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Autore: pirupiru    06/01/2017    3 recensioni
«Ascoltate, se mi promettete che dopo andremo a casa, vi trovo una soluzione» richiamò l'attenzione degli amici «Dovrei avere una casa un po' isolata dal centro, non è enorme, ma non è il buco che Naruto ci ha proposto l'altra volta, il problema starebbe nel fatto che è totalmente vuota quindi dobbiamo portare qualcosa tra cui sedie, tavol...»
Non l'avevano fatto finire: avevano tutti esultato come se avessero vinto alla lotteria. Le risate dei ragazzi avevano convinto Shikamaru che probabilmente sarebbero riusciti ad esorcizzare tutti i suoi demoni legati a quel posto. Aveva sorriso, forse ne sarebbe valsa la pena.
Oppure sarebbe stato un completo disastro.
[Ogni capitolo è incentrato su uno o due personaggi: cosa potrà succedere nell'arco di una notte? ]
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara | Coppie: Hinata/Naruto, Shikamaru/Temari
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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cap 1

"Te ne sei accorto sì

che tutto questo rischio calcolato 

toglie il sapore pure al cioccolato 

e non ti basta più? " 



La casa si trovava nella tenuta dei Nara, in disparte, come se intenzionalmente si fosse tirata fuori dal caos cittadino. Era stata costruita di fretta e in furia e poi lasciata a metà con l'arrivo della guerra. Aveva pareti, pavimenti, finestre: un disattento passante avrebbe pensato che fosse completa, ma una volta entrato si notava che al muro c'era solo l'intonaco, che le fughe del pavimento non erano riempite e che le finestre non erano sigillate, tanto da far entrare un po' d'acqua nei giorni di pioggia.
Shikamaru pensò fosse un po' come la sua generazione: cresciuta in fretta e con troppi difetti, che nessuno aveva voglia di aggiustare perchè significava rituffarsi di nuovo (anche se solo nei ricordi) in quella merda di guerra. Quindi, sia i ragazzi che la casa stavano lì, sgangherati ma pur sempre in piedi.
La prima volta che Shikamaru c'era stato era con suo padre durante la ricostruzione, camminando  tra le stanze vuote avevano immaginato come sarebbe stata una volta completata. Era stata costruita sui ricordi della casa di infanzia di Shikaku e l'uomo continuava a percorrere con grandi falcate quel pavimento illustrando l'uso che ne avrebbero fatto di ogni stanza.
«... poi un giorno potresti viverci tu, con la tua famiglia, con tua moglie e i miei nipotini.»
Shikamaru aveva sospirato «Il matrimonio è una tale seccatura, pa'...» ma il pensarsi su quel portico a giocare a shogi con suo padre e un vociare di bambini di sottofondo l'aveva fatto sorridere.
La seconda volta che c'era stato era da solo, dopo il funerale: aveva bisogno di piangere e di fare i conti con la vita. Aveva fumato un intero pacchetto di sigarette e si era immerso in quella valanga di merda che erano i ricordi. Si era lavato con le lacrime, mentre la voce di Shikaku  ancora eccheggiava in quelle pareti. L'eco della risata del padre l'aveva investito appena aveva aperto la porta, come un fantasma rimasto chiuso in quella casa che trova la libertà. Shikamaru era sicuro di averla sentita attraversare il suo corpo ed estendersi a macchia d'olio per il giardino, tra il frusciare degli alberi. Oppure era solo il vento.
Dopo quella volta non aveva più pianto, ma non aveva rimesso piede in quel posto, che stranamente gli faceva più male della sua casa natale.
Ora, si trovava a riempire quella casa di cose per dimenticare quel dolore, un po' come faceva da mesi: aveva cominciato a riempirsi la vita di impegni per non concentrarsi sulle mancanze che trovava nella sua vita. Calcolava tutto: dal tempo da trascorrere a lavoro a quello in casa, dai minuti che spendeva con il suo vecchio team a quanto doveva impiegare per fumare una sigaretta in pace. L'unico tempo che non calcolava era quello con la piccola Mirai, che riusciva a rubargli le ore con una facilità disarmante.
