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Autore: Carme93    26/12/2016    1 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventiseiesimo
 
Tendimi la mano
 
 
Le lettere scarlatte si ridussero in brandelli sotto gli occhi esterrefatti e scioccati dei legittimi proprietari e degli altri ragazzi che avevano assistito alla scena. James circondò Louis con un braccio e si sedette accanto a lui con un sorriso.
«Era tanto che non sentivo zia Fleur urlare in quel modo» celiò, ma questo non aiutò più di tanto il cuginetto. James osservò gli altri Corvonero: Drew Jordan aveva un’espressione speculare a quella di Louis, d’altronde conosceva perfettamente lo stile della signora Jordan anche se non aveva più effetto su Tylor; Brian Carter teneva stretta in una mano una pergamena ripiegata, con l’altra teneva la forchetta con cui giocava distrattamente con l’omelette nel suo piatto senza però mangiarla; Annika ormai si sedeva distante dai tre ragazzi poiché aveva litigato con Louis, ma sembrava terribilmente annoiata ad ascoltare le altre ragazze. I Corvonero li osservavano infastiditi, quasi arrabbiati alcuni. «Facciamo un giro, ok?» gli propose James.
Louis lo seguì meccanicamente, desideroso di allontanarsi da tutti quelli sguardi. «Io e tua sorella abbiamo stabilito una tregua» lo informò. «Pensiamo che Fred abbia superato ogni limite, per questo presto organizzeremo una riunione. Deve darsi una calmata. Dobbiamo fidarci almeno di noi».
 
«Tu non pensi che io abbia fatto una cosa grave?».
 
«Beh sì… e comunque non vorrei mai contraddire zia Fleur… Non sia mai che mandi una strillettera anche a me!» replicò James, strappando un sorrisino a Louis. «Benvenuto nel Club, comunque».
 
«Quale Club?» chiese Louis tirando su con il naso.
 
«Dei combinaguai, no? Ora sì che sei un Weasley perfetto».
 
«Non credo che mio padre la pensi così» borbottò.
 
«Sicuramente, no. Zio Bill non credo sia mai stato il tipo che infrange le regole. Comunque non ti preoccupare. Anche Al l’anno scorso si è beccato una strillettera da papà e papà non ama le strillettere, ma è risultato il migliore del terzo anno. Non è la fine del mondo, no?».
 
«Sono un disastro, Jamie. È questa la verità» mormorò Louis, sedendosi su un gradino. A quell’ora non c’era nessuno in giro.
 
«Un disastro? Quanti ragazzi del primo sono in grado di realizzare la Pietra Filosofale?».
 
«Mica ce l’ho fatta! Erano sbagliate le dosi e in quel caso la precisione è fondamentale. Ho fallito, Jamie. È inutile che provi a consolarmi. Annika non mi parla più perché l’ho trattata male e ho messo nei guai Drew e Brian. Li hai visto come sono giù. Sono un pessimo amico! Mamma e papà sono arrabbiati con me e anche Mcmillan e Williams! Ho fatto solo danno. Mi sento così stupido!».
 
«Lou, con un quoziente intellettivo come il tuo sei tutto tranne che stupido! Ingenuo, impulsivo, timido e quello che vuoi, ma non stupido! E i tuoi amici non ti odiano. Te lo dico per esperienza: se ti vogliono bene ti perdoneranno, se non te ne vogliono non hai perso nulla. Agli zii passerà e per quanto riguarda i prof, figurati quante ne hanno viste. E gli hai mostrato il tuo talento! Senti, anche se hai sbagliato le dosi non vuol dire che non hai fatto un buon lavoro. Soprattutto per la tua età».
 
«Non mi hanno espulso perché sono un Weasley?».
 
James fu preso in contropiede da quella domanda, avrebbe voluto negare immediatamente, ma dovette trattenersi: la sua era una domanda intelligente. Quello che avevano fatto Louis e Annika era gravissimo, eppure non erano stati espulsi. «Non lo so» ammise. «Dovresti chiederlo a Williams».
 
«Se troverò il coraggio, lo farò» mormorò Louis affranto.
 
James gli strinse la spalla con una mano. «Andrà tutto bene, ok? Io ci sono sempre. Quello di Fred è stato solo un errore, noi saremo sempre uniti. Promesso».
 
«Anche se sono un problema e sono inutile?».
 
Il Grifondoro sbuffò. «Tu. Non. Sei. Stupido!» scandì con forza e poi sorrise. «E nemmeno un problema se è per questo. Conosco un po’ di gente che direbbe che la nostra famiglia è composta solo da piantagrane». Louis sorrise di nuovo alle sue parole. «Se vuoi ho un modo per dimostrarti che non sei inutile».
 
«E come?».
 
«In un tranello del diavolo formato gigante
nel verde folto
alla luce d’adamante
della luna, troverete
inesistente figura.
Afferrate, dunque, il fumo
se vi riuscite
acchiappate nessuna cosa e nessuno» recitò James, tentennando lievemente in qualche passaggio.
 
«È un indovinello?»
 
«Già. Non riusciamo a risolverlo. Tu sei bravo con gli indovinelli».
 
«Risolvere gli indovinelli non è utile» bofonchiò il ragazzino.
 
«Lou, ascoltami bene. Questo indovinello spiega quale sarà la seconda prova. Per me è vitale scoprirlo. Devi aiutarmi. Benedetta e Robert pensano che i primi versi indicano il luogo dove si terrà e gli ultimi quello che dovrò fare. Ti prego, non saprei a chi chiederlo».
 
