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Autore: ClaireOwen    02/01/2017    5 recensioni
[Bellarke - AU]
Clarke scappa da una vita in cui non si riconosce più, Bellamy è perseguitato da ricordi amari con i quali non ha mai fatto i conti.
Le vite dei due ragazzi s'incrociano casualmente: uno scontro non desiderato, destinato - fatalmente - a protrarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Per prima cosa ci tengo ad augure un sereno 2017 a tutte le splendide persone che sono capitate qui.
Non credevo sarei riuscita ad oggiornare così presto ma dopo taaantissimo tempo ho scritto il capitolo quasi tutto d'un fiato... 
Ci siamo quasi, se le mie previsioni sono giuste la storia si chiuderà nell'arco di un altro paio di capitoli e da un lato mi dispiace, iniziare questa avventura è stato fantastico ed ognuno di voi, con i vostri contributi è stato un compagno prezioso!
Come al solito straparlo per cui... eccovi qui il primo aggiornamento del 2017, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate
:)
Un bacio grande e ancora auguroni,
vostra Chiara.



XVI
 
Passare il Natale in casa Murphy era una consuetudine, erano anni ormai che questa tradizione andava avanti, da quando Aurora era morta ogni Natale doveva rigorosamente celebrarsi in quella casa non troppo distante dalla loro. C’erano regali per tutti, un tacchino al forno da leccarsi i baffi ed ogni genere di leccornia che potesse trovarsi sulla faccia della terra. Ma Bellamy odiava comunque quel periodo dell’anno, lo odiava perché ogni qual volta si ritrovava tra quelle quattro mura non faceva altro che pensare a come non era mai stato così per loro anche se a Octavia stava bene anzi benissimo, a volte sembrava che vivesse per quello.
La famiglia Murphy li aveva accolti senza nemmeno pensarci due volte, si comportavano davvero come fossero i due genitori che non avevano mai avuto. Persino adesso che Bella, la madre di John, era incinta di ormai quasi sei mesi, lei ed Alex non si erano tirati indietro e anche se era tosto da ammettere, Bellamy gli era grato, non tanto per lui, festeggiare era l’ultima cosa che aveva pensato di fare ma come sempre per sua sorella che invece prendeva quella stupida festa quasi troppo seriamente.
Avevano finito di mangiare da un pezzo e non sapeva dire con precisione che ore fossero, tuttavia se ne stavano ancora tutti stretti attorno al tavolo a chiacchierare rumorosamente anche Bell era lì con loro fisicamente ma mentalmente non poteva certo dirsi partecipe.
Aveva passato le ultime due settimane a torturarsi, lavorava, cercava di stare fuori casa il più tempo possibile, provava a tenersi impegnato come poteva eppure non riusciva mai a concentrarsi pienamente su ciò che stava facendo, Clarke sembrava essere sempre lì tra i suoi pensieri ed ogni volta che rientrava in casa, sapere di non trovarla appollaiata sul divano con qualche libro in mano, o di non sentire la sua voce provenire da quella che ormai era per antonomasia la sua stanza gli provocava dolorose fitte allo stomaco e al cuore.
Pensava che si sarebbe fatta sentire, non pretendeva una chiamata ovvio ma aveva sperato quanto meno in un sms, invece nulla. Era sparita dalle loro vite esattamente nel modo in cui era apparsa casualmente e all’improvviso senza nemmeno dargli il tempo necessario per realizzare eppure a pensarci adesso abituarsi alla sua presenza era stato quanto di più semplice e naturale gli fosse mai accaduto nonostante Bellamy Blake odiasse avere sconosciuti attorno.
 
