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Autore: LysL    29/12/2016    2 recensioni
Una raccolta di otto piccole storie che vedono come protagonista Yuri Plisetsky mentre impara che "casa" non è solo un luogo, ma anche affetto e, perché no, a volte anche persone.
(La nota What if? si riferisce al fatto che il contesto diverge dal finale canonico, poiché la storia è stata ideata prima della fine della serie.)
*
{Storia partecipante al contest "Christmas Game – Puzzle Time" proposto e curato da Fanwriter.it ♥}
#1. Casa
#2. Promesse
#3. Tutta colpa del jet-lag (forse)
#4. Nanna
#5. Nuovo
#6. Troppo saké
#7. Hobbies
#8. Legami
#9. [Bonus!] A distanza
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Yuri Plisetsky
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Contest natalizio



Immagine di SpigaRose
 
Tutta colpa del jet-lag (forse)
 
[Prompt: “Sono certo che tu sia nella lista dei bimbi cattivi.” “Tu a breve sarai in quella dell’ospedale.”]
 
A due giorni dal compleanno di Victor Nikiforov, Yuri era stato ufficialmente invitato in Giappone. All’inizio era stato contattato dal diretto interessato che, vedendosi ignorato, aveva chiesto a Yuuko di invitare il ragazzo per il fine settimana natalizio.
Yuri, quando aveva accettato, era perfettamente consapevole che avrebbe comunque visto Victor e il suo stupido omonimo, ma non pensava che lo sarebbero venuti a prendere all’aeroporto.
La scena fu imbarazzante; Non come quella volta in cui si erano messi a urlargli incitazioni prima del suo Short Program, anche perché molto meno pubblica, ma abbastanza da procurargli un tic all’occhio (complice anche quello stupido soprannome che avevano deciso di dargli ormai mesi prima, e le nove ore di volo che aveva fatto).
Yuri fu inizialmente tentato dal voltar loro le spalle e fare un commento cattivo, ma la visione delle tre gemelle, con gli occhi brillanti e sorrisi identici (ed una di loro con cellulare sfoderato) fecero crollare tutti quei propositi. Yuri Plisetsky poteva anche essere maleducato o irrispettoso, ma non si sarebbe mai permesso di deludere quei tre visini accesi di gioia.
«Yurio!» Fu la voce di Yuuko a risvegliarlo da quel trance, e Yuri si ritrovò stretto tra le braccia della donna, come se questa volesse strappargli via tutto il fiato. Non fece neanche in tempo a ricambiare l’abbraccio che fu il turno per Axel, Lutz e Loop di stritolarlo. Si attaccarono ai suoi fianchi, tirandolo giù al loro livello.
«Yurio! Finalmente sei tornato.» disse una delle tre, in un’inglese molto maccheronico, ma comprensibile.
«Ci sei mancato tanto!» disse un’altra.
«Sta’ fermo così! La foto verrà perfetta!» aggiunse la terza.
Yuri non sarebbe mai riuscito a distinguerle, così si limitò a contraccambiare i loro sorrisi, dopotutto non erano loro il problema, anzi forse sarebbero state le uniche a rendere vivibili quei tre giorni e mezzo. Loro, Yuuko e la signora Katsuki, che era sempre stata gentile con lui.
«Ehi, voi tre, così lo soffocherete!»
A rompere quel momento di spontaneo affetto ci pensò Yuuri, l’inizio e la fine di tutti i suoi mali. A vederlo così non l’avrebbe detto nessuno, arrotolato com’era nel suo giaccone informe, con la mascherina bianca a coprirgli la metà inferiore del viso e gli occhiali a coprirgli la metà superiore, ma quel tipo non era solo riuscito a fregargli la coreografia dello Short Program, strappargli la medaglia d’oro da sotto il naso e umiliarlo come mai lo era stato nella sua vita, ma gli aveva anche negato per sempre la possibilità di avere Victor Nikiforov come coach.
Nemmeno a dirlo, anche se non avrebbero comunque avuto bisogno di una medaglia d’oro per ufficializzare una cosa già palese a tutti, il loro matrimonio (al quale, ovviamente, anche Yuri era stato invitato) si sarebbe tenuto ad aprile.
Yuri riservò uno sguardo di ghiaccio al suo omonimo giapponese, indirizzandogli un breve cenno del mento e uno sbuffo che voleva somigliare ad un saluto, saluto al quale l’altro rispose con un gran sorrisone. «Bentornato, Yurio!»
«Tsk.» Fu tutto ciò che Yuri riuscì a proferire, impegnato a mantenere quella facciata di fastidio generale verso le cose e il mondo. Non perché odiasse effettivamente tutto e tutti, anzi, Yuuri non era poi tanto male, in fondo… molto in fondo. Però restava il fatto che gli avesse fregato il primo posto e il coach.
Coach che se ne stava dietro il suo promesso sposo con un sorriso gemello sul volto e un cappellino rosso in testa. Yuri represse la battuta pungente su età e mancanza di barba, ma non fece neanche in tempo a formulare un qualsivoglia saluto (anche se sarebbe stato qualcosa del tipo “Ciao, idiota.”) che Victor gli posò entrambe le mani sulle spalle scuotendolo piano. «Yurio! Sono contento che tu ce l’abbia fatta!» Poi lo tirò verso di sé, abbracciandolo.
Yuri si bloccò, le dita chiuse a pugno che si rifiutavano di posarsi sulla schiena di Victor per ricambiare l’abbraccio, la bocca socchiusa, come se un urlo fosse rimasto incastrato nella sua gola, invece che uscirne. In effetti non durò tanto, ma appena Victor si staccò, Yuri mise un bel po’ di centimetri di distanza tra loro, imprecando in una lingua a metà tra il russo e l’inglese.
«Non sono certo venuto per te, vecchiaccio!» sputò. «E non toccarmi mai più, idiota!» sbraitò, incredulo.
Il sorriso di Victor si affievolì, senza però spegnersi del tutto e quando alla fine parlò, la sua voce suonò del tutto angelica, come se Yuri l’avesse solo riempito di complimenti e non di insulti.
«Di’ un po’, Yurio, come ti sei comportato quest’anno? Sono certo che tu sia nella lista dei bimbi cattivi.» cinguettò, con lo stesso tono che si usa per parlare ad un moccioso.
Yuri per poco non gli tirò un pugno lì ed in quel momento; come si permetteva quel damerino montato di parlargli in quel modo? Gli mostrò i denti, in un soffio rabbioso, prima di indirizzargli un dito medio. «E tu a breve sarai in quella dell’ospedale, stronzo!» si premurò di utilizzare il russo, in modo che nessuno capisse a parte Victor stesso. «E poi noi nemmeno la festeggiamo la loro stupida festa!»
Lo fissò in cagnesco per qualche secondo, prima che la voce di Yuuri, lo interrompesse, di nuovo. Il ragazzo usò quel suo inglese non del tutto libero dall’accento giapponese, cercando di riappacificare gli animi. «Su, su, sono sicuro che Yurio è solo nervoso per il viaggio, adesso torniamo a casa e lo lasciamo riposare.» posò una mano sul braccio di Victor.
Victor lanciò a Yuri un ultimo sguardo a metà tra il divertito e l’irato, prima di posare gli occhi sulla mano che gli stringeva il giaccone beige chiaro. «Hai ragione, sei ore di differenza e nove di volo non sono poche.» alzò il viso su Yuuri, e quello gli sillabò qualcosa che Yuri non colse, ma che sciolse l’espressione di Victor.
Yuri sbuffò di nuovo e si mosse per seguire Yuuko e le gemelle fuori da quell’aeroporto, sognando già un letto morbido e un cuscino comodo.
Stava per sorpassare la figura ancora voltata di Victor, quando la sua voce lo fece fermare. «Yuri?» aveva detto; non Yurio, Yuri.
La testa bionda del russo scattò in quella direzione, tutta la sua attenzione sul viso dell’ex-pattinatore. Victor alzò lo sguardo, regalandogli un sorriso molto diverso da quello precedente, luminoso e felice. «Sono davvero felice che tu sia qui.» disse, e stavolta la sua voce sembrò sincera. Yuri distolse lo sguardo, borbottando un confuso “grazie” prima di continuare per la sua strada.
Si perse lo sguardo fiero di Yuuri per Victor, ma non la strana sensazione accesasi nel proprio petto a quella frase, e si ritrovò a pensare che quel soggiorno in Giappone avrebbe potuto non essere un completo inferno e che Victor Nikiforov non era poi un completo stronzo, ma forse era solo colpa del jet-lag.
 