Sperava almeno che il risultato sulla sua vita fosse migliore di quello che sembrava la sua casa in quel momento: bottiglie erano sparse sul pavimento e sui davanzali delle finestre, un tavolo arancione troneggiava al centro del salotto e intorno una collezione di sedie tutte diverse. Chi aveva deciso di affiancare quella viola a quel tavolo aveva un pessimo senso artistico. Una quasi in lacrime Hinata scortava Kiba, Naruto e Rock Lee che si erano proposti di portare dentro vassoi che emanavo un profumo invitante, saltellando. Choji li seguiva, estasiato. 
Si era perso nel guardarli andare in quella che avrebbe dovuto essere la cucina quando una voce l'aveva distratto.
«Dio, che schifo.»
«Ciao anche a te, Sai»
Shikamaru si era chiesto se si riferisse all'arredamento o a quella improbabile processione di esseri umani, ma non voleva saperlo veramente.
Sakura era entrata reggendo due cuscini: «Fuori c'è un divano» era stato il suo saluto, prima di mollargli quei due soffici guanciali e dirigersi anche lei in cucina, probabilmente cercando qualcuno che potesse darle una mano. Ino era stata l'ultima: reggeva tra le mani uno stereo e un vaso azzurro -arancione, azzurro e viola, il suo salotto era ormai un incubo- e gliel'aveva messo in mano schioccandogli un bacio sulla guancia: «Fiori di mandorlo.» Era andata via, lasciandolo con troppe cose in bilico tra le mani.
Dove diamine aveva trovato dei fiori di mandorlo in pieno inverno? Si era girato, guardandola girarsi una volta arrivata sullo stipite della porta, come a pensare di dire qualcos'altro. «Rinascita. Significano rinascita» e se n'era andata nell'altra stanza, borbottando su come il suo migliore amico fosse un tale ignorante in materia.
Il padrone di casa aveva sorriso: Ino riusciva sempre a indovinare a cosa pensasse e a saper fare la cosa giusta nel momento giusto. Avevano condiviso una perdita enorme, eppure lei che sembrava così debole era riuscita a tirar fuori una grinta che Shikamaru non aveva. Avrebbe voluto essere lui a risollevare lei, in una sorta di gesto galante, ma alla fine era stata la bionda a leggergli dentro. Andava bene così.
Man mano che i suoi amici erano entrati, poggiando a terra cose di dubbio gusto, aveva sentito quel nodo nella pancia sciogliersi poco a poco: il freddo che l'aveva attanagliato era scivolato via, sostituito da una strana sensazione. Appiccicosa come miele gli si era attaccata addosso, facendogli risalire le lacrime. "La solita malinconia" si era detto e la mano era andata subito a cercare il pacchetto custodito nella sua tasca, aggrappandosi come se ne valesse la propria vita. Non sapeva se il suo malessere fosse da imputare al luogo in cui erano, o al fatto che con Ino erano entrati una sfilza di immagini che l'avevano sommerso come una valanga. Si vergognò di sé stesso: desiderò ardentemente scappare fuori da quella stanza, riempirsi d'aria i polmoni e poi fuggire, buttandosi in qualcos'altro. Le pareti avevano cominciato a stringersi intorno a lui e la porta gli sembrava ora una tale salvezza, aperta verso l'esterno. Il pacchetto di sigarette lo ammaliava: non ebbe tempo di accendersene una. «Shika! Vieni ad aiutarci!» l'avevano chiamato dall'esterno, probabilmente erano alle prese con il divano di Sakura. Sperò con tutto sé stesso che non fosse rosa, altrimenti avrebbero tutti rischiato una crisi epilettica.
«Certo che siete delle seccature... »
L'avrebbero salvato sempre da sé stesso e non l'avrebbero saputo mai.
Li ringraziò mentalmente e si andò a sedere su una sedia a fiori: non aveva comunque intenzione di portare dentro quel divano.


I tre della sabbia erano arrivati dopo, scortati da una Ten Ten gioisa e sorridente.
La seguiva Gaara con un'espressione corrucciata e tra le mani uno scatolo. Si avvicinò a Shikamaru tendendogli con un'una faccia da funerale quel pacchetto: 
«Ci hanno detto che ognuno avrebbe dovuto portare qualcosa e dato che da Suna non potevamo certo portare sulle spalle mobili» e quello sguardo che aveva lanciato al mobilio gli era sembrato puro disgusto, «ecco a te dei dolcetti.»
Gaara riusciva ad essere politicamente corretto anche quando si parlava di una festa. Aveva sorriso, ringraziandolo. 