La sera prima Octavia aveva provato a fargli affrontare la realtà dei fatti, se ne stavano seduti scomposti sul divano con una coperta mal messa sulle gambe e la facciata di Netflix aperta sul portatile della sorella quando quest’ultima aveva detto tutto d’un fiato:
“Forse dovremmo ripostare l’annuncio per l’affitto sul sito.”
Bell che stava mangiando con foga dei cereali per poco non si strozzò. Fare una cosa del genere voleva dire andare avanti e sapeva che non aveva altra scelta, era la cosa giusta da fare ma anche la più dolorosa. Non era pronto. Non ancora, sapeva perfettamente che una minuscola e patetica parte di sé sperava che da un momento all’altro la principessa tornasse, come se non fosse accaduto nulla.
Ma soprattutto era sempre stato lui ad occuparsi della burocrazia concernente l’amministrazione della casa, bollette, tariffe telefoniche, ogni volta era lui a curarsene, affitto incluso mentre adesso la piccola O’ aveva ribaltato la situazione con una frase, facendolo sentire un perfetto cretino, si era lasciato prendere talmente tanto dalle sue emozioni da perdere di vista anche le responsabilità maggiori.
“Credo sia opportuno aspettare l’anno nuovo a questo punto.”
Tentennò e riprese “A Natale le persone tornano sempre in famiglia.
La mora annuì lentamente, posando uno sguardo preoccupato sulla sua figura.
“Sei sicuro di non volerne parlare?”
Fece lei con un tono quasi materno.
“Non c’è niente di cui parlare.”
Rispose brusco.
Octavia esitò, vederlo così la faceva star male, si sentiva persino in colpa a provare quella strana felicità che ultimamente la aveva colta di soppiatto.
“Come vuoi, se dovesse cambiare qualcosa sai che sono qui.”
Lui scosse la testa senza rispondere, posò la tazza ancora quasi piena sul tavolo, la fame lo aveva completamente abbandonato.
 
Si erano scambiati i regali, grazie al cielo O’ aveva pensato a tutto, persino a John. Così si ritrovò a stringere un maglione bordeaux, un cd masterizzato di cui Murphy aveva stilato la tracklist nei minimi dettagli ed una bottiglia di Bourbon che Alex e Bella avevano confezionato con grande cura; di lato pendeva un bigliettino 
“Non bere per dimenticare, mai. Fallo (a piccoli sorsi) per riacquistare il coraggio e la fiducia.”
Bellamy guardò confuso quella calligrafia e lanciò un’occhiata al suo migliore amico che per tutta risposta fece spallucce, il morò improvvisò un ghigno che sarebbe dovuto essere un sorriso di gratitudine.
Si alzò e passando di lato all’amico disse
“Vado a prendere una boccata d’aria.”
Si sedette sugli scalini del portico e tirò fuori dal giaccone un pacchetto integro di sigarette, ne sfilò una e l’accese, faceva ancora troppo freddo, anche se ormai la neve che settimane prima aveva sotterrato Boston si era sciolta quasi del tutto, ebbe un fremito involontario ripensando a quei giorni.
“Hai ricominciato?”
La voce calda di John arrivò al momento giusto.
“Mi sono concesso un piccolo sfogo, solo ogni tanto.”
“Allora passamene una.”
“Tua madre andrà fuori di testa quando sentirà l’odore sui vestiti.”
“E’ lei quella incinta, mica io e comunque ormai non sono più un ragazzino, se ne farà una ragione, sa perfettamente che non è un’abitudine.”
Il moro passò il pacchetto al ragazzo che si sedette accanto a lui.
Gli occhi verdi di Murphy scrutarono per qualche istante il panorama, era buio ormai e tutto ciò che si vedeva erano i chiarori delle luci soffuse dalle finestre, poi lasciò ritornare lo sguardo ai suoi piedi.
“Quindi è così?”
Bell, non rispose subito, aspettò un po’ inspirando profondamente
“Cosa?”
“Innamorarsi, dico.”
Il maggiore dei Blake si permise di tirare un po’ di fumo dalla sigaretta.
“Già.”
“Perciò fa schifo?”
“Mh, forse è una prerogativa dei Blake.”
“Tua sorella non mi sembra così disperata.”
“Mia sorella è ancora una ragazzina che si sta facendo illudere da un ragazzo che tra qualche mese o al massimo pochi anni, si sarà rotto i coglioni e la pianterà in asso.”
“Ma tu non la stai fermando.”
“No. Saprà cavarsela, ha superato traumi di gran lunga peggiori.”
“Non dovrebbe essere così anche per te?”
“E’ complicato.”
“Non credo.”
Bellamy che fino a quel momento aveva portato avanti la conversazione guardando un punto nel vuoto e cercando di non dare troppo peso a quelle parole che pure uscivano in modo spontaneo e sincero, puntò i suoi occhi scuri in quelli chiarissimi dell’amico.
“Dove stai cercando di arrivare Murphy?”
Lui fece spallucce, un ghigno furbo piegò le sue labbra e il maggiore dei Blake si chiese cosa ci fosse di così divertente, non riusciva proprio a pensare di poter scherzare in quella situazione.
“Dico solo che non hai fatto nulla per evitare questo e ora stai continuando a farti scivolare tutto addosso. Deciditi Blake o vai avanti o tenti il tutto e per tutto e la riporti indietro, da te.”
Bellamy soffiò tra le sue mani che adesso avevano un nauseante odore di tabacco e carta bruciata, gli rivolse un’occhiata veloce, poi si alzò e senza dire nulla rientrò in casa.
 
