Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: HeyAM    29/12/2016    3 recensioni
Quando lo vide la prima volta, nella sua uniforme, il sangue le si gelò nelle vene. Non era il primo tedesco che vedeva, ma lui era tutta un'altra cosa, quel teschio sul copricapo urlava morte.
Ha dato lui l'ordine lui di uccidere la moglie, vive per l'ideologia di Adolf Hitler, l'uniforme lo ha divorato.
Per lei il rosso è il colore dell'amore, per lui quello del sangue, ma cosa succede se si incontrano?
Dal prologo:
E lui era lì, guardava con sguardo freddo ciò che accadeva attorno a lui, dava l'impressione di essere alto anche se era seduto, le mani erano coperte dai guanti di pelle nera. Gli occhi azzurri dell'uomo la congelarono, sentì una strana sensazione dentro di sé, le cose sarebbero cambiate.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Betta, secondo te morirà?" La voce squillante di sua sorella arrivò alle sue orecchie mentre cercava inutilmente di prendere sonno nel suo letto.
Si girò a guardarla, il suo letto era dalla parte opposta della stanza. A sua volta anche lei era avvolta tra le coperte, tra le mani teneva una bambola di pezza che le era stata regalata anni prima.
"Chi?" Chiede Elisabetta confusa.
"Quel tedesco, quello che papà ha detto che sta per morire." Sentendo tali parole strinse forte tra le mani le lenzuola.
"Non lo so Marina, ma che ti importa?" Chiese di rimando lei, la sorella scosse le spalle per poi rimanere in silenzio. Lei tornò a voltarsi verso la parete.



Dormì poco e male, come era possibile che si sentisse così tanto in pena per lui? Aveva sentito cosa aveva fatto e, con i corpi appesi in piazza, lo aveva anche visto, sapeva che quello non era un uomo per bene, eppure il ricordo di lui, sudato, che si agitava nel letto la distruggeva.
Forse ciò che la spingeva  a provare tali emozioni era l'idea che Schwartz, dopotutto, quella sera quando lei aveva creduto di morire, le era stato vicino, anche troppo per i suoi gusti.

Quella mattina si sentiva stanca, il suo fisico non era in grado di sopportare così tante nottate insonni e soprattutto tanti pensieri e preoccupazioni.
Come ogni tanto capitava quella mattina toccava a lei recarsi in paese per prendere il pane, la primavera era ormai inoltrata, anzi ormai era prossima l'estate e camminare all'aria aperta non era poi così male.

Quando transitò davanti al vecchio municipio una morsa le strinse lo stomaco, perché si sentiva così all'idea dell'uomo che in quel momento si trovava morente all'interno di quell'edificio? 
Rimase qualche istante a guardare l'ingresso e, dopo aver verificato che nessuno dei paesani fosse nelle immediate vicinanze, fece in silenzio il suo ingresso.

Perché lo faceva? Non lo sapeva, la sua testa era sconnessa, si sentiva che doverlo fare, aveva provveduto a mille giustificazioni per sé stessa, la realtà è che il vero motivo che la conduceva lì era ignoto a lei stessa. 

Come sempre fu accolta dai due piantoni che ormai si erano abituati a vederla entrare lì.
"Vorrei vedere il comandante Schwartz." Elisabetta invece non si era per niente abituata ad entrare lì dentro e ogni volta si sentiva estremamente ansiosa.
I due si guardarono, dissero anche qualcosa in tedesco che lei ovviamente non comprese e poi, uno di loro, le fece cenno di seguirla.
Fu lasciata davanti alla medesima porta e con la medesima esitazione del giorno prima, la aprì. 

La differenza dal giorno prima però fu che Schwartz era seduto sul letto, indosso un pigiama, appoggiato ad un cuscino posizionato tra lui e la testiera del letto.
Parve sorpreso quando la vide e lei fece per richiudere la porta e fuggire.
"Aspetta!" Sentì dalla camera, era sveglio ma il tono ancora particolarmente debole.
Sentendo la sua voce si fermò e riaprì la porta guardandolo meglio.
Quando l'aveva visto in servizio i suoi capelli erano sempre pettinati all'indietro impeccabilmente, ora erano scombinati e leggermente sporchi, sul volto aveva già degli accenni di barba, si vedeva che era da qualche giorno che non se la faceva.
Si avvicinò esitante a lui rimanendo comunque a debita distanza.

