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Autore: HikaRygaoKA    13/01/2017    0 recensioni
Questa avrebbe anche solo potuto essere la storia di come Damian ricevette il pugno nello stomaco più forte della sua vita, invece è il racconto di come tre ragazzi salvarono un impero. Storia vincitrice del secondo posto nel concorso "Steampunk tendencies" di Haykaleen.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2-    I buoi trainano carri di stelle
 



Cercare qualcosa di difficile da trovare era una cosa in cui Cassandra era particolarmente brava. I tre lo sapevano da quando, dieci anni prima, una Cassandra che ancora teneva i lucidi capelli neri legati  in due trecce, era riuscita a scovare il rifugio segreto che Damian e Adam avevano costruito in un piccolo magazzino seminascosto nella labirintica struttura dell’Accademia Reale, grazie al suo talento: Cassandra parlava con “le voci”. Erano voci che fluttuavano nell’aria, che appartenevano a corpi invisibili e che, se interrogate, potevano narrarle segreti celati ai più, con la leggerezza del vento. Cosa fossero quelle voci, però, nessuno lo sapeva con certezza. Alcuni credevano fossero fantasmi, altri pensavano che fossero le voci di tutto ciò che esiste in questo mondo, e che forse, aveva un’anima. Altri pensavano, invece, che fossero qualcosa di oscuro, da cui tenersi alla larga. Di quei pochi che avevano posseduto il talento di Cassandra, fin troppi avevano finito per morie misteriosamente, o scomparire senza mai essere trovati, e dei testimoni di queste oscure faccende, giuravano di aver visto quei checkers parlare ai muri per giorni, rimanere a guardare il vuoto per ore, sordi ai richiami degli altri, come se fossero concentrati nell’udire qualcosa che proveniva da un luogo lontano, prima di morire, spesso suicida. E affidandosi a quelle voci i tre speravano di ricavare qualcosa dalle poche informazioni in loro possesso. Vivere all’Accademia non contribuiva a preservare un giusto senso della misura, forse.
Seguendo le istruzioni di Pitt, erano giunti al molo di Londra, immerso nella nebbia infittita dall’inquinamento. Adam scostò una ciocca di capelli castani dal bel naso dritto e lesse ad alta voce il foglietto datogli dal locandiere, di nuovo. “Port House, Londra, Inghilterra.” Inarcò le sopraciglia, perplesso, di nuovo “Pitt dà delle informazioni di schifo”. Damian sfoderò il suo mezzo sorriso “Se ci fossero delle gentili signorine in giro sapremmo su chi fare affidamento per ottenere informazioni ma, datane la dolorosa mancanza, ci affideremo a Miss camicia di forza” Ammiccò verso Cassandra con un sorriso che Damian doveva pensare affascinante, e che provocò in Cassandra un singulto stomacato. “Un giorno potrei decidere di presentarti le voci luciferine che mi girano nella testa Damian, sono sicura che vi adorereste” Cassandra gli sorrise a sua volta e, osservando Damian, Adam avrebbe giurato che il sorriso di lei risultasse decisamente più affascinante (Adam concordava). Dopo essersi goduta l’imbarazzo del capitano, Cassandra chiuse gli occhi e si concentrò: chiamò a sé le voci, mormorò nella mente i loro nomi, impossibili da pronunciare ad alta voce; erano cento ed erano una, le conosceva tutte sin da bambina e, sin da allora, sapeva che mai e poi mai avrebbe potuto fidarsi di loro, ma solo intrattenerle, chissà per quanto ancora.
“Sapete dove dobbiamo cercare? Cosa dobbiamo fare? Chi dobbiamo cercare? Ditemelo o vi presento Damian”.
Dopo un po’ Cassandra parlò “Quello che cerchiamo si trova al magazzino N 53.” Damian le diede una pacca sulla spalla “Beh, pare che anche questa volta le tue amiche abbiano deciso di rendere un servizio del vostro mirabile capo!” Adam lo guardò abbattuto e Cassandra gli scostò la mano “Un giorno Sua Altezza Reale dovrà spiegarci perché proprio tu sei stato scelto”, “Forse Pitt aveva ragione sui prerequisiti per essere selezionati dalla Regina”. Damian colpì sulla testa Adam che gli rispose, a sua volta, con un pugno su di una spalla. Cassandra alzò gli occhi al cielo e si diresse nella direzione che il diavolo le aveva suggerito sorridendo, ne era certa.
 