-
 
Ricordava perfettamente il capanno degli attrezzi di Monty, solo non così, in tutti quei mesi sembrava che New York fosse stata presa da uno spirito rivoluzionario, niente era come lo aveva lasciato, persino quel lurido capanno dove da bambini si chiudevano per ore a giocare a strega di mezzanotte.
Green e Jordan si erano dati da fare, avevano buttato tutti i vecchi attrezzi del papà di Monty e avevano rimesso a nuovo quel posto, tirandolo a lucido. C’erano luci dappertutto, un tavolo da biliardo e persino una stufa a pallet.
Jasper aveva improvvisato un dj set ed ora un mucchio di ragazzi popolavano quel capanno partecipando al “Meraviglioso party post natalizio di Monty & Jas’” come avevano tenuto a specificare quei due.
Clarke era lì solo perché era praticamente stata obbligata dai due amici, festeggiare non era certo tra le sue priorità e a dirla tutta doveva ancora riprendersi dalla Vigilia e dal pranzo di Natale che aveva passato con Marcus, la madre e la sua nuova nonna acquisita.
 
Aveva passato due giorni fuori dal comune ed erano stati incredibilmente sereni, quando Jake era morto lei e la madre avevano smesso di festeggiare il Natale, a volte la ragazza lo passava in casa Jordan, altre volte se ne stava a letto per tutto il giorno e così via.
Invece si erano riuniti nel nuovo appartamento, sua madre aveva addirittura cucinato per tutto il giorno e a tavola si erano persino permessi di ridere aprendo una vecchia bottiglia di Pinot grigio.
Nonostante fosse incredibilmente sollevata da quella nuova situazione che stava imparando ad accettare, mancava qualcuno. Per questo Clarke Griffin non sopportava l’aria di festa che aleggiava in quel periodo dell’anno, non faceva altro che ricordarle quel senso di mancanza che sentiva ogni qual volta vedeva le famiglie (al completo) dei suoi amici riunirsi.
Fu difficile ammetterlo ma il suo pensiero non fu solo per Jake stavolta, non riuscì a impedirsi di pensare a Bellamy.  
 