«Non ce n'era bisogno, avremmo capito...» Il rosso non lo fece continuare: «Sono di Suna, sono... buoni»
La pausa che aveva preso non convinse nessuno. Poi Naruto si era gettato sull'amico della Sabbia e lui era rimasto davanti agli altri due fratelli. Solo a quel punto la strega gli aveva lasciato tra le mani una bottiglia di liquore. Il liquido all'interno sembrava quasi brillare e Shikamaru capì che non si trattava di qualcosa di leggero. «Questo è veramente buono.» La sua voce era calda, quasi melliflua, ma lui lo sapeva che in realtà era molto più simile al liquido all'interno di quella bottiglia che al miele. A volte, lei gli faceva davvero paura.
«In ogni caso, non potremo trattenerci a lungo» aveva continuato il rosso, ancora stritolato da Naruto «Domani abbiamo una riunione e ci tengo ad arrivare in orario...»
Non aveva neanche finito che Rock Lee, con uno scatto felino era andato a chiudere la porta, girando la chiave nella toppa. «Non poteve lasciare la festa!» aveva urlato «Dobbiamo divertirci!»
Aveva preso la chiave e con un tintinnio l'aveva fatta cadere nel suo portamonete, per poi con un sorriso sinistro infilarsi il borsellino nel cavallo dei suoi pantaloni verdi.  «E ora, si dia inizio alla festa!» Sulla stanza era sceso il gelo.
La serata era appena cominciata e loro già avevano preso in ostaggio il Kazekage. Di quel passo, prima di mezzanotte avrebbero distrutto non più la casa, ma l'intera nazione. 
«Beh... io le mani là dentro non ce le metto» aveva sbottato Temari, alzando le braccia in segno di resa dirigendosi con noncuranza al tavolo per prendere una birra. Il fratello invece dopo un iniziale sconcerto era scoppiato a ridere sguaiatamente, reggendosi con le mani sulle ginocchia. Con le lacrime agli occhi si era alzato e aveva guardato con la solita faccia da schiaffi un ancora più pallido Shikamaru, che sentiva un brutto presentimento risalirgli su per la schiena. «Su, rilassati. Siamo ninja e siamo al piano terra, mal che vada possiamo anche uscire dalle finestre»  Kankuro gli aveva dato una pacca sulla spalla, «poi Gaara è così noioso a volte.» L'aveva superato, fermandosi al suo fianco. Aveva cacciato qualcosa dalla tasca, un pacchettino sigillato e gliel'aveva messo nelle tasche della felpa. «Pensavi fossi venuto a mani vuote? Un regalo da Suna, davvero buono» e se prima Temari sembrava ammaliante, Kankuro ora sembrava davvero un serpente a sonagli.
Quel buono detto dai tre fratelli non gli piaceva per niente.


L'aveva aperto più tardi, appena era riscito ad allontanarsi un poco dalla festa che avevano messo in piedi. Lo stereo lanciava una canzone rap che lui sentiva ovattata attraverso la parete a cui aveva poggiato le spalle. Si era seduto in cucina a terra e aveva poggiato quel pacchetto davanti a lui: era strano ricevere un regalo da Kankuro, soprattutto se mentre te lo dava faceva quel sorriso sghembo così simile a quello della sorella. Si era concentrato ad aprire l'involucro e un rossore eccessivo aveva invaso le sue guance appena ne aveva capito il contenuto: era erba. L'odore era inconfondibile.
Shikamaru nella sua vita aveva fumato solo qualche volta, quand'era più piccolo e cercava buoni motivi per stare lontano da casa. Quando ancora non dovevi scattare all'attenti al minimo allarme, preoccupandoti di un attacco, quando scappava dagli impegni e dalle responsabilità. Di quei tiri ricordava una vaga sensazione di confusione e una bocca secca da far schifo: aveva poi dormito il sonno più pesante della sua vita. Ora, quel tipo gli aveva dato quella roba, -ad occhio e croce ne uscivano due canne-, tentandolo da morire. Si ridestò in fretta: Kankuro era davvero un cretino, non aveva tempo per queste stupidaggini. Stava per mettere via il tutto nelle tasche della felpa, quando una voce fino troppo conosciuta lo bloccò.
«È il regalo di Kankuro quello?» Temari gli si era avvicinata con passo sinuoso. Si era seduta al suo fianco stendendo le gambe avvolte in un paio di calze nere. "Come fa a stare con le calze quando fuori fa così freddo?"