Il magazzino 53 era una semplice costruzione rettangolare di metallo, lo spazio all’interno era tanto ampio quanto vuoto. Adam si accigliò “Se solo Ico fosse con noi e non nel Laboratorio Reale in riparazione, potremo eseguire un’accurata analisi ambientale, in cerca di porte segrete, camere di tortura…” “…Bordelli per ricchi pervertiti…”Aggiunse Damian, e Adam lo guardò di sbieco mentre lui, invece, guardava concentrato una grande finestra sul tetto, da cui penetrava intensa la luce lunare. “Guardate!” Disse il ragazzo mentre scostava un pesante ammasso di corde e stoffa, forse una tela, dal pavimento sporco. Dapprima i due compagni non riuscirono a capire cosa intendesse ma, concentrandosi di più notarono qualcosa in quel punto. Sul pavimento, proprio dove colpiva la luce lunare, c’era qualcosa di simile a un affresco: si riuscivano a distinguerne a malapena i contorni sottili ma, guardando più attentamente, la luce sembrò riempirne i contorni e colorarne la superficie proprio come un pennello che dipinge la tela. “Magia alchemica” sussurrò Cassandra concentrata. I tre continuarono a guardare il pavimento finché l’immagine non si completò: su di un carro trainato da un toro mostruoso, erano rappresentate sette ragazze, eleganti come muse, ma una di queste aveva il viso rigato di lacrime e il corpo, innaturalmente piegato da delle corde, era trafitto da frecce, il sangue stillava copioso dalle ferite. Damian pensò che sembrasse una martire com’erano spesso rappresentate nella tradizione cristiana. Al lato della cornice del dipinto erano ora ben visibili tre serrature massicce. Adam e Cassandra guardarono all’unisono sorpresi Damian “Come hai fatto a …?” Damian sembrò un po’ inorgoglito e risentito allo stesso tempo dalla sorpresa nella voce di Cassandra. Rispose con un mezzo sorriso “Dimenticate che sono sempre stato il primo della classe all’Accademia?” “La magistra Olimpia ha un debole per te… e anche magister Giles…” replicò Adam. “E hai avuto crisi di pianto isterico a ogni sessione di esami fatta!” Aggiunse Cassandra. “Sì, beh…” Damian, si concentrò improvvisamente sulla serratura, di certo non per l’imbarazzo “A quanto pare, sono l’unico a ricordare i fondamenti della magia alchemica e della manipolazione della luce degli astri e della Luna… e non è colpa mia se sono così affascinante da fare innamorare anche i professori di me”. Cassandra stava per replicare, quando Adam passò loro in mezzo, e sistemò un esplosivo sulla serratura “Sicuri di voler continuare? Credo che discutere e contemporaneamente scappare via da una esplosione non sia facilissimo”. I due lo guardarono per un secondo poi e tutti e tre corsero a nascondersi sotto l’ammasso di corde e ferraglia loro più vicino.
In realtà l’esplosione fu abbastanza diversa da come Cassandra e Damian se l’aspettavano: Adam aveva usato una bomba a controllo remoto, appositamente progettata dai Laboratori dell’Accademia per le esplosioni controllate, che concentrava il danno causato in un’area relativamente ristretta. “Non guardatemi così” disse Adam, trattenendo un sorriso “Se non avessi attirato la vostra attenzione sulla nostra missione (pose particolare enfasi sulla parola “missione”), non avreste mai smesso”. Cassandra e Damian non replicarono, ma continuarono a guardarlo sottecchi mentre si dirigevano verso la porta segreta, divelta in seguito all’esplosione. Dal buco del pavimento una scala di pietra ripida affondava nell’oscurità, e dal basso non sembrava provenire alcun rumore. Damian accese una piccola lanterna alimentata con olio magico, e avanzò lungo la scala, facendo strada agli altri. Scesero centinaia di gradini, mentre un forte odore di umido e chiuso li opprimeva. Damian osservava con attenzione le pareti scavate nel terreno: man mano che avanzavano, s’infittivano di simboli e strane figure chimeriche, che a lui sembrava di aver visto da qualche parte, forse in un libro di testo? Quando giunsero alla fine della scalinata il buio era densissimo, l’odore soffocante schiacciava i polmoni e il silenzio cominciava ad inquietarli. Adam e Cassandra accesero le loro torce e presero a guardarsi intorno nella stanza: pezzi di metallo erano sparsi ovunque, in una quantità tale da impedire loro di distinguere la forma della stanza e il perimetro della stessa. Damian si avvicinò ad uno degli ammassi di ferro per esaminarli: erano tutti di forme e dimensioni diverse: su alcune riusciva a distinguere uno stemma con due leoni, un unicorno e una corona imperiale. Lo stemma della famiglia Reale di Inghilterra. Il quel posto stava succedendo decisamente qualcosa di strano,  che metteva Damian a disagio. Probabilmente le macchie di sangue incrostato sui pezzi di metallo contribuivano a quella sensazione, si disse. Avanzò di qualche passo e si accorse di trovarsi davanti all’imboccatura di due corridoi: l’ingresso era ampio ma il buio impediva di vederne l’uscita. Si voltò verso Adam e Cassandra, in attesa di ordini “Il perimetro dell’area sembra essere esteso, è necessario dividerci per perlustrarlo. Cassandra dirigiti a est, Adam rimarrai qui a controllare questa zona. In caso di necessità, usate il segnale di emergenza.” I due annuirono e fecero come richiesto. Damian imboccò il corridoio a ovest, e s’immerse nell’oscurità.
  
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