Stringeva un bicchiere rosso pieno a metà di birra, aveva deciso di andarci piano, ultimamente sembrava che la storia dell’alcol le fosse sfuggita un po’ di mano creando solamente gran casini.
Le saltò in mente l’immagine del maggiore dei Blake con i capelli arruffati che la mattina dopo il matrimonio, nel suo letto accanto a lei, la canzonava prendendola in giro perché reggeva poco l’alcol. Le sembrava passata un’infinità di tempo, invece quei ricordi non avevano nemmeno un mese di vita.
“Posso?”
Una voce femminile piuttosto familiare la distolse da quei pensieri torbidi.
La giovane Griffin alzò lo sguardo che ricadde sul corpo mozzafiato e fasciato da un completo aderente appartenente a Raven Reyes in persona.
Dovette lasciarsi sfuggire un’espressione che ricalcava maldestramente lo stupore ed una sorta di rancore latente perché la mora si mise subito sulla difensiva.
“Se non vuoi vedermi non fa niente, posso andare via.”
Lo disse con tono soave e dolce che Clarke non riuscì a comprendere fino in fondo.
La bionda scosse la testa, la maleducazione non le apparteneva anche se di certo Rav era l’ultima persona di cui desiderava la compagnia, d’altro canto non capiva cosa diamine ci facesse là e forse anche la curiosità la spinse a farle spazio per lasciarla sedere accanto a lei.
Sapeva che avrebbe dovuto dirle qualcosa e mentre lasciò che il suo sguardo si perdesse tra i corpi danzanti che si muovevano per tutta l’aerea del capanno, provò anche a formulare qualche frase innocua da pronunciare per spezzare quella strana atmosfera, non ci riuscì.
“Ho dei vecchi parenti che abitano qui a New York. Ho provato fino alla fine di scampare al supplizio del Natale in famiglia ma quest’anno ho fallito miseramente.”
Spiegò la ragazza con fare sbrigativo, come se non fosse esattamente quello di cui volesse parlare.
Clarke però soppesò ogni parola. Un supplizio l’aveva definito, c’era chi avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere indietro una famiglia vera con cui passare le feste e chi invece lo definiva con freddo disincanto un supplizio. Nella sua testa fece capolino il viso dolce di Octavia, come lei o forse più di lei, apparteneva a quella categoria di persone che probabilmente sognava ogni notte di riabbracciare quei genitori che per lei non c’erano mai stati, si morse un labbro e lasciò che i suoi occhi scivolassero sui suoi anfibi. 
“Com’è stato il rientro a New York?”
Clarke, alzò la testa e la guardò dritta negli occhi.
Perché le stava facendo quella domanda? Non capiva cosa stesse tentando di fare, voleva umiliarla?
Sentì la bile affacciarsi sul palato ma cercò di ricacciarla indietro mentre cercava delle parole più neutre possibili per definire il suo forzato ritorno.
Non fece in tempo, lo sguardo di Raven si fece più intenso, Clarke pensò che i suoi occhi avessero parlato prima che lei potesse farlo, effettivamente li sentì inumidirsi appena.
La ragazza ruotò appena il busto e le buttò le braccia al collo.
La giovane Griffin rimase avvolta in quell’abbraccio per qualche istante prima di poter reagire, era confusa, eppure quel contatto le era sembrato quanto di più sincero ci fosse mai stato tra le due. Ricambiò la stretta naturalmente mentre ancora in stato confusionale si chiese davvero cosa passasse per la mente di Raven.            
La mora interruppe per prima quel contatto annunciando
“C’è una cosa che devo assolutamente dirti ma mi piacerebbe farlo in un ambiente più tranquillo. Ti va di camminare un po’?”
Le disse già in piedi e porgendole una mano per aiutarla a staccarsi dalla panca sulla quale se ne stava seduta da troppo tempo.
La bionda annuì.
 