«Gaara ha insistito affinchè portassimo dei regali, dovresti essere riconoscente» aveva sorriso, tentatrice. Shikamaru era arrossito, scatendando le risa della ragazza. «Non l'hai mai fatto.» Non era una domanda, sembrava più una presa in giro. Temari si era allungata fino a prendere il pacchetto dalle sue mani: «Questa è sprecata qui» aveva detto. Un moto di stizza era salito alle labbra del ragazzo.
«Temari, non è il momento» e aveva indicato con la testa l'altra stanza.
«Da quanto tempo non è il momento?» aveva risposto lei, con gli occhi verdi così furbi piantati nei suoi. A Shikamaru era mancato il fiato.
«Da quanto tempo ti interessi di ciò che faccio?»
Lei non se l'era fatto ripetere due volte: aveva aperto il pacchetto e cominciato a sminuzzare quella roba con naturalezza sotto gli occhi sconcertati del ragazzo«Che fai?» le aveva chiesto, quasi arrabbiato.
«Di là il tuo amico che puzza di cane mi ha chiesto di ballare.» Kiba. «Quella tua amica bionda si è messa ad urlare che lui mi doveva stare lontano» Ino? «e il ridicolo tipo in verde sta cercando di far ubriacare Gaara» Rock Lee. «In qualche modo devo superare la serata.» Aveva concluso con naturalezza, poggiandosi con la schiena al muro.
«Che sei venuta a fare allora?» La sua domanda era sincera.
«Perchè sapevo che Kankuro ti avrebbe fatto questo regalo.» Aveva scandito l'ultima parola sillaba per sillaba e il ragazzo si era incantato a vedere la sua lingua premere sugli incisivi superiori. Inutile, cadeva sempre su quattro zampe.«Comunque, ti unisci a me, pivellino?»
Shikamaru era diventato una persona seria, o almeno lo credeva, ma quando nella sua comfort zone entrava quella scarmigliata gli pareva che il mondo si capovolgesse all'istante. Sapeva bene che la strega stava solo giocando con lui, dopotutto stupido non era l'aggettivo che più gli si addiceva. Se n'era accorto anni prima, quando per la prima volta aveva visto un sorriso sulle labbra della ragazza, un sorriso di scherno. Inutile era pure continuare a stare nel suo posto tranquillo, continuando a fare quello che faceva sempre: lei si catapultava all'interno del suo spazio, e cominciava a giocare alle sue regole. Era l'unico gioco che Shikamaru non capiva, pur impegnandosi. Ora quel diavolo tentatore lo stava apertamente sfidando.
«No» aveva rifiutato.
Tuttavia era rimasto al suo fianco guardandola armeggiare con quella roba. Sentiva di non poter lasciarla lì sola; se c'era una cosa che negli anni non era cambiata era la sua filosofia sulle donne: noiose seccature, o piagnone o bestie infernali, da cui dovevi difenderti ma che non potevi certo abbandonare nel momento del bisogno... anche se Temari non sembrava proprio una damigella in difficoltà.
Sbuffò, cacciando il pacchetto di sigaretta dalla tasca e sfilando una paglia. Una mano lo intercettò a mezz'aria e con una leggiadria che non credeva sua, Temari gliela sfilò dalle dita. «Mi serve del tabacco» era stata la risposta al suo sguardo interrogativo.
Shikamaru perse un battito nel vederla leccare la sigaretta su tutta la lunghezza con uno sguardo che avrebbe fatto impallidire il più malizioso degli uomini. Temari sapeva di essere bella -una bellezza sfacciata e ammaliante- e voleva giocare, sopprattutto con lui. Non le diede soddisfazione: «non sai proprio essere elegante, eh?»
Se lei c'era rimasta male, non lo dava a vedere. «Non mi pare ti dispiaccia, o lo sguardo che mi hai rivolto era di disgusto
L'avrebbe fatto impazzire: Shikamaru lo sapeva dal primo momento in cui le avevano affiancato per qualche compito burocratico quel demonio dalle movenze sinuose, eppure era riuscito a sentirsi veramente in trappola solo quando aveva visto sulle sue labbra comparire il primo sorriso. Dopotutto, nonostante i loro battibecchi gli portavano via tempo ed energie, Temari poteva essere definita una buona amica. Se fosse riuscisse a chiudere il becco per più di cinque minuti... e se a volte Shikamaru non avesse pensato a chiuderle lei quella bocca troppo acida.
