi chiese, impacciatissimo.
Gettai uno sguardo allo schermo del cellulare e gli diedi
ragione.
‘’Ehm, sì’’, dissi, sorridendo in modo tremolante.
Pareva una di quelle scene da telefilm comico, di quelle che
sempre più pullulano in tv.
Se non si fosse trattato di Roberto, ma di un qualsiasi altro
soggetto, avrei pensato che stesse cercando di buttarmi fuori da casa mia, con
tanto di battutina apparentemente ingenua e maleducata, ma dato che si trattava
del mio ormai ben conosciuto inquilino non me la presi affatto. Anzi, la presi
sul ridere.
‘’Buona serata. E fate i bravi’’, dissi, congedandomi con
ironia ed uscendo effettivamente di casa.
L’uomo tornò a sorridere di nuovo.
‘’Non siamo più bambini, abbiamo una certa età. Fidati se te
lo dico’’, rispose allo sberleffo, posizionandosi nel mezzo della porta
d’ingresso spalancata.
‘’Eh, ma con l’avanzare dell’età possono insorgere tante
patologie che rendono le persone meno affidabili. Basti pensare alla demenza
senile…’’.
Non finii la mia ultima derisione, poiché non riuscii a
trattenere una risata quando Roberto fece uno spergiuro, ovviamente anche lui
ridendo.
‘’A dopo’’, conclusi, salutando.
Stavo seriamente rischiando di arrivare tardi al mio
appuntamento, e fui costretto a spicciarmela per non dovere correre. Ho sempre
odiato le persone non puntuali, quelle che fanno aspettare più di mezz’ora chi
li attende, ogni volta.
Un ritardo di dieci minuti ci sta, ma più di mezz’ora è pari
ad un’offesa, soprattutto se il ritardo così evidente viene più volte ripetuto
e senza validi motivi. Non era quello il mio caso, naturalmente, ma me la
spicciai lo stesso. Volevo spaccare il secondo, quella sera.
Roberto richiuse la porta dietro di sé, quasi sigillando
quella parvenza di oasi felice che si era instaurata a casa nostra dopo la
partenza dei più perfidi, mentre io uscivo dal giardino e mi riversavo in
strada, dando un’altra occhiatina allo schermo del cellulare.
Inutile dire che quasi finii addosso ad un passante, che
s’accingeva a ripercorrere i miei passi.
Sussultando, e fortunatamente evitando lo scontro all’ultimo,
mi ritrovai davanti a Stefania.
‘’Antonio, sei ubriaco?! Procedevi a zig zag e a momenti mi
finivi addosso’’, mi chiese, tra l’ironico e il serio.
‘’No, tranquilla… ero perso nei miei pensieri e stavo
guardando il cellulare’’, le risposi, facendo definitamente scivolare il mio
oggetto tecnologico nella tasca dei jeans.
Che figuraccia! Effettivamente, quando mi mettevo a paciugare
col telefonino difficilmente stavo attento a ciò che mi circondava o a come
camminavo, e questo non era affatto un bene.
Stefania mi sorrise, e tentò di superarmi per poi rincasare,
quasi di certo. Mi tornò prepotentemente alla mente ciò che la ragazza avrebbe
dovuto fare durante quel santissimo pomeriggio, e non potei non tornare a
volgermi verso di lei, soffermandomi un istante in più.
‘’Com’è andata, poi?’’, le chiesi, educatamente. Ci stava,
non potevo fare proprio la figuraccia del disinteressato, anche se sarebbe
stata l’ennesima nel giro di un minuto.
Non c’era bisogno che chiedessi altro; la mia interlocutrice
aveva capito tutto al volo. D’altronde, era pressoché impossibile che non
avesse potuto capire subito.
Si volse di nuovo verso di me, bloccando la sua camminata
maestrale verso il vicinissimo cancello di casa mia, a ormai sei o sette passi
da lei, e mi rivolse uno sguardo rilassato, con le labbra leggermente piegate
ai lati all’insù. L’abbozzo di un tremolante sorriso.