Louis lo fissò a bocca aperta per qualche secondo. «Lo stai chiedendo a me?». Era stupito.
 
«E a chi se no? Mi affido a te. O farò la figuraccia peggiore della storia».
 
«Ce la metterò tutta, promesso» disse con slancio Louis e abbracciò il cugino, che dopo un attimo di sorpresa ricambiò la stretta.
 
*
 
Albus uscì da Storia della Magia sorridendo in compagnia di Summer Abrial e Valere Bonnet, due ragazzi della Delegazione francese, che seguivano la lezione con loro. Sembravano felici, anche se annoiati: insomma la Dawson era brava, ma la storia non piaceva a tutti. Rose e Cassy avevano bigiato come facevano spesso, così il ragazzino si era ritrovato solo con Alastor e Dorcas. Decisamente una compagnia più affidabile quando si tratta di seguire le lezioni con serietà. E aveva fatto la conoscenza dei Francesi.
 
«Signor Potter, posso scambiare una parola con lei?».
 
Albus sobbalzò e si voltò di scatto: aveva riconosciuto immediatamente la voce divertita. «Papà, che fai qui?» chiese stupito. Harry lo strinse brevemente a sé e poi salutò i suoi amici, che ricambiarono e poi li lasciarono soli.
 
«Dovevo parlare con la McGranitt e ho pens-».
 
«Dovevi parlarle della ragazza africana?» chiese Albus interrompendolo.
 
«Ve ne ha parlato Maxi?».
 
«Sì e siamo molto curiosi. Insomma non è da tutti saper fare quello che fa lei!».
 
«No, non lo è. Comunque sì, ho parlato con la McGranitt soprattutto di questo, ma non ti dirò nulla perché devo rispettare la sua privacy. Ha solo tredici anni e si trova al centro di questioni internazionali. Ti stavo dicendo che ne ho approfittato per portarti questi».
 
Albus riconobbe subito la sacca di tela che il padre gli porgeva: erano i suoi pattini!
«Credevo che non voleste… che, insomma, foste arrabbiati…» borbottò sorpreso.
 
«Arrabbiati? Assolutamente, no Al. Anzi in proposito ti devo una spiegazione. In effetti non ti abbiamo mandato i pattini con la lettera in cui ti dicevamo di aver parlato con Teddy, perché insomma ti abbiamo, diciamo, ripreso su alcune cose e avevamo pensato solo di farti aspettare qualche giorno. Solo che devo ammetterlo, tra i vari impegni miei e della mamma, ci siamo dimenticati. Se non fosse stato per la lettera di James, in cui ci ha praticamente rimproverati… ecco, non so quando ce li saremmo ricordati… Scusa…» disse Harry, passandosi una mano tra i capelli evidentemente imbarazzato.
 
«Jamie, vi ha scritto? Per me?» chiese incredulo Albus.
 
Harry ridacchiò. «Oh, sì. Non dire nulla, però. Mi accuserebbe di rovinargli la reputazione da fratello maggiore rompiscatole». Anche Al ridacchiò. «No, no per carità. Non dirò nulla. Grazie per i pattini, allora».
 
«Di niente, Al. È comunque io e la mamma non eravamo arrabbiati, ma solo preoccupati per quello che ci ha detto Teddy».
 
«Ho sempre avuto qualche problema con gli orari» borbottò Albus.
 
«Ma di solito non sei distratto».
 
«È che ho tanti pensieri. Williams ti ha raccontato i nostri progressi?».
 
«Oh, sì. E sono molto preoccupato».
 
«Nemmeno tu sai qual è il nostro compito?».
 
«No, mi dispiace. State attenti. Per qualsiasi cosa James ha lo specchio per contattarmi e sapete di chi fidarvi».
 
*
Gli Auror stavano pattugliando le coste della Gran Bretagna con il supporto della marina militare babbana, ma ancora non avevano ottenuto risultati degni di nota. Chissà, forse dopo il grave colpo che li avevano inflitto con l’arresto di Goyle e poi la scoperta dei loro loschi affari al Rosier Manor, i Neomangiamorte preferivano procedere più lentamente. Jack Fletcher non conosceva le risposte a quegli inteerogativi, ma aveva imparato fin da piccolo che ognuno ha un compito da assolvere. E lui aveva il proprio in quel momento e a nulla serviva arrovellarsi il cervello su qualcosa che non era in suo potere modificare. Piegò il quotidiano e storse la bocca nel vedere che per l’ennesima volta un ragazzino di Tassorosso sbatteva contro il muro a causa di uno schiantesimo e stavolta sembrò che si fosse fatto abbastanza male.
 
«Ehi, come stai Abbott?» gli chiese inginocchiandosi accanto a lui.
 
«La spalla mi fa male» borbottò il ragazzino.
 
«Fletcher, levati dai boccini. Non ho finito con lui» ringhiò Norris Avery.
 
«La dovete smettere! Questo non è duellare!».
 
«È, invece, sì. Levati o chiamo il professor Solovyov» disse spingendolo di forza lontano. Jack si rimise all’in piedi, avrebbe voluto attaccarlo. Non avrebbe avuto problemi. Si trattenne: non era in quel modo che doveva reagire. Solovyov l’avrebbe buttato fuori e spedito da Mcmillan. No, doveva essere più furbo. Doveva dimostrare di essere affidabile e non poteva farsi trascinare dalla rabbia. Cercò un angolo più buio e si assicurò che tutti fossero presi dai duelli. Solovyov sbraitava contro un gruppetto del secondo anno dalla parte opposta della Sala.
«Maximillian Williams» sussurrò dopo aver estratto un degli specchietti, marca Tiri Vispi Weasley. Aveva i suoi gadget, pensò felice, come ogni buona spia.
 