“Scusa la poca comunicazione, non sono esattamente in vena.”
Avevano preso a camminare per la via deserta, faceva davvero troppo freddo per starsene sedute su un muretto.   
“Tranquilla, è colpa mia.”
Clarke si fermò guardandola di sbieco, cosa diceva? Non era colpa sua… Era Bellamy che l’aveva trascinata in quel casino e lei, ancora una volta, non aveva fatto nulla per evitarlo, quella scena vista dall’esterno poteva apparire persino comica, era la seconda volta che le due si trovavano a condividere una situazione simile.
“Sai, in realtà avevo pensato di venire a New York pesino qualche giorno dopo la tua partenza, a prescindere dal Natale con i parenti… Dovresti sapere come stanno davvero le cose e dato che sappiamo tutti che parlare non è certo il forte di Blake, sapevo che era una mia responsabilità.”
Clarke aggrottò le sopracciglia.
“Non penso che tu debba scusarti o chissà cosa. Come al solito sono stata io a… portare scompiglio.”
Disse di getto e sinceramente fuggendo lo sguardo scuro della mora.
“No, aspetta, il fatto è che non sai come stanno le cose davvero, hai frainteso e fidati, stavolta tu non c’entri nulla!”
Clarke aprì la bocca ed una nuvola di condensa anticipò il fiato che stava per utilizzare ma Raven non le diede il tempo.
“Quando ti ho detto di me e Bellamy non sono stata chiara, non credevo ce ne fosse bisogno, non sapevo esattamente come andassero le cose fra voi.”
Fece una breve pausa
“E’ vero, io e Bell abbiamo condiviso qualcosa ma è stato un errore… Uno sfogo a dirla tutta, né io, né lui abbiamo tratto il minimo beneficio da ciò che c’è stato tra noi. E’ finita il giorno che vi ho visti insieme per la prima volta, quando siete venuti per l’incidente. Quando ti ho vista mi sono fatta prendere dalla collera e ho capito che non ero minimamente riuscita ad andare avanti. Lo stesso è stato per lui. Vederti a Boston mi ha aiutata più di quanto lui non sia stato in grado di fare. Ho capito che non eri tu il problema, né Bellamy che per inciso non potrà essere mai nulla più di un grande amico, il mio problema era Finn, erano le ferite che mi aveva lasciato addosso e che per assurdo tu sei stata in grado di curare, lo hai fatto inconsapevolmente accettando le mie scuse e provando con tutta te stessa a capirmi. In quanto a Bellamy te l’ho già detto, tra me e lui è finita subito anzi, in realtà non è mai iniziata. Posso dirti con certezza solo che lui è estremamente diverso, non è Finn. Quando quella mattina ci hai trovato in quel modo era perché mi aveva preso sulle spalle per arrivare alle tubature ed evitare di prendere la scala, io però mi sono mossa troppo, lui ha perso l’equilibrio e siamo caduti, a quel punto sei entrata tu. La cosa divertente è che io e Bell avevamo parlato di te per tutto il tempo, da quando sei arrivata nella sua vita quel ragazzo ha fatto dei cambiamenti incredibili, era impossibile non notarli… E’ persino riuscito ad accettare Lincoln. Ma da quando non ci sei è tornato come pensavo non lo avrei più rivisto, è in preda all’apatia. Clarke, tu ci hai curato… E senza di te non è lo stesso.”
Ci mise un po’ ad assimilare la miriade di informazioni che la ragazza accanto a lei aveva pronunciato con un’enfasi inaspettata, sembrava davvero sincera, aveva parlato come se fosse una questione di vita o di morte e per Clarke fu impossibile dubitare anche di una sola virgola, Raven non aveva alcun bisogno di mentirle, non avrebbe avuto minimamente senso.
Si sentì un’idiota e percepì il suo cuore ritornare a battere all’impazzata.
Un sorriso involontario si fece largo sul suo volto, la mora le prese le mani.
“Sapevo che avresti capito, O’ me l’aveva detto.”
 