‘’Sono tornata dai miei, ho scelto di far… di far loro una
sorta di sorpresa di Natale. Mia madre si è sciolta, mio padre è rimasto un
pezzo di ghiaccio, ma alla fine hanno detto che sono stati… sono stati felici
che io mi sia ripresentata a casa loro. Mi hanno trattato malissimo, un mesetto
fa, ed ho dovuto calpestare un po’ la mia dignità di giovane donna pur di
tornare a compiere questo passo. Ma ci sono riuscita.
‘’Tra di noi nulla è come prima, ma credo che ci siano buone
possibilità che i miei accettino le mie scelte. In primis, quella di tenere il
bambino anche se sono senza un uomo accanto e se ciò metterà di molto a rischio
i miei studi’’, disse, quasi tutto d’un fiato, molto emozionata.
La ragazza pareva contenta mentre mi raccontava tutto ciò, i
suoi occhi le brillavano, ed io intesi che tra lei e i genitori lo screzio si
stava già appianando. A quelle parole, non potei far altro che mostrare un
sincero sorriso.
‘’Che bello! Spero davvero che tutto tra voi possa tornare a
posto. E credo che sarà così’’, le dissi, rasserenato. Finalmente, sembrava che
un po’ tutto stesse ricominciando a prendere il giusto corso, come se dopo la
partenza di Federico, di sua madre e di mio padre tutto potesse per davvero
risistemarsi, e anche in un buon modo.
A quel punto anche Stefania si sciolse anch’essa in un dolce
sorriso.
‘’Io lo spero, con tutto il mio cuore. Ho passato un periodo
molto buio, ho avuto il timore di finire per commettere una pazzia, eppure ora
sono già più serena. Sono serena anche senza Sergio, senza uomini a fianco. Mi
sono sentita tanto sola, ma ora non più!’’, mormorò la mia interlocutrice, realmente
sollevata.
Mi ricordai delle parole del nonno, pronunciate solo alcune
ore fa, e i miei sentimenti presero a far capolino dentro di me, quasi
vorticando.
Ci abbracciammo improvvisamente e in modo spontaneo, come
fratello e sorella, sotto il cielo scuro e cupo di quella nottata sempre un po’
magica; io non provavo astio verso di lei, non la vedevo come una nemica, e le
volevo sinceramente bene, così come penso che anche lei ricambiasse.
‘’Non sei sola. Non sarai mai più sola’’, le sussurrai,
sicuro delle mie parole, prima di sciogliere il leggero abbraccio che ci
eravamo donati a vicenda.
Entrambi ci stavamo liberando di alcuni pesi e di alcune
paure, e nonostante il fatto che sapessimo che il peggio sarebbe ancora potuto
venire, almeno in quel momento stavamo relativamente bene. E questo, in fondo,
era importante, così come lo era gustarsi il presente.
‘’Grazie… grazie…’’, continuò a dire la ragazza, commossa.
Gli occhi le brillavano.
Stefania stava tornando a vivere in modo più sereno, com’era
giusto che fosse, mentre il suo ventre pareva crescere leggermente ogni giorno
in più. Lei e la vita che portava in grembo erano davvero molto forti.
Ci salutammo poi, e ripresi a procedere rapidamente per la
mia strada, consapevole di rischiare il ritardo. Ed io ho sempre odiato
giungere in ritardo ad un appuntamento importante, come mi ripetevo
continuamente. Quindi, cercai di togliere la commozione da dentro alla mia
mente, e di spingermi invece a camminare più spedito; la mia Jasmine mi stava
aspettando.
Ci sono giorni che sono destinati ad essere realmente
speciali e a restare fissati nel cuore e nella mente per tutta la vita. Quel
Natale fu uno di quelli, per me.
Giunsi da Jasmine in perfetto orario, per fortuna, e lei e i
suoi genitori già mi attendevano per la cena. Non avevano parenti, ed erano
felicissimi che io mi fossi aggregato a loro per quella santa festività.
Personalmente non avevo ricevuto regali, ma ero felicissimo
così, d’altronde era stato mio desiderio non riceverne affatto, però notai fin
da subito che la mia amata invece ne aveva ricevuti parecchi. Scarpe e
magliette a volontà, e persino una cover nuova tutta brillante. Ero davvero
felice per lei. Ma io, personalmente, avrei voluto donarle solo tutto il mio
affetto.
Mangiammo e cenammo assieme, noi quattro, e fu davvero come
se fossimo stati una grande famiglia, passando una gran bella serata.