«Domani non c'è nessuna riunione, vero?» il ragazzo aveva buttato lì, per distrarsi dai pensieri che in quel momento di passavano per la mente. «Non sei tipo da stare qui a fumare quando il giorno dopo hai il dovere che chiama.»
«Mh-mh» un segno di assenso e la sigaretta era finita aperta sul suo palmo.«Gaara voleva andare a trovare formalmente Naruto, la vera riunione è dopodomani.» Aveva soppresso una risata, arricciando il naso. «Kankuro invece ci teneva a venire qui.» Ci aveva pensato, con il naso all'insù, come se avesse dovuto rivelare chissà quale segreto. «A volte Gaara è così noioso.»
Erano stati in silenzio per qualche minuto, Shikamaru a sentire la musica che veniva dall'altra parte della stanza, lei china sul suo compito.
Il ragazzo aveva sentito la necessità di correggere la prima impressione della kunoichi.
«Non sarebbe la mia prima volta»
Temari aveva alzato lo sguardo, confusa.
«Per l'erba, Temari! Non sarebbe la mia prima volta» aveva continuato quasi offeso che lei non avesse inteso subito «l'ho fatto quando ero più piccolo»
«Quando eri praticamente un codardo che sfuggiva alle responsabilità?» Alla faccia della delicatezza. Shikamaru si era già pentito di averle fatto quella piccola confessione.
«Ma cosa ti hanno dato da mangiare, pane e veleno? Se è così io quei dolci di Suna non li provo, non vorrei mai diventare come te»
«Ci guadagneresti solo ad essere come me, Nara. Poi, hai capito cosa intendevo: prima che diventassi uno di quei tipi là che si riempiono la vita di impegni di ogni tipo per non pensare» Temari non alzava nemmeno la testa nel parlare con lui, continuava a miscelare erba e tabacco con movimenti nervosi.
«E tu che ne sai? Non mi dicevi tu di impegnarmi di più? Lo dicevate tutti» Shikamaru stava perdendo le staffe: non era la prima volta che qualcuno gli faceva quel discorso e per quanto potesse essere un tipo paziente, mal sopportava l'attenzione che tutti avevano cominciato a riservare alla sua vita.Eppure, tutti erano partiti con dolcezza mentre lei in qualche minuto era già riuscito ad offenderlo.
«Prima fuggivi alle responsabilità rifugiandoti in te stesso, ora fuggi da te stesso rifugiandoti nelle responsabilità: sai trovare un equilibrio?» Temari aveva deciso che la mista nella sua mano poteva aspettare e aveva inchiodato Shikamaru con due occhi furiosi. «Andava bene a dodici anni, andava bene a quindici anni, non va più bene ora. Poi, so cosa stai passando: l'ho fatto prima di te, Nara. Non mi ha portato a niente di buono, se te lo chiedessi. Non sei stato l'unico a perdere qualcuno in questa guerra del cazzo, non sei l'unico ad aver perso qualcuno nella tua vita. Perderai altre persone, quindi fai del tuo meglio per proteggerle, ma fai del tuo meglio per non perdere te stesso, perchè quando riguarderai a questi anni vedrai solo rimorsi» e l'ultima parola era stata soffiata verso di lui ed era rimasta intangibile e pesante nei centimetri di spazio che dividevano i due.
Shikamaru si era grattato la testa.
«Fai fare a me?» era stata la cosa migliore che aveva saputo dire, indicando le mani di Temari che tremavano e la cartina da rollare. Se avesse continuato con questo discorso, la ragazza lo avrebbe sbranato vivo. Gli sembrava che più che aggredire lui, Temari avesse aggredito sé stessa, mostrando per la prima volta al Nara che sotto la sua pelle bianca aveva carne viva e sangue bollente anche lei. Ora, sembrava solo un animale arruffato e arrabbiato, che alla minima occasione gli sarebbe saltato addosso per scavare nel suo petto e mostrare la sua, di carne. Temari non amava sentirsi debole.