«Jack, che c’è?».
 
«Venga un po’ a vedere lei stesso» disse, per poi chiudere la conversazione subito dopo.
 
Il ragazzo si spostò verso la porta, ma non perse di vista i duellanti. Se così si potevano definire. A Difesa avevano studiato le regole di un duello e di sicuro non le stavano rispettando. Uno strillo lo distrasse dai suoi pensieri. Individuò senza problemi Arthur Weasley, che era stata schiantato da Rosier. Stupido ragazzino. Aveva detto a lui, Samuel e Amber di non partecipare al Club dei Duellanti. Naturalmente, non l’avevano ascoltato. Che testoni! E se si fosse fatto male veramente, Abbott li avrebbe fatti a pezzi. Aveva ordinato che nessuno della squadra facesse cose stupide e pericolose. Chissà come l’avrebbe presa quando avrebbe scoperto che il suo adorato Cercatore gli aveva disubbidito. Abbott era un bravo ragazzo, ma alle volte con la sua fissazione per il Quidditch, gli dava fastidio. Arthur si era rialzato, quindi non intervenne. Sperò che Williams si muovesse. Trascorsero almeno cinque minuti prima che il professore scivolasse silenziosamente all’interno della stanza. Cavoli, un giorno avrebbe imparato anche lui a muoversi in quel modo! Non l’aveva né visto né sentito nessuno, se non lui che però lo aspettava.
 
«Professore, come vede non è che stanno duellando…».
 
Williams, però, neanche lo ascoltò. «Che storia è questa Solovyov!?» sbottò dirigendosi verso il collega a grandi falcate. Molti ragazzi lo videro e smisero di duellare per seguire la scena.
 
«Non so di che parli, Williams. Sei venuto ad allenarti anche tu?».
 
La mascella di Williams si contrasse bruscamente. «Allenarmi? Allora è questo che stai facendo con questi ragazzi? Li alleni? E per far cosa di grazia?».
 
«Li sto insegnando a duellare. Devo ammettere, però, che sono vergognosi. Dei mollaccioni. Gli allievi di Durmstrang li farebbero a pezzi».
 
«Non vedo alcun motivo per cui i nostri studenti si debbano scontrare con quelli di Durmstrang» ribatté aspro Williams.
 
«Infatti non ho detto che debbano farlo, ma solo che non sono minimamente alla loro altezza».
 
«Perché non conoscono le Arti Oscure? O perché qui non li educhiamo come se fossero militari?».
 
«Mancano di disciplina» ringhiò Solovyov. «E gliela sto insegnando! E ora esci, non gradisco la tua presenza».
 
Williams strinse i pugni e Jack capì che i professori non erano certo più bravi a mantenere la calma.
 
«Si stanno facendo male a vicenda! Questo non è duellare» ringhiò Williams.
 
«Non hai diritto di dirmi come lavorare!».
 
«Sectusempra». I due uomini smisero di discutere per voltarsi verso i due duellanti, ma Jack fu più veloce. Diede uno spintone ad Arthur e fu preso solo di striscio dall’incantesimo di Rosier. Lo sapeva che non doveva perderli di vista. «Stronzo» urlò perdendo il controllo. «L’hai fatto perché è il Cercatore di Tassorosso. Voi Corvonero non sapete accettare la sconfitta! Meno male che poi è sempre colpa dei Serpeverde!».
 
«Fammi vedere il braccio, Jack. Il braccio!» disse con foga Williams allontanandolo da Rosier. Il ragazzo si accorse che aveva il braccio destro zuppo di sangue. Con il senno di poi era stato stupido a non pensare a un Incantesimo Scudo. Davvero molto stupido. Il professore gli strappò la divisa tutto intorno al taglio. Per essere stato colpito solo di striscio, era profondo.
 
«Vulnera saneturvulnera saneturvulnera sanetur…» mormorò Williams come una litania e il taglio lentamente si rimarginò. Gli occhi dell’insegnante dardeggiavano quando si voltò verso Rosier. «SEI IMPAZZITO PER CASO?».
 
Ormai avevano tutti smesso di duellare e li osservavano. «HAI USATO UNA MALEDIZIONE OSCURA CONTRO UN RAGAZZINO DI DODICI ANNI! PER ME SEI FUORI, VATTENE!».
«Non ne hai il diritto. Ha la mia autorizzazione! Cosa credi che io li faccia giocare come fai tu a lezione? Ogni incantesimo è ammesso, tranne le Maledizioni Senza Perdono».
 
«Tu sei pazzo!» sbottò Williams. «Non mi darò pace finché la Preside non ti avrà cacciato fuori! Come ti saresti messo se la maledizione avesse colpito Arthur? Conoscevi il controincantesimo? Chi sei veramente Tiresia Solovyov? Un cartomante da strapazzo che si finge un guerriero esperto? O cosa?» sibilò avvicinandosi sempre di più a lui.
 
Solovyov estrasse la bacchetta e la puntò contro Williams. «Vuoi insegnare ai ragazzi come si duella? Avanti, se sei tanto esperto affrontami!». L’Auror non se lo fece ripetere. I ragazzi istintivamente si allontanarono, mettendosi ai lati della Sala. A Jack non piacque quella situazione. Come doveva comportarsi? Dividerli? Erano due insegnanti, non due ragazzini. La sua autorità di Prefetto non arrivava a tanto. A quanto pare, però, non era il solo a pensarlo. Matthew Fergusson, come sempre in compagnia di Dominique Weasley, si avvicinò al suo Direttore.
 