Ammetto che non parlammo molto io e Jasmine, ma più che altro
i suoi genitori, che raccontarono un gran sacco di loro ricordi, ma non fu
affatto sgradevole ascoltarli, anzi. Entrambi avevano fatto tante esperienze
diverse, e soprattutto in realtà differenti, e stare ad udire come rievocavano
il Natale più speciale della loro vita era un vero piacere, di quelli anche dal
retrogusto esotico e lontano.
Io non avevo assolutamente nulla da aggiungere, poiché il mio
Natale più importante e speciale lo stavo vivendo proprio in quel momento.
La mamma di Jasmine aveva preparato un pasto a base di pesce,
tutto condito e preparato in modo da rispettare almeno in parte i sapori
dell’Africa subsahariana, e il sapore di spezie e l’odore di condimenti a me
ignoti e sconosciuti seppe avvilupparmi ed incuriosirmi. Inutile dire che tutto
quanto era buonissimo e gustosissimo, un mix unico di più culture.
Dopo un’oretta e mezzo circa, non appena concludemmo la cena,
neppure la mia innata e ancora ben radicata timidezza poté impedirmi di fare i
miei più sinceri complimenti alla cuoca, che li accettò con umiltà unica, e
quasi si emozionò troppo. Ma a quel punto, temevo che fosse già tutto finito, e
che quella giornata magica avrebbe avuto termine.
Magari sarei dovuto rincasare, proprio come ben sapevo che
avrei dovuto fare prima o poi, ma in quel momento proprio non mi andava e non
volevo neppure pensarci a quell’opzione. Non avevo altre alternative, però.
Per fortuna a togliermi da quel problema fu proprio Jasmine,
la mia amata, che poco prima che mi decidessi a congedarmi si allungò verso di
me e mi afferrò il polso, dolcemente.
‘’Ti va di fermarti ancora un po’? O sei stanco?’’, mi
chiese, tentennante.
‘’Posso fermarmi. Lo farò con grande piacere’’, le dissi,
indicibilmente sollevato.
Non sapevo cosa attendermi da lei; so solo che ad un certo
punto si congedò definitivamente dai suoi genitori, e mi fece cenno di
seguirla. Lo feci, e mi portò al piano superiore della sua dimora, dove non
avevo mai messo piede fino a quel momento. Ma non si fermò.
Jasmine cominciò a percorrere una ristrettissima scala a
chiocciola che portava ancora più un altro, ma chissà dove; ero certo che la
casa, almeno vista da fuori, dimostrasse di possedere solo due piani, e non
volevo proprio credere che la ragazza mi volesse portare in soffitta, così,
senza alcun motivo.
Dal lucernario entrava la luce della luna.
Quella era una delle rarissime sere invernali in cui la
nebbia non offuscava ed avvolgeva tutto.
Io e Jasmine eravamo sdraiati, l’uno a fianco dell’altra. Non
c’eravamo scambiati altro che un bacetto, fino a quel momento, e pure casto, e
l’unica cosa che avevamo fatto era stato sdraiarci sulla pavimentazione in
legno di quell’angolo di soffitta, bassa ma ampia.
‘’Vengo spesso, qui, la sera. D’estate fa troppo caldo, si
soffoca, ma durante l’inverno, quando non ci sono nubi o nebbia, e il cielo è
terso, si possono vedere tante stelle, e la luna…’’.
Jasmine aveva lo sguardo perso al di là di quel vetro che non
era poi più di tanto distante dalle nostre facce, ma che pareva volerci
separare irrimediabilmente dalla volta celeste, come volesse creare una
barriera invalicabile. L’imperscrutabile era sopra di noi, e ai miseri umani
restavano i sogni per potersi aggiudicare una parte di esso, seppur in modo
fantasioso.
‘’E’ un bel posto’’, mentii relativamente. Non mi ero ancora
rilassato lì, come invece era accaduto alla mia amata, che sembrava così tanto
persa nei suoi pensieri e con lo sguardo da non riuscire neppure più a vedermi.
Mi dava quell’impressione strana.
‘’Non è un bel posto, so che mi stai mentendo. Ti conosco un
po’ ormai, e so quando dici una bugia solo per farmi contenta. Non sei bravo
per nulla a dirle’’.