La bionda, dopo aver lasciato al ragazzo l'ingrato compito di chiudere quella canna, si alzò con noncuranza lasciando Shikamaru imbambolato, alle prese con il dubbio che lei l'avesse fregato. «Si può sapere dove vai? Ora sei tu che ti tiri indietro, seccatura?» l'aveva richiamata, quasi arrabbiato. Gli aveva risposto senza girarsi «Vado a prendere da bere, giuro che torno: non ti lascio solo, piagnucolone.» Si era scrollata dalla gonna nera la polvere e si era diretta sicura in cucina. Shikamaru aveva alzato gli occhi per guardare quelle gambe toniche scivolare l'una contro l'altra, strette nel tessuto nero della gonna a metà coscia che portava quella sera. Risalì con gli occhi fino al sedere, incantandosi nel guardare i muscoli contrarsi ad ogni passo. La vide scivolare oltre la porta, verso la musica e gli schiamazzi dei ragazzi e respirò profondamente.
Tornò con in mano un paio di bicchieri e una bottiglia. «L'ho dovuta strapppare dalle mani di Kankuro» disse scocciata ma visibilmente fiera della sua impresa. Shikamaru la guardò perplesso: «Vino? Mi aspettavo qualcosa di più dissetante» e leggero, ma questo evitò di dirlo. L'acqua sarebbe andata benissimo.
«Mi piace il vostro vino, a Suna non c'è nulla di minimamente simile.» Questo chiudeva la questione. «A che punto sei?» disse, sbirciando tra le mani del ragazzo.
«Ho finito, seccatura. Alla fine ho fatto io tutto il lavoro e mi sta pure passando la voglia»
«Allora sarà meglio sbrigarsi, prima che cambi idea» e si sporse per prendere la canna, ma fu velocemente intercettata da Shikamaru che allontanò il braccio. «Ora che fai, Nara?» disse piccata.
«Che stai facendo tu?» la corresse il moro. «Non è forse il mio regalo? Non tocca a me il primo tiro?» e aveva sorriso, sapendo di farla arrabbiare. «Ma se non volevi nemmeno fumare!»

L'aspro fumo nei polmoni lo aveva quasi fatto tossire: gli altri erano andati nettamente meglio. Avevano preso il ritmo: fumavano in silenzio, spalle al muro, mentre Temari continuava a stringere quella bottiglia di vino e a riempire un po' troppo i loro bicchieri. Se Shikamaru all'inizio sapeva benissimo di non dover bere e cercava di bagnarsi solo le labbra, ora la bocca impastata lo stava costringendo a gettare in gola diverse dita di quel rosso nettare. Intenzionalmente non aveva cercato una conversazione, aveva parlato troppo con la bionda, tanto da farla arrabbiare. Ora, ringraziava mentalmente la sua pigrizia che troppe volte sconfinava nella prudenza: con il vino che gli riscaldava il corpo e con quella roba che gli aveva reso pesante la testa, una conversazione sarebbe stata se non impossibile, sicuramente imbarazzante. Per fortuna nessuno era venuto a cercarlo, anche se una parte del suo cervello gli stava dicendo -lentamente ma comunque glielo stava dicendo- che sapevano benissimo che stava con Temari e che il giorno dopo avrebbe dovuto dare spiegazioni.
Non le avrebbe date loro neanche se a chiederle fosse stato Ibiki Morino, ma non poteva negare di essere stato per -quanto?- chiuso in una stanza con quella donna conturbante. La sbirciò, tra il fumo che espirava: Temari era alle prese con i suoi codini, li stava sciogliendo cercando di non tirarsi troppo le ciocche bionde. Era probabilmente la cosa più intima che lei avesse mai fatto in sua presenza e di tempo insieme ne avevano passato. Era la prima volta che la vedeva con i capelli sciolti: sembrava più dolce.
«Che hai da guardare?» Sembrava. Si era girata per sfilargli la canna da mano e se l'era portata alle labbra, aspirando. Sembrava non poter trattenere un sorriso sul suo volto.
«Ti sei sciolta i capelli...» aveva detto, cercando di essere il più distaccato possibile, ma poi le parole gli erano morte in quella gola che era così dannatamente secca.
Lei aveva atteso che lui continuasse continuando a fumare disinvolta. «Sei già ubriaco, Nara?» lo sguardo era il solito, ma nella sua voce c'era una nota di preoccupazione. Shikamaru aveva scosso la testa, premurandosi di far sapere le sue ottime condizioni fisiche alla bionda, che gli aveva teso la mano. «Vuoi ancora?»