«Signore, non credo sia il caso…» tentò timidamente, ma proprio in quell’istante Solovyov attaccò, Williams evocò uno scudo repentinamente e spinse di lato Matthew. «Fuori dai piedi. State lontani tutti!» ordinò, mentre respingeva un altro attacco.
 
«Che c’è Williams non sai attaccare?» lo sbeffeggiò il professore di Divinazione. Il duello entrò nel vivo e Jack ebbe difficoltà a seguirlo, a tratti vedeva lampi di luce senza capire chi ne era l’autore. Con la coda dell’occhio colse Matthew che si affrettava a far uscire tutti gli studenti di testa sua.
 
«Esci, Fletcher» gli disse passandogli accanto.
 
«No, io voglio guardare!». Non voleva perderseli! Erano stupefacenti! Non aveva mai visto nulla del genere! Non se lo sarebbe perso!
 
«Muoviti, è pericoloso!» sbottò Matthew fermandosi.
 
«Mi so difendere!».
 
«Jack, esci! O tolgo punti a Tassorosso!».
 
«Non mi interessa. Lasciami guardare!».
 
Matthew s’irritò. «Bene, allora quindici punti in meno per la tua incoscienza!».
 
Lui incosciente? E quei due che duellavano come li chiamava? S’impuntò e Fergusson dovette lasciarlo in pace. Il duello si faceva sempre più emozionante: nessuno dei due contendenti arretrava minimamente. Su una cosa Williams aveva senz’altro ragione: Solovyov non era un semplice cartomante. All’improvviso la bacchetta volò di mano ai due professori. Paciock e Mcmillan erano all’entrata della Sala, con un’espressione seria e preoccupata. Il professor Solovyov riprese bruscamente la sua bacchetta dalle mani di Paciock e abbandonò la Sala dei Duelli con un’espressione sprezzante dipinta in viso.
 
«Devo andare» disse atono Williams dopo che Paciock gli restituì la bacchetta. I suoi colleghi lo seguirono e Jack decise di fare altrettanto.
 
«Maxi, vorremmo una spiegazione» disse Mcmillan con un tono tutt’altro che accondiscendente.
 
«Non c’è nulla da spiegare se non che Solovyov è un incosciente ed è pericoloso per l’incolumità degli studenti» replicò Williams a denti stretti.
 
«Stavate duellando!» sbottò Paciock irritato.
 
Williams non rispose ed entrò come una furia nella sua aula, dove si sedette alla cattedra sotto gli occhi allibiti di Annika, Louis, Brian e Drew.
 
«Maxi, dobbiamo parlare! Quello che è successo è gravissimo!» disse Mcmillan.
 
«Andatevene a letto voi e anche tu Fletcher» ordinò Neville. I cinque ragazzi esitarono, soprattutto i Corvonero non sapevano se dovevano aspettare o meno il permesso del loro Direttore. Brian non aveva mai visto il suo padrino in quello stato e si preoccupò per lui. «Maxi, dilli che possono andarsene» sbuffò Mcmillan comprendendo la loro titubanza. L’Auror tolse la mano dal volto, sembrava essersi ricomposto lievemente. «Potete andare, ragazzi. Ci vediamo domani sera alla stessa ora e vi chiederò di ripetermi quello che avete studiato questa sera. Jack, vai anche tu».
 
«Professore, ma sta bene?» chiese titubante Brian rimanendo indietro.
 
«Sì, sto bene. Stai tranquillo, Brian».
 
*
«James, ma cos’hai in mente? È l’una di notte!».
 
«Abbiamo la Mappa del Malandrino e il mantello dell’invisibilità. Non ci beccherà nessuno. Ti fidi di me?».
 
Benedetta senza esitare rispose: «Sì, ma sei un po’ spericolato».
 
James rise. «Un poco? Comunque non ti metterei mai nei guai!».
 
«Dove stiamo andando?».
 
«È una sorpresa» replicò James con un largo sorriso. «Permetti?» chiese con un sorriso alzando il mantello. Benedetta annuì sorridendo a sua volta. Così il ragazzo coprì entrambi. Lentamente, poiché dovevano evitare qualsiasi rumore e controllare costantemente la mappa, percorsero i corridoi silenziosi.
 
«È la prima volta che esco dopo il coprifuoco, se non per la ronda» sussurrò Benedetta.
 
«Lo so. Cosa faresti senza di me?». Benedetta non rispose, ma gli strinse la mano. James sorrise. «Siamo arrivati!» annunciò a bassa voce.
 
«Il Bagno dei Prefetti?».
 
«Già. Hai detto che ti piace un sacco il mare. Qualche giorno fa… quando ti hanno mandato quella foto… eri molto nostalgica…».
Benedetta gli diede un bacio sulla guancia. «Beh il mare italiano non è certo paragonabile alla vasca del Bagno dei Prefetti. Vorrei tanto che tu venissi con me quest’estate. Comunque è molto dolce da parte tua». James disse la parola d’ordine ed entrarono tenendosi per mano. «L’hai mai provato?».
 
«No, perché… insomma abbiamo sempre fretta… i nostri compiti da Prefetto e la preparazione per i G.U.F.O…».
 
«A me l’hanno raccontato mio padre e Fred. È spettacolare» disse eccitato James, cominciando ad aprire un po’ tutti i rubinetti.
 
«Vuoi davvero farti il bagno?» chiese incerta Benedetta.
 