Sorrisi, alle parole per nulla adirate della mia cara
interlocutrice.
‘’Non essere così…’’.
‘’Non ha importanza, non devi scusarti di nulla. Capisco’’,
si limitò ad affermare di nuovo, non lasciandomi dire nulla.
Per un attimo, credetti che da lì a poco avremmo avuto il
primo screzio della nostra relazione, e lasciare che tutto s’incrinasse solo
per una situazione sciocca di quel genere mi fece quasi innervosire. Poi, però,
decisi di lasciarmi andare anch’io, come se la magia del Natale fosse riuscita
ad entrare dentro di me e a farsi uno spazio tutto suo.
L’imperscrutabile, ciò che si nascondeva dietro a
quell’invernale volta celeste, forse si stava manifestando anche dentro di me.
‘’Sono così stanca, Antonio’’, sussurrò Jasmine, dopo
parecchi minuti di fragoroso silenzio.
‘’Di cosa?’’.
Temetti quasi che stesse parlando di me.
‘’Di tante cose. Non mi va più nulla, ultimamente. Sono
sempre un po’ triste, ma per fortuna molte volte ci sei tu. Anche solo se ti
penso mi sento nuovamente piena di energie, non so se mi capisci’’.
‘’Ti capisco. Giuro’’.
‘’Grazie per esserci sempre. So che fino ad ora sono stata
spesso molto fredda con te. Mi dispiace, ma proprio faccio fatica a
sciogliermi, forse l’amore non fa per me. Però so cosa provo per te, e so che è
amore. Sei un ragazzo eccezionale’’.
Tutti quei sussurri erano stati pronunciati lentamente,
mentre la ragazza continuava a tenere lo sguardo fisso verso l’alto, senza mai
roteare il volto o gli occhi verso di me. Era totalmente assorbita
dall’infinità profonda del cielo.
‘’Grazie per queste belle parole’’, mi limitai a dirle,
impacciatamente, senza avere il coraggio per aggiungere altro.
‘’A volte sogno di diventare una scrittrice’’.
‘’Cosa?!’’, quasi sobbalzai, sorpreso da quella frase
pronunciata quasi con circospezione, ma comunque con sicurezza.
Stavamo parlando di tutt’altro ed ecco che la mia Jasmine
decise di cambiare repentinamente argomento. Fu come se lei mi stesse cercando
di dimostrare che aveva voglia di parlare del suo futuro, dei suoi sogni, e
questo mi spinse a desiderare che continuasse ad esprimersi, magari con maggior
chiarezza.
‘’Non stupirti. È un mio sogno, e ringraziami per il fatto
che te l’ho svelato’’, mi riprese, subito dopo.
Mi rilassai e sorrisi, tra me e me. La mia solita Jasmine
sapeva essere una dolce caramellina e un pezzo di ghiaccio allo stesso tempo,
quando voleva.
‘’Rilassati. E grazie per avermi detto qualcos’altro di te’’,
le dissi, dolcemente, afferrandole una mano con delicatezza.
Di fronte a quel gesto, la ragazza parve sciogliersi e
rilassarsi.
‘’Solo chi scrive può conoscere la libertà, a questo mondo’’,
quasi sospirò, gli occhi opachi e velati sempre puntati verso l’altro e le
stelle.
Non dissi nulla ma le strinsi con più calore la mano tra le
mie, sempre con dolcezza. Le nostre mani erano così diverse, parevano destinate
a non sfiorarsi mai. Eppure, ciò era ugualmente accaduto; non aveva avuto
importanza che le sue fossero più scure delle mie, che le sue dita fossero più
affusolate, che le sue unghie fossero ben fatte e più curate, mentre le mie
erano schifosamente larghe e in alcun modo belle alla vista.
Il nostro contatto era splendido, perché a sfiorarsi non era
solo qualche dito o due mani, ma la diversità e la voglia estrema di conoscersi
meglio. Tutto ciò mi sembrava magnifico.