Il punto era che Shikamaru aveva appena realizzato che era da un po' di tempo che si passavano una canna, che finiva abilmente prima tra le labbra di uno poi tra le labbra dell'altra. Ora, di nuovo: Temari aveva aspirato e ora toccava a lui poggiare la sua bocca dove fino a qualche secondo fa era stata la bocca di Temari. Si corresse: era questa la cosa più intima che aveva fatto con lei. Si sentiva un po' una ragazzina, mentre cercava di saggiare il sapore delle labbra di lei su quel filtro di carta. Ovviamente, non sapeva di niente.
Aveva socchiuso gli occhi, poggiando il capo contro il muro. «Non ci credo, dormi?» una voce lo stava richiamando.
«Ci proverei, se tu non fossi così rumorosa» aveva detto ancora ad occhi chiusi. Aveva sentito lo scrosciare del vino per due volte, segno che Temari aveva riempito anche il suo di bicchiere. La bionda non riusciva a trattenere la lingua né riusciva a smettere di ridacchiare, sembrava.
«Ma cos'hai?» Il moro aveva dischiuso gli occhi per vederla.
«Sembra proprio quando eravamo ragazzini, quando dovevamo occuparci di burocrazia e tu avevi il compito di intrattenermi. Mi portavi su quella dannata collinetta e ti mettevi a dormire, lasciando me ad annoiarmi e io per ripicca non facevo altro che disturbarti» aveva confessato, quasi con le lacrime agli occhi, «ti avrei picchiato volentieri se avessi potuto»
Shikamaru fu contagiato da quella risatina anche se in cuor suo, temeva ancora l'ira della ragazza. 
«Quanto ti odiavo...»
La confessione di lei lo lasciò stupito: «Hai usato il passato, non mi odi più?»
Tutta la situazione era così comica, con loro due seduti a terra a ridacchiare e a prendersi in giro. Buttò in corpo un altro sorso di vino.
«Diciamo che ora mi sei indifferente, Nara»
«Per questo stai fumando con me, in questa stanza soli soletti...»
Piccata, non aspettò un minuto per rispondere: «Ma hai visto i tuoi amici nell'altra stanza? Tu sei il meno peggio, Shikamaru»
Il moro visualizzò per un attimo i suoi amici e sì, dovette convenire che in quanto a sanità mentale e comportamento lui era il meno peggio. Tra le ciglia, vide le gambe di Temari proprio affianco alle sue, tanto da sentire il calore del corpo dell'altra. Se non fosse che la cosa era così ridicola, avrebbe pensato che quello per Temari poteva essere considerata una dichiarazione, ma dopotutto, la cosa era tremendamente ridicola, no? Con gli occhi, aveva risalito la figura della kunoichi mangiando con lo sguardo quel corpo. Sperò che lei fosse non troppo lucida da notare quello sguardo, altrimenti glielo avrebbe rinfacciato a vita. Aveva le scalze scucite: una lunga e sottile striscia di pelle faceva capolino tra il nero delle calze partendo dal ginocchio e percorrendo tutta la coscia. Shikamaru la seguì con lo sguardo, immaginando di percorrerla con il dito, fino a vederla scomparire sotto il tessuto della gonna. Immaginò di essere quella striscia e seguire il corpo di Temari, baciarlo, leccarlo e succhiarlo e in quel momento il suo cervello -che non lo aveva ancora tradito del tutto- metabolizzò il significato di quella frase: Temari della Sabbia non amava le feste, non amava i ninja della Foglia, non si sarebbe mai chiusa in stanza con uno di loro, se non con il meno peggio e il meno peggio era lui. Con quest'ultima frase tutto era andato esattamente a posto, un po' in ritardo di quanto avrebbe fatto a mente lucida. Lasciò cadere la canna a terra e con gli occhi risalì velocemente il corpo di Temari: sorpassò i fianchi larghi, ignorò con un singulto la scollatura del seno e la curva del collo così liscia, sorvolò le labbra rosee e dischiuse e si fermò ai suoi occhi. Temari lo guardava ora con il solito cipiglio, solo un luccichio diverso la tradiva. Il verde sembrava più brillante in mezzo alla sclera leggermente rossa: sembrava più lucido, profondo quasi quanto il mare. Shikamaru si gettò: afferrandola, baciandola, mordendola e succhiandola, le mani nei suoi capelli biondi e gli occhi dischiusi a cogliere tra le sue ciglia il mare. Niente da fare: Temari afferrava, baciava, mordeva e succhiava, ma teneva gli occhi chiusi attenta che nulla di quel verde fuggisse via. Shikamaru allora si era concentrato sul catturare il suo sapore, invece che il suo colore e aveva chiuso gli occhi anche lui, mentre le sue mani vagavano sulla coscia di lei, seguendo quella smagliatura sulla calza, ripassandola mille e mille volte con le dita, mentre sentiva le mani di lei dietro la schiena spingerlo più vicino, così vicino da confondere chi era l'uno e chi era l'altra. Famelici continuavano a incontrarsi e a sentirsi con la bocca, il naso e gli occhi. Le mani poi cercavano la loro parte volando come farfalle impazzite da una parte all'altra dei loro corpi, posandosi con la ferocia di una tigre sulla pelle e sui vestiti, causando gemiti e sospiri che la conca delle loro orecchie raccoglieva beata.