 
 
[1139 parole]
 
 
 

Note della pseudo autrice:

Ed ecco anche la terza storia di questa serie, a cui sono tanto legata perché ci sono anche Yuuko, le gemelle e i Victuuri, e ho adorato scrivere delle interazioni di Yuri con loro.
Grazie sempre per avere letto, come prima cosa :)
Per il resto, credo che la storia parli da sé, questa volta. Dopo la recente intervista a Kubo-sensei, in cui dice che i suoi piani per Yuri, in questa stagione, erano quelli di fargli capire che non c’è nulla di male nel voler bene a qualcuno, come non c’è nulla di male se qualcuno vuol bene a te, mi si è aperto un mondo sulla psicologia di Yuri, legato tra l’altro al tema di questa raccolta. E le prossime storie saranno incentrate su questo; non ne parlerò in modo esplicito, ma sempre attraverso il POV di Yuri, ma spero che l’idea vi piaccia quanto piace a me (ho un debole per queste cose, perdonatemi!).
Per chi volesse sapere cosa Yuuri ha detto a Victor, gli ha solo fatto notare che quello che ha usato non è il tono giusto per parlare a Yuri.
Un’altra precisazione necessaria è che adoro Yuuri Katsuki e Victor Nikiforov, e se capiterà di riferirmi a loro con insulti d’ora in avanti, lo farò solo perché cerco di interpretare i pensieri di Yuri, pace.
Also, nella prossima storia ci saranno interazioni tra Yuri e le gemelle, perché nella mia testa Yuri adora quelle tre pesti nella stessa misura in cui loro adorano lui.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vorrete lasciarmi un commento, come sempre, anche critico!
 
E un grazie speciale a chi ha messo questa storia tra le seguite e le preferite, come anche a chi ha recensito (a cui risponderò presto, promesso!)
 
Buona continuazione!
LysL


  
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