‘’Se scrivi, puoi crearti il tuo mondo. Insomma, ti rendi
conto del potere della scrittura? Lo scrittore diventa una sorta di divinità
implacabile per i suoi personaggi e protagonisti, e può addirittura deciderne
la vita o la morte. La sua scrittura diventa una sorta di mondo parallelo dove
anche altri possono entrare in punta di piedi, e con il più grande strumento
che sia mai stato offerto all’essere umano, ovvero la mente e la sua
fantasia’’, proseguì Jasmine, notando il mio evidente silenzio.
‘’Anche la scrittura in fondo è un gioco, come la vita
reale’’, mi venne da buttare lì, senza riflettere troppo.
‘’Come?’’.
Non mi sarei mai aspettato che lei fosse così curiosa di
approfondire quella mia frase. Mi misi a riflettere, per non fare la figura
dello sciocco.
‘’La vita è come un gioco, se ci pensi, in fondo. Come ci ha
fatto superficialmente notare più volte Roberto, il mio inquilino! Ciascuno di
noi è quasi una sorta di pedina, che si muove su una scacchiera grande come il
nostro mondo, e nel suo piccolo, perché sarà sempre immerso nel suo piccolo,
sarà costretto a fare scelte per condurre al meglio la propria vita. Non so se
mi hai compreso. E lo scrittore fa la stessa cosa coi suoi personaggi; li
schiera, li mostra al lettore, li fa entrare un po’ per volta nello scacchiere
del racconto, e poi magari li fa uscire in qualche modo… insomma, scrittura e
vita reale sono molto simili’’, tentai di dire, sfruttando la mia profondità
del momento.
‘’E’ la vita che si riflette nella scrittura. Siamo umani,
no? E allora… l’uomo copia il vero gioco della vita all’interno delle sue
opere’’, aggiunse la ragazza, facendosi ancor più pensierosa e riflettendo
amabilmente su ciò che le avevo appena detto.
‘’Tu saresti un’ottima scrittrice. Lo vedo dai tuoi occhi,
così presi da tutto ciò che li circonda, così attenti. E poi serve molta
interiorità e forza di volontà, per portare a termine un libro o un racconto
scritto; e tu, fidati, le hai. Hai tutte le carte in regola’’.
La mia amata sospirò alle mie parole, e prese a ricambiare la
mia gentile stretta sulle sue mani. Anche i prolungamenti dei nostri arti si
stavano intrecciando un po’ come la trama di un racconto, mentre le nostre dita
giocherellavano le une contro le altre.
‘’Tu vedi sempre l’aspetto positivo di tutto. Sarò mai
all’altezza? Finora ho scritto solo qualche poesia, ma vorrei scrivere un
racconto vero e proprio. Di quelli articolati, a più capitoli, e con un inizio
e una fine’’.
‘’Ce la puoi fare. Sul serio, sei in gamba’’.
Guardai il suo viso, illuminato dal chiarore della luna, e
notai che la mia interlocutrice stava sorridendo.
‘’Sarebbe un sogno’’.
‘’Il bello dei sogni è che, se lo vuoi davvero, essi sanno
diventare realtà’’, quasi completai la frase.
‘’Per me sarebbe davvero stupendo realizzare questo sogno, ma
prima vorrei andare all’università, una volta finite le superiori. Così potrei
approfondire le mie conoscenze! E poi…’’.
Jasmine non riuscì mai a completare quella frase. Il suo
cellulare emise bruscamente uno squillo, ed interruppe irrimediabilmente il
nostro momento di catarsi interiore. Mi dispiacque tantissimo, anche perché non
eravamo mai giunti ad avvicinarci così tanto, quasi riuscendo ad afferrare a
vicenda le nostre agitate anime.
La ragazza non attese tempo, ovviamente, e con grande
curiosità lanciò la sua mano alla ricerca dello strumento tecnologico.
‘’Non ho idea di chi possa essere. Questa sera non doveva
farsi sentire nessuno, tantomeno mandarmi messaggi. Chi mi abbia scritto,
proprio non lo so’’, quasi si scusò, cercando di mantenere una parvenza quieta
mentre le sue mani agitate la tradivano, dopo essere fuggite improvvisamente
dalla mia pacata stretta.
Non appena afferrò il cellulare, estraendolo dalla tasca
laterale dei suoi classici jeans attillati e femminili, fece illuminare subito
lo schermo e s’irrigidì.