Mentre erano ancora ad assaggiarsi -o a sbanarsi-, avevano sentito i passi di qualcuno: si erano staccati a fatica, ma le mani di Shikamaru ancora nei capelli di Temari, gli occhi rossi e le labbra ancora più rosse di entrambi non mentivano: si trovarono davanti un Gaara stupito e confuso, ma il suo cervello funzionava ancora troppo velocemente e per lui non ci volle molto a collegare la puzza di fumo alla situazione. Mentre la sua confusione si trasformava in collera, l'unica giustificazione a cui riuscì a pensare Shikamaru fu la fame chimica.










***


Ommioddio ho finito questo capitolo! Ancora non ci credo! Ci ho messo una settimana, ho pubblicato il prologo che questo capitolo  era a metà, ma poi ho attraversato una maledetta crisi su un periodo e niente, ci ho perso una vita. Sono troppo felice per averlo finito e aver finalmente scritto di questi due che amo troppo!
Alcune precisazioni:
Sulla storia in generale:
  • è ambientata sempre nello stesso posto e ogni capitolo parlerà di uno o due personaggi diversi. Ogni capito può essere letto a sé, ma non troppo: c'è comunque un background e diversi richiami. Oltre questo, ci saranno altri sei capitoli, compreso di epilogo. Una precisazione: la storia è iniziata con Shikamaru, nell'epilogo, proprio come nel prologo, ci saranno tutti i personaggi ma quello che tirerà un po' le somme sarà proprio il Nara. 
Su questo capitolo:
  • Prima di tutto, non ho descritto il luogo dove si trovano perchè non so bene se dargli l'aspetto di una casa giapponese o di una più moderna. Trovandomi in dubbio, ho evitato descrizioni troppo accurate. Non so quanto possa piacere questo espediente, ma ovviamente nella mia testa la casa ha una planimetria e anche un aspetto piuttosto preciso. In ogni caso, voi immaginatevela come più vi aggrada: come il posto che vi fa stare meglio al mondo.
  • Ehm, ecco, sì, l'erba. So che forse è un po' OOC (e penso aggiungerò l'avvertimento), ma mi piaceva l'idea di questi due che condividono un momento così... folle? Mi sembrava un gesto molto da Kankuro quello di provocare in questo modo. So che non abbiamo traccia di una cosa del genere nel mondo di Naruto e mi sono presa un po' di libertà.
  • Quando Temari lecca la sigaretta non lo fa perchè è pazza, ma perchè in genere per aprirla e prendere il tabacco si fa in questo modo: io l'ho visto fare una singola volta da un omaccione con la barba e non so quanto può essere sexy, ma ho immaginato che con una bella donna sia diverso.
  • I vestiti. Avrete capito che non portano i vestiti canonici dell'universo di Naruto. Motivo principale, mi servivano dei dannati pantaloni per Rock Lee (sono sempre verdi e bruttissimi, però <3 ). Poi, è inverno, fa freddo, ho ipotizzato portassero dei vestiti diversi anche per una questione di comodità, tranne Temari, Temari non soffre il freddo. 
  • Il vino e le varie bevande. In Giappone non hanno del buon vino, ma Konoha non è il Giappone e il tempo è in genere soleggiato, il terreno umido e sono pieni di rilievi su cui far crescere le viti, quindi ho trovato plausibile il vino di Konoha.
  • La canzone iniziale è di Brunori Sas, "La Verità". Vi consiglio di ascoltarla perchè è di una bellezza disarmante.
Grazie di aver letto e spero di non aver rubato il vostro tempo!
Alla prossima,
Rosa.

  
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