-
 
“Vuoi spiegarmi per quale motivo dobbiamo organizzare noi la festa di Capodanno?”
Bellamy si stava lamentando mentre sua sorella trafficava da una stanza all’altra con addobbi e scatoloni vari.
“Te l’ho già detto Bell, nessuno aveva la disponibilità.”
“Nemmeno Lincoln?”
Le chiese con un tono pungente. La ragazza sbuffò.
“Nemmeno lui.”
Il moro si lasciò sprofondare sulla poltrona, lasciando che le sue mani sfregassero il viso e scompigliassero i capelli, a volte non era sicuro di avere la pazienza necessaria per stare dietro alla sorella.
“Ti farà bene vedrai, almeno ti terrai occupato… Dici sempre che funziona! E poi verranno tutti i tuoi amici.”
“Come se non li vedessi tutti i restanti trecentosessantaquattro giorni dell’anno.”
Dubitava ampiamente delle convinzioni di Octavia. Non aveva voglia e basta, non c’era molto da aggiungere ma evidentemente sua sorella non voleva sentire ragioni per cui si sarebbe dovuto rimboccare le maniche e aiutarla nella bizzarra impresa di decorare la casa a dovere.
“Mancano tre giorni, vuoi spiegarmi almeno perché stiamo facendo tutto questo adesso?”
Indicò dei vecchi scatoloni che O’ stava tirando fuori dal seminterrato in cui vi erano addobbi natalizi inutilizzati ormai da anni, anche sforzandosi non riusciva proprio a ricordare quando fosse l’ultima volta che avesse visto quella casa decorata per le festività invernali.
“Non vorrai fare tutto all’ultimo!”
“Dio O’, prendila con più tranquillità però! Sembra che stia per venire a farci visita il presidente in persona.”
La ragazza lo guardò aggrottando le sopracciglia e lasciando che un broncio improvvisato e poco credibile spuntasse sulle sue labbra.
“Ho voglia di farlo okay? Mi aiuta a percepire maggiormente l’aria di festa.”
Sapeva che Bellamy in quel momento avrebbe voluto soffocarla ma aveva i suoi buoni motivi per far sì che quel giorno fosse tutto perfetto e non si sarebbe fatta ostacolare dal cuore infranto di suo fratello.
Il campanello interruppe quella sana discussione fraterna. Octavia stava seduta sul pavimento, tentava di capire se il contenuto di quegli scatoloni colmi di polvere potesse essere ancora utilizzabile e così il maggiore dei Blake si trovò costretto ad andare ad aprire, stava per chiedere, sbuffando per l’ennesima volta, chi diavolo avesse invitato ma decise di evitare, l’avrebbe scoperto a momenti.
Fuori dalla porta John, Atom e Lincoln portavano sulle spalle un abete, ai loro piedi c’erano buste piene di addobbi.
“Ti conviene darci una mano amico.”
Disse Atom senza nemmeno salutarlo, lui annuì debolmente mentre i ragazzi entravano in fila indiana con in spalla il tradizionale albero.
Sentì Lincoln chiedere ad Octavia dove volesse posizionarlo mentre lui, ormai arresosi del tutto, si accingeva a portar dentro le mille buste colme di palline, luci e quant’altro.
Si chiese dove fosse Raven, sembrava che sua sorella ci avesse preso gusto con le riunioni tra vecchi amici ed effettivamente era l’unica a mancare all’appello.
Tra loro due le cose non erano andate male, la ragazza si era preoccupata fin troppo di ciò che quella caduta avrebbe potuto comportare ma Bell aveva cercato di fare in modo che non si sentisse coinvolta più di tanto.
Quando aveva saputo della partenza di Clarke, Raven gli aveva stretto la mano in silenzio, poi gli aveva chiesto se poteva quantomeno chiamarla, non aveva capito bene perché ma sembrava che la moretta avesse quel chiodo fisso di chiarire la situazione con Clarke a tutti i costi, doveva essere per via dei trascorsi con Finn. Dal suo canto però aveva provato a spiegarle che lui stesso più volte aveva già tentato di provare a raccontare a Clarke la verità ovviamente senza riscuotere alcun successo, temeva che se pure Rav si fosse intromessa i nervi della bionda non avrebbero retto.
“Dov’è Reyes?”
Murphy lo aveva letto nel pensiero e da in cima alla scala mentre adornava l’albero con un filo di luci colorate indirizzò la domanda alla minore dei Blake.
“A New York.”
Rispose d’un fiato, la ragazza sapeva che sentire il nome di quella città avrebbe fatto sussultare Bellamy che infatti sentì una fitta colpire la bocca dello stomaco.
“Che diavolo ci fa a New York?”
Come al solito Atom dava fiato prima di pensare.
“Da quanto ho capito ha dei parenti con i quali avrebbe passato il Natale, ci sarà per la festa, non disperate e credo che tornerà in compagnia.”
A quel punto Bellamy pensò di vedere sua sorella e Murphy che si scambiavano un occhiolino, credette quasi di aver avuto una visione e decise di non farsi domande così si offrì per andare a preparare una tazza di tè, ne aveva abbastanza di tutte quelle chiacchiere, non riusciva proprio a condividere quella spensieratezza che sembrava aver colpito all’improvviso ognuno di loro, nel profondo sapeva perfettamente di invidiarli.
 