«Non sono amante dell’acqua come Al, ma ho sempre adorato i bagni caldi» replicò James sfilandosi la maglia del pigiama. Poi colse l’espressione imbarazzata di Benedetta e sorrise. «Ho il costume di sotto, tranquilla. Non mi permetterei mai di… insomma hai capito… E ho questo regalo per te» disse, con le orecchie sempre più rosse, e gli porse una busta colorata. «Ha fatto tutto Domi. È una gran bella cosa la tregua che abbiamo sancito». Benedetta aprì la busta incerta e divenne sempre più rossa tirando fuori un costume da bagno. James di fronte alla sua reazione perse un po’ di sicurezza.  «Scusa, insomma… non volevo chiederti nulla di troppo… non volevo fare nulla di male… con i costumi…». Benedetta ridacchiò nervosa. «Stai tranquillo. Non penso nulla di male. Anche se sì, è un po’ imbarazzante. Però come lo metto? Cioè…».
 
«Oh… ehm… i-io mi volto… certo, che mi volto…» rispose James dandole le spalle.
 
«Puoi girarti» disse Benedetta, dopo essersi cambiata. James sorrise vedendola in bikini. «Stai benissimo. Sarei felicissimo di venire con te in Italia quest’estate». Dopodiché si sfilò i pantaloni del pigiama e le prese la mano.
«Ci tuffiamo insieme?».
 
Benedetta rise e annuì. Saltarono schizzando da ogni parte. Risero di cuore e poi iniziarono a schizzarsi a vicenda, mentre enormi bolle di sapone volavano per tutto il bagno.
 
«L’acqua è bellissima» disse Benedetta, provando a nuotare. «Tu sai nuotare, vero?».
 
«Certo» rispose il ragazzo fingendosi offeso, ma quando Benedetta inarcò un sopracciglio ammise: «Sto a galla».
 
Lei rise e lo tirò per la mano. «Ti insegno io».
 
«Ok, va bene. Però io ti insegnerò a volare».
 
«Affare fatto» disse Benedetta. Si Strinsero la mano e continuarono a fare su e giù con le braccia come a rendere il patto più solenne, poi rendendosi conto di essere buffi scoppiarono a ridere. Giocarono per un po’ a fare il morto a galla, poi si sfidarono a trattenere più a lungo il fiato sott’acqua e si schizzarono a lungo.
 
«E sono saltati nella piscina gonfiabile schizzando quelli più vicini e istigando gli altri a far altrettanto» raccontò James.
 
«Non ce lo vedo tuo fratello a fare certe cose».
 
«Infatti l’ha convinto Rose come sempre. Mamma sembrava pronta a scagliargli un orcovolante, ma papà ha messo subito la pace affermando che in fondo era solo un gioco, almeno finché zio George non ci ha spinto lui nella piscina…».
 
«Noo… Sul serio?».
 
«Oh, sì… allora mamma si è messa a ridere e papà ha spinto zio George, che aveva spinto zio Ron e ti giuro non si capiva più nulla a un certo punto… Alla fine è intervenuta nonna Molly e ha spedito tutti a letto. Mamma mia, quando si arrabbia è terribile. Le obbediscono tutti».
 
«Tua nonna è un mito!».
 
«Lo so, io l’adoro».
 
Rimasero per un attimo in silenzio e si resero conto di aver parlato a lungo: tutte le bolle erano sparite. «Forse dovremmo tornare».
 
«Già, mi sa di sì».
 
Impiegarono un po’ di tempo a rivestirsi, perché non facevano che ridere per ogni cosa. «Ora basta, proviamo a essere seri» provò James. «Sarebbe stupido farci beccare».
 
«Ok, tengo io la Mappa se vuoi». James gliela passò e lasciò che guidasse lei. Dovettero cambiare strada un paio di volte per evitare prima Pix e poi la McGranitt.
 
«Ma che fa in giro a quest’ora? Soffre di insonnia?» borbottò James.
 
«Beh, gli anziani spesso hanno problemi di sonno».
 
«Non riesco a pensarla come un’anziana» sussurrò James. «Dai quando si arrabbia, sembra peggio di mia mamma». Benedetta rise, ma poi si bloccò.
«Che c’è? Non dirmi che ce l’abbiamo alle spalle» disse con voce roca James.
 
«No, ma tuo cugino Louis è vicino al ritratto della Signora Grassa».
 
«Lou?» ripeté sorpreso. «Forza, andiamo a vedere che ha».
 
«Eccolo» disse Benedetta. Il ragazzino da un angolo studiava con attenzione il ritratto della Signora Grassa.
 
«Louis! È tardissimo! Che fai in giro a quest’ora?».
 
«Dovevo assolutamente parlarti. Ho risolto l’indovinello!» disse eccitatissimo. «Però non sapevo come entrare» aggiunse indicando il ritratto che celava l’entrata della Sala Comune di Grifondoro.
 
«Davvero? Ci hai messo solo un giorno!» commentò stupito James.
 
«Non è il luogo per parlare. C’è ancora la McGranitt in giro» li avvertì Benedetta.
 
«Giusto, allora facciamo così» disse James e mise il mantello su Louis. «Sbrighiamoci. Tu stai attaccato a noi». Ce ne volle di pazienza per svegliare la Signora Grassa che iniziò a lamentarsi e a rimproverarli per l’ora. Benedetta fissava la Mappa sempre più agitata. Per fortuna la donna decise di farli passare.
 
«Per un soffio» disse James scoppiando a ridere. Aveva fatto entrare Benedetta e poi spinto dentro Louis, ancora nascosto dal mantello. Per ultimo era entrato lui. «Allora?» chiese, dopo essersi accomodato nelle poltrone vicino al camino, dove il fuoco scoppiettava felice. «Adoro gli elfi domestici».
«Secondo me è una prova impossibile» disse Louis preoccupato.
 