"Come stai?" Chiese Schwartz, ogni tanto la sua faccia si contorceva in un gemito di dolore, probabilmente quando la ferita andava in contatto con la testiera del letto alla quale era appoggiato.
"Dovrei essere io a farle questa domanda." Mormorò Elisabetta, il tedesco accennò un sorriso.
"Non sono facile da ammazzare." Ribatte lui. La giovane non disse nulla limitandosi a guardarlo, in quelle condizioni non sembrava essere lo stesso uomo con la divisa grigia antracite.
"Mi ha detto Baumann che sei venuta a trovarmi ieri." Le sue guance si tinsero di rosso, e lei che sperava nessuno venisse a sapere della sua visita se non chi l'aveva vista.
"Se il nemico è ferito è innocuo." Sorrise appena lei cercando di sviare la conversazione dalla sua visita del giorno precedente.
"Già, non si infierisce sul nemico ferito però." Ribatté lui, come se lei avesse il coraggio di fargli qualcosa.
"Siediti qua." Disse lui indicando la parte di letto libera accanto al suo corpo, Elisabetta esitò ma poi acconsentì e si sedette con cautela temendo di toccarlo.
"Le serve qualcosa?" Chiese a questo punto Elisabetta che in realtà non sapeva neanche più cosa dire e quello le sembrava un modo per rompere il silenzio.
"Dell'acqua per favore, c'è sul comodino..." le chiese Schwartz, Elisabetta si voltò, prese la brocca e ne versò un po' nel bicchiere, non troppa così da non renderlo troppo pesante, dopodiché glielo porse.
Si accorse del gemito che provò l'altro quando alzò il braccio per portare il bicchiere alle labbra ma non disse nulla, infine si limitò a riporlo da dove lo aveva preso.
"Danke." Sincero, come poche volte lo aveva sentito, lui.

"Le è già capitato di rimanere ferito?" Si fece coraggio di chiedere lei, lui sospirò appena poi annuì. 
"Una sera circa tre anni fa credo, ero in Boemia, stavamo tornando da un pattugliamento e siamo stati assaliti da due partigiani credo, sono stato ferito al fianco, una pallottola." Spiegò calmo lui. "È per questo che ti ho detto che è difficile ammazzarmi." Sorride leggermente lui. Elisabetta si chiese come potesse scherzarci anche se si tenne quel pensiero per lei.
"Posso farle una domanda personale?" Esordì quindi dopo un attimo di silenzio. Schwartz la guardò sorpreso, poi annuì con un cenno del capo.

"Come si chiama? Il suo nome intendo..." imbarazzata, le gote nuovamente arrossate. Lui accennò un sorriso vedendola reagire così.
"Franz." Disse solamente, Elisabetta annuì e non disse niente, rimase in silenzio a guardarlo finché la situazione non diventò insostenibile.
"Beh io penso che ora sia meglio se la lascio riposare." Facendo così per alzarsi quando però sentì la sua mano venire afferrata, si voltò e lo vide sorridere.
"Aspetta." La richiamò. "Grazie per essere venuta." Si era quasi convinta che qualche medicinale che aveva preso il tedesco gli avesse lasciato qualche strano effetto, non lo aveva mai visto così cordiale.

"Dovere." Disse solo Elisabetta realmente colpita dal ringraziamento dell'ufficiale. 
Franz Schwartz scosse il capo. 
"No, non penso sia questione di dovere." Disse solamente. La mano ancora tenuta dalla sua, Elisabetta abbassò lo sguardo su questa.
"Lasciami fare una cosa..." mormorò lui poi richiamando la sua attenzione, la giovane lo vide avvicinarsi pericolosamente verso di lei, seppur la cosa gli costasse parecchio sforzo.
Questa volta però non si ritrasse e non cercò di scappare, anzi si avvicinò lei temendo che potesse costargli troppo dolore quel gesto.
In un attimo le loro labbra si toccarono, tra i due era sicuramente quella più impacciata anche se cercava di rispondere al bacio come stava facendo l'ufficiale. 
Non seppe per quanto tempo le loro labbra rimasero unite e nemmeno chi dei due fu il primo a staccarsi, l'unica cosa che sapeva era che in quel momento si trovava accanto all'ufficiale, appoggiata alla sua spalla con la testa.

"Tra poco dovrebbe arrivare il medico del paese per la visita..." mormorò lui. "Non penso sia la cosa ideale per te farti trovare qui." E lei comprese, come la avrebbero vista in paese se si fosse sparsa la voce che era sdraiata nel letto del temuto comandante delle SS? 

In fretta e furia fece per alzarsi ma lui la fermò di nuovo. 
"Domani torni?" Chiese innocente lui. Lei accennò un sorriso.
"Mi serve una scusa, ma forse trovo qualcosa..." sospirò lei.
Franz annuì con un cenno del capo. Lei lo guardò e poi abbassò lo sguardo, come se all'improvviso si fosse resa conto di ciò che aveva fatto.

"È così sbagliato... Io non dovrei..." Rivelò all'improvviso le sue paure.
"Non ti sto obbligando... Non so il perché di questo, ma stiamo bene..." ammise lui, e era vero, era sempre così concentrato sul suo lavoro e sulla guerra e quei brevi momenti con lei lo facevano sentire in maniera diversa, come più leggero. 

Elisabetta sospirò guardandolo per poi scuotere il capo in segno di dissenso.
"Ho paura." Confessò la ragazza.
"Non devi avere paura di me."
Elisabetta lo guardò quasi con le lacrime agli occhi.
"Come posso?" Schwartz sembrò colpito, chiuse gli occhi portandosi alla mano alla spalla, mascherando così un gemito di dolore. 
"Fidati... Posso dirti solo questo." 
Non era nulla ma per Elisabetta fu abbastanza, annuì alle sue parole con un cenno del capo.
"Ora è meglio se vado, ciao Franz." Pronunciando per la prima volta il suo nome. 
"Ciao Elizabeth."
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: HeyAM