-
 
“Sorpresa!”
Gridarono in coro Raven, Jasper e Monty.
Abby e Marcus li avevano lasciati soli in casa Kane per una cena con dei colleghi della madre di Clarke ed ora i quattro se ne stavano seduti sul tappeto del salotto.
La giovane Griffin stringeva i biglietti che tre giorni dopo li avrebbero portati dritti dritti a Boston, non era sicura di essere felice, nonostante tutti intorno a lei sprizzassero di gioia, sapeva che quello voleva dire solo una cosa e non era sicura di essere pronta, la verità è che non sapeva nemmeno se era ciò che voleva fino in fondo.
Era stata male ed anche se lo era stata per un qualcosa che nemmeno esisteva, dopo una simile scottatura aveva una paura fottuta di giocare con il fuoco nuovamente.
Per di più nonostante il suo pensiero corresse a Bellamy più del dovuto era in un certo senso riuscita inspiegabilmente a raggiungere una sorta di nuovo equilibrio a New York.
Era buffo perché non si era preparata minimamente ad una situazione simile, non l’aveva proprio presa in considerazione anzi, prima di partire avevano fatto capolino nella sua mente solo previsioni negative… Il ritorno invece era stato di gran lunga più piacevole del previsto e Clarke sentiva davvero di essersi liberata di una zavorra imponente che per troppo tempo l’aveva affossata.
Poteva quasi dire che quei pochi giorni passati a casa l’avessero resa una persona diversa, migliore per certi versi, certo ma non era sicura di essere la stessa persona che i Blake avevano salutato settimane prima.
Sentì gli occhi di tutti addosso, si aspettavano sicuramente una reazione differente, sprigionò una risatina nervosa e per nulla invitante.
Monty fu il primo a parlare
“Hei… C’è qualcosa che non va?”
Clarke non poté sfuggire il suo sguardo apprensivo.
“Io non so come ringraziarvi…” Lasciò scivolare i suoi occhi su ognuno di loro per poi riabbassarli sui biglietti “Solo che… non so se me la sento o se è la cosa giusta da fare.”
Ci fu un attimo di silenzio che pesò sulle spalle di Clarke più di quanto non potesse immaginare, non voleva deluderli ma non voleva nemmeno tradire se stessa.
L’amore è debolezza.
E realisticamente temeva di non avere la forza adatta per affrontare ancora il viso del maggiore dei Blake, di una cosa era certa… Era davvero innamorata di lui, lo aveva capito a pochi chilometri da Boston quando il vuoto più opprimente si era impossessato di ogni parte del suo corpo. Era stata forte, aveva continuato per la sua strada nonostante il primo istinto fosse stato quello di far marcia indietro ma adesso cosa sarebbe accaduto se lo avesse rivisto?
Raven la smosse dai suoi torpidi pensieri
“Dovresti darti una possibilità Clarke, avere paura è normale.”
Lo disse sorridendo mentre gli altri due annuivano all’unisono.
“Datti quantomeno un po’ di tempo per pensarci su!”
Questa volta a parlare fu Jasper che stranamente non aveva ancora detto nulla.
Non riuscì a scacciare una moderata curiosità che si era affacciata timidamente nei suoi pensieri:
“Ma esattamente quale sarebbe il programma?”
Raven ridacchiò e fece salire la giusta suspance prima di risponderle.
“A quanto pare Octavia si è messa in testa di organizzare la festa del secolo… Ha persino costretto gli altri ad adoperarsi per comprare degli addobbi degni di essere chiamati tali.”
“Capisci? Non possiamo assolutamente mancare, la regola prevede il fatto che io e Monty dobbiamo essere presenti ad un party simile… ne vale il nostro prestigioso titolo di re delle feste!”
Jas’ tentò a quel punto di sdrammatizzare, l’aria si era decisamente riscaldata e Clarke si permise persino di sorridere leggermente a quelle parole.
“Ma Bell… Bellamy lo sa?”
Non sapeva perché stava facendo quella domanda, era affiorata sulle sue labbra prima che potesse dire altro.
Rav la guardò incerta, probabilmente cercava di capire quale fosse la sua reazione o se voleva semplicemente sentirsi dire qualcosa.
“Non credo. Non fino ad oggi quanto meno… In realtà dovrei avvertire O’, volevamo essere sicuri che tu ci fossi prima di confermarle.”
“Quand’è che avrei detto sì?”
Disse Clarke con un misto d’ironia e serietà alla quale gli altri non seppero subito come reagire.
“Andiamo, vuoi davvero farci buttare il biglietto? Hai idea di quanto sia costato?”
Monty, il più pragmatico sviò la sua domanda retorica.
Clarke sbuffò alzando gli occhi al cielo ma poi accennò un sorriso.
“Bene, prendo come un sì quella tua strana espressione.”
E detto questo Raven prese il cellulare velocemente cominciando a digitare chissà cosa, la destinataria era ovviamente la minore dei Blake.
“Non si torna indietro principessa.
Jas le diede un buffetto sulla spalla e Clarke pensò che era strano sentire quel nomignolo uscire fuori dalla bocca di qualcuno che non fosse Bellamy, le mancava dannatamente persino la sua voce, il suo modo di parlarle come se esistesse solo lei.
   
 
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