«Non possono fare una prova impossibile. Avanti dicci dell’indovinello».
 
«Il tranello del diavolo gigante è la Foresta Proibita. È lì che si svolgerà la prova».
 
«Stai scherzando, vero? Insomma la Foresta Proibita è… è proibita! Ci sono creature pericolose là dentro…» iniziò Benedetta, ma James la fermò scuotendo la testa. «Chi ha organizzato questo Torneo non è sano di mente, lo sappiamo. E quello che dice Louis ha senso. Lo sai. Che cosa devo fare, oltre non diventare la cena di un lupo mannaro o di una acromantula? Che cos’è che devo acchiappare?».
 
«Un demiguise» rispose semplicemente Louis.
 
«Quello dei mantelli dell’invisibilità?» chiese sorpreso James.
 
«Sì. Ascolta» disse Louis, che teneva tra le mani una copia di “Animali fantastici: dove trovarli” di Newt Scamander. «“Il Demiguise si incontra in Estremo Oriente, anche se solo con gran difficoltà, perché è in grado di rendersi invisibile quando minacciato può essere visto solo da maghi abili nel catturarlo. Il Demiguise è una bestia erbivora pacifica, simile nell’aspetto a uno scimmione, con grandi occhi neri e tristi molto spesso celati dal pelo. Tutto il corpo è ricoperto di pelo lungo, sottile, setoso, argenteo. Alle pelli di Demiguise viene attribuito un gran valore perché il pelo può essere filato per fare i Mantelli dell’Invisibilità”».
 
«Nessuno di noi è minimamente abile» borbottò James. «Questa volta non sono avvantaggiati neanche quei due che sono del settimo anno».
 
«Ci sarà un modo!» disse Benedetta.
 
«E quale? Come fai a prendere qualcosa che è invisibile? Afferrate, dunque, il fumo /se vi riuscite / acchiappate nessuna cosa e nessuno… Che ironia del cavolo che hanno!».
 
«Troveremo una soluzione. Da domani andremo in biblioteca a fare delle ricerche» disse Benedetta, strappando un sorriso al ragazzo. «Perché ridi?».
 
«In questo momento mi sembri tanto zia Hermione». Anche Louis ridacchiò. «Grazie mille, Lou» disse James sincero. «Tua cugina lo sa?».
 
«Non lo so» rispose il ragazzino pensieroso.
 
«E tu diglielo» disse James fissando il fuoco.
 
«Va bene. Senti mi aiuti a tornare in Sala Comune, per favore?».
 
«Certo, andiamo».
 
Trascorsero tutto il percorso in silenzio, attenti a ogni minimo rumore. James controllava costantemente la Mappa, ma la luce era fioca ed era anche stanco.
 
«Vuoi entrare? Dai, così saremo pari. Sai, anche la nostra Sala Comune è bella».
James avrebbe voluto dir di no e tornare di filato indietro e andare a letto, ma lo sguardo speranzoso di Louis era troppo dolce. Doveva farsi spiegare come fare: con quello avrebbe evitato l’ira della madre più spesso. Forse.
 
«Ok, ma solo cinque minuti».
 
Louis felice tirò il battente del corvo e quello parlò, spaventando un po’ James, in quanto risuonò nel silenzio.
 
«Io prima entro e poi apro. Chi sono?».
 
«La chiave» ribatté subito Louis. «Vieni» disse tirandolo per un braccio. Per un attimo venne loro un colpo quando videro un’ombra.
 
«Ehi» disse semplicemente Brian palesandosi, tranquillizzando entrambi.
 
«Non dormi?» chiese sorpreso Louis. Il ragazzino distolse lo sguardo e bofonchiò qualcosa che suonò tanto come incubi.
«Me ne vado, se volete».
 
«No, tranquillo. Sono qui solo per dare un’occhiata. Il rosso, però, è più bello» dichiarò James con un sorriso malandrino.
 
«Sì, certo come no» ridacchiò Louis. Un sorrisetto sfuggì anche a Brian.
 
«Vabbè è meglio che andiamo tutti a letto, però. Siamo distrutti» disse James dopo aver sonoramente sbadigliato. Nel muoversi, però, urtò uno dei divanetti blu e dalla tasca gli cadde un sacchetto, che svuotò a terra parte del suo contenuto.
«Sono rune?» domandò curioso Louis.
 
«Sì, ma non ti preoccupare» replicò rapidamente James, ma Brian, che voleva essere gentile, fu più veloce ad abbassarsi per raccogliere le rune.
 
«Ehi, questa è calda» disse fissandone una con particolare interesse.
 
«Cosa?». James lo fissò spaventato. «Sei sicuro?».
 
«Sì, è calda» ripeté Brian. «Che runa è?».
 
«Non lo so. Non ho mai studiato Antiche Rune» sospirò James, passandosi una mano sul volto preoccupato: aveva solo undici anni, che c’entrava quel ragazzino?
 
*
«La posta» annunciò Alastor.
 
«La strillettera me l’ha mandata ieri. Per cui posso stare tranquilla almeno fino a martedì… o lunedì…» borbottò Rose, infilzando una salciccia.
 
«È quella che roba è?» chiese Cassy, attirando l’attenzione di tutti sul pacco che aveva appena ricevuto Albus.
 
«È di zio George» disse stupita Rose. «Tu hai chiesto a zio George di mandarti uno dei suoi prodotti! Merlino! Oh, Al sono fiera di te!».
 