Non potendo sapere altro, io mi limitai a restare ad
osservarla, mentre lei, sempre più pensierosa ed agitata, leggeva quello che
doveva essere un lungo messaggio scritto. Mi limitai ad attendere pazientemente
e cortesemente che lei avesse finito, poi mi capitò d’incrociare fin da subito
il suo sguardo, per la prima volta volto verso di me da quando eravamo in quel
lucernario, e mi donò un sorriso, di quelli quasi increduli.
Io sostenni il suo sguardo ed assunsi un’espressione
interrogativa, di fronte a quella reazione non proprio consona al momento.
‘’Oddio, Antonio. Mi viene quasi da piangere dalla gioia’’,
disse all’improvviso, lasciando trasparire ancor più evidentemente le sue
emozioni.
‘’Ma… cos’è successo?!’’, sussurrai, cominciando ad agitarmi
senza motivo.
‘’Alice, Antonio. Alice. Sua madre mi ha appena mandato un
messaggio in cui m’informa che la ragazza si è risvegliata e sembrerebbe stare
bene. È sotto osservazione e resterà ancora per un bel po’ ricoverata in
ospedale, ma parrebbe che tutto abbia intenzione di rimediarsi, almeno in
parte.
‘’Da quel che ho capito si è risvegliata alcuni giorni fa, ma
il suo stato era molto precario, e solo ora i medici hanno fatto sapere che ci
sono ottime possibilità che la ragazza possa riprendere, nei prossimi mesi, a
vivere normalmente… ed inoltre pare, al momento, fuori immediato pericolo. Certo,
per lei sarà comunque un’esistenza dolorosa, purtroppo, e le difficoltà ci
saranno, ma almeno… almeno si è risvegliata. La nostra cara amica lotterà con
tutte le sue forze per vincere questa grande battaglia, ne sono certa!’’, e
dopo quella lunga serie di parole colme di speranze e di felicità allo stato
puro, Jasmine si rotolò in un attimo verso di me e mi abbracciò forte,
stringendomi a sé.
Senza parole, felice anch’io e speranzoso, ricambiai la sua
stretta euforica.
‘’Sono certo che ce la farà. Quando tornerà a casa andrò a
trovarla ogni giorno, non la lascerò mai più sola. Mai più…’’, continuò a
ripetere la ragazza, mentre ancora ci abbracciavamo.
‘’Ne sono certo’’, le assicurai, sfiorandole i capelli ricci
ed ispidi con le mie mani, per poi tornare a stringerla con vigore a me e a
darle un rapido bacio sulle labbra. Ma la mia amata era perduta nella sua
felicità. La felicità offertale dal fatto che forse la sua amica si sarebbe
potuta salvare da quel male che l’aveva condotta a pochi millimetri dalla
morte.
Anch’io ero molto felice, per quella notizia. In un certo
senso, mi sentivo un po’ sollevato da quel peso opprimente che dalle settimane
precedenti pareva non avere intenzione di darmi tregua.
Sono tutt’ora convinto che quel Natale fosse stato davvero
magico, impregnato di forze benigne, e lo ricordo ancora in un modo molto
nitido.
NOTA DELL’AUTORE
Carissime lettrici e carissimi lettori, siamo giunti quasi
alla fine!
Come ormai ben saprete, lunedì prossimo pubblicherò l’epilogo
di questo racconto.
Personalmente, non so ancora cosa pensare di esso. So solo
che a modo suo è stato una sorta di amico, che mi ha fatto compagnia nei
momenti vuoti e smorti di questi ultimi nove mesi.
Spero solo che a voi, che mi avete seguito fino a questo
punto(e non era facile farlo, quindi mi complimento davvero tantissimo con
chiunque sia giunto fin qui), la vicenda abbia saputo offrirvi un modesto
intrattenimento, e che abbia saputo passarvi un pizzico di speranza. In fondo,
lo scopo ufficiale dell’intero racconto era proprio questo, ovvero tentare di
mostrare che, anche quando sembra che si stia toccando il fondo, esiste pur
sempre un domani. E in un domani, anche imminente, il sole tornerà sempre a
sorgere di nuovo.
Grazie a chi ha continuato a sostenermi fino a questo punto!
Lunedì prossimo vi ringrazierò ancor più approfonditamente.
Grazie di cuore a tutti, e buona giornata! A lunedì prossimo.