«Staccati» sbottò il ragazzo, spingendo via la cugina che l’aveva abbracciata. «E smettila di attirare l’attenzione di tutti! È un nuovo prodotto».
«Lo proviamo con la Spinnet?» propose Rose con gli occhi luccicanti.
 
 «Tu sei pazza. Certo che non lo faremo. Mi serve per una cosa importante».
 
«Per cosa?» insisté Rose.
 
«Riguarda la Profezia» sussurrò a voce bassissima. «Se venite nel parco, scoprirete di che si tratta».
 
«E dai, non fare il misterioso!» si lagnò Rose.
 
Albus non le diede retta e si allontanò con lo zaino che pendeva da una sola spalla e il pacco in mano. Frank lo raggiunse subito. Il primo sorrise, perché sapeva che Rose, Cassy, Alastor, Isobel ed Elphias li stavano seguendo. Si fermò in uno spiazzo poco distante dal lago. Era pieno di neve, ma per quello che doveva fare era perfetto. Appoggiò il pacchetto a terra e l’aprì.
 
«Come funziona?» chiese Frank.
 
«Ecco, queste sono le istruzioni» rispose passandogli una pergamena ripiegata.
 
«Tu zio non sarà felice di sapere che usi le sue invenzioni così» scherzò Alastor.
 
«Non ho intenzione di usarle come vorrebbe lui, per quello ci sono Rose, Jamie, Fred, Lily e compagnia bella… sono l’unica voce fuori dal coro?» chiese perplesso.
 
«Eh, l’hai capito finalmente» commentò Rose.
 
«No, dai. C’è Vic» lo aiutò Frank.
 
«Sì, giusto. Lei non ha mai adorato mettersi nei guai» concordò Albus, tirando fuori una valigetta dal pacco.
 
«Che roba è, insomma? Una palude portatile?» domandò Rose impaziente.
 
«Mi dici perché mai una palude dovrebbe aiutarci con la Profezia?» ribatté seccato Albus.
 
«Boh, sarebbe stato divertente».
 
«Al, devi colpirlo con la bacchetta e dire semplicemente Alohomora» spiegò Frank, ripiegando la pergamena.
 
«Probabilmente la valigia è solo il contenitore» commentò Albus, poi si schiarì la gola e pronunciò l’incantesimo. Si allontanò di qualche passo mentre dalla valigia iniziò a espandersi una lastra di ghiaccio. «Bellissima. Zio George è un genio» sospirò.
 
«Una pista per pattinare» disse sorpresa Rose.
 
«Esattamente. Ora dobbiamo solo coinvolgere tutti gli altri ragazzi. Anche quelli di Durmstrang e Beauxbatons».
 
«Perché non hai usato il Lago Nero? È ghiacciato» disse Rose.
 
«Sì, ma Hagrid mi ha spiegato che il ghiaccio non è spesso come sembra. Potrebbe reggere un paio di persone, ma io vorrei coinvolgere molta più gente».
 
«Ho parlato con tuo cugino Arthur. Mi ha assicurato che verrà e porterà anche quella ragazzina di Durmstrang» disse Dorcas, che si era unita a loro.
 
«Perfetto. Io ho parlato con Apolline, Summer e Valere. Sono sicuro che trascineranno tutti i loro compagni. Il problema sono quelli di Durmstrang… Rose, perché mi guardi in quel modo?» sbottò Albus, visto che la cugina lo fissava con una strana espressione.
 
«Cioè fammi capire… Tu sei andato da Hagrid per chiedergli se era sicuro pattinare sul Lago Nero?».
 
«Certo, mica dobbiamo farci male. È per fare amicizia con gli studenti stranieri e avvicinarsi di più tra noi».
 
«Mamma mia quanto sei responsabile» bofonchiò Rose, alzando gli occhi al cielo.
 
«E tu sei un’irresponsabile e…».
 
«E dai, Al non litigate. Non serve a nulla» lo fermò Frank.
 
«Io i pattini ce li ho» disse Al estraendoli dallo zaino.
 
«E noi?» chiese Rose. «E soprattutto perché ne hai parlato con Frank e Dorcas e non con me?».
 
«E anche con Scorpius. Deve coinvolgere i Serpeverde. E non ti ho coinvolto perché eri troppo occupata a far danni in questi giorni».
 
Rose mise su un bel broncio, che però Albus ignorò totalmente.
 
«Al, per i pattini come si fa?» chiese perplesso Alastor.
 
«Con la trasfigurazione, naturalmente» rispose Albus e puntò la bacchetta sulle scarpe dell’amico «Resverto» pronunciò e le scarpe divennero dei bellissimi pattini.
 
«Wow grazie».
 
Albus fece altrettanto con gli altri e poi indossò i suoi. Non ci volle molto a coinvolgere gran parte della Scuola e i Francesi, guidati da Apolline, si mostrarono entusiasti. Arthur, come promesso, aveva portato con sé una Anne Müller inizialmente titubante, ma poi anche ella cominciò a ridere e scherzare spensieratamente. Gli altri ragazzi di Durmstrang in un primo momento si mantennero a distanza, specialmente Dumbcenka che li osservava con ostilità mal celata. Nikolai Krum fu uno dei primi ad abbandonare l’aria altera e rigida che li contraddistingueva, spinto da una delle compagne di Dominique. Sul suo esempio anche altri ragazzi si unirono a loro, ma non tutti. Un gruppetto seguì Dumbcenka all’interno del castello.
Albus, comunque, era soddisfatto: chi pattinava, chi giocava a pelle di neve, chi si rincorreva nel parco, insomma tutti avevano trovato un modo per divertirsi; ciò che contava di più, però, era che si erano mescolati non ponendo più alcuna differenza al colore delle loro divise.
 
«Al, avevi chiesto il permesso?» domandò a un certo punto Rose, dopo averlo affiancato.
 
«Io… beh… perché me lo chiedi?» ribatté lievemente preoccupato.
 
«Non hai chiesto il permesso?!» disse stupita Rose.
 
«Ecco… non credo che vada contro le regole… insomma… per questo non ho detto nulla a nessuno, avevo timore che poi non me l’avrebbero fatto fare…» borbottò Albus. «Ma che importanza ha adesso? A te non è mai interessato nulla delle regole, anzi. Non hai diritto di farmi la predica!» aggiunse sulla difensiva.
 
«Perché stanno arrivando tutti e tre i Presidi, zio Neville e Williams. Naturalmente accompagnati da Dumbcenka e dai suoi amichetti. Ci scommetterei qualunque cosa che è stato lui a chiamarli». Albus si irrigidì e si voltò a guardare nella direzione che la cugina indicava. «Ma se non stai infrangendo nessuna regola, di che ti preoccupi? A me sembra una cosa grandiosa quella che hai fatto. Sono loro che non fanno che dirci che dobbiamo collaborare» lo sostenne Rose.
 
I cinque insegnanti erano sempre più vicini e quando lo furono abbastanza, poterono sentire la voce adirata di Vulchanova. Gli altri, però, apparivano solo perplessi.
 
«Io pretendo di conoscere il colpevole!» sbottò l’uomo nel suo inglese perfetto, ma con un accento molto marcato, che tradiva la sua origine straniera.
 
Albus si accostò prima che Vulchanova rompesse l’armonia che si era creata tra gli studenti. «È stata una mia idea» dichiarò, sorprendendo la McGranitt, zio Neville e Williams. «Non credevo di far nulla di male, però» disse, non riuscendo a evitare di mostrare un po’ di agitazione.
 
«Che i tuoi studenti fossero indisciplinati lo sapevo, ma non mi aspettavo fino a questo punto!» tuonò Vulchanova.
 
La professoressa McGranitt lo incenerì con lo sguardo.
«Non ho alcun problema a mantenere l’ordine nella mia Scuola!».
 
«I tuoi allievi decidono da soli!».
 
«Io lo trovo echanté. Tutti insiome» disse, invece, Madame Maxime.
 
«Infatti, i ragazzi non stanno facendo nulla di male» concordò la McGranitt.
 
«Sprecano il loro tempo. Dovrebbero esercitarsi e studiare. Quello non è il suo Campione? E la signorina non è la Campionessa di Beauxbatons?» disse Vulchanova indicando i due ragazzi e le due Presidi furono costrette a seguire il suo sguardo. James pattinava insieme a Benedetta ridendo, mentre Apolline civettava con tutti i ragazzi presenti.
 
«Il sabato non ci sono lezioni. E sono abbastanza grandi da rendersi conto di dover studiare, ma è questione di maturità. Indipendentemente da ciò, i ragazzi non stanno infrangendo le regole della mia Scuola e io non ho alcun motivo di rimproverarli» disse tagliente la McGranitt.
 
«I miei studenti, invece, si devono esercitare» dichiarò Vulchanova con voce fredda e distaccata. «Disciplina, impegno e determinazione. Questi sono i miei principi cardine. Ed è quello che mi aspetto dai miei allievi». Dopodiché li richiamò tutti e con un gesto imperioso li fece strada verso la nave. Molti lo seguirono imbronciati e infelici, ma nessuno osò ribellarsi al suo ordine.
 
«Bien, vado da Hagrìd. Mi aspetta» disse Madame Maxime alla McGranitt e agli altri professori, congedandosi con un cenno, senza dire assolutamente nulla ai suoi allievi.
Albus, imbarazzato e inquieto, dondolava da un piede all’altro. «Professoressa, le giuro che non era mia intenzione crearle difficoltà».
 
La donna, le cui labbra erano sempre più sottili, si volse verso di lui e lo fissò. «Non c’è problema, Potter. Torna pure dai tuoi compagni».
 
«Grazie, professoressa» mormorò e si allontanò prima che cambiasse idea.
 
«Vulchanova non mi piace» dichiarò Neville.
 
«Come molti dei suoi allievi» concordò Maxi.
 
La McGranitt si limitò a sospirare. «Spesso i ragazzi sono migliori di noi» disse fissando Summer Abrial che, giocosamente, colpiva con palle di neve Cassy Cooman. Entrambe ridevano incuranti del mondo che le circondava. L’anziana Preside sospirò di nuovo e si voltò dirigendosi verso il castello.
 
Angolo autrice:

Ciao a tutti! Innanzitutto Buon Natale a tutti (scusate il ritardo)!
Vorrei fare solo qualche appunto su questo capitolo:
  1. Il brano che parla del demiguise è tratto parola per parola dalla traduzione italiana di “Animali fantastici: dove trovarli”.
  2. L’indovinello della seconda prova (che già appariva nel capitolo precedente) non è opera mia, ma di mio fratello.
  3. L’incantesimo resverto è di mia invenzione. Ho coniato il termine sulla base di un altro incantesimo: feraverto, considerandolo come l’unione di fera+verto.
 
Se vi va lasciatemi un piccolo commento per farmi sapere se la storia vi sta piacendo. Spero che stiate trascorrendo delle buone vacanze.
Vi auguro una buona serata,
Carme93
 